giuliacortella
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sabato 24 febbraio 2018
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un film metafora del mondo del cinema
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Con la fantasia si può immaginare che Anderson parli di sè, del suo attaccamento alla madre e del suo io bambino, capriccioso ed egoista, snob e aristocratico. Attraverso la metafora del cucire Anderson parla dell'arte cinematografica, della creazione, taglio, cucitura e perfezionamento dele scene dei suoi film, della difficoltà della poesia, dello sfinimento creativo e del capolavoro che alla fine ne emerge, perfetto nelle forme e colori, nell'adeguamento al gusto del pubblico che indossa il film e lo fa suo, come una donna può far suo un abito bellissimo. L'amore passione e la caparbietà di lei trionfano alla fine su colui che trasforma alla fine se stesso in un bellissimo abito per modellarsi al corpo e all'anima dell'amata.
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Con la fantasia si può immaginare che Anderson parli di sè, del suo attaccamento alla madre e del suo io bambino, capriccioso ed egoista, snob e aristocratico. Attraverso la metafora del cucire Anderson parla dell'arte cinematografica, della creazione, taglio, cucitura e perfezionamento dele scene dei suoi film, della difficoltà della poesia, dello sfinimento creativo e del capolavoro che alla fine ne emerge, perfetto nelle forme e colori, nell'adeguamento al gusto del pubblico che indossa il film e lo fa suo, come una donna può far suo un abito bellissimo. L'amore passione e la caparbietà di lei trionfano alla fine su colui che trasforma alla fine se stesso in un bellissimo abito per modellarsi al corpo e all'anima dell'amata. Il sarto ne accetta le debolezze e le imperfezioni, l'amore potente e coraggioso che lo rende alla fine a se stesso donandogli la matura e piena consapevolezza di sé.
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vincenzoambriola
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sabato 24 febbraio 2018
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la regola d'arte
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Londra, anni 50. Siamo in una famosa maison di alta moda, dove Reynolds Woodcock detta legge e veste regine, principesse e ricche borghesi. Lo fa con classe, gusto e a regola d'arte. La stessa regola d'arte che applica alla sua vita, meticolosamente ritagliata e ricamata sulle sue passioni, i suoi vizi e i suoi desideri. Ma per svolgere il suo lavoro, anche Reynolds ha bisogno di una persona che lo segua, indossi le sue creazioni, gli faccia silenziosamente compagnia a colazione, quando inizia la sua giornata di lavoro, ispirato e creativo. Una persona che però ha anch'essa una sua regola d'arte nella vita, avere un uomo tutto per sé, con cui condividere gioie e passioni.
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Londra, anni 50. Siamo in una famosa maison di alta moda, dove Reynolds Woodcock detta legge e veste regine, principesse e ricche borghesi. Lo fa con classe, gusto e a regola d'arte. La stessa regola d'arte che applica alla sua vita, meticolosamente ritagliata e ricamata sulle sue passioni, i suoi vizi e i suoi desideri. Ma per svolgere il suo lavoro, anche Reynolds ha bisogno di una persona che lo segua, indossi le sue creazioni, gli faccia silenziosamente compagnia a colazione, quando inizia la sua giornata di lavoro, ispirato e creativo. Una persona che però ha anch'essa una sua regola d'arte nella vita, avere un uomo tutto per sé, con cui condividere gioie e passioni. E allora le due regole si scontrano, si confrontano, si trovano. Un film elegante, lineare ma mai banale, costruito sul tema del dominio e della sua accettazione, ma anche dell'amore e del fuoco che scatena. Gli altri dettagli, su cui si basa questo scontro di regole, sono tutti da scoprire, guardandolo e godendolo.
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venerdì 23 febbraio 2018
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che noia!
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Carino, diverso, ottimi attori, ma.....trama elementare e noia mortale. Mi aspettavo un semicapolavoro, ho visto un filmetto da raidue.
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cinelady
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venerdì 23 febbraio 2018
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il misterioso fascino dell’eleganza
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In attesa della cerimonia di consegna degli Oscar, ho guardato questo film, candidato a sei premi, senza aver visto prima il trailer e conoscendo poco o niente della trama. In particolare, sapevo solo che avrebbe raccontato la storia di uno stilista nella Londra degli anni Sessanta. Mi aspettavo quindi un classico film che parlasse dell’ambiente della moda, e inizialmente è così: ci vengono introdotti ordinariamente il protagonista, Reynolds Woodcock, un personaggio quantomeno maniacale e ossessionato dalla perfezione del proprio lavoro, scapolo ma con varie relazioni alle spalle e ossessionato da una madre ormai deceduta, e il suo ambiente di lavoro, che è poi anche la casa in cui vive con un’assistente, denominata «spina nel fianco», che solo in seguito scopriremo essere sua sorella.
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In attesa della cerimonia di consegna degli Oscar, ho guardato questo film, candidato a sei premi, senza aver visto prima il trailer e conoscendo poco o niente della trama. In particolare, sapevo solo che avrebbe raccontato la storia di uno stilista nella Londra degli anni Sessanta. Mi aspettavo quindi un classico film che parlasse dell’ambiente della moda, e inizialmente è così: ci vengono introdotti ordinariamente il protagonista, Reynolds Woodcock, un personaggio quantomeno maniacale e ossessionato dalla perfezione del proprio lavoro, scapolo ma con varie relazioni alle spalle e ossessionato da una madre ormai deceduta, e il suo ambiente di lavoro, che è poi anche la casa in cui vive con un’assistente, denominata «spina nel fianco», che solo in seguito scopriremo essere sua sorella. La sua routine quotidiana subisce una svolta dopo l’incontro con Alma, una cameriera si presume di umili origini. Subito ci aspettiamo che Alma sarà eletta a nuova musa e amante di Reynolds, e in effetti è così, ma la ragazza, a differenza delle precedenti, non è disposta a ricoprire un ruolo di contorno nella vita dell’artista, e sarà disposta a tutto pur di rimanere al centro della sua attenzione.
Ed è quando lo spettatore capisce questo che il film vira di tono e la storia si trasforma in un sottile thriller psicologico, che vede al centro una sorta di duello silenzioso tra le personalità dei due protagonisti. Silenzioso perché ogni atto in questo film avviene nel segno della grazia e dell’eleganza. Come quando, durante una cena che dovrebbe essere una piacevole sorpresa, scoppia un litigio tra i due amanti, i quali sì alzano il tono della voce, ma rimangono praticamente fermi, sicuri di se stessi ma misteriosi nel loro agire. Perché, come nei propri abiti Reynolds nasconde sempre dei messaggi, tutti i personaggi del film sembrano celare nel proprio animo i loro sentimenti più profondi, come la sorella, che sempre austera ad un certo punto confessa inaspettatamente di tenere ad Alma.
Al centro di una variegata gamma umana c’è Woodcock, interpretato da un ottimo Daniel Day-Lewis, che sembra piegare tutti gli altri personaggi alla sua volontà, disdegnando i costumi dell’alta società ma esigendo regole di comportamento precise da chi vive a stretto contatto con lui, come la colazione che va consumata in un ritualistico silenzio. Ma la vera forza del film è l’Alma di una sorprendente Vicky Krieps, che rispettosa si insinua nella vita dello stilista, sottomettendosi in parte alle sue regole, ma sempre con l’intento di elaborare una strategia per romperle. «Voglio conoscerlo con i mei metodi», afferma lei stessa, l’unica a percepire fin da subito che il grande Reynolds Woodcock, sotto una rigida inflessibilità, nasconde un’insospettabile fragilità, e a capire che, per diventare una parte fondamentale della sua vita, deve sfruttare questa fragilità, che emerge in maniera naturale solo sporadicamente, e sostituirsi alla salvifica ma evanescente figura materna.
Le sue azioni e quelle degli altri personaggi sono messe in risalto da ambienti e costumi progettati alla perfezione, con una particolare attenzione per i dettagli esplicitata anche nelle inquadrature, mentre luci delicate e soffuse mettono in risalto espressioni appena accennate, specchio di anime misteriose che vogliono rimanere tali e giocare tra di loro a quel gioco enigmatico che è l’amore, forse a volte solo inscenato (come il matrimonio tra Barbara Rose e il ricco industriale straniero). Insomma, “Il filo nascosto” è un film che cattura lo spettatore, anzi lo imprigiona tra le sue maglie, tra i fili sottili su cui camminano i suoi personaggi, attraverso un coinvolgimento che passa sia attraverso la storia che le immagini e rende il film arte allo stato puro.
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[+] un'anomala storia di passione e misterioso dolore
(di antoniomontefalcone)
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freerider
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giovedì 22 febbraio 2018
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il cinema totalizzante di paul thomas anderson
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Attesissimo come è naturale che sia per un fuoriclasse, Paul Thomas Anderson torna 3 anni dopo Inherent Vice e ancora una volta il suo cinema dilaga totalizzante e sontuoso, pervasivo e millimetrico, appagante quadratura di forma e sostanza.
Non molti cineasti oggi osano accarezzare l’idea di una grandezza espressiva che ne accetti tutte le incognite, non molti provano a salire un gradino al di sopra del dovuto lasciando da parte questioni contingenti, tematiche imperanti, mode di pensiero e modi di fare cinema per ricercare l’archetipo, liberando il mezzo da finalità di breve effetto per ritrovarne tutto il potenziale concettuale e figurativo.
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Attesissimo come è naturale che sia per un fuoriclasse, Paul Thomas Anderson torna 3 anni dopo Inherent Vice e ancora una volta il suo cinema dilaga totalizzante e sontuoso, pervasivo e millimetrico, appagante quadratura di forma e sostanza.
Non molti cineasti oggi osano accarezzare l’idea di una grandezza espressiva che ne accetti tutte le incognite, non molti provano a salire un gradino al di sopra del dovuto lasciando da parte questioni contingenti, tematiche imperanti, mode di pensiero e modi di fare cinema per ricercare l’archetipo, liberando il mezzo da finalità di breve effetto per ritrovarne tutto il potenziale concettuale e figurativo.
In questa occasione il regista scrive sia soggetto che sceneggiatura, la storia è quella di un uomo illustre e dominante e di una giovane donna che non può stare in disparte. Il protagonista è Reynolds mentre il punto di vista è quello di Alma e già questa divaricazione prospettica è dispositivo che induce a non dare nulla per scontato. Attraverso le progressioni di una convergenza ineluttabile e osmotica, minuziosamente tratteggiata con i tempi naturali di un’epifania psicologica, affiorano latenti disequilibri individuali e mancanze ataviche che sospingono spiriti diversi e incompleti a collidere tra loro. Ma se una volontà tesa al dominio assoluto su tutto può ridefinire il proprio egocentrismo al cospetto dell’altro da se’, il paradigma esistenziale sottostante è tanto più vero quanto meno si risolve in una scontata pacificazione.
Ciò che colpisce subito in Phantom Thread è la stupefacente eleganza della messa in scena, una magnificenza di immagine e di composizione dell’inquadratura che nasce da un lavoro a dir poco meticoloso sui particolari ma al contempo attentissimo a ricondurre ogni dettaglio a beneficio del significato e della tridimensionalità della scena nel suo complesso. Se non si ha mai la sensazione del formalismo esibito o dello spettacolo fine a se stesso è perchè ogni elemento arricchisce senza coprire, agendo nella direzione della complessità e mai in quella del puro abbellimento. In realtà, il film costruisce perfezione per incrinarla, allestisce meraviglia per abbattere le difese di chi vi si abbandona, cosicchè è sufficiente un solo segno sul candore di un abito nuziale per raffigurare una disfatta totale.
La chiave di volta del film, ciò che rende viva e mai letteraria la sua abbacinante finezza compositiva, è non solo la straordinaria corrispondenza tra allestimento e dinamica del narrato, tra raffigurazione e psicologia dei personaggi, tra ricerca formale e spessore drammaturgico ma anche e soprattutto l’eccezionale lavoro degli interpreti e l’evidente sintonia tra questi e chi li ha così consapevolmente diretti. Daniel Day Lewis giganteggia nel controllo assoluto del personaggio lasciandoci un’ultima, memorabile e seduttiva prova della sua statura artistica. Al suo fianco Leslie Manville, attrice prediletta da Mike Leigh qui semplicemente perfetta nella sua vigile compostezza britannica e il ragguardevole contributo di Vicky Krips: ingenua e saggia, fresca e ambigua, adorante e determinata, i momenti in cui Reynolds e Alma si trovano insieme sulla scena sono puro piacere per lo spettatore. Cinema di ordine inequivocabilmente superiore, che vive ben oltre i titoli di coda.
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giovedì 22 febbraio 2018
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l'armonia dei i sensi
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Anderson mi lascia sempre con la gioia in cuore, ottimo film, si sente l'assenza del direttore della fotografia.
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eugenio
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venerdì 16 febbraio 2018
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le cuciture dell’anima
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C'è la palese volontà di un esercizio di stile, che prevale sul racconto, sullo svolgimento di una trama fatta di immagini ricercate, sinuose, stilisticamente ineccepibili.
Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson vive di percezione di dettagli, umori, carattere, sguardi e raffinatezza del quotidiani che scivolano via ambigui per tutta la durata della pellicola.
Un sarto ( e che sarto... Reynolds Woodcock, fondatore insieme alla sorella della House of Woodcock, inconfondibile marchio di stile e bellezza, richiesto da reali, stelle del cinema negli anni '50), interpretato magnificamente da Daniel Day Lewis, esplora un amore controverso, borderline, al limite dell'assurdo, con una sua modella, Alma.
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C'è la palese volontà di un esercizio di stile, che prevale sul racconto, sullo svolgimento di una trama fatta di immagini ricercate, sinuose, stilisticamente ineccepibili.
Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson vive di percezione di dettagli, umori, carattere, sguardi e raffinatezza del quotidiani che scivolano via ambigui per tutta la durata della pellicola.
Un sarto ( e che sarto... Reynolds Woodcock, fondatore insieme alla sorella della House of Woodcock, inconfondibile marchio di stile e bellezza, richiesto da reali, stelle del cinema negli anni '50), interpretato magnificamente da Daniel Day Lewis, esplora un amore controverso, borderline, al limite dell'assurdo, con una sua modella, Alma.
La vita controllata e precisa dell'uomo si scontrerà con questa figura hitcockiana che si insinuerà via via nella sua vita, modificandone stile e palesando l'assoluta precarietà del controllo umano sulle azioni da lui accuratamente studiate. Fino all'annientamento totale della personalità in un amore malato e ai limiti del grottesco.
Anderson si concentra dopo l'eccellente "Vizio di forma" sulla figura di un uomo egocentrico rassegnato al passato del fantasma (appunto) della madre defunta e a una vita rigidamente scandita da azioni chirurgicamente ineccepibili, per porre il suo contraltare nell'algida e inizialmente timida Alma, che non solo lo irretisce, ma chiederà sempre di più da quel rapporto fortemente possessivo. E per riuscire nel suo intento, Alma dovrà indebolire l'amato, avvelenarlo, umiliarlo per mostrarne l'evidente debolezza per renderlo suo, sputandogli in faccia la sua vita di illusioni, sepolta nella cenere del passato di una madre morta, nel "filo nascosto"- fantasma appunto- di eleganti abiti alla moda .
La musica che fa da sottofondo alla maggior parte delle scene, non è mai invasiva, l'assoluta determinazione di lei e la maniacalità della coppia sono patologici, come l'amore del resto, nato dalla sofferenza, e originato dalla necessità di essere umani snza leggi, senza regole, senza ipocrisie e senza passato.
Pollice alto.
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