eugenio
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sabato 18 dicembre 2021
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amarcord napoletano
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Il premio Oscar Paolo Sorrentino, apprezzato autore di pellicole originali ed elegiache, nel suo ultimo film, E’ stata la mano di Dio, Leone d’Argento all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, scruta dentro la parte comune di noi stessi, la nostra anima, cogliendone degli aspetti minimi dai quali descrivere esistenze particolari, fatte di gioia, di dolore, nel grande calderone che è la vita stessa.
Il cineasta napoletano, complice una sceneggiatura acuta e precisa ci rende partecipi del profilo esistenziale di un adolescente della Napoli degli anni ’80, Fabietto Schisa (interpretato ottimamente da Filippo Scotti), e ne delinea con afflato grandioso il dolore, la gioia e soprattutto il crollo delle sue illusioni, figlie di un passato felice.
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Il premio Oscar Paolo Sorrentino, apprezzato autore di pellicole originali ed elegiache, nel suo ultimo film, E’ stata la mano di Dio, Leone d’Argento all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, scruta dentro la parte comune di noi stessi, la nostra anima, cogliendone degli aspetti minimi dai quali descrivere esistenze particolari, fatte di gioia, di dolore, nel grande calderone che è la vita stessa.
Il cineasta napoletano, complice una sceneggiatura acuta e precisa ci rende partecipi del profilo esistenziale di un adolescente della Napoli degli anni ’80, Fabietto Schisa (interpretato ottimamente da Filippo Scotti), e ne delinea con afflato grandioso il dolore, la gioia e soprattutto il crollo delle sue illusioni, figlie di un passato felice.
E con esso, in qualche modo psicanalizza se stesso. Ma andiamo con ordine.
Apodittico il lungo piano sequenza che presto introduce all’anima del film, il mare che precipuamente assume la forma e la consistenza magica del sogno negato, l’etere immenso in cui sembrano affogare le idilliache e al tempo stesso, paciose giornate del ragazzo con una famiglia “allargata” e un fratello “poco perseverante”, deluso dal sogno di diventare attore.
Il mare segna il dolore della crescita formativa per il protagonista, alter-ego sorrentiano e prosegue imperterrito nei suoi flussi; talune volte impetuoso tanto da far divenire chimera quella chance di incerta di Fabietto/Paolo ovvero divenire regista cinematografico; altre sibillino a modellare un prologo surreale: un San Gennaro (Enzo DeCaro) che viaggia su una Rolls Royce d'epoca, ci introduce la musa del film, la bellissima e pazza zia Patrizia (Luisa Ranieri), simbolo supremo delle ossessioni erotiche adolescenziali di Fabietto. Ed ancora sempre quel mare contorna la casa Schisa, fatta di “confusione” e disillusione come quella dello Zio Alfredo (Renato Carpentieri) che vede l’arrivo di Maradona al Napoli come “segno del destino” e rivalsa del popolo argentino contro gli oppressi, quel Maradona che forse in qualche modo, è la mano di Dio contribuendo a salvare la vita del nostro Fabietto, eterno malinconico dalla timida e malcelata solitudine, incapace persino di provare un dolore tradotto in pianto dopo la morte dei genitori (Saverio e Maria, un Toni Servillo e una Teresa Saponangelo in stato di grazia).
Profili, visi, volti, il mare e Napoli in mezzo. E’ stata la mano di Dio è un film corale che vive dei suoi protagonisti, alcuni con un preciso scopo come la Baronessa Focale (Betti Pedrazzi), che “aiuta” Fabiettoa dare una mano al suo futuro (chi vedrà il film scoprirà come..), altri ancora coprimari “eccellenti” come un delinquentello di mezza tacca, contrabbandiere di sigarette Armando (Biagio Manna), ma fondativi per la maturità di questo giovane uomo in una realtà dove la vita non è sogno, citando Calderon de la Barca, ma squallido realismo. L’aurea di Fellini, omaggio evidente del regista napoletano, permea con violenza i 130 minuti della pellicola, rendendo E’ stata la mano di Dio un amarcord delicato, struggente, intenso e spietato.
Nel ritmo, nella fluidità, nella capacità di affascinare, spiazzare, sorprendere, addolorare, commuovere, mescolando onirismo e consapevolezza, Sorrentino, pur raccontando una storia biografica di profonda intimità, delinea con amarezza l’inganno di un fallimento, la consolatoria fuga verso Roma per “fare cinema”, l’incontro/scontro con un sogno liberatorio catartico, lo sprone a “raccontare qualcosa con coraggio” urlando, tramite la bocca del fu Fabietto, che il giorno del terribile incidente, non gli fu permesso di vedere i suoi genitori in ospedale, forse per nascondere quel dolore immenso ma in fondo riuscendo a renderlo proprio nel buio di una sala cinematografica.
E per farlo, il cineasta, non si è risparmiato, in nulla: nella cura barocca di ambienti borbonici come quello della baronessa, in quello minimale di casa Schisa, nelle scenografie sapientemente costruite, nell’armonia di gente del sud di tavolate imbandite, mozzarelle di bufala, cene di Trimalcione e nella fotografie notturne quasi irreali sulla piazzetta di Capri, sui locali del porto, sulle vie bagnate dalla folla alla vittoria dello scudetto del Napoli. Sempre con il cuore ancorato a questa città, come la bella canzone finale Napule è ci ricorda.
Perchè E’ stata la mano di Dio in fondo è questo: un atto d’amore nei confronti di una città misteriosa, duttile, fluida, capace di non infrangere quel patto col destino ma anzi di rispettarlo come la benedizione e il saluto benvoluto col munaciello alla stazione di Formia lungo la via per Roma sembra indicarci, plasmando il destino di Fabio in quello di Paolo sino a renderli indistinguibili
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luca scialo
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sabato 18 dicembre 2021
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il dramma della vita e la magia di napoli
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Napoli, inizio anni '80. Fabio è un adolescente, figlio di un dipendente del Banco di Napoli e di una casalinga. Terzo di tre figli. Il primo ambisce a diventare attore, ma mollerà presto il suo sogno. La seconda è perennemente in bagno e mostrerà il suo viso in lacrime solo quando il Napoli vincerà il primo agognato scudetto ma la loro casa è ormai già vuota e non ci sarà nessuno a festeggiare. Già, perché quella vita tranquilla di Fabio, circondata da tanti amici di famiglia, giornate al mare, la bellissima zia Patrizia prima infatuazione adolescenziale, battute e consigli del padre, l'incubo del divorzio tra quest'ultimo e la madre, una casa a Roccaraso come tanti napoletani borghesi dell'epoca e il sogno di Maradona che gioca nella propria squadra del cuore, sarà bruscamente stroncata da un evento drammatico.
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Napoli, inizio anni '80. Fabio è un adolescente, figlio di un dipendente del Banco di Napoli e di una casalinga. Terzo di tre figli. Il primo ambisce a diventare attore, ma mollerà presto il suo sogno. La seconda è perennemente in bagno e mostrerà il suo viso in lacrime solo quando il Napoli vincerà il primo agognato scudetto ma la loro casa è ormai già vuota e non ci sarà nessuno a festeggiare. Già, perché quella vita tranquilla di Fabio, circondata da tanti amici di famiglia, giornate al mare, la bellissima zia Patrizia prima infatuazione adolescenziale, battute e consigli del padre, l'incubo del divorzio tra quest'ultimo e la madre, una casa a Roccaraso come tanti napoletani borghesi dell'epoca e il sogno di Maradona che gioca nella propria squadra del cuore, sarà bruscamente stroncata da un evento drammatico. Lo stesso che però farà scattare nel giovane Fabio la molla per partire per Roma e inseguire il suo grande sogno: diventare regista. Perché, come gli dirà il suo mentore Antonio Capuano in dialogo dai toni costruttivamente accesi, occorre avere un dramma interiore, qualcosa da raccontare. Pur senza "disunirsi". Dopo la trilogia stucchevole This must be the place, La grande bellezza e Youth, Paolo Sorrentino è tornato al suo cinema iniziale. Come già accaduto col precedente Loro. Fatto sempre di potere delle immagini e approfondimento dei personaggi, certo, ma senza però esagerare con l'onirismo e l'estetismo più ossessionato. Un po' come accadde a Fellini dopo La dolce vita, finito in un tunnel da quale non uscì più. Sebbene divenne un marchio di fabbrica per il regista riminese, noto in tutto il mondo. E' stata la mano di Dio ci racconta la Napoli degli anni '80, quella della grande illusione per i partenopei. Le ultime messe in scena teatrali di Eduardo, i film di Troisi, le canzoni di Pino Daniele, gli scudetti con Maradona. Ma è anche un film auto-biografico. Da un lato il dramma della vita, dall'altro la Magia di Napoli. Finalmente, almeno per una volta, non dipinta con sparatorie, truffe o miserie. Ma più borghese, pur non perdendo la caratterizzazione di un popolo che è sì una macchietta, ma che ha dato molto in tutti i campi della società.
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stefano capasso
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venerdì 17 dicembre 2021
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tra finzione e realtà
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Fabietto schisa è un adolescente dei primi anni ’80 a Napoli. A parte la sua famiglia, genitori e fratello, non ha molti altri riferimenti, è solo, desidera la sua prima avventura amorosa, ma non si vede niente all’orizzonte. La sua vita e le sue fantasie rimangono confinate all’interno del nucleo parentale, piuttosto variopinto. L’estate dell’arrivo di Maradona a Napoli, però, porta qualche cambiamento, e non tutti positivi. Una tragedia colpisce la sua famiglia e Fabietto si ritrova costretto a fare delle scelte
Paolo Sorrentino racconta la sua storia attraverso il personaggio del protagonista Fabietto, senza rinunciare al suo stile fatto di immagini suggestive e messa in scena della realtà di Felliniana memoria.
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Fabietto schisa è un adolescente dei primi anni ’80 a Napoli. A parte la sua famiglia, genitori e fratello, non ha molti altri riferimenti, è solo, desidera la sua prima avventura amorosa, ma non si vede niente all’orizzonte. La sua vita e le sue fantasie rimangono confinate all’interno del nucleo parentale, piuttosto variopinto. L’estate dell’arrivo di Maradona a Napoli, però, porta qualche cambiamento, e non tutti positivi. Una tragedia colpisce la sua famiglia e Fabietto si ritrova costretto a fare delle scelte
Paolo Sorrentino racconta la sua storia attraverso il personaggio del protagonista Fabietto, senza rinunciare al suo stile fatto di immagini suggestive e messa in scena della realtà di Felliniana memoria. Oltre al racconto della sua storia, di Napoli, dell’intreccio tra sacro e profano che caratterizza tutto quello che accade nella città, Sorrentino affronta attraverso la messa in scena il ben più ampio tema del dualismo tra realtà e finzione. Quella finzione che lui pensa, come il suo maestro Fellini, possa essere antidoto alla tragicità della vita. Ma, parlando di cinema, qual è la distinzione tra finzione e realtà? La finzione è quella del mimetismo assoluto che catapulta lo spettatore in quella dimensione perfettamente ricostruita dove tutto sembra vero, oppure la finzione più efficace è quella mediata che mostra apertamente il come, quello che c’è oltre quello che si vede sullo schermo? Sorrentino sembra oscillare continuamente tra queste due istanze, e non è un caso che il teatro è un inserto del film non primario ma molto importante. A teatro avviene la sintesi di quanto detto prima. La finzione di quello che è messo in scena è assoluta, e allo stesso tempo abbiamo la realtà degli attori che la popolano. Un film bello e interessante, che nel suo impianto di natura teatrale conserva un certo rigore che permette di vivere con delicatezza le emozioni che vuole trasmettere
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uppercut
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venerdì 17 dicembre 2021
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pietà, adesso non "casanuova"...!
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Ma c'è qualcuno che può dire a quel tale di togliersi dallo schermo che vorrei rivedermi film come La dolce vita o Amarcord in santa pace, senza la fatica di dover rimuovere il ricordo di insopportabili, noiosissime scimmiottature? ma nessuno può convincerlo di continuare pure con la sua saga dei premier e dei papi, lasciando da parte Fellini...? Per carità divina! adesso mica dovremo per caso sorbirci il suo "Casanuova" (con la suggestiva fuga sui tetti di Poggioreale e 'o mare rifatto col cellophane)... Forse, davvero, può bastare così... Già "La grande bellezza" era stato uno strazio nei suoi maldestri tentativi di emulare sguardi in macchina, rimandi circensi e straniamenti visionari.
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Ma c'è qualcuno che può dire a quel tale di togliersi dallo schermo che vorrei rivedermi film come La dolce vita o Amarcord in santa pace, senza la fatica di dover rimuovere il ricordo di insopportabili, noiosissime scimmiottature? ma nessuno può convincerlo di continuare pure con la sua saga dei premier e dei papi, lasciando da parte Fellini...? Per carità divina! adesso mica dovremo per caso sorbirci il suo "Casanuova" (con la suggestiva fuga sui tetti di Poggioreale e 'o mare rifatto col cellophane)... Forse, davvero, può bastare così... Già "La grande bellezza" era stato uno strazio nei suoi maldestri tentativi di emulare sguardi in macchina, rimandi circensi e straniamenti visionari. Ma questo è veramente l'esito peggiore (complice anche l'assenza salvifica, almeno per la parte visiva, del grande Luca Bigazzi). Nonostante abbia frequentato il Classico (epperò...!), il nostro, se qualcuno riuscisse a convincerlo, potrebbe magari provare a fare un piccolo passettino indietro, no? accennare un'espressione di umiltà, guardarsi allo specchio, ascoltarsi, rivedere il film e farsi una domandina, ma proprio -ina, da niente, una cosa del tipo: ma non è che magari, invece che mirare alla genialità di altri, mi converrebbe almeno imparare a dirigere attori che non siano Toni Servillo (che già si dirige da sé)?
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fabio silvestre
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giovedì 16 dicembre 2021
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omaggio del regista alla città di napoli
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il film autobiografico del regista Sorrentino ha come protagonista principale l'adolescente Fabietto un ragazzo timido ed introverso che gira sempre con cuffiette e walkman; intorno a lui una serie vasta di personaggi, dai suoi genitori, il fratello e i vari zii, i vicini di casa ecc. L'arco temporale della pellicola è quella che va dall'arrivo di Maradona a Napoli nel 1984 alla conquista del primo scudetto nel 1987. Se la prima parte ricalca i toni della commedia e passa via senza destare troppe emozioni e riflessioni nello spettatore, il film si eleva nella seconda parte drammatica e soprattutto nella scena finale in riva al mare che vede Fabietto ed il regista Capuano. Di sicuro le scene più belle sono quelle esterne dove il regista rende un omaggio alla città di Napoli.
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il film autobiografico del regista Sorrentino ha come protagonista principale l'adolescente Fabietto un ragazzo timido ed introverso che gira sempre con cuffiette e walkman; intorno a lui una serie vasta di personaggi, dai suoi genitori, il fratello e i vari zii, i vicini di casa ecc. L'arco temporale della pellicola è quella che va dall'arrivo di Maradona a Napoli nel 1984 alla conquista del primo scudetto nel 1987. Se la prima parte ricalca i toni della commedia e passa via senza destare troppe emozioni e riflessioni nello spettatore, il film si eleva nella seconda parte drammatica e soprattutto nella scena finale in riva al mare che vede Fabietto ed il regista Capuano. Di sicuro le scene più belle sono quelle esterne dove il regista rende un omaggio alla città di Napoli. Con l'utilizzo del dialetto napoletano ed un linguaggio ricco di parolacce, il regista ha dato un taglio decisamente personale alla storia. Anche se la trama appare semplice fatta da una serie di sketch e personaggi felliniani, nel complesso il film si lascia vedere e apprezzare. Sorrentino in buona sostanza ha cercato attraverso il film di raccontarci la sua storia di ragazzo rimasto orfano dei genitori e salvato dalla Mano di Dio. Voto: 6,5 /10.
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cosma
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giovedì 16 dicembre 2021
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un opera meravigliosa
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Il film e' meraviglioso, magico, intenso, divertente, profondo, commovente e poetico.
Sorrentino è unico, emozionante, intimo.
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Il film e' meraviglioso, magico, intenso, divertente, profondo, commovente e poetico.
Sorrentino è unico, emozionante, intimo.
Permane sempre nel visionare quest'opera, un tocco magico,alcune scene sembrano affreschi pittorici..
Si ride,ci si emoziona,si piange e si rimane coinvolti in questa Storia personale tragica, ma dove si scorge una luce in fondo al dramma.
Un film da gustare e assaporare
Stupendo
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frascop
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giovedì 16 dicembre 2021
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il mondo di paolè arriva al decimo film
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Quando ho scoperto, su Tele+, Sorrentino (1970) avevo la sua età di oggi e il suo film di esordio era Un uomo in più. Ho capito subito che era da tenere d’occhio e infatti tre anni dopo con Le conseguenze dell’amore mi dimostrò che avevo visto giusto.
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Quando ho scoperto, su Tele+, Sorrentino (1970) avevo la sua età di oggi e il suo film di esordio era Un uomo in più. Ho capito subito che era da tenere d’occhio e infatti tre anni dopo con Le conseguenze dell’amore mi dimostrò che avevo visto giusto. La sua personalità emerge meglio oggi con questo film in cui racconta il suo dramma familiare. Un altro regista ne avrebbe fatto la sua ossessione, avrebbe voluto far cinema solo per “dìcere al mondo” (raccontare al mondo) quel dramma, quella bella stagione adolescenziale spezzata dal destino. Invece Paolè diventato Paolo ha cominciato raccontando la storia di un ex calciatore, di un vecchio allenatore e di un ex cantante di successo. Erano tre soggetti che ha intrecciato in un solo film perchè non sapeva se avrebbe fatto il secondo. Dopo aver avuto successo in Italia Paolo poi si è messo in testa di farsi conoscere in America e colà i cineasti di culto (da Allen a Scorsese) compendiano il cinema italiano con l’arte di Fellini. Per cui gli è stato facile sviluppare la sua ammirazione nascosta (in quest’ ultimo film ne parla) e farla diventare la sua cifra, per cui oggi nel mondo è l’erede di Fellini. Con il riminese Paolo ha in comune due cose, il pensiero che la realtà sia triste e l’immaginario aiuta a vivere meglio; la curiosità per i tipi umani. Fellini ricostruiva la realtà in studio sino a mostrarci un mondo che assomigliava a quello reale ma in fondo era il suo; Sorrentino invece va in giro e guarda curioso le persone, con le sue cuffiette all’orecchio l’orecchino e i basettoni, perchè è rimasto un rocckettaro. La scena iniziale del film vale tutto il film che, come ormai tutta l’opera di Sorrentino, si dipana tra l’esigenza di svelarci qualcosa che pensa e quella altrettanto importante di portarci al cinema. Lui sa cosa vuole il pubblico e lo aggiunge a quello che gli interessa trattare (la serie sul Papa ne è una dimostrazione lunga). Un piccolo esempio. Negli ultimi due film ha dato la possibilità a due bellissime attrici, la Ferilli e la Ranieri, di recitare anche attraverso la bellezza del proprio corpo. Basta solo questo a noi italiani, che siamo sessuomani e ben rappresentati dai film di Pierino, per far la reclame ai film di Sorrentino, ormai adulto da esser diventato furbo e profondo, internazionale e pop, bello da vedere ma con una sola pecca: qualche scivolata di troppo nel fellinismo con i suoi mostri, tipo la “santa” caricatura di Madre Teresa ne La grande bellezza. Anche in questo ultimo film c’è qualche "mostro felliniano" e qualche animale di troppo (un pipistrello) ma c’è anche molta sincerità e misura, perchè, come ho detto, il fatto che non sia stato il suo primo film ma il decimo significa che il personaggio ha avuto bisogno di almeno trent’anni per “intrattenersi” con il suo dolore profondo e anche per parlare di Napoli e dei napoletani. Infatti la cosa più intelligente che ha fatto l’uomo è stata quella di non ascoltare i consigli del regista Capuano.
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frascop
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giovedì 16 dicembre 2021
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il mondo di paolè arriva al decimo film
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Quando ho scoperto, su Tele+, Sorrentino (1970) avevo la sua età di oggi e il suo film di esordio era Un uomo in più. Ho capito subito che era da tenere d’occhio e infatti tre anni dopo con Le conseguenze dell’amore mi dimostrò che avevo visto giusto.
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Quando ho scoperto, su Tele+, Sorrentino (1970) avevo la sua età di oggi e il suo film di esordio era Un uomo in più. Ho capito subito che era da tenere d’occhio e infatti tre anni dopo con Le conseguenze dell’amore mi dimostrò che avevo visto giusto. La sua personalità emerge meglio oggi con questo film in cui racconta il suo dramma familiare. Un altro regista ne avrebbe fatto la sua ossessione, avrebbe voluto far cinema solo per “dìcere al mondo” (raccontare al mondo) quel dramma, quella bella stagione adolescenziale spezzata dal destino. Invece Paolè diventato Paolo ha cominciato raccontando la storia di un ex calciatore, di un vecchio allenatore e di un ex cantante di successo. Erano tre soggetti che ha intrecciato in un solo film perchè non sapeva se avrebbe fatto il secondo. Dopo aver avuto successo in Italia Paolo poi si è messo in testa di farsi conoscere in America e colà i cineasti di culto (da Allen a Scorsese) compendiano il cinema italiano con l’arte di Fellini. Per cui gli è stato facile sviluppare la sua ammirazione nascosta (in quest’ ultimo film ne parla) e farla diventare la sua cifra, per cui oggi nel mondo è l’erede di Fellini. Con il riminese Paolo ha in comune due cose, il pensiero che la realtà sia triste e l’immaginario aiuta a vivere meglio; la curiosità per i tipi umani. Fellini ricostruiva la realtà in studio sino a mostrarci un mondo che assomigliava a quello reale ma in fondo era il suo; Sorrentino invece va in giro e guarda curioso le persone, con le sue cuffiette all’orecchio l’orecchino e i basettoni, perchè è rimasto un rocckettaro. La scena iniziale del film vale tutto il film che, come ormai tutta l’opera di Sorrentino, si dipana tra l’esigenza di svelarci qualcosa che pensa e quella altrettanto importante di portarci al cinema. Lui sa cosa vuole il pubblico e lo aggiunge a quello che gli interessa trattare (la serie sul Papa ne è una dimostrazione lunga). Un piccolo esempio. Negli ultimi due film ha dato la possibilità a due bellissime attrici, la Ferilli e la Ranieri, di recitare anche attraverso la bellezza del proprio corpo. Basta solo questo a noi italiani, che siamo sessuomani e ben rappresentati dai film di Pierino, per far la reclame ai film di Sorrentino, ormai adulto da esser diventato furbo e profondo, internazionale e pop, bello da vedere ma con una sola pecca: qualche scivolata di troppo nel fellinismo con i suoi mostri, tipo la “santa” caricatura di Madre Teresa ne La grande bellezza. Anche in questo ultimo film c’è qualche "mostro felliniano" e qualche animale di troppo (un pipistrello) ma c’è anche molta sincerità e misura, perchè, come ho detto, il fatto che non sia stato il suo primo film ma il decimo significa che il personaggio ha avuto bisogno di almeno trent’anni per “intrattenersi” con il suo dolore profondo e anche per parlare di Napoli e dei napoletani. Infatti la cosa più intelligente che ha fatto l’uomo è stata quella di non ascoltare i consigli del regista Capuano.
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[+] elogio a sorrentino che nasconde un insulto.
(di mauro.t)
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paoletto77
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giovedì 16 dicembre 2021
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sopravvalutato dall importanza dal regista!
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Un film imbarazzante. Senza contenuti, un Servillo identico alla grande bellezza, come le maschere femminili, attori prestati alla comparsata pur di apparire nel film del maestro. Il talento nn sempre giustifica la riuscita di un film, che a mio umile è modesto parere è brutto ma brutto veramente.
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cojep
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mercoledì 15 dicembre 2021
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un film meraviglioso
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Premetto che io adoro Sorrentino, il film e' meraviglioso, magico, intenso, leggero, divertente, profondo e poetico.
Non credo che questo regista risulti comprensibile a tutti, nella sua arte.
Permane sempre nel visionare quest'opera, un tocco magico.
Alcune scene sembrano descritte e rappresentate come un affresco, un dipinto.
In questo film sono presenti meno scene oniriche, consoni alla sua arte cinematografica. Appare come una rappresentazione piu' attinente alla realta', la sua storia personale viene illustrata con grande coinvolgimento e maestria, con lo sfondo della sua citta', con le sue bellezze e contraddizioni.
Un film da gustare e assaporare
Stupendo
CosMa
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