orione95
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giovedì 18 agosto 2016
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rappresentazione cruda e brutale della società
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Dal regista di "Immaturi" e "Tutta colpa di Freud" Paolo Genovese ecco una commedia drammatica più che mai attuale, capace di trattare i più discussi cliché dell'odierna società (i matrimoni di comodo, l'asservimento ai telefoni cellulari, i comuni e torbidi tradimenti tra marito e moglie, l'intolleranza, ecc.) senza mai cadere nello scontato e nel "già visto". E questo è solo uno dei meriti del regista romano. Genovese, infatti, riesce con un espediente semplicissimo, una comune cena tra amici (espediente questo insolito ma non innovativo), a coinvolgere direttamente lo spettatore, il quale non può che vedersi anch'egli seduto attorno a quel tavolo, con il proprio cellulare (la "scatola nera della sua vita") dinanzi agli occhi, pronto a vibrare da un momento all'altro.
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Dal regista di "Immaturi" e "Tutta colpa di Freud" Paolo Genovese ecco una commedia drammatica più che mai attuale, capace di trattare i più discussi cliché dell'odierna società (i matrimoni di comodo, l'asservimento ai telefoni cellulari, i comuni e torbidi tradimenti tra marito e moglie, l'intolleranza, ecc.) senza mai cadere nello scontato e nel "già visto". E questo è solo uno dei meriti del regista romano. Genovese, infatti, riesce con un espediente semplicissimo, una comune cena tra amici (espediente questo insolito ma non innovativo), a coinvolgere direttamente lo spettatore, il quale non può che vedersi anch'egli seduto attorno a quel tavolo, con il proprio cellulare (la "scatola nera della sua vita") dinanzi agli occhi, pronto a vibrare da un momento all'altro. L'unità di luogo, squisitamente teatrale, pensata e rappresentata dal Genovese è un qualcosa di sopraffino: nonostante il film si svolga solo ed unicamente attorno ad un tavolo non v'è traccia alcuna di un qualsivoglia momento di stanca, il contesto rimane divertente ed avvincente dai titoli di apertura a quelli di coda. Nulla è rimesso al caso, né una singola tra le scene (che come frammenti di un puzzle vanno via via incastrandosi tra di loro), né un'apparente situazione di circostanza, come un'eclissi lunare, che ben presto si rivela essere di più che un mero espediente narrativo, scoprendosi vera e propria allegoria: in un primo momento infatti i personaggi si mostrano all'occhio dello spettatore limpidi e puri come una luna perfettamente piena che brilla alta nel cielo, ma col proseguire della serata mostreranno via via le loro inettitudini e loro vera natura, eclissandosi all'ombra di fantasmi presenti e passati.
Passando al comparto più strettamente tecnico ritengo che la regia sia tra le migliori mai viste in una delle numerose commedie italiane contemporanee. La sceneggiatura poi, così semplice ma al contempo geniale, si sposa alla perfezione con la recitazione degli attori protagonisti, tra i quali spiccano, regalando performance di rara intensità, Marco Giallini, Kasia Smutniak e Alba Rohrwacher.
In conclusione Genovese riesce su tutta la linea, mettendo a nudo (nel modo più crudo e brutale possibile) la fragilità degli uomini e le tante angosce dell'attuale società, dimostrando (in modo quasi pirandelliano) come, nonostante le persone possano pensare di conoscere tutto di chi sta loro accanto, come partner o come migliore amico, in realtà nel profondo saranno sempre l'uno per l'altro perfetti sconosciuti.
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lbavassano
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venerdì 12 agosto 2016
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sorprendentemente ben scritto
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Sempre approfittando della rassegna estiva sono andato a vedere "Perfetti sconosciuti" di Paolo Genovese, opera, nata sulla scia del meritatissimo successo de "Le Prénom", più che discreta, a differenza dell'insulso remake di Francesca Archibugi. Merito degli interpreti. Merito soprattutto degli sceneggiatori, caso rarissimo nella cinematografia italiana degli ultimi decenni, sia nella parte iniziale veloce e brillante che nella seconda progressivamente drammatica. Ancor più nel finale, in realtà ben più amaro di quanto non possa apparire, autentico falso lieto fine.
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Sempre approfittando della rassegna estiva sono andato a vedere "Perfetti sconosciuti" di Paolo Genovese, opera, nata sulla scia del meritatissimo successo de "Le Prénom", più che discreta, a differenza dell'insulso remake di Francesca Archibugi. Merito degli interpreti. Merito soprattutto degli sceneggiatori, caso rarissimo nella cinematografia italiana degli ultimi decenni, sia nella parte iniziale veloce e brillante che nella seconda progressivamente drammatica. Ancor più nel finale, in realtà ben più amaro di quanto non possa apparire, autentico falso lieto fine.
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luis23
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domenica 7 agosto 2016
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è più amara la “verità ” o la “finzione” ?
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Le differenze tra il vero e la finzione. Intendiamoci, Pirandello ha parlato di maschere molti anni fa anche Freud ha toccato, per così dire , il tema. Insomma non è nuovo l’argomento. Oggi la tecnologia, gli smartphone i cosiddetti social (social ?) amplificano e rendono più mostruose non tanto le maschere che continuiamo ad indossare, mostruosi sono le possibilità e gli effetti che derivano dall’utilizzo senza freni (inibitori e non) di questa tecnologia. Siamo effettivamente in preda a delirio tecnologico, già in Her - un film apocalittico - in pochi hanno colto il dramma di cui trattava – la solitudine umana tra tanta tecnologia, addirittura in quel film un uomo deve subire un tradimento da parte di un “software” con una altro software .
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Le differenze tra il vero e la finzione. Intendiamoci, Pirandello ha parlato di maschere molti anni fa anche Freud ha toccato, per così dire , il tema. Insomma non è nuovo l’argomento. Oggi la tecnologia, gli smartphone i cosiddetti social (social ?) amplificano e rendono più mostruose non tanto le maschere che continuiamo ad indossare, mostruosi sono le possibilità e gli effetti che derivano dall’utilizzo senza freni (inibitori e non) di questa tecnologia. Siamo effettivamente in preda a delirio tecnologico, già in Her - un film apocalittico - in pochi hanno colto il dramma di cui trattava – la solitudine umana tra tanta tecnologia, addirittura in quel film un uomo deve subire un tradimento da parte di un “software” con una altro software .
Così in questo film, delizioso nello svolgimento un po' sul genere "Una cena tra amici", ma con risvolti molto più drammatici tocchiamo con mano e con il cuore gli effetti nefasti di rapporti improbabili “denudati” da un “mac” o da un “android”.
In fondo questo oggetto – lo smartphone – non è solo un amplificatore dei nostri “vizi privati e pubbliche virtù”, ma è è il veicolo per "la rete" alla quale si è collegati ormai tutti, che contiene tutto e il suo contrario; è lei che legittima ogni nostra pulsione, ogni nostra idea che , per bislacca che possa essere, troverà un sicuro riconoscimento in questa “oceanica babele”.
Gli attori sono tutti splendidi, riescono a coinvolgerci ed a emozionarci - su tutt,e per me, la telefonata in viva voce della figlia diciassettenne dell’ analista . Un colpo a sorpresa è anche la scena della restituzione degli orecchini, e grande mi è sembrata la battuta di Ale (Mastrandrea) “..e no so’ stato frocio pe’ du’ ore e m’è bastato”…
In fondo tutto questo mettersi a nudo è una possibilità (probabilità) troppo lussuosa, una boccata d’aria pura, che resta appunto una possibilità poco probabile e percorribile.
Alla fine del film mi chiedo : è più amara la “verità ” o la “finzione”,continuare a fingere ?
A me il film è piaciuto.
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loquax88
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domenica 31 luglio 2016
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si rimane inspiegabilmente attaccati alla poltrona
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Film che mette a nudi molti aspetti della vita. L'imposizione di una finta fedeltà, l'omofobia, i figli come scudo dei problemi di coppia, la paura di guardarsi dentro sono solo alcuni dei temi trattati in modo crudo e senza, apparentemente, una vera e propria trama. Senza usare molti giri di parole, questa pellicola mette dinanzi agli occhi dello spettatore tanti sentimenti che, in fin dei conti, sono comuni a tutti noi. Sentimenti di cui abbiamo paura, che desideriamo tenere nascosti come gli sms privati in un cellulare. Ed alla fine, tutti tiriamo un sospiro di sollievo quando scopriamo che i segreti rimangono tali e chiusi dentro a chiave.
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misesjunior
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sabato 30 luglio 2016
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basta, stop, è sempre lo stesso film!
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Insomma, l'italiano medio deve essere sommerso da sciocchezze anche dal proprio non patriotico cinema. Ma in che mondo vivono questi registi? Neppure Mussolini riuscì a chiudere culturalmente l?italia come avviene oggi. Piccoloborghesi incapaci di vedere oltre il proprio ombelico? Incapaci di affrontare in grandi temi universali, o attuali, come le guerre, il terrorismo, l'abbandono dei cristiani nelle mani dell'ISIS da parte dei governi "cristiani" (specie il nostro!). No, loro devono occuparsi delle puttanate dei cellulari. Io dico: evviva il cinema americano!
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biso 93
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giovedì 21 luglio 2016
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vero e brillante
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Devo ammettere che non avevo grandi aspettative da questo film. Lo ritenevo la solita commedia italiana, superflua, scontata e banale. Mi sono sbagliato; certo perfetti sconosciuti e' un film originale x quanto riguarda il panorama cinematografico italiano, restando comunque un film interpretato benissimo, scritto e diretto ancora meglio. Tralasciando dati puramente tecnici, il film mette in mostra la nostra umanita, la nostra fragilita' e la nostra difficolta' nel metterci a nudo, riparandoci dietro allo schermo di un telefono. Finale interessante, molto agrodolce e non cosi tanto accomodante come potrebbe sembrare.
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aristoteles
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martedì 19 luglio 2016
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giuro di dire la verità, nient'altro che la verità
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Ben fatto,probabilmente troppi colpi di scena,ma forse era inevitabile.
Una cena tra amici di una vita si trasforma in una battaglia all'ultimo segreto.
Gli attori sono tutti bravi ed esperti,tanto da poter recitare con convinzione ed efficacia in una sala da pranzo e su un balcone.
I dialoghi sono piuttosto raffinati e toccano piccole o grandi tragedie che possono capitare a tutti.
Ovviamente si attacca con ferocia una certa borghesia media.
Il "gioco" di dire sempre tutta la verità è sempre pericoloso per chiunque.
Nonostante le esagerazioni mi sembra un prodotto più che consigliabile.
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liuk!
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giovedì 14 luglio 2016
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meritevole
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Genovese racchiude in quattro mura tutti (o quasi) i migliori talenti italiani degli ultimi dieci anni e fornisce loro una trama intelligente e ricca di humour. Ne esce un lavoro originale e divertente, tra il comico ed il drammatico, adatto eventualmente anche al mondo teatrale. Rimango forse leggermente perplesso dal finale alla Sliding Doors, che avrei evitato, ma che aumenta la morale complessiva.
Bravi tutti. Film da non perdere.
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williamd
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domenica 10 luglio 2016
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i telefonini: le nostre pubbliche scatole nere
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Può una spensierata cena tra amici diventare il preludio di una catastrofe sentimentale? Ebbene questo è ciò che accade quando Eva propone ai commensali un giochetto potenzialmente intrigante: per tutta la durata della cena, i cellulari devono essere posti sul tavolo e ogni loro squillo (che sia chiamata o messaggio) deve essere condiviso con il resto del gruppo. La proposta lascia un po' perplessi Cosimo e Lele, che si trovano spiazzati e con le spalle al muro: rifiutarsi di “giocare” significherebbe apertamente avere qualcosa da nascondere; così non possono fare altro che accondiscendere ed auspicare che i loro passionali segreti non si manifestino proprio in quei momenti sugli schermi dei loro telefonini.
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Può una spensierata cena tra amici diventare il preludio di una catastrofe sentimentale? Ebbene questo è ciò che accade quando Eva propone ai commensali un giochetto potenzialmente intrigante: per tutta la durata della cena, i cellulari devono essere posti sul tavolo e ogni loro squillo (che sia chiamata o messaggio) deve essere condiviso con il resto del gruppo. La proposta lascia un po' perplessi Cosimo e Lele, che si trovano spiazzati e con le spalle al muro: rifiutarsi di “giocare” significherebbe apertamente avere qualcosa da nascondere; così non possono fare altro che accondiscendere ed auspicare che i loro passionali segreti non si manifestino proprio in quei momenti sugli schermi dei loro telefonini. Ovviamente in tal modo non accadrà, e intimi amori e timori fioccheranno uno dopo l'altro, come la neve nei più malinconici giorni d'inverno.
Il film funziona alla grande. Paolo Genovese intreccia bene le storie di ciascun personaggio, ciascuno a modo suo colpevole ma anche creditore di affetti negati. Cardini di successo del film sono sicuramente la sceneggiatura e la trama, che si svolge in pieno rispetto delle unità aristoteliche di luogo, tempo e azione. Unica pecca è il forse troppo elevato numero di segreti che vengono svelati: un numero razionale è lecito, ma che quasi tutti i personaggi siano portatori di così reconditi affetti rischia di sfociare nell'inverosimile.
Personalmente è uno di quei generi di film che adoro, perché è uno di quei film che mi piacerebbe produrre: costo zero ma risultato egregio!
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francesca romana cerri
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lunedì 4 luglio 2016
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buono spunto ma tutto da rifare
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Lo spunto è buono e anche il ritmo, l'idea moderna attualissima di mostrare la vita parallela che si svolge tra le persone e che coinvolge altri dentro un cellulare non può non tenere inchiodati gli spettatori. Il cast è ben diretto, tuttavia lo spessore nella sceneggiatura è fragile, i casi che si aprono non hanno una profondità dovuta, non c'è legame profondo tra le situazioni psicosociali dei protagonisti e le loro scelte di vita occulte e manifeste, non c'è un analisi a più strati della società italiana , è tutto troppo semplice, la realtà è più complessa e il film la complessità non la coglie, accenna, accenna come ormai i film di oggi. Anche il finale non può ribaltarsi solo con una battuta" perchè non hai accettato di giocare?"; per fare un ribaltone di quel tipo mi devi creare delle premesse robuste, mi dispiace , non si scrive così.
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Lo spunto è buono e anche il ritmo, l'idea moderna attualissima di mostrare la vita parallela che si svolge tra le persone e che coinvolge altri dentro un cellulare non può non tenere inchiodati gli spettatori. Il cast è ben diretto, tuttavia lo spessore nella sceneggiatura è fragile, i casi che si aprono non hanno una profondità dovuta, non c'è legame profondo tra le situazioni psicosociali dei protagonisti e le loro scelte di vita occulte e manifeste, non c'è un analisi a più strati della società italiana , è tutto troppo semplice, la realtà è più complessa e il film la complessità non la coglie, accenna, accenna come ormai i film di oggi. Anche il finale non può ribaltarsi solo con una battuta" perchè non hai accettato di giocare?"; per fare un ribaltone di quel tipo mi devi creare delle premesse robuste, mi dispiace , non si scrive così. Inoltre non è credibile che propone il gioco la padrona di casa che ha più segreti tutti, scusate, ma ogni azione va giustificata profondamente nelle sceneggiature, non si può scrivere così lo ripeto. La recitazione tuttosomato regge per quello che poteva.Buona la fotografia.
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