vanessa zarastro
|
domenica 25 dicembre 2016
|
film buonista e commovente
|
|
|
|
Gli europei francofoni sono molto bravi a fare film d’animazione. Attraverso questi film vengono toccate una serie di tematiche sociali importanti. “La mia vita da zucchina” in particolare è un film commovente, un condensato di buone intenzioni e di vivere politically correct: nell’istituto per minori, in cui ogni ragazzo ha una storia drammatica alle spalle, il poliziotto è buono, il giudice è comprensivo. C’è spazio anche per la curiosità della sessualità – «che fa il pisellino esplode?» - gli amori delicati e i rossori della pubertà.
È un film estremamente gradevole nonostante il clima triste nel quali ci si immerge nel seguire Icare detto Zucchina. Rimasto orfano a nove anni di una madre alcolizzata - il padre lo aveva abbandonato anni prima – il nostro eroe viene interrogato da Raymond, un empatico poliziotto che a sua volta si saprà aver perso il proprio figliuolo.
[+]
Gli europei francofoni sono molto bravi a fare film d’animazione. Attraverso questi film vengono toccate una serie di tematiche sociali importanti. “La mia vita da zucchina” in particolare è un film commovente, un condensato di buone intenzioni e di vivere politically correct: nell’istituto per minori, in cui ogni ragazzo ha una storia drammatica alle spalle, il poliziotto è buono, il giudice è comprensivo. C’è spazio anche per la curiosità della sessualità – «che fa il pisellino esplode?» - gli amori delicati e i rossori della pubertà.
È un film estremamente gradevole nonostante il clima triste nel quali ci si immerge nel seguire Icare detto Zucchina. Rimasto orfano a nove anni di una madre alcolizzata - il padre lo aveva abbandonato anni prima – il nostro eroe viene interrogato da Raymond, un empatico poliziotto che a sua volta si saprà aver perso il proprio figliuolo. Lo accompagnerà nella casa-famiglia dove troverà tanti bambini nella sua stessa condizione, però andrà regolarmente a trovarlo.
Simon, Ahmed, Jujube, Alic e Bétrice e poi l’ultima arrivata Camille, pupazzi di plastilina animati in stop motion, vivono isolati dal mondo in una sorta di carcere con porte aperte in una campagna isolata così come sono assolutamente deserte le montagne innevate dove vanno a fare una scampagnata. Il dato surreale circonda il gruppettino dei bambini e fa emergere ancora di più la coesione che nasce tra loro.
Un po’ come i personaggi di Linus, Snoopy, Lucy, Charlie Brown e Shröreder, l’altezza del punto di vista è quella dei bambini che vivono in un microcosmo tutto loro, ma mentre gli eroi statunitensi sono i figli di una middle-class suburbana e integrata, qui sono bambini che fanno parte di un’umanità sofferente e che hanno vissuto ai margini della società. Chi ha avuto i genitori drogati, chi la madre rimpatriata a forza nel paese d’origine, chi il padre pedofilo o assassino o ladro. I pupazzi con gli occhioni grandi di Claude Barras assomigliano molto a quelli di Tim Burton de La sposa cadavere del 2005.
“La mia vita da zucchina” è tutto immerso in un tono malinconico. Icare ha con sé una lattina di birra come unico ricordo della madre (che però faceva un purè molto buono) e ha disegnato su un aquilone il suo papà da un lato e una gallina sul retro perché la mamma diceva che suo padre «correva sempre dietro alle pollastrelle».
Il film è tratto dal libro “Autobiografia di una zucchina” di Gilles Paris e il primo lungometraggio dello svizzero Claude Barras riuscirà ad averne i diritti nel 2008 e solo dopo l’incontro con la cineasta francese Cecile Sciamma riuscirà a realizzarlo solo ora. Il film è stato girato al Ple Pixel di Villeurbanne al ritmo di trenta secondi al giorno. È stato presentato alla “Quinzaine des Réalisateurs” del festival di Cannes del 2016 e proposto all’Oscar come migliore film straniero dalla Svizzera.
Bravi anche i doppiatori italiani: Lorenzo D’Agata (Zucchina), Lucrezia Roma (Camille), Riccardo Suarez (Simon), Stefano Mondini (Raymond).
[-]
|
|
[+] lascia un commento a vanessa zarastro »
[ - ] lascia un commento a vanessa zarastro »
|
|
d'accordo? |
|
giusy paesano j.
|
lunedì 5 dicembre 2016
|
un piccolo gioiello per bambini di ogni eta'.
|
|
|
|
"La mia vita da Zucchina" è la storia di Icare soprannominato Zucchina( in francese Courgette)-nomignolo datogli dalla madre-con quei suoi occhi enormi sgranati sul mondo le orecchie rosse e a sventola l'aquilone da cui non si separa mai con su'disegnato un supereroe-che oltretutto lui sostiene essere il suo papà-la lattina di birra appartenuta alla madre(ahimè alcolizzata)che anche questa porta sempre con sé come oggetto transizionale.I buoni sentimenti non debbono trasformarsi in retorica e se c'è un film in cui questo non accade è proprio "La mia vita da zucchina".Un film sulla solitudine dei bambini sui loro traumi bisogni curiosità sul diritto di ogni piccolo essere umano all'amore e su quanto siano belle giuste e terapeutiche la condivisione la solidarietà gli affetti la gioia per lenire ogni ferita inflitta loro dal mondo degli adulti.
[+]
"La mia vita da Zucchina" è la storia di Icare soprannominato Zucchina( in francese Courgette)-nomignolo datogli dalla madre-con quei suoi occhi enormi sgranati sul mondo le orecchie rosse e a sventola l'aquilone da cui non si separa mai con su'disegnato un supereroe-che oltretutto lui sostiene essere il suo papà-la lattina di birra appartenuta alla madre(ahimè alcolizzata)che anche questa porta sempre con sé come oggetto transizionale.I buoni sentimenti non debbono trasformarsi in retorica e se c'è un film in cui questo non accade è proprio "La mia vita da zucchina".Un film sulla solitudine dei bambini sui loro traumi bisogni curiosità sul diritto di ogni piccolo essere umano all'amore e su quanto siano belle giuste e terapeutiche la condivisione la solidarietà gli affetti la gioia per lenire ogni ferita inflitta loro dal mondo degli adulti.Un film straordinario con le nuvole al di sopra di ogni umana bruttura.Perché ogni bimbo ha diritto al suo cielo.
Voto:10.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a giusy paesano j. »
[ - ] lascia un commento a giusy paesano j. »
|
|
d'accordo? |
|
riccardo tavani
|
mercoledì 1 febbraio 2017
|
stop-motion dentro il bambino rimasto in noi
|
|
|
|
La tecnica del film di animazione dettastop motion assume nel film La mia vita da zucchina una delle sue più convincenti espressioni, sia sul piano delle immagini, sia su quello del racconto. Essa è basata non su disegni bidimensionali ma su pupazzi e oggetti tridimensionali, spesso di plastilina, fotografati a passo uno, ossia passo a passo, a ogni singolo movimento. Il regista Claude Barras e la sceneggiatrice Céline Sciamma sono riusciti a fondere i due piani in unicum narrativo-iconografico raro, sorprendente, capace di entrare in una sintonia profonda ma delicata con la sensibilità immaginativa e le risorse intellettive dei bambini e degli adolescenti.
[+]
La tecnica del film di animazione dettastop motion assume nel film La mia vita da zucchina una delle sue più convincenti espressioni, sia sul piano delle immagini, sia su quello del racconto. Essa è basata non su disegni bidimensionali ma su pupazzi e oggetti tridimensionali, spesso di plastilina, fotografati a passo uno, ossia passo a passo, a ogni singolo movimento. Il regista Claude Barras e la sceneggiatrice Céline Sciamma sono riusciti a fondere i due piani in unicum narrativo-iconografico raro, sorprendente, capace di entrare in una sintonia profonda ma delicata con la sensibilità immaginativa e le risorse intellettive dei bambini e degli adolescenti. Il best-seller francese del 2002 Autobigraphie d’une courgette di Gilles Paris, da cui il film è tratto, ha avuto anche un adattamento televisivo di successo nel 2007 con il titolo di C'est mieux la vie quand on est grand. Vi si racconta la storia di Icaro – che si fa chiamare Zucchina – finito a nove anni in un istituto per orfani e bambini abbandonati per aver accidentalmente causato la morte di sua madre, una donna depressa, teledipendente e alcolizzata. Di essa il bambino conserva – come una reliquia sacra e intoccabile dagli altri – proprio una lattina di birra vuota. L’autore, prima di scrivere il romanzo, ha frequentato per mesi una casa di accoglienza per bambini difficili ed è andato ad ascoltare educatori, giudici, medici, psicologi. La morte della madre del bambino avviene un po’ dopo l’inizio, in una scena rapidissima, in maniera del tutto accidentale, incolpevole da parte del figlio. Un ruzzolone per le scale di cui ascoltiamo solo il rumore. Poi vediamo Icaro Zucchina, rimasto solo, in un commissariato di polizia con poliziotto Raymond che lo accompagna in un orfanotrofio. Qui il ragazzino si ritrova inun mondo che all’inizio gli appare ostile, irreale, incomprensibile. Prima si chiude, si rinserra in se stesso, poi - anche a causa dell’attrazione spontanea che prova verso Camille - vede riflesso in tutti i suoi compagni la sua stessa solitudine, sofferenza, desiderio di essere amato. Il regista nelle immagini e la sceneggiatrice nelle situazioni create non hanno bisogno di ricorrere al lugubre repertorio degli stereotipi più crudeli, di squallore su questi tipi di istituti per l’infanzia. No, qui sia la direttrice che il personale fanno del tutto per aiutare i piccoli ospiti, i quali - semmai - provengono da situazioni familiari connotate da fatti crudeli, persino delittuosi, quale l’uccisione della madre da parte del padre. Il dolore come dato dell’esistenza umana ci riporta sempre al bambino rimasto oscurato in noi, ossia a una condizione di infanzia permanente di fronte al mondo sempre troppo spalancato davanti a noi. Come dice il poliziotto Raymond: “Ci sono anche genitori abbandonati dai figli”. Un film da vedere insieme - piccoli e grandi - per sentire l’uno dentro l’altro il suono di quello stop motion, di quel passo a passo fatto di comuni parole, sentimenti, pensieri.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a riccardo tavani »
[ - ] lascia un commento a riccardo tavani »
|
|
d'accordo? |
|
eugenio
|
lunedì 27 marzo 2017
|
favola agrodolce in stop-motion
|
|
|
|
Non è un film per bambini malgrado il titolo e la raffigurazione quasi infantile dello stop motion de La mia vita da zucchina possano trarre in inganno, tutt’altro.
Dietro il lavoro franco-svizzero sceneggiato con abilità da Celine Sciamma (regista del famoso Tomboy), si nasconde un piccolo gioiello di malinconica poesia, permeato di infanzia perduta e di un dolore di fondo che trova appagamento solo con il balsamo dell’amicizia.
Dal romanzo Autobiographie de une Courgette di Gilles Paris, Claude Barras, carezza dolentemente il pubblico in un’oretta di film con protagonista Zucchina, un bambino di nove anni che vive con la madre, alcolizzata e violenta.
[+]
Non è un film per bambini malgrado il titolo e la raffigurazione quasi infantile dello stop motion de La mia vita da zucchina possano trarre in inganno, tutt’altro.
Dietro il lavoro franco-svizzero sceneggiato con abilità da Celine Sciamma (regista del famoso Tomboy), si nasconde un piccolo gioiello di malinconica poesia, permeato di infanzia perduta e di un dolore di fondo che trova appagamento solo con il balsamo dell’amicizia.
Dal romanzo Autobiographie de une Courgette di Gilles Paris, Claude Barras, carezza dolentemente il pubblico in un’oretta di film con protagonista Zucchina, un bambino di nove anni che vive con la madre, alcolizzata e violenta. Un giorno, per difendersi, la fa involontariamente cadere dalle scale provocandone la morte. Inizia così la sua odissea in una casa famiglia dove tutti i protagonisti sono “orfani” d’affetti avendo subito come Zucchina una precoce sofferenza di cui portano i segni traumatici sulla loro pelle. Violenze domestiche, incuria, figli di ladri o drogati, questi bambini hanno rielaborati i segni dell’incapacità affettiva, in atteggiamenti aggressivi, (Simon) passivi o indifferenti.
Con Simon e gli altri bambini, Zucchina imparerà che quella comunità protetta, inizialmente ostile e difficile, assurgerà a luogo di rinascita, attraverso l’amicizia con gli altri, la scoperta di un sentimento d'amore per una nuova arrivata e l’affetto di un ex poliziotto, un buon adulto, Raymond, grazie al quale Zucchina troverà il suo posto nel mondo.
Non è un film dicotomico, La mia vita da zucchina. Non una pellicola in cui il bene, l’infanzia perduta, e il male, l’adulto, si scontrano in un clichè consumato di bambini violentati dagli affetti ma un'opera agrodolce capace di armonizzare dramma, commozione, speranza e allegria. In concetti detti e ripresi ad altezza di bambini (come quello della pulsione sessuale tra uomo e donna con “il pisellino che esplode”), La mia vita da zucchina non passa inosservato in quanto all’elegia e alla resa in stop motion, conserva forza espressiva, semplicità e purezza di dialoghi in cui sembra proprio di esser partecipi a dialoghi tra bambini.
Attenzione, però, mai banali. Sotto la superficie tenera e ingentilita dalla verosimiglianza, La mia vita da zucchina nasconde una riflessione tout court, sulla vita, sugli affetti, sulle condizioni disagiate, sulla condivisione del dolore e sul superamento del medesimo. Un invito sembra suggerirci il film, a sfruttare la condivisione e l’amicizia come cammino in salita necessario per un maturamento spirituale.
Alternando un 'atmosfera ovattata ad una inaspettata e violenta, con colpi allo stomaco ex abrupto (come la morte della madre), La mia vita da Zucchina, è un film delicato che sa dare a noi spettatori una lezione di vita, oggi come ieri, per riflettere sul ruolo dei bambini di domani.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a eugenio »
[ - ] lascia un commento a eugenio »
|
|
d'accordo? |
|
great steven
|
sabato 9 marzo 2019
|
film pedagogico senza il minimo tasso di zucchero.
|
|
|
|
LA MIA VITA DA ZUCCHINA (FR/SVIZZ, 2016) diretto da CLAUDE BARRAS.
Figlio di una donna alcolizzata che perde il giorno intero a guardare telenovelas, Zucchina (il cui vero nome è Icar), bambino di nove anni, ammazza il tempo costruendo torri di lattine di birra e facendo volare il suo piccolo aquilone in cielo, il quale ha ritratto su una facciata l’immagine di una gallina (poiché la madre gli diceva che a suo padre «piacevano le pollastre»). Un pomeriggio nuvoloso il pargoletto uccide involontariamente la genitrice e si ritrova catapultato nella realtà ad egli sconosciuta delle case-famiglia. Ve lo conduce un simpatico e tranquillo poliziotto di nome Raymond.
[+]
LA MIA VITA DA ZUCCHINA (FR/SVIZZ, 2016) diretto da CLAUDE BARRAS.
Figlio di una donna alcolizzata che perde il giorno intero a guardare telenovelas, Zucchina (il cui vero nome è Icar), bambino di nove anni, ammazza il tempo costruendo torri di lattine di birra e facendo volare il suo piccolo aquilone in cielo, il quale ha ritratto su una facciata l’immagine di una gallina (poiché la madre gli diceva che a suo padre «piacevano le pollastre»). Un pomeriggio nuvoloso il pargoletto uccide involontariamente la genitrice e si ritrova catapultato nella realtà ad egli sconosciuta delle case-famiglia. Ve lo conduce un simpatico e tranquillo poliziotto di nome Raymond. I primi giorni nella struttura sono tutt’altro che agevoli, soprattutto perché gli altri bambini, ciascuno alle prese con le proprie immense e faticose difficoltà, appaiono molto chiusi o indisponenti verso di lui e uno di loro, lo spavaldo Simon, lo bullizza sfacciatamente, benché in seguito Zucchina scopra che è in realtà buono di cuore. Poco a poco, tuttavia, la situazione volge al meglio e Zucchina riscopre la solidarietà e l’amore conquistandosi l’amicizia e la fiducia di tutti i compagni, Simon compreso. All’arrivo della coetanea Camille, figlia di un padre che ha trucidato la moglie in un accesso di gelosia per poi suicidarsi, Zucchina se ne innamora a prima vista e, grazie all’aiuto di Simon, conosce il suo sofferto passato. Frattanto s’è rafforzato anche il rapporto con Raymond e, con la sua complicità, ottenuta malgrado un iniziale respingimento, Zucchina nasconde Camille nell’automobile dell’agente per sottrarla alla mefistofelica zia che intende portarla a casa con sé promettendole di riempirla d’affetto, sebbene la bambina sappia che, assieme a quella donnaccia, le aspetta solo un futuro esecrabile. Per fortuna la decisione del giudice stabilisce che il luogo migliore per Camille sia l’istituto con gli altri fanciulli disagiati. Dopo una gita a sciare, un Halloween trascorso in compagnia e la nascita del figlioletto dell’educatrice della casa, Camille e Zucchina accettano di buon grado la proposta di Raymond di divenire suoi figli adottivi, e il poliziotto li accoglie come farebbe il più premuroso dei padri. Ma Simon e gli altri non li dimenticheranno mai. Che dire? Questa produzione franco-svizzera, diretta da un regista sconosciuto ai più, scritta da Céline Sciamma, tratta dal romanzo di Gille Paris edito in Italia da Piemme, candidata all’Oscar 2017 come miglior film d’animazione e presentata a Cannes 2016 nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, è un gioiello di felicità, vivacità ed ottimismo. Affronta un tema molto scottante dei tempi odierni come quello dell’affidamento, coniugato a numerosi ulteriori problemi (integrazione; convivenza interrazziale; rapporto genitori-figli; antagonismi burocratici; adozione), dicendo enormi verità mediante la chiave di un gustosissimo umorismo che diverte tanto i grandi quanto i bambini senza ricorrere a demagogie, forzature o buonismi. Dipinge efficacemente un protagonista infantile che è un bimbo normalissimo con le sue passioni, i suoi timori e le sue aspirazioni, costretto a passare da un contesto angosciante ad un altro ancor peggiore, ma in grado di reagire senza la minima violenza psicologica dal momento che crede nei valori autentici e sa trasformare il suo risentimento in un’energia positiva che gli consente di farsi nuovi amici, aprire gli occhi verso nuovi orizzonti e ampliare le proprie conoscenze su quelle materie che tanto interessano chi non è ancora nemmeno adolescente e nutre una voglia pazzesca di impararle. Assolutamente realistico e impeccabile l’ambiente in cui i personaggi si muovono: i bambini creano dal nulla e poi abbattono le reciproche rivalità, gli adulti si sfidano a colpi di diritti giuridici, i preposti alle istituzioni cercano con ogni sistema di limitarsi a fare il proprio dovere senza mancar di rispetto a nessuno. Ottima anche la tecnologia digitale che anima i pupazzetti di plastilina (ormai l’avanguardia nel mondo dei cartoni animati d’oggigiorno), abbinata ad una funzionale e formidabile scenografia caleidoscopica i cui colori riflettono sovente le emozioni provate in determinati passaggi dai caratteri. Non si lesinano neppure i momenti di poesia, fra cui risaltano il bacio dato da Zucchina a Camille mentre lei finge di dormire sull’autobus, lo scoiattolo che si alimenta di nascosto della sua ghianda nel paesaggio innevato delle montagne e la dolce ballata pop che accompagna i titoli di coda. Una morale educativa di potente impatto che dovrebbe fare scuola non solo a livello cinematografico, ma anche e soprattutto all’ignoranza discriminatrice e all’egoismo impervio e spigoloso che riempiono le menti di svariati ipocriti. Fatto a regola d’arte, stupendo e da applauso. Un capolavoro che concentra in sé sia la poesia moderna che il bisogno umano di comunicare. Complimenti!
[-]
|
|
[+] lascia un commento a great steven »
[ - ] lascia un commento a great steven »
|
|
d'accordo? |
|
stefano capasso
|
giovedì 17 febbraio 2022
|
c''è una speranza per tutti
|
|
|
|
Zucchina è un bambino che rimane solo dopo la morte della madre alcolista. La sua vita nell’orfanotrofio non comincia bene, soggetto com’è ai dispetti degli altri bambini, tutti con un vissuto molto doloroso alle spalle. La capacità di Zucchina di rispondere con altrettanta efficacia alle aggressioni degli altri bambini fa si che il suo inserimento sia rapido e funzionale. L’arrivo di Camilla, poi, desta in lui un sentimento nuovo.
Il film di Claude Barras realizzato in stop motion, è una storia tenera, di bambini che hanno sofferto una vita familiare traumatica e che ancora soffrono tra alti e bassi a causa delle conseguenze. Ma l’istituto rende possibile sviluppare legami di solidarietà, di amicizia e di affetto che diventano parti fondamentali per la crescita dei bambini in un modo più equilibrato.
[+]
Zucchina è un bambino che rimane solo dopo la morte della madre alcolista. La sua vita nell’orfanotrofio non comincia bene, soggetto com’è ai dispetti degli altri bambini, tutti con un vissuto molto doloroso alle spalle. La capacità di Zucchina di rispondere con altrettanta efficacia alle aggressioni degli altri bambini fa si che il suo inserimento sia rapido e funzionale. L’arrivo di Camilla, poi, desta in lui un sentimento nuovo.
Il film di Claude Barras realizzato in stop motion, è una storia tenera, di bambini che hanno sofferto una vita familiare traumatica e che ancora soffrono tra alti e bassi a causa delle conseguenze. Ma l’istituto rende possibile sviluppare legami di solidarietà, di amicizia e di affetto che diventano parti fondamentali per la crescita dei bambini in un modo più equilibrato. In questo caso l’istituto è un vero rifugio sicuro, molto di più di quello che l’esterno, con i legami parentali non del tutto chiari, può offrire. Una storia dolce di dolore e allo stesso tempo di speranza
[-]
|
|
[+] lascia un commento a stefano capasso »
[ - ] lascia un commento a stefano capasso »
|
|
d'accordo? |
|
|