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Ultimo aggiornamento venerdì 24 marzo 2017
L'omicidio della piccola reginetta di bellezza JonBenet Ramsey rimane ancora oggi uno dei casi giudiziari più intricati di sempre.
CONSIGLIATO SÌ
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Colorado. Nella notte tra il 25 e il 26 dicembre del 1996 una reginetta dei concorsi di bellezza per bambini, JonBenet Ramsey di sei anni, viene trovata strangolata nella abitazione di famiglia dal padre dopo che ne era stato temuto il sequestro a causa di una lettera con richiesta di riscatto rinvenuta poche ore prima. La documentarista australiana Kitty Green decide di tornare nei luoghi di un delitto che sconvolse l'America e il cui colpevole non è stato ancora individuato fingendo di voler girare un film sull'accaduto e cercando quindi attori per i ruoli principali.
Se nel futuro si scriverà una storia del documentario delle due prime decadi del nuovo millennio Kitty Green vi troverà di sicuro un posto come colei che è stata in grado di creare una formula assolutamente inedita, capace di fondere una molteplicità di elementi del genere.
Sarebbe stato semplice e del tutto comprensibile tornare ad indagare su questo delitto insoluto con il tradizionale metodo delle interviste a coloro che all'epoca erano venuti a conoscenza dell'accaduto, o direttamente o attraverso i media. Così come nulla avrebbe vietato di ricostruire sotto forma di fiction il succedersi degli eventi che hanno visto entrare e uscire (per poi rientrarvi di nuovo) dall'ombra del sospetto i familiari della vittima. Green ha scelto una terza e assolutamente originale via. Ha cioè messo in scena un casting in piena regola con il pretesto di voler realizzare una fiction sul caso. Ha così coinvolto attori professionisti e aspiranti tali della zona offrendo loro provini grazie ai quali andiamo a rileggere la vicenda da un punto di vista totalmente inusuale. Scopriamo cioè che, ancora a distanza di vent'anni, quell'omicidio ha lasciato il segno e lo vediamo rifrangersi attraverso ciò che i sottoposti a casting ne pensano.
Ci sono madri che ritengono del tutto impossibile che sia stata la genitrice a compiere il delitto e altre che invece ne ricordano le interviste dell'epoca e non hanno ancora escluso il sospetto. Lo stesso vale per gli uomini a cui viene chiesto di interpretare il ruolo del padre ma soprattutto, ed è ciò che si rivela estremamente interessante, emerge come molti di loro finiscano con il valutare il caso alla luce del loro vissuto personale oltre che delle loro convinzioni in materia. Green, che non si vede e non si sente mai intervenire, li lascia esprimere senza forzature per condurli poi a una scena finale che molti registi teatrali potrebbero invidiarle.