nargilla
|
martedì 8 gennaio 2019
|
se non sai di che parli, è meglio tacere
|
|
|
|
Vorrei prima di tutto invitarti a rivedere sintassi, grammatica ed utilizzo della punteggiatura. Detto questo:
Esordire affermando che Paul Thomas Anderson abbia “un curriculum di regista non eccelso” è a dir poco imbarazzante. In primo luogo definire un regista in base al successo che ottiene al botteghino e alla quantità di film girati in rapporto agli anni di lavoro è intellettualmente immaturo e incredibilmente anti-cinefilo (e anti-artistico in generale).
[+]
Vorrei prima di tutto invitarti a rivedere sintassi, grammatica ed utilizzo della punteggiatura. Detto questo:
Esordire affermando che Paul Thomas Anderson abbia “un curriculum di regista non eccelso” è a dir poco imbarazzante. In primo luogo definire un regista in base al successo che ottiene al botteghino e alla quantità di film girati in rapporto agli anni di lavoro è intellettualmente immaturo e incredibilmente anti-cinefilo (e anti-artistico in generale). In secondo luogo, affiancare le parole “non eccelso” al nome “Paul Thomas Anderson” crea uno degli ossimori più divertenti che mi è capitato di aver letto nell’ultimo periodo: Paul Thomas Anderson è dai molti (e con molti non intendo solo la critica, ma anche una grande fetta di pubblico a cui è capitato nella vita di vedere “quei due film in più”) considerato un regista eccezionale, tra i più grandi (se non IL più grande) della sua generazione. Su 8 film girati non ce n’è neanche uno che non possa considerarsi un prodotto artistico a tutto tondo (e sì, tra questi troviamo anche Il Filo Nascosto, forse il suo vero e proprio capolavoro). In 20 anni di carriera è stato in grado di reinventarsi e allo stesso tempo di rimanere fedele a se stesso e al Cinema come pochi altri sono stati in grado di fare.
Ma non sono qui per farti una lezione di cinema su PTA, e direi che mi sto dilungando fin troppo. La prossima volta, prima di scomodare grandi artisti senza la ben che minima cognizione di causa, fatti un esame di coscienza. (Per non parlare poi del resto della recensione).
[-]
|
|
[+] lascia un commento a nargilla »
[ - ] lascia un commento a nargilla »
|
|
d'accordo? |
|
giovannic
|
domenica 25 novembre 2018
|
phantom thread
|
|
|
|
Dieci anni fa il volto di Day-Lewis era coperto di petrolio e la sagoma scura di Daniel Plainview si muoveva tra le linee orizzontali del deserto e quelle verticali delle trivelle. Gli staccati violenti dell’accompagnamento musicale seguivano i suoi passi lungo una regressione animalesca, verso la totale vittoria della materia sullo spirito. Alla seconda collaborazione con l’attore britannico, Anderson orchestra una sceneggiatura che porterà il protagnista a sperimentare una nuova regressione: si tratta però, questa volta, di un abbandono della materialità, della dimensione corporea, in favore del sentimento. L’aridità degli esterni del paesaggio americano si è col tempo evoluta nell’elegante sistema di interni delle Maison londinesi, un sistema che che si fonda sulle linee sinuose del corpo femminile.
[+]
Dieci anni fa il volto di Day-Lewis era coperto di petrolio e la sagoma scura di Daniel Plainview si muoveva tra le linee orizzontali del deserto e quelle verticali delle trivelle. Gli staccati violenti dell’accompagnamento musicale seguivano i suoi passi lungo una regressione animalesca, verso la totale vittoria della materia sullo spirito. Alla seconda collaborazione con l’attore britannico, Anderson orchestra una sceneggiatura che porterà il protagnista a sperimentare una nuova regressione: si tratta però, questa volta, di un abbandono della materialità, della dimensione corporea, in favore del sentimento. L’aridità degli esterni del paesaggio americano si è col tempo evoluta nell’elegante sistema di interni delle Maison londinesi, un sistema che che si fonda sulle linee sinuose del corpo femminile. Sono le donne a popolare l’universo lavorativo di Raynolds Woodcock, sarto impeccabile e di successo, ma al contempo rappresentante di una concezione della moda che dovrà cedere il passo alle pretese “chic” della borghesia. Dedito alla sartoria fino dall’adolescenza, Raynolds è cresciuto lavorativamente al fianco della sorella Cyril e insieme condividono un’etica professionale fatta di norme ferree e sterilità affettiva. Il rapporto tra Raynolds e Cyril, durante la prima parte della pellicola, rappresenta tuttavia una falsa pista per lo spettatore: ci si illude di trovarsi di fronte ad una dinamica già incontrata in “The Master”, dove i coniugi Dodd riuscivano con cinismo ad esercitare il controllo su Freddie, il personaggio interpretato da Phoenix. Le possibilità che “Il Filo Nascosto” prosegua su questo tracciato, sono piegate dalla forza -sia sul piano della sceneggiatura che su quello dell’interpretazione- del personaggio di Alma. La donna alla quale inizialmente Raynolds si approccia con un controllo da Pigmalione, tentando di addomesticarla e inglobarla nel suo mondo di divieti, rappresenta la vera “sarta” della pellicola: è lei, in veste di narratrice, a sbrogliare la matassa di sentimenti che tormentano il protagonista, a tessere in crescendo l’intrico dei rapporti di forza all’interno della coppia. Attraverso la scrittura del personaggio di Alma, Anderson inverte quella che era stata una costante dei suoi precedenti lavori: a partire da “Sydney”, passando per “Magnolia” e “Il Petroliere”, fino al già citato “The Master”, i rapporti tra i personaggi principali ci venivano presentati in modo fortemente gerarchizzato, poco soggetti a cambiamenti nello svolgersi della trama. Alma invece, da creazione e musa, riesce a divenire per Raynolds un surrogato materno, vera artefice della sua resurrezione emozionale. Da parte sua Woodcock è privo della meschinità di Lancaster Dodd o della freddezza di Daniel Pleinview, personaggio pronto a sottostare ad un rito battesimale per puro interesse materiale: il rito di purificazione che Woodcock accetta negli ultimi minuti del film è reale e prevede una vera e propria rinuncia della fisicità, viene accolta la sofferenza della malattia per poter raggiungere la completezza dell’amore. Affrontando una tale complessità di moti interiori e relazioni tra personaggi, Anderson raggiunge forse, dal punto di vista della scrittura, l’opera più completa e misurata. Il lirismo e la giustapposizione delle scene che caratterizzavano fortemente “The Master”, vengono inglobati all’interno di una prosa narrativa dall’accuratezza sartoriale; la stasi descrittiva prevale sul dialogo, i silenzi tra i personaggi si fanno eloquenti e si rivelano spesso la forma di comunicazione più universale e intensa. Sono molte le scene che vedono Raynolds e Alma fronteggiarsi senza parlare, inquadrati insieme, frontalmente. Percepiamo lo spessore dei loro pensieri, il peso del loro silenzio, sebbene Anderson, tenendo fede ad uno dei suoi stilemi più evidenti, lasci raramente dei momenti di completo silenzio all’interno della pellicola. Alla luce di questo le composizioni di Jonny Greenwood acquisiscono se possibile ancora maggior rilevanza. Risultano essere qualcosa di più rispetto ad un semplice accompagnamento o strumento si spettacolarizzazione: la colonna sonora si fa portavoce del flusso ininterrotto di sentimenti inespressi verbalmente, diviene lo specchio delle percezioni e dei movimenti che agitano in modo costante i personaggi. Con la sintesi più pura dei mezzi espressivi cinematografici Anderson riesce a far parlare le immagini e il sonoro, aggirando la retorica verbale e narrativa.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a giovannic »
[ - ] lascia un commento a giovannic »
|
|
d'accordo? |
|
felicity
|
lunedì 10 settembre 2018
|
daniel day lewis e paul thomas anderson, insieme!
|
|
|
|
Film eccezionale, da non perdere.
Certo non un film facile (come tutti i film di PTA peraltro) e quindi non per tutti.
Ma consiglio la visione a tutti, anche se Jennifer Lawrence ha dichiarato che non è riuscita a reggere per più di tre minuti.
Il film contiene tutto, è una sintesi di tutte le passioni cinefile.
Il filo nascosto è quello che, pur in modo diverso per ogni coppia, lega tutte le storie d'amore.
|
|
[+] lascia un commento a felicity »
[ - ] lascia un commento a felicity »
|
|
d'accordo? |
|
amokubrik
|
venerdì 7 settembre 2018
|
il filo perfetto
|
|
|
|
|
|
[+] lascia un commento a amokubrik »
[ - ] lascia un commento a amokubrik »
|
|
d'accordo? |
|
fabio
|
martedì 28 agosto 2018
|
questo filo un po' troppo allungato...
|
|
|
|
Troppe lungagini alla fine appesantiscono il film: si vuole esagerare e alla fine si stroppia.
Anderson è pienamente padrone del mezzo tecnico e gli attori danno tutti un prova eccellente; tuttavia non si ha l'impressione di un grande film ma di di un'abbozzo.
|
|
[+] lascia un commento a fabio »
[ - ] lascia un commento a fabio »
|
|
d'accordo? |
|
genny63
|
sabato 25 agosto 2018
|
centro!
|
|
|
|
Writer 58- trovo il tuo commento perfetto, consapevole che l'arte non è solo materia valutabile sul piano oggettivo, ma una delicata dialettica tra stile, forma e trasmissione espressiva dei protagonisti...anche io ho avuto la sensazione potente che quest'ultimo elemento fosse soffocato, sacrificato sull'altare di un percorso finalizzato oggettivamente dal regista...e ti ringrazio di avermi dato la chiave di lettura che non riuscivo a realizzare...quella "trappola" alla quale, secondo il mio sentire, i protagonisti paiono essersi dovuti adattare....
|
|
[+] lascia un commento a genny63 »
[ - ] lascia un commento a genny63 »
|
|
d'accordo? |
|
mariateresa
|
lunedì 20 agosto 2018
|
la vita ( e l'emozione) sono altrove.
|
|
|
|
Che cos'è un capolavoro?
Un'opera formalmente perfetta? Un lavoro ineccepibile e magistralmente costruito? Per me un capolavoro è tutto ciò che mi risuona dentro e mi emoziona.
Nel caso de "Il filo nascosto", opera acclamata da molti, non solo non v'è immedesimazione possibile per lo spettatore ma nemmeno mai vibra in chi guarda un filo di umana pietas per anime così drammaticamente imprigionate in blocchi e nevrosi.
Cosa ci comunica questo film? Quale il messaggio?
Che l'amore è patologia o meglio insondabile incontro di patologie diverse? Che ogni rapporto è perfetto a modo proprio ed in modo incomprensibile ad altri ? Che scaltrezza e folle disincanto, lucidità ed ossessione sono essi stessi "rapporto"? Manipolare è forse amare? Subire è amare? Indurre è costruire?
Aver bisogno non è desiderare ed aperture e morbidezze o sono intrinseche e generosamente offerte e svelate o non sono.
[+]
Che cos'è un capolavoro?
Un'opera formalmente perfetta? Un lavoro ineccepibile e magistralmente costruito? Per me un capolavoro è tutto ciò che mi risuona dentro e mi emoziona.
Nel caso de "Il filo nascosto", opera acclamata da molti, non solo non v'è immedesimazione possibile per lo spettatore ma nemmeno mai vibra in chi guarda un filo di umana pietas per anime così drammaticamente imprigionate in blocchi e nevrosi.
Cosa ci comunica questo film? Quale il messaggio?
Che l'amore è patologia o meglio insondabile incontro di patologie diverse? Che ogni rapporto è perfetto a modo proprio ed in modo incomprensibile ad altri ? Che scaltrezza e folle disincanto, lucidità ed ossessione sono essi stessi "rapporto"? Manipolare è forse amare? Subire è amare? Indurre è costruire?
Aver bisogno non è desiderare ed aperture e morbidezze o sono intrinseche e generosamente offerte e svelate o non sono.
Quanto può amare chi è costretto a soffrire per sentire e chi approfitta di tale devianza? E quanto, stilisticamente parlando, può essere credibile un personaggio che irrompe nella vita del protagonista come un raggio di sole, scarmigliato, irriverente e selvatico, che colpisce per innocenza e ruvida genuinità, salvifico come un balsamo e onestamente cristallino fino alla goffaggine e finisce col trasformarsi(quasi)in angelo della morte svelando un'anima più dannata e noir del con-dannato e nerissimo protagonista?
Immenso protagonista senza ombra di dubbio nella magistrale interpretazione di un inarrivabile Daniel Day-Lewis scarnificato e puro fino all'essenza. Recitazione di livelli altissimi che procede per sottrazione piuttosto che per aggiunte, mai ridondante o echeggiante, sublime nella assenza di manierismi ed artifici, che comunica col non comunicato, e che con il non detto trama allo spettatore la sua rete fitta, incalzante e captante. Interprete supremo che non fa ma è il film stesso e che resiste perfino ad un doppiaggio a tratti e forse volutamente inappropriato che rende "l'umanità " del protagonista ancora più intollerabile e fuori contesto, odiosa nel suo trattenere picchi di fiato e di vita.
Opera che si presta a svariate e molteplici letture e che comunica di volta in volta attraverso sfumature e linguaggi diversi (da vedere e da rivedere se non si resta abbattuti dalla lentezza e l'inazione esasperanti, da un respiro d'insieme claustrofobico a tratti ed a tratti volutamente mortificante e da un escamotage risolutore che non rende giustizia alla raffinatezza delle premessea) ma, forse proprio per questo, opera che resta lontana e straniante. Lo spettatore può solo guardare, non si parteggia, non si spera, non ci si auspica, non si desidera, non si brama nemmeno quell'azione che ben presto si intuisce, non arriverà mai. Si resta dal di qua; E mai ci sarà risposta all'unica domanda possibile al di là di ogni sospensione di giudizio o classificazione: chi davvero ha agito sull'altro? Chi conduce a sé?
La mia simpatia va tutta al contenuto ed imperturbabile dottore probabilmente avvezzo alle bizzarrie del bel mondo al quale solo marginalmente appartiene. È lui lo sguardo "altro" del film, è lui che con la sua schiettezza e concretezza scientifica non esita a conferire all'umile cameriera ,compagna di fatto del nevrotico stilista, quel ruolo sociale più che affettivo che per tutto il film le viene malignamente negato ma che i fatti senza ombra di dubbio sanciscono, destando con l'inaspettato appellativo stupore e malcelata stizza nell'algida e ieratica sorella del protagonista . È lui, medico normale ma non ordinario, del tutto estraneo alla vicenda narrata e ben lontano dall'essere soggiogato da fascinazioni, manie e nevrosi che piuttosto esamina, che non a caso raccoglie intime confidenze e velate allusioni della imprevedibile musa ormai sempre più dentro la storia. Storia di cui la donna condivide ormai stranezze e tensioni e su cui poggia uno sguardo sempre più morbido, giustificatorio e acritico. Donna alla fine cardine portante di quella precaria impalcatura umana e familiare che dall'esterno non è riuscita né a scalfire né a smussare. È lui che sentiamo un po' noi nel suo sguardo turbato da investigatore incuriosito ma mai sedotto e soprattutto non ancora assuefatto alle insospettabili morbosità dell'animo umano. Emblematica la scena finale ....gruppo di famiglia allargata che racconta di un "amore" a suo modo funzionante e che diventa "carne e futuro".... nota per nulla melensa ma definirei quasi inquietante nel decretare la legittimità di un equilibrio ossimoricamente fondato sul reciproco e condiviso squilibrio mentale, di una complicità malata che assurge a ruolo di rapporto solo in virtù del perturbante evento non fatale ma umanamente prodotto. Anche qui ritorna uno sguardo neutro e distante....una vaghezza di cose imperfette e stonate. La vita è altrove. La vita è altro. E noi restiamo lontani ed intatti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a mariateresa »
[ - ] lascia un commento a mariateresa »
|
|
d'accordo? |
|
alejazz
|
sabato 18 agosto 2018
|
la moda inglese degli anni '50
|
|
|
|
Film tratto dalla vera storia di uno dei principali fautori della moda inglese: Mr. Woodcock.
Egli insieme alla sorella dirige un importante atelier di Londra. Riesce a far affasciare molte donne ma lui, per rigorosa diligenza, non cede mai e pone il lavoro prima di ogni cosa.
A mio modo, risulta un film da vedere per la lunga trama che lo caratterizza, non affatto banale.
[+]
Film tratto dalla vera storia di uno dei principali fautori della moda inglese: Mr. Woodcock.
Egli insieme alla sorella dirige un importante atelier di Londra. Riesce a far affasciare molte donne ma lui, per rigorosa diligenza, non cede mai e pone il lavoro prima di ogni cosa.
A mio modo, risulta un film da vedere per la lunga trama che lo caratterizza, non affatto banale. Le diverse battute concitanti che reggono i dialoghi mantengono il ritmo del film acceso.
Ho trovato positiva l'interpretazione del protagonista ovvero Mr. Woodcock (da parte di un poco noto Day-Lewis).
In sintesi mi sento di dire ciò.
Cosa mi è piaiuto:
- la trama
- l'attenzione per la fotografia tutta ambientata agli anni '50.
- i ruoli assunti dagli attori
Cosa non mi è piaciuto:
- ho trovato alcune scene un po' troppo scure. Nulla di che a prima analisi, ma hanno reso un po' difficile seguire con la stessa scorrevolezza alcune scene del film.
In conclusione suggerisco la scelta del film.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alejazz »
[ - ] lascia un commento a alejazz »
|
|
d'accordo? |
|
misesjunior
|
lunedì 13 agosto 2018
|
bla bla bla
|
|
|
|
Prima di scrivere su di un film non si dovrebbe bere troppo, perché si finisce per blaterare sui i propri deliri!
|
|
[+] lascia un commento a misesjunior »
[ - ] lascia un commento a misesjunior »
|
|
d'accordo? |
|
rob8
|
sabato 28 luglio 2018
|
andamento lento e silenzi prolungati
|
|
|
|
Un’opera acclamata dalla critica e nominata all’Oscar, dove peraltro ha raccolto solo il riconoscimento ai costumi. Un film classico, che non nasconde la sua ascendenza hitchcockiana, citando esplicitamente Rebecca. Un film formalista, nelle inquadrature come nello sviluppo narrativo; nella recitazione del primo attore come negli abiti che il suo personaggio crea; nel ridondante commento musicale come nella messa in scena curatissima.
Perché allora il regista non ci ha convinto? Perché ha conferito alla pellicola un andamento lento fino all’estenuazione e ai dialoghi silenzi prolungati, senza essere Bergman. Perché si è compiaciuto della sua maestria figurativa, senza dare vero calore ad ambienti e personaggi.
[+]
Un’opera acclamata dalla critica e nominata all’Oscar, dove peraltro ha raccolto solo il riconoscimento ai costumi. Un film classico, che non nasconde la sua ascendenza hitchcockiana, citando esplicitamente Rebecca. Un film formalista, nelle inquadrature come nello sviluppo narrativo; nella recitazione del primo attore come negli abiti che il suo personaggio crea; nel ridondante commento musicale come nella messa in scena curatissima.
Perché allora il regista non ci ha convinto? Perché ha conferito alla pellicola un andamento lento fino all’estenuazione e ai dialoghi silenzi prolungati, senza essere Bergman. Perché si è compiaciuto della sua maestria figurativa, senza dare vero calore ad ambienti e personaggi. Perché ha ambientato la storia negli anni Cinquanta, ma nella preoccupazione di apparire troppo glamour nel rievocare i tempi d’oro dell’haute coûture, ha vanificato la collocazione storica della vicenda.
Così il motivo del diffuso apprezzamento verso il film ci è rimasto davvero nascosto.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rob8 »
[ - ] lascia un commento a rob8 »
|
|
d'accordo? |
|
|