marce84
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lunedì 24 gennaio 2022
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non ti disunire
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Fabietto è un ragazzo schivo e introverso nella Napoli degli anni ’80. Il contesto in cui vive è vitale, verace e colorato ed è caratterizzato da una famiglia allargata e numerosa che comprende zii, cugini e vicini di casa. Il papà di Fabietto è un impiegato di banca sempre di buon umore e con la battuta pronta e qualche scheletro nell’armadio. La mamma è buona, affettuosa e amante degli scherzi. La sorella vive costantemente rinchiusa in bagno, mentre il fratello sogna di fare il cinema. In un microcosmo così vivo e così eterogeneo, Fabietto non ha progetti per il suo futuro e non sa che strada prendere. Gli unici sprazzi di felicità sono l’arrivo di Maradona al Napoli e gli sguardi a zia Patrizia, donna instabile psicologicamente e dalla bellezza prorompente.
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Fabietto è un ragazzo schivo e introverso nella Napoli degli anni ’80. Il contesto in cui vive è vitale, verace e colorato ed è caratterizzato da una famiglia allargata e numerosa che comprende zii, cugini e vicini di casa. Il papà di Fabietto è un impiegato di banca sempre di buon umore e con la battuta pronta e qualche scheletro nell’armadio. La mamma è buona, affettuosa e amante degli scherzi. La sorella vive costantemente rinchiusa in bagno, mentre il fratello sogna di fare il cinema. In un microcosmo così vivo e così eterogeneo, Fabietto non ha progetti per il suo futuro e non sa che strada prendere. Gli unici sprazzi di felicità sono l’arrivo di Maradona al Napoli e gli sguardi a zia Patrizia, donna instabile psicologicamente e dalla bellezza prorompente.
Ma la vita è imprevedibile e una tragedia costringerà Fabietto a crescere più in fretta del previsto, a metterlo di fronte alle proprie responsabilità e a prendere consapevolezza di cosa vorrà fare da grande: o’ cinema.
Paolo Sorrentino costruisce un film fortemente autobiografico, si racconta con grande generosità e lucidità in modo quasi catartico, in una storia di formazione. Perché è da un grande dolore che nasce la voglia di fare cinema del protagonista, per sovrapporre una realtà triste e arida ad un’altra costruita ma più vera e appagante. Nel suo nuovo percorso Fabio incontrerà diversi personaggi che contribuiranno a tale crescita e lo accompagneranno nelle tappe della sua formazione e ad immaginare il futuro.
Le immagini, i silenzi, i ritmi, tutto ipnotizza lo spettatore e lo trasporta nello scorrere della vicenda, che è poi la vita, fatta di piccole gioie, dolori, sorrisi e delusioni. E’ difficile trovare un film che riesca a raccontare il dolore in questo modo: un dolore lacerante, straziante, ma che trasmette allo spettatore una gran voglia di vivere e di speranza, che è poi la stessa speranza nel futuro che ha Fabietto nel prendere quel treno per Roma. Quel treno che si ferma con i titoli di coda, ma che con la poetica canzone di Napul è in sottofondo, prosegue il suo cammino nella nostra mente. Così ci immaginiamo che quel treno continui a viaggiare, grazie alla poesia della musica in sottofondo. E ci ricorda che qualunque cosa accada di non disunirci mai.
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brunopepi
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domenica 9 gennaio 2022
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e quel treno dei desideri arrivò
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E' STATA LA MANO DI DIO (2021)
Regia: Paolo Sorrentino
Italia - Biografico/Commedia/Drammatico
Cast: Filippo Scotti, Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo
Nuovo lavoro del maestro, nuove aspettative, nuovi giudizi frutto di un pubblico oramai sempre più esigente nei confronti dell'acclamato regista.
Un cast di rilievo, di matrice napoletana che gira intorno al giovane e quasi esordiente comasco Filippo Scotti, e con una fotografia della bella Napoli, ritratta nella sua intimità e suggestività dal suo esemplare e genuino cittadino e sceneggiatore.
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E' STATA LA MANO DI DIO (2021)
Regia: Paolo Sorrentino
Italia - Biografico/Commedia/Drammatico
Cast: Filippo Scotti, Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo
Nuovo lavoro del maestro, nuove aspettative, nuovi giudizi frutto di un pubblico oramai sempre più esigente nei confronti dell'acclamato regista.
Un cast di rilievo, di matrice napoletana che gira intorno al giovane e quasi esordiente comasco Filippo Scotti, e con una fotografia della bella Napoli, ritratta nella sua intimità e suggestività dal suo esemplare e genuino cittadino e sceneggiatore.
Lasciandosi alle spalle le sequenze felliniane dei suoi ultimi film, Sorrentino tocca con mano (quella che metaforicamente e ambiguamente definirà la mano di Dio), come volendo accarezzare un realismo cinematografico esaltando i valori, le gioie, le incomprensioni e la grande unione del nucleo familiare.
Molti di noi si ritroveranno in quel rispetto e amore verso i propri cari, e molti di noi si rispecchieranno in qualche immagine della propria gioventù attraverso la sua narrazione.
Il film si snoda tra commedia e drammaticità, tra sorrisi e risate, tristezza e commozione, la gioventù che scade, un presente ingestibile e la vita che scorre via su dei binari, su quel treno verso Roma che chiuderà al protagonista definitivamente un sipario, per aprirne un altro in un palcoscenico diverso ma anelato, con la sua città alle spalle, magistralmente e realisticamente proposta e disegnata, al contrario di Fellini con la sua Rimini, in quella sua fantastica interpretazione di uno dei suoi capolavori, "Amarcord".
Il film riesce a coinvolgerci, a renderci protagonisti alla stregua di quel ragazzo, di come tutti siamo maturati e cambiati lontano da casa, a volte con timore di guardare, di analizzare, perché serve sempre del coraggio ad accettare cosa siamo e chi siamo, e perchè quella scissione è ardua e seria, e la nostalgia non deve mai prendere il sopravvento ma conviverci con serenità e affetto, altrimenti sono guai.
Voto 7.5
IG @bruandarts
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alberto de rosa
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sabato 8 gennaio 2022
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semplicemente, bellissimo (altro che di caprio...)
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Per un uomo di 50 anni, napoletano, orfano di padre, il film è un colpo al cuore. I ricordi di quel periodo, la vita vissuta e gli stati d'animo del protagonista li ho pure io (già in Young Pope si trattava il tema dell'essere orfani). Il film è comunque e' crudo e poetico allo stesso tempo direi struggente in alcuni passaggi. Non è un capolavoro (tipo le Conseguenze dell'amore) ma deve essere visto perché è un film del più bravo regista italiano, che racconta la sua storia e quella della città senza falsi moralismi. Bellissimo. Voto 4 stelle
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loretta fusco
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venerdì 7 gennaio 2022
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dentro la vita
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Ho visto “E stata la mano di Dio”, l’ultimo film di Paolo Sorrentino, candidato agli Oscar 2022 come miglior film straniero italiano, con una certa curiosità, anche perché il cinema di Sorrentino è tutto fuorché banale . Di lui ho visto “La Grande bellezza” e “Le conseguenze dell’amore”. La grande Bellezza per cercare di capire quali fossero gli elementi premianti di quella pellicola, e ora attratta dal titolo, credendo che fosse un film su Napoli, gli stereotipi napoletani, Maradona e tutta l’iconografia a lui legata.
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Ho visto “E stata la mano di Dio”, l’ultimo film di Paolo Sorrentino, candidato agli Oscar 2022 come miglior film straniero italiano, con una certa curiosità, anche perché il cinema di Sorrentino è tutto fuorché banale . Di lui ho visto “La Grande bellezza” e “Le conseguenze dell’amore”. La grande Bellezza per cercare di capire quali fossero gli elementi premianti di quella pellicola, e ora attratta dal titolo, credendo che fosse un film su Napoli, gli stereotipi napoletani, Maradona e tutta l’iconografia a lui legata. Mi sono rivista alcune scene per cercare di comprendere meglio le intenzioni del regista che in questo racconto autobiografico, è riuscito finalmente a parlare di sé della sua triste esperienza di figlio orfano, senza concedersi nulla, con quel distacco che si è imposto in tanti anni di elaborazione del lutto. Ne è uscito un meraviglioso affresco su Napoli, con dei personaggi tipici napoletani che pur pittoreschi non scadono mai nel macchiettismo. Il giovane Fabio Schisa, un magnifico Filippo Scotti, di cui sentiremo parlare, vive insieme ai suoi genitori (Toni Servillo e Teresa Saponangelo) e i fratelli al Vomero, intorno agli anni ’80, e tutto ruota intorno a questa famiglia borghese, variopinta nei toni e nei colori, che rispecchia più che la napoletanità, la napolitudine, sempre in bilico tra comicità e tragedia. La prima parte del film ci inoltra nelle dinamiche di questa estroversa, eccentrica famiglia, che mette in scena la commedia della vita tra gioie, dolori, grettezze, generosità, pazzie e apparente normalità. Sono personaggi scelti non a caso e Sorrentino riesce a farli esprimere, evidenziandone vizi e virtù, attraverso splendidi camei, ma soprattutto mettendo a nudo ipocrisie e fragilità esistenziali.
La morte improvvisa dei genitori avvelenati dal monossido di carbonio, cambierà drasticamente la vita di Fabio. Trovare le coordinate non sarà facile, la libertà che si trova a gestire pesa come una cappa di piombo e lui deve capire cosa fare della sua vita.
È stata la mano di Dio è un viaggio che lo spettatore fa insieme ai protagonisti del film, li segue e si lascia catturare dall’atmosfera mistica, a tratti surreale, che contrasta con l’ambientazione realistica, ricca di simboli da decodificare.
Tanti gli spunti di riflessione. È stata la mano di Dio, è la salvezza di Fabio che si è sottratto alla sorte dei genitori per caso, ma anche la salvezza di un intero popolo che attraverso quel colpo di mano di Maradona riscatta se stesso e la sua immagine ammaccata. Fabio ha l'animo artistico e crede che l'immaginazione sia meglio della realtà. È per questa ragione che sceglie di perseverare nel suo sogno di fare cinema e di andarsene da Napoli per inseguirlo.
La scena finale del film si presta a più chiavi di lettura.“Non ti disunire” gli dice il suo mentore” nella conversazione finale “Non ti disunire mai, non te lo puoi permettere. Perché non ti hanno lasciato solo, ti hanno abbandonato”.Si riferisce ai genitori morti di Fabio e sono tanti i significati che si possono estrapolare da quelle parole. Il regista Capuano cerca di convincere il giovane a restare nella sua Napoli, unico luogo dove può ritrovare se stesso partendo dalle sue radici. Fabio se ne andrà, invece, portando dentro di sé la sua città.
Un film straordinario per la capacità di Sorrentino di fare un film su Napoli diverso, a partire dalla fotografia che restituisce un’immagine non stereotipata, dove sacro e profano s’intersecano a meraviglia, dove tutti gli abbozzi acquistano significato pregnante e dove le rare inquadrature di Maradona, pur incombendo nello spirito generale, sconfessano quel titolo che l’ovvietà suggeriva.
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marcloud
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giovedì 6 gennaio 2022
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sorrentino autobiografico
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Sorrentino esplora la solitudine e lo fa attraversando la sua adolescenza nella Napoli dello scudetto di Maradona. La realtà scadente viene trascesa nell'omaggio dei maestri del cinema italiano e in quel viaggio verso Roma alla ricerca di un futuro. Immagini stupende e cura poetica nel racconto. Piacevole
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pintaz
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lunedì 3 gennaio 2022
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non ti disunire
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L’ultimo film di Paolo Sorrentino è ambientato nella sua città natale, Napoli, a ridosso dell’arrivo del fuoriclasse Diego Armando Maradona.
Fabietto, come viene affettuosamente chiamato da tutti, vive un’adolescenza spensierata, felice, in mezzo a una miriade di parenti e amici che fanno da contorno ai propri genitori, Saverio e Maria. Una famiglia allegra, di grande coesione, dove anche il fratello e la sorella sono i pilastri di un classico nido focolare borghese degli anni ottanta.
Il riferimento felliniano è volutamente ricercato nei personaggi che circondano la famiglia Schisa. La sensuale e spregiudicata Patrizia (Luisa Ranieri), zia matta di Fabietto, insieme alla Baronessa Focale (Betti Pedrazzi) piuttosto che Alfredo (Renato Carpentieri) unendo anche il cameo di Enzo Decaro nella parte di San Gennaro sono un richiamo al cinema del maestro romagnolo, nemmeno tanto sopito, tanto da far brillare, come di consueto, ancora maggiormente i protagonisti.
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L’ultimo film di Paolo Sorrentino è ambientato nella sua città natale, Napoli, a ridosso dell’arrivo del fuoriclasse Diego Armando Maradona.
Fabietto, come viene affettuosamente chiamato da tutti, vive un’adolescenza spensierata, felice, in mezzo a una miriade di parenti e amici che fanno da contorno ai propri genitori, Saverio e Maria. Una famiglia allegra, di grande coesione, dove anche il fratello e la sorella sono i pilastri di un classico nido focolare borghese degli anni ottanta.
Il riferimento felliniano è volutamente ricercato nei personaggi che circondano la famiglia Schisa. La sensuale e spregiudicata Patrizia (Luisa Ranieri), zia matta di Fabietto, insieme alla Baronessa Focale (Betti Pedrazzi) piuttosto che Alfredo (Renato Carpentieri) unendo anche il cameo di Enzo Decaro nella parte di San Gennaro sono un richiamo al cinema del maestro romagnolo, nemmeno tanto sopito, tanto da far brillare, come di consueto, ancora maggiormente i protagonisti.
Saverio e Maria decidono di acquistare una seconda casa a Roccaraso dove passare le vacanze insieme al resto della famiglia. Un fine settimana propongono a Fabietto di seguirli in montagna ma il giovane rifiuta poiché proprio quella domenica ci sarà Napoli-Empoli alla quale non potrà mancare per veder giocare il suo idolo, finalmente sbarcato nella città partenopea (da notare la bellezza dell’evento con i silenzi che immancabilmente ci riportano alle sequenze in campo lungo di Sergio Leone), il Pibe de Oro. Proprio quel giorno i genitori muoiono a causa di una perdita di monossido di carbonio; è stata la mano di Dio che l’ha salvato.
La disgrazia getta nello sconforto i tre fratelli e, nel proprio dolore, proprio Fabietto rimarrà segnato in quanto i medici gli impediscono di vedere i corpi dei genitori.
Il film, straordinario, è una sorta di romanzo dove il trauma del protagonista è la vera vocazione artistica, dopo l’incontro con l’affermato regista Capuano, verso il cinema.
“Ce l’hai qualcosa da raccontare?” - gli urla il regista, capendo che solo da un abbandono potrà maturare il desiderio per un futuro che può e deve costruirsi chiamandosi finalmente Fabio.
Alla domanda, il giovane dapprima incapace risponde “nulla”, alla fine, sempre più incalzato, dice solo che “non me li hanno fatti vedere”.
E’ da lì che nasce il monito “non ti disunire”. Il vero fulcro di ognuno per ricercare la propria identità adulta.
Sottolinea, per farlo riflettere, che i genitori non lo hanno lasciato solo bensì abbandonato. La differenza? Chiunque può lasciarti solo ma se le persone che più ami al mondo se ne vanno la questione è terrificante; il loro andarsene diventa un sentimento che ti porti dentro tutta la vita. Uno smarrimento per sempre.
Il termine disunire, volutamente, viene dal gergo calcistico. Il rimanere compatti degli allenatori, nella pellicola, significa essere sè stessi sempre, non perdersi dietro obiettivi contingenti, oserei dire melliflui, ma vivere secondo principi e una disciplina più alta. “Non diventare quello che si aspettino che tu diventi, ma scopri in te una ricchezza più grande”, è la chiosa del regista verso il giovane.
Anche contro il consiglio di Capuano, Fabio decide di andare a Roma. Sorrentino descrive la sua perpetrata napoletanità quando Fabio, in treno, scorge il Munaciello che lo saluta, come una sorta di benedizione, con lo stesso fischio usato dai genitori per esprimere reciproco affetto insieme ai figli.
La presenza di Maradona diventato Gesù in quanto salvatore della vita di Fabio, ha la sorta di potere soprannaturale e magica allo stesso tempo che gli permette di avere fiducia nel destino portandosi appresso il proprio dolore senza esserne distrutto.
In fondo, come nella citazione presente nei titoli di testa, bisognerebbe pensare, almeno un minuto al giorno, che ognuno per le proprie capacità “ha fatto quello che ha potuto, non credendo di essere andato così male”.
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belliteam
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venerdì 31 dicembre 2021
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napule e'' mille culure
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Il "cinema", quello bello, che ci fa' sognare, pensare, divertire, riflettere. Dopo l'oscar per la miglior pellicola straniera nel 2013 con "la grande bellezza", il genio di Paolo Sorrentino (young pope) firma un altro capolavoro, "e' stata la mano di Dio". Il titolo si riferisce a quel famoso colpo di Diego Armando Maradona contro l'Inghilterra, ed il campione Argentino ci accompagnera' x tutto il film facendo da sfondo alla storia di un adolescente (cui il regista si rivede) Napoletano (siamo infatti negli anni '80) accompagnato da un Toni Servillo in gran forma, e dai soliti strampalati personaggi che fanno da contorno, come d'abitudine nei film di Sorrentino.
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Il "cinema", quello bello, che ci fa' sognare, pensare, divertire, riflettere. Dopo l'oscar per la miglior pellicola straniera nel 2013 con "la grande bellezza", il genio di Paolo Sorrentino (young pope) firma un altro capolavoro, "e' stata la mano di Dio". Il titolo si riferisce a quel famoso colpo di Diego Armando Maradona contro l'Inghilterra, ed il campione Argentino ci accompagnera' x tutto il film facendo da sfondo alla storia di un adolescente (cui il regista si rivede) Napoletano (siamo infatti negli anni '80) accompagnato da un Toni Servillo in gran forma, e dai soliti strampalati personaggi che fanno da contorno, come d'abitudine nei film di Sorrentino. E' stata la mano di Dio pero', piu' di tutto, e' un film di Napoli, e per Napoli, dove si percepisce in ogni inquadratura, in ogni dialogo il grande amore da parte del regista x questa citta', pur con le sue contraddizioni e le sue problematiche, e la degna conclusione sulle note di Napule e' di Pino Daniele ne e' una firma indelebile
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vincenzo ambriola
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sabato 25 dicembre 2021
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senza parole
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Non sono in grado di esprimere un giudizio sull'ultimo gilm di Sorrentino. Dopo quaranta minuti ho sentito l'inarrestabile desiderio di spegnere la televisione. Molto probabilmente se fossi stato in un vero cinema l'avrei visto fino in fondo. Peccato.
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giovanni_b_southern
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sabato 25 dicembre 2021
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nulla di speciale
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Film vedibile. Ma niente di speciale. Bravi gli attori. Servillo e Ranieri recitano bene. Ho trovato banali, basici i dialoghi. Tutto sommato deludente
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jonnylogan
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sabato 25 dicembre 2021
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cosa farò da grande
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Paolo Sorrentino ci accomoda sul lettino dello psichiatra riuscendo, forse in via definitiva, a esorcizzare il ricordo di una famiglia medio borghese di Napoli, con padre dirigente di banca, dotato di una spiccata ironia, e una madre casalinga dedita a scherzi capaci di travolgerti con la propria crudeltà. Residenti al quartiere Vomero e genitori di tre figli appartenenti a differenti fasce anagrafiche: la figlia Daniela perennemente barricata in bagno. Marchino, aspirante comparsa di cinema e teorico attore, e infine Fabio, detto Fabietto, liceale sedicenne che nell’estate del 1984 pensa molto al teorico approdo di Diego Maradona in maglia azzurra e che cerca di immaginarsi in un futuro ancora troppo distante per essere progettato.
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Paolo Sorrentino ci accomoda sul lettino dello psichiatra riuscendo, forse in via definitiva, a esorcizzare il ricordo di una famiglia medio borghese di Napoli, con padre dirigente di banca, dotato di una spiccata ironia, e una madre casalinga dedita a scherzi capaci di travolgerti con la propria crudeltà. Residenti al quartiere Vomero e genitori di tre figli appartenenti a differenti fasce anagrafiche: la figlia Daniela perennemente barricata in bagno. Marchino, aspirante comparsa di cinema e teorico attore, e infine Fabio, detto Fabietto, liceale sedicenne che nell’estate del 1984 pensa molto al teorico approdo di Diego Maradona in maglia azzurra e che cerca di immaginarsi in un futuro ancora troppo distante per essere progettato. Il titolo trae spunto dall’affermazione/intervista che proprio lo stesso Maradona diede alla rete segnata all’Inghilterra ai mondiali del Messico e quando il regista ne annunciò il titolo, mantenendo completo riserbo sulla trama, velocemente la mente corse a un nuovo biopic dedicato all’ex numero 10, reduce da una morte tragica e prematura e da mille risvolti che probabilmente ed esattamente come Silvio Berlusconi, avrebbero meritato di finire in un film. Al contrario Sorrentino approfitta del misunderstanding per fornirci spiegazioni sulla propria vita e solo marginalmente facendo entrare el diez dalla porta di servizio. La trama si snoda attraverso una vicenda personale che con il mondo della pelota ha poco a che fare. Lungo i vicoli di una Napoli imbevuta dalle proprie usanze, costumi, il proprio dialetto e i propri angoli di mare e luce. La storia di una famiglia allargata, composta dai vicini, dalle zie, dai parenti chiassosi e dalle vite di ognuno, segnata da un lutto che ne cambierà i precari equilibri, costringendo i più giovani non più a immaginarsi ma diventare, in maniera veloce, adulti. Filippo Scotti, vera rivelazione del film e del quale sicuramente sentiremo parlare, aiuta Sorrentino a immergersi nella propria adolescenza, divenendone il miglior alter ego possibile e lasciando a Teresa Saponangelo, prevalentemente vista in TV e a Teatro, e a Toni Servillo, ormai sodale del regista, il ruolo di due perfetti genitori, fuori dal comune e da ogni genere di schema. Osannato dalla critica, amato e odiato dal pubblico l’ultima pellicola del regista 51enne non può far altro che riflettere ma solo a visione rigorosamente ultimata.
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