La vita di una donna la cui esistenza sembra non cambiare mai. Espandi ▽
Sul finire degli anni sessanta, l’Indonesia sta uscendo da uno dei periodi più traumatici della sua storia, con il generale Suharto che assume il potere in via definitiva. Nella provincia di Giava occidentale, Nana vive una crisi personale e familiare. Insoddisfatta del marito, un uomo più anziano che ha sposato dopo aver perso la sua famiglia più di dieci anni prima, soffre del suo ruolo marginale in una ferrea organizzazione patriarcale. Un ritorno al passato e una strana amicizia con l’amante del marito la spingeranno a fare i conti con le proprie emozioni.
Con il suo talento in ascesa, la prolifica regista Kamila Andini continua a raccontare con orgoglio il suo paese, realizzando un melodramma classico fatto di pulsioni e tormenti che ribollono sotto una superficie di ordine ed eleganza materiale. In Before Now & Then l’idea di bellezza come forma contenitiva e opprimente si unisce a una vivace colonna sonora di strumenti a corda che evoca atmosfere alla Wong Kar-wai. Recensione ❯
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Dramma psicologico sul tema della fertilità. Espandi ▽
Un esordio alla regia danese rilancia il tema della procreazione assistita illuminando con lucidità e compassione un argomento sempre spinoso, riuscendo anche a dargli una veste cinematografica ricca di stile e di carattere. Non è da poco l’impresa della regista Cecilie McNair, che nei personaggi di Hannah e di Gry riversa una complessità psicologica altamente credibile e che ha molto di personale. Sono mani sicure quelle di McNair, chiaramente dotata della sensibilità necessaria per parlare di un tema che come pochi altri sa essere doloroso. In questo il film può contare su una sceneggiatura affilata come un rasoio e brutale nella sua linearità, senza mai fare sconti al personaggio di Hannah (bravissima la protagonista Danica Curcic). Recensione ❯
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Marzo 2020, scatta il lockdown. Un cinefilo, Alessandro Aniballi, si rifugia nel cinema del passato, cercando di capire come sia nata in lui questa ossessione. Espandi ▽
In un film coraggioso e decisamente originale Aniballi ci invita a ragionare sul senso profondo del fare e vedere cinema in questo nostro tempo difficile.
Pochi minuti dopo l’inizio di Una claustrocinefilia Giovanni Spagnoletti, critico cinematografico e studioso di cinema, definisce la cinefilia come una malattia. Aniballi, recluso non volontariamente in casa e impegnato a parlare con il suo pc è allora un malato? Oppure è un personaggio stravagante come Benicious, l’esule polacco che chi ha frequentato i festival negli anni ’70 e ’80 non ha potuto non incontrare in quanto, essendo homeless, passava da un’ospitalità all’altra delle manifestazioni cinematografiche continuando a vedere film quasi senza soluzione di continuità?
Aniballi si interroga su questo e su una miriade di altre possibili letture del suo rapporto con la settima arte non rinunciando però mai a confrontarsi con la realtà.
Quando ci ricorda a più riprese che avrebbe voluto scrivere una storia del cinema italiano in una forma che ancora nessuno ha pensato ma che non ci è riuscito sarà bene che prenda atto che invece è riuscito a rendere alla perfezione l’idea di quella che è sicuramente una magnifica ossessione che può anche assomigliare a una malattia di cui lui però conosce la visionaria cura. Recensione ❯
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Un'opera pregevolissima che indaga un universo del tutto inedito e animato da una forza immaginifica sbalorditiva. Drammatico, Colombia, Francia2022. Durata 86 Minuti.
Un ragazzo viene rinchiuso in un duro centro riabilitativo tra la foresta. Arriva anche un suo amico e con lui un passato che avrebbe voluto dimenticare. Espandi ▽
Eliù è un adolescente colpevole di omicidio, per questo motivo è detenuto in una struttura sperimentale in cui i carcerati (tutti adolescenti) alternano faticosi lavori manuali di ristrutturazione della stessa struttura, a sessioni di una strana terapia di gruppo. Un giorno El Mono, ex complice di Eliù, viene trasferito nel suo stesso centro, sancendo di fatto l’impossibilità di redenzione o di rieducazione del protagonista. Un’opera visivamente potentissima che inabissa lo spettatore in un fetido carcere nei meandri della giungla colombiana. Un film che indaga un universo del tutto inedito e animato da una forza immaginifica sbalorditiva. Il fatto che si tratti di un’opera prima fa sperare eccezionalmente per i futuri lavori di Andrés Ramírez Pulido. Promettente. Recensione ❯
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Toccante e intenso racconto sullo sfondo dei paesaggi mongoli. Espandi ▽
Il musicista Alus porta via dalla città la madre sofferente di Alzheimer. Insieme, vanno ad abitare in una casa nella steppa, come lei desiderava. Per evitare che si smarrisca nei dintorni la lega a sé con una lunga corda. Recensione ❯
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Un'opera sulle conseguenze del terremoto in Giappone che invita a porci diverse domande senza retorica o falsi pietismi. Drammatico, Svezia2022. Durata 76 Minuti.
Le disastrose conseguenze del più grande terremoto della storia moderna del Giappone avvenuto nel marzo del 2011. Espandi ▽
Un film sul terremoto che sconvolse il Giappone letto da una prospettiva diversa ed emotivamente coinvolgente. Lo sguardo della regista non si sofferma solo sulle vicende individuali ampliando così le nostre conoscenze. Senza falsi pietismi o retoriche ricattatorie ci si limita a verificare, anche basandosi su dati scientifici, cosa avrebbe potuto accadere se si fosse prestata attenzione ad alcuni segnali provenienti dal mondo della natura. Avvalendosi poi delle neuroscienze vengono offerti dati su come il cervello reagisce a traumi come quelli subiti da chi ha avuto la vita sconvolta in maniera così brutale e repentina. Tutto questo in un contesto estremamente delicato e rispettoso del dolore altrui. Recensione ❯
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Un documentario misterioso, affascinante e intimo in cui è impossibile non empatizzare con i protagonisti. Documentario, Gran Bretagna2022. Durata 84 Minuti.
Un racconto intimo e commovente sul mondo isolato di William e sugli sforzi di una famiglia, dedita a trovare un modo per salvarlo. Espandi ▽
William ha quarant’anni e da cinque vive in una casa isolata in campagna, dove trascorre le sue giornate completamente al buio, avvolto in un enorme copricapo di alluminio e lenzuola. Ciò da cui William cerca disperatamente di fuggire sono le radiazioni emesse dagli elettrodomestici e dai cellulari, che provocano in lui un profondo senso di malessere. Egli è infatti uno dei 300 mila svedesi affetti da elettrosensibilità. Electric Malady è un documentario misterioso e affascinante, capace di affrontare con profondità e senza giudizi un tema delicato e controverso. Ciò che Lidén desiderava raccontare non era tanto la condizione particolare di William, quanto piuttosto una storia d’amore e di resistenza di una famiglia che nel corso degli anni ha dovuto imparare a convivere con la sofferenza del giovane figlio. Da questo punto di vista, l’atmosfera è sì malinconica, ma al tempo stesso intima e avvolgente. Non empatizzare con William e la sua famiglia è, di certo, impossibile. Recensione ❯
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Un documentario che immortale il tentativo di portare in scena una rivisitazione di una seicentesca raccolta di novelle comiche. Espandi ▽
Il noto attore e regista Carlo Simoni, su proposta di Ferruccio Giovanetti fondatore delle cliniche psichiatriche del gruppo Atena, accetta di dirigere uno spettacolo che abbia come attori gli ospiti delle strutture del gruppo. Ne nasce un percorso, complesso ma entusiasmante, che vede il teatro manifestare la propria potenzialità di terapia di grande efficacia.
Un documentario sul teatro che si immerge nell'attività di creazione dei personaggi e dell'azione mostrando come un professionista del palcoscenico possa divenire maestro, amico e terapeuta.
Carlo Simoni non ha bisogno di presentazioni. Il pubblico che ama il teatro e la televisione di qualità ha avuto modo di conoscerlo grazie alle innumerevoli mese in scena ha cui ha partecipato, diretto dai più importanti registi italiani (da Strehler a Ronconi, da Bolchi a Lavia). Forse però non era così noto a coloro che sono diventati il cast di uno spettacolo del tutto particolare della cui prima rappresentazione vediamo poco perché è giusto così. Recensione ❯
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Un diario di guerra autentico, dall'anima amatoriale, di giornalisti impotenti di fronte all'annientamento della libertà. Documentario, Afghanistan2022. Durata 92 Minuti.
Un'incursione nel più importante quotidiano indipendente afgano. Espandi ▽
Come in un diario di guerra, con un’anima amatoriale e profondamente realistica, il documentario di Abbas Rezaie raccoglie testimonianze e parole dei giornalisti dell’Etilaat Roz durante l’ascesa repressiva del regime talebano. Il documentario, che prende il nome dal giornale al centro della vicenda, è girato da Abbas Rezaie, uno dei membri della redazione, e prodotto dal caporedattore Zaki Daryabi. Percorrendo i corridoi e le stanze della redazione, Rezaie raccoglie le testimonianze di diversi giornalisti. In questo clima di paura, Zaki Daryabi, a capo dell’Etilaat Roz, si ritrova a dover decidere del destino del suo giornale e anche di quello dei suoi collaboratori, come un capitano che guida la propria nave che sembra destinata a inabissarsi. Ciò che il documentario girato da Abbas Rezaie propone è una panoramica sulla situazione drammatica di un giornale e più in generale di un Paese che si ritrovano impotenti di fronte alla tirannia di un regime come quello talebano. A sopravvivere, nonostante l’incertezza, la repressione e un contesto in cui la libertà di stampa sta per essere annientata, è un’umanità autentica e mai retorica che il documentario ha la forza di far emergere dalla cenere. Recensione ❯
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Mrs Maisel incassa un duro colpo, un grande flop da cui deve riprendersi, moralmente e professionalmente. Piena di debiti e con una vita privata turbolenta riuscirà con grinta a reinventarsi una sua quotidianità, senza smettere mai di credere al suo sogno: uno show scorretto e irriverente, alla Mrs. Maisel.
Giunta alla sua quarta stagione, Mrs Maisel fa ormai rima con qualità di scrittura, regia e recitazione. I nuovi otto episodi (distribuiti da Prime Video nell'ordine di due a settimana) non fanno eccezione, anzi riconfermano la forza di un personaggio che si fa strada, grazie al suo talento comico ed una buona dose di logorrea, nel sessismo degli anni Sessanta.
Una protagonista-rivelazione approfondita a tutto tondo, esaltata ancora una volta dai costumi memorabili di Donna Zakowska e arricchita dallo spessore di tutti i personaggi, ciascuno con un suo peso specifico grazie alla scrittura sapiente, approfondita e mai banale di Amy Sherman-Palladino. Recensione ❯
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Squid Game è una produzione seriale sudcoreana e originale di Netflix, nata dall'idea del regista Hwang Dong-hyuk. La premessa della serie è semplice e quasi fin troppo bella per essere vera: un gruppo di 456 persone in condizioni economiche precarie vengono selezionate per partecipare a una serie di giochi di abilità, aventi come montepremi una somma incalcolabile di denaro. Il trucco però è presto svelato, quando durante una delle prime sfide, uno dei partecipanti rimane violentemente ucciso dallo stesso meccanismo di gioco. Prenderà quindi il via un survival drama in cui non è mai chiaro quale sia la direzione che vuole prendere la narrazione, e che si distanzia nettamente dalle tinte patinate e rassicuranti di molte altre produzioni sudcoreane; l'occhiolino infatti è rivolto ad As the Gods Will (2014), lungometraggio giapponese che condivide molte delle atmosfere e premesse del nuovo prodotto seriale Netflix. Recensione ❯
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Una seconda stagione che consolida i pregi di scrittura e di recitazione della migliore serie di spionaggio in circolazione. Thriller, Gran Bretagna, USA2022.
Il legame tra Slow Horses e la sua matrice originaria ("La talpa" di Le Carré) si fa sempre più stretto. Espandi ▽
La seconda stagione di una serie è sempre la più difficile. Svanito l'effetto sorpresa, si tratta di mantenere viva l'attenzione e approfondire i personaggi senza ripercorrere pattern già visti. Slow Horses, confermata con entusiasmo fino alla quarta stagione dopo il successo della prima, mostra di aver compreso mirabilmente il meccanismo e sfrutta un cast micidiale in sei nuovi episodi che rappresentano assai più di un atteso more of the same.
A tenere banco sono i lasciti eterni della Guerra Fredda, ambiente di elezione per le spy story del XX secolo, tornati di stretta attualità con le tensioni attuali tra Usa e Russia. Le "cicale", ex spie del KGB rimaste inattive ma vigili nel Regno Unito sono risvegliate in tutta la loro brutalità per ordini che provengono da Mosca e che riguardano le trame oscure di alcuni oligarchi.
Il legame tra Slow Horses e la sua matrice originaria - "La talpa" di Le Carré, con Gary Oldman come ovvio anello di congiunzione - si fa sempre più stretto e la componente comica invece più labile, in virtù di un elevato tasso di violenza già concentrato nei primi episodi. Recensione ❯
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Gli ultimi episodi di un prodotto che ha rivoluzionato il mondo della serialità. Espandi ▽
Lalo Salamanca è scampato a un attentato alla sua vita, in cui però hanno perso la vita molti suoi cari. Ora è più che mai determinato ad avere vendetta e quando Gustavo Fring capisce che l'uomo è ancora in circolazione inizia a preparare le proprie difese. La sua prima preoccupazione riguarda Nacho Varga: braccato dai gemelli Leonel e Marco Salamanca, se catturato potrebbe ricondurre fino a Fring stesso. Nel mentre Jimmy ha ormai preso stabilmente il nome di Saul e, dopo aver ottenuto la cauzione per Lalo, la sua reputazione tra i criminali è molto cresciuta. Jimmy continua inoltre a lavorare insieme a Kim alla truffa per umiliare Howard.
La penultima tranche di episodi di Better Call Saul conferma che la serie scorre, anche in queste ultime battute, ancora su due binari paralleli: quello di Saul e quello di Mike. Tra le due metà c'è però un forte squilibrio e la tensione è ancora una volta tutta dalla parte di Gustavo, Lalo e Mike.
Better Call Saul rimane una delle migliori serie in corso e di certo una di quelle con la migliore messa in scena, tanto da rischiare di scivolare nella maniera. Un limite che però, nell'invasione di serie a cui siamo sottoposti, appare piuttosto come un prezioso pregio. Recensione ❯
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Salvo e Valentino sono amici fin dall'infanzia, cognati (Salvo è sposato con Ester, la sorella di Valentino) e lavorano insieme; sono infatti titolari di una piccola impresa che ripara elettrodomestici. Salvo è appassionato di serie tv poliziesche e non si perde una puntata di "The Touch of the Killer" dove il protagonista è l'ispettore Jackson. Valentino invece non riesce ad essere indipendente da una madre oppressiva che gli prepara da mangiare dei piatti pieni di zuccheri. Un giorno ricevono una chiamata da Alberto Gambino, che ha fatto affari con la mafia ma poi ha deciso di collaborare con la giustizia. Trovano la porta aperta e poi si trovano davanti al suo cadavere. Riescono a scappare a fatica dalla scena del crimine ma poi si trovano in guai ancora maggiori, con i boss mafiosi, con a capo il temibile Padre Santissimo, che gli stanno alle costole. In più Salvo è in crisi con la moglie mentre Valentino rivede Agata, una sua vecchia compagna di scuola di cui era innamorato che ora è diventata dirigente di polizia. Recensione ❯
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Molto più complessa di quello che appare, la seconda stagione mostra la capacità dei due comici di dialogare con le forme e i tempi della serialità. Commedia, Italia2022.
Salvo e Valentino sono ancora in pericolo di vita. Tonino Macaluso, detto anche Cosa Inutile, li sta minacciando con una pistola. Ma cosa è successo? Con il loro furgone hanno appena investito accidentalmente Padre Santissimo, lo spietato boss latitante. Sono costretti a mentire a tutti. Valentino è costretto a farlo anche con Agata, vicequestore di polizia con cui è felicemente fidanzato. Nel frattempo il 'caso dell'omicidio Gambino' (al centro della prima stagione) non è mai stato risolto e due muratori che sono entrati furtivamente nella sua abitazione sono stati uccisi anche loro.
Salvo si rivolge al boss mentre sta per essere ucciso: "Se fosse per lei le stagioni durerebbero una puntata. Netflix potrebbe chiudere". Anche la seconda stagione di Incastrati dialoga direttamente con la serialità, anzi lo fa in maniera più approfondita.
La serie trova poi, senza esibirli, momenti intensi in cui mostrare la felicità perduta. Non solo è al livello della prima stagione ma riesce anche a superarla. Ora per il cinema/teatro/serialità di Ficarra e Picone l'asticella si alza sempre di più. Recensione ❯
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