tom cine
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giovedì 11 febbraio 2021
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un buon inizio e un banale svolgimento
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C’è una parte di questo film che fa ben sperare: l’inizio. I titoli di testa rendono chiara la diversa impostazione che questa trasposizione del romanzo di Stephen King vuole avere rispetto alla precedente (e splendida) versione cinematografica diretta da Mary Lambert nel 1989 e che da noi fu intitolata “Cimitero vivente”: se quel film cominciava direttamente con la visione delle tombe nel cimitero degli animali (calcando subito sulla paura della perdita e della morte), qui assistiamo ad una panoramica sul bosco che affianca la casa dei Creed e che sottolinea, probabilmente, l’intenzione di sottolineare maggiormente la presenza soprannaturale del Wendigo, vera e propria incarnazione del Male secondo gli Indiani d’America.
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C’è una parte di questo film che fa ben sperare: l’inizio. I titoli di testa rendono chiara la diversa impostazione che questa trasposizione del romanzo di Stephen King vuole avere rispetto alla precedente (e splendida) versione cinematografica diretta da Mary Lambert nel 1989 e che da noi fu intitolata “Cimitero vivente”: se quel film cominciava direttamente con la visione delle tombe nel cimitero degli animali (calcando subito sulla paura della perdita e della morte), qui assistiamo ad una panoramica sul bosco che affianca la casa dei Creed e che sottolinea, probabilmente, l’intenzione di sottolineare maggiormente la presenza soprannaturale del Wendigo, vera e propria incarnazione del Male secondo gli Indiani d’America. Questa figura viene spesso citata nel romanzo, dove ci viene chiaramente fatto capire che è lui a muovere, come burattini, i morti resuscitati nel cimitero indiano intorno a cui ruota la vicenda. Puntare di più sulla presenza del Wendigo avrebbe potuto rendere assai più interessante questa seconda versione cinematografica, ma il problema principale di questo film è che la sceneggiatura è realizzata molto male e, come se non bastasse, la regia manca di tensione e si affida troppo spesso a banali espedienti, rendendo assai perdente il film sia davanti al magnifico romanzo dello scrittore americano, sia davanti alla spaventosa e disturbante (ma, proprio per questo, bellissima) versione cinematografica del 1989.
Questo è anche un film che fa il passo più lungo della gamba: anziché seguire fino in fondo la narrazione della storia originale (quella di un medico, Louis Creed, che si trasferisce, con tutta la famiglia, nei dintorni di un cimitero indiano che è confinante con un luogo di sepoltura per gli animali e che ha il potere di riportare, apparentemente, in vita i morti), ad un certo punto rimescola le carte della narrazione, volendo stupire a tutti i costi sia chi non conosce la storia originale sia chi ha già visto “Cimitero vivente” o ha letto il libro (o ha fatto entrambe le cose). Anche questo sarebbe stato un esperimento interessante, se solo avesse dato vita a qualcosa di altrettanto intenso, ma quella a cui si assiste è soltanto una banale storia horror che non approfondisce nessun aspetto: non si avverte la dolorosa sensazione della perdita di una persona cara, l’inquietudine trasmessa dal Male che si presenta con il volto di un defunto che è stato amato e nemmeno quel brivido che si prova davanti a qualcosa di apparentemente inspiegabile che è alla base di tutte le storie horror sul soprannaturale (anche quelle riuscite soltanto vagamente). Tutte cose che il romanzo, uno dei più inquietanti di King, sa trasmettere alla grande e che la precedente trasposizione, mettendo la fedeltà al testo scritto e la sobrietà fra i suoi cavalli di battaglia, sa restituire. Qui si assiste soltanto ad una serie di sequenze banali che, spesso, scivolano nell’umorismo involontario e che, in qualche caso, fanno sembrare questa nuova versione una parodia e l’apice è proprio la sequenza dell’incidente, snodo centrale della storia: sembra uscita da un “Final Destination” qualsiasi. Jason Clarke, nel ruolo del dottor Creed, non sembra molto convinto ed è piuttosto inespressivo e non convince nemmeno il resto del cast, forse a causa di una sceneggiatura confusionaria e superficiale e nella quale nessun personaggio e nessun elemento (nemmeno il Wendigo) ha spessore: ciò contribuisce non poco a smarrire completamente qualsiasi briciolo di tensione e questo, per un horror, è un errore non da poco. Si salvano, in questo film, soltanto la buona fotografia e la colonna sonora di Christopher Young.
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onufrio
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sabato 18 aprile 2020
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pet sematary - 30 anni dopo
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Valido remake del Cimitero Vivente uscito 30 anni prima. La storia rimane ovviamente fedele (o quasi) all'originale, aggiungendo un pizzico in più di horror e tensione con un uso accurato e regionevole di effetti speciali. Insomma, un classico horror.
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felicity
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mercoledì 12 febbraio 2020
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horror classico, elegante e rarefatto
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Il film è molto fedele al romanzo, alle sue atmosfere, a quei dettagli che lo rendono unico.
In linea generale, il film si presenta come un horror classico, elegante e rarefatto, attraversato dalla disperazione e dal senso di colpa.
Chi si aspetta un film fortemente innovativo, potrebbe rimanere deluso dalla confezione tradizionale del nuovo Pet Sematary.
Di fatto il film è un’ottima aggiunta all’universo cinematografico di Stephen King: il film è ricco di scene spaventose e deliranti.
Tutti, in Pet Sematary, sono perseguitati da tragedie del passato, eventi traumatici che hanno risonanza nel presente.
L’umorismo è tagliente, non kitsch, e le performance, soprattutto da parte di Lithgow e della giovane Laurence, vanno ben oltre il minimo sindacale.
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Il film è molto fedele al romanzo, alle sue atmosfere, a quei dettagli che lo rendono unico.
In linea generale, il film si presenta come un horror classico, elegante e rarefatto, attraversato dalla disperazione e dal senso di colpa.
Chi si aspetta un film fortemente innovativo, potrebbe rimanere deluso dalla confezione tradizionale del nuovo Pet Sematary.
Di fatto il film è un’ottima aggiunta all’universo cinematografico di Stephen King: il film è ricco di scene spaventose e deliranti.
Tutti, in Pet Sematary, sono perseguitati da tragedie del passato, eventi traumatici che hanno risonanza nel presente.
L’umorismo è tagliente, non kitsch, e le performance, soprattutto da parte di Lithgow e della giovane Laurence, vanno ben oltre il minimo sindacale.
Il film rende onore a King e racconta le sue storie a una nuova generazione.
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harloch74
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giovedì 16 maggio 2019
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bel remake
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Seconda trasposizione cinematografica di uno dei più bei libri di Stephen King,e anche questa come la controparte del 1989 non esente da differenze con l'originale letterario.Devo dire che sono andato al cinema con tanta curiosità ma ben poche aspettative visto i quasi sempre scarsi risultati in fatto di remake fatti in questi ultimi anni.premetto che non mi metterò a fare confronti con l’opera degli anni 80,poiché sarebbe inutile e anche irrispettoso verso il lavoro svolto dai due registi Kevin Koisch e Dennis Widmyer che sono riusciti a tenere un filo negli anni 80 e uno nel 2019 confezionando un prodotto attuale come fotografia e nello stesso tempo ricordando per spirito gli Horror classici degli anni 80,e quando dico per spirito intendo una cosa che negli Horror dovrebbe essere la norma ma che ormai è rara come l’oro:La paura.
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Seconda trasposizione cinematografica di uno dei più bei libri di Stephen King,e anche questa come la controparte del 1989 non esente da differenze con l'originale letterario.Devo dire che sono andato al cinema con tanta curiosità ma ben poche aspettative visto i quasi sempre scarsi risultati in fatto di remake fatti in questi ultimi anni.premetto che non mi metterò a fare confronti con l’opera degli anni 80,poiché sarebbe inutile e anche irrispettoso verso il lavoro svolto dai due registi Kevin Koisch e Dennis Widmyer che sono riusciti a tenere un filo negli anni 80 e uno nel 2019 confezionando un prodotto attuale come fotografia e nello stesso tempo ricordando per spirito gli Horror classici degli anni 80,e quando dico per spirito intendo una cosa che negli Horror dovrebbe essere la norma ma che ormai è rara come l’oro:La paura.Gia’ il Succo della storia è di per se terrificante,poiché analizza cosa può arrivare a fare qualsiasi individuo alle prese con il dolore per la perdita di una persona cara,poi i registi giocano sulla tensione che lo spettatore ha seguendo la vicenda,ben consapevole della terribile sorte dei protagonisti,in questo remake ancora più terribile che nell’originale .Inquietante,con scene davvero ben fatte e con protagonisti azzeccati nella parte.Consigliato.
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stramonio70
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giovedì 16 maggio 2019
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inferiore alla versione del 1989
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Attenzione a eventuali SPOILER.
Cimitero vivente (1989) di Mary Lambert è sempre stato uno dei miei horror preferiti. Ancora oggi quel film mi mette angoscia e mi spaventa come la prima volta che lo vidi. Inoltre era sceneggiato dallo stesso Stephen King ed era pertanto fedelissimo al libro da cui era tratto. Avevo quindi alte aspettative su questo remake ma molte di esse purtroppo sono state deluse. I principali difetti risiedono nella sceneggiatura volutamente cambiata. Le poche cose aggiunte (come la processione dei bambini con le maschere) sfiorano il ridicolo, quelle cambiate invece (come la morte di Ellie invece di Gage) fanno storcere il naso perché troppo politically correct.
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Attenzione a eventuali SPOILER.
Cimitero vivente (1989) di Mary Lambert è sempre stato uno dei miei horror preferiti. Ancora oggi quel film mi mette angoscia e mi spaventa come la prima volta che lo vidi. Inoltre era sceneggiato dallo stesso Stephen King ed era pertanto fedelissimo al libro da cui era tratto. Avevo quindi alte aspettative su questo remake ma molte di esse purtroppo sono state deluse. I principali difetti risiedono nella sceneggiatura volutamente cambiata. Le poche cose aggiunte (come la processione dei bambini con le maschere) sfiorano il ridicolo, quelle cambiate invece (come la morte di Ellie invece di Gage) fanno storcere il naso perché troppo politically correct. Nel film del 1989, il ritorno dall'aldilà del piccolo Gage, che a soli tre anni col bisturi in mano massacrava sia la madre che il vecchio Jud era una delle svolte più terrificanti viste in un film. Nel remake questo lavoro viene fatto fare a Ellie, una ragazzina di nove anni quindi molto più cresciuta, ma con un effetto decisamente molto meno riuscito. In definitiva questo nuovo Pet Sematary per me non è all'altezza del film precedente. Il film raggiunge la sufficienza solo per le prove attoriali di John Lithgow e di Jason Clarke, incolore invece il resto del cast, bambini inclusi.
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elpiezo
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giovedì 16 maggio 2019
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inquietante!!!
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“PET SEMATARY”.
Una famiglia si trasferisce in una comunità rurale del Maine nei pressi di un misterioso cimitero per animali. Una tragedia inattesa innesca una catena di eventi inenarrabili.
Nuovo adattamento cinematografico del celebre romanzo firmato King, dove la drammaticità degli eventi si incastra in un doloroso canovaccio horror dagli esiti strazianti.
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casomai21
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venerdì 10 maggio 2019
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pillole di occulto per chi vuol fermare la natura
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un film horror che senza dubbio attanaglia alla poltrona lo spettatore in un clima di angosciosa attesa della tragedia imminente e della morte violenta proveniente dalla poderosa marcia dei superbisonti di oggi .Gli stessi super tir che con altre concause hanno portato al logoramento strutturale del Ponte Morandi a Genova. Il film inizia con questi ruggito rabbioso e mionaccioso con cui vengon accolti nella apparentemente tranquilla campagna americana dove avrebbero dovuto vivere in un menage familiare affettuoso e accogliente. L'atmosfera cupa vien presto a manifestarsinello svolgersi dell'incredibile storia e ben presto a rabbrividire. Ogni luogo serba memoria di quanto avvenuto in precedenza, ciò ricorda le preesistenze di un cimitero indiano nell'area su cui sorgeva il pauroso albergo del film" Shining".
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un film horror che senza dubbio attanaglia alla poltrona lo spettatore in un clima di angosciosa attesa della tragedia imminente e della morte violenta proveniente dalla poderosa marcia dei superbisonti di oggi .Gli stessi super tir che con altre concause hanno portato al logoramento strutturale del Ponte Morandi a Genova. Il film inizia con questi ruggito rabbioso e mionaccioso con cui vengon accolti nella apparentemente tranquilla campagna americana dove avrebbero dovuto vivere in un menage familiare affettuoso e accogliente. L'atmosfera cupa vien presto a manifestarsinello svolgersi dell'incredibile storia e ben presto a rabbrividire. Ogni luogo serba memoria di quanto avvenuto in precedenza, ciò ricorda le preesistenze di un cimitero indiano nell'area su cui sorgeva il pauroso albergo del film" Shining".Qui si tratta di un cimitero di animali domestici come ce ne sono tanti,ma ben oltre in un clima spettrale e nebbioso ce n'è un altro formato da particolari rocce dagli occulti poteri.La storia contrappone l'innocenza infantile pericolosamente curiosa e incosciente dei bambini di questa agiata famiglia a frustrazioni precedenti di chi vuol dare risposte razionali ai misteri insoluti della vita e della morte. Quale può essere il personaggio più misterioso che compare decisivo in tutti i momenti cruciali della storia, se non quello del gatto origiìnariamente domestico e inoffensivo, ma che porta nel suo corpo e in quello sguardo i segni più evidenti di questo clamoroso equivoco.Riportare indietro la storia di ciascuno non è una buona idea,ma può essere molto pericoloso e dalle conseguenze inimmaginabili.Seppur alcuni particolari non vengono spiegati e lasciati alla libera interpretazione dello spettatore che comunque nella propria vita da adulto può aver conservato traumi infantili, che ne condizionano il comportamento e le proprie scelte, il film ha tanti aspetti positivi che lo rendono accettabile.Le interpretazioni dei singoli attori e soprattutto del capofamiglia (Jason Clarke) sono magistrali, le viste dall'alto aiutano a immedesimarsi in quel bosco selvaggio con poche case e tanta apparente e non solo inquietudine per questa strada a scorrimento veloce che lo taglia di netto ,ma per la sensazione di angosciache coglie chi lo attraversa
Il finale del film sembra dare inizio ad un'altra storia ma è lasciato agli spettatori il compito di interpretarlo dopo la consueta trasformazione dei personaggi.
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carloalberto
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venerdì 10 maggio 2019
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per gli amanti di king
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Chi non ama King si astenga. Il film è tratto da un suo romanzo dell’83. Si salva soltanto l’inizio, denso di suggestioni, con le immagini dall’alto di una grande casa di campagna isolata, ai margini di un bosco inquietante e incombente, con l’inquadratura ravvicinata di tracce e macchie di sangue sulla soglia della porta che evocano qualcosa di tremendo che è accaduto o sta per accadere, poi la banalità del male, rappresentato e descritto nei minimi particolari, come è tipico di questi horror partoriti dall’idea che per scrivere un romanzo o una sceneggiatura di questo genere occorre scegliere un tema orribile per poi rendere immediatamente concrete e reali le paure, l’uomo nero, lo spaventapasseri, il pagliaccio, allo scopo di terrorizzare i bambini di ogni età.
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Chi non ama King si astenga. Il film è tratto da un suo romanzo dell’83. Si salva soltanto l’inizio, denso di suggestioni, con le immagini dall’alto di una grande casa di campagna isolata, ai margini di un bosco inquietante e incombente, con l’inquadratura ravvicinata di tracce e macchie di sangue sulla soglia della porta che evocano qualcosa di tremendo che è accaduto o sta per accadere, poi la banalità del male, rappresentato e descritto nei minimi particolari, come è tipico di questi horror partoriti dall’idea che per scrivere un romanzo o una sceneggiatura di questo genere occorre scegliere un tema orribile per poi rendere immediatamente concrete e reali le paure, l’uomo nero, lo spaventapasseri, il pagliaccio, allo scopo di terrorizzare i bambini di ogni età. Qui siamo fermi agli zombies. Spinto dalla pretenziosa fantasia di sondare il sentimento angosciante della morte nell’animo umano, King si muove come un elefante in un negozio di cristalleria e la regia non è da meno, in quanto a superficialità, nel mettere in scena il remake di Cimitero vivente dell’89, tratto dallo stesso romanzo. Il cast è da apprezzare, Jason Clarke e John Lithgow offrono una prova più che dignitosa, e del resto il film, esclusi i bambini, si basa solo su tre protagonisti, la terza è la madre dei pargoli. Lo svolgimento della trama è prevedibile, il finale un po’ meno, ma questo non giustifica la visione di una pellicola che non lascerà il segno nella storia della cinematografia, tuttavia, forse, servirà a scoraggiare del tutto la visione, in futuro, di altri film tratti dai romanzi di King per chi non ama King.
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fabriziog
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venerdì 10 maggio 2019
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da anni non si vedeva un buon film horror
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Nel 1983 uscì un capolavoro-cult autenticamente horror di Stephen KIng "Pet Sematary". Quando lo lessi mi piacque molto e mi spaventò. Mary Lambert si cimentò nel 1989 nella sua realizzazione cinematografica con "Cimitero vivente". Ora, nel 2019, Kevin Kölsch ha partorito una ottima pellicola paurosa con l'omonimo titolo del romanzo del genio statunitense. "Pet Sematary" non è un errore di digitazione o ignoranza della lingua. Sematary e non Cematary perché è in questo modo che i ragazzini del racconto indicano il luogo dove vanno a seppellire i loro amati animali domestici.
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Nel 1983 uscì un capolavoro-cult autenticamente horror di Stephen KIng "Pet Sematary". Quando lo lessi mi piacque molto e mi spaventò. Mary Lambert si cimentò nel 1989 nella sua realizzazione cinematografica con "Cimitero vivente". Ora, nel 2019, Kevin Kölsch ha partorito una ottima pellicola paurosa con l'omonimo titolo del romanzo del genio statunitense. "Pet Sematary" non è un errore di digitazione o ignoranza della lingua. Sematary e non Cematary perché è in questo modo che i ragazzini del racconto indicano il luogo dove vanno a seppellire i loro amati animali domestici. La storia è carica di brivido, suspense, attesa, terrore, una storia che si distanzia in alcuni punti dalla trama originaria dettata da King, forse per motivi attoriali (poi capirete). Come è inevitabile, il libro ha sempre una struttura narrante più elevata rispetto al suo sviluppo cineastico. Come dice Ammanniti, ognuno di noi mentre legge si costruisce un proprio film che provoca una fatale delusione quando non lo vede realizzato da altri sul Grande Schermo. Una famiglia che se ne va da Boston. Lui è medico e lei casalinga. Due figli: una bambina e un bimbo più piccolo. Il ricordo di una zia con la schiena contorta oscenamente raggomitolata sul letto. Gatto. Villetta. Campagna. Un cimitero di bestioline prevalentemente morte investite dai grossi camion che sfrecciano lungo la vicina statale. Non solo i pet muoiono lì. Bambini che con maschere inquietanti fanno i funerali ai loro perduti amici. E poi v'è un'area, più in là, oltre il piccolo fanciullesco cimitero, ricoperta da una terra strana, immersa in suoni che sembrano di uccelli, ma non lo sono. Ritmo elevato, che non demorde, insistente, incupito da sonorità amorfe elettroniche. Il muro non va abbattuto. La morte è più dolce. Fabrizio Giulimondi
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