preston
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domenica 8 gennaio 2017
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l'amore per la musica
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Il film raconta la storia di un personaggio realmente esistito: Florence Foster Jenkins. Florence impersonata da una grande Meryl Streep ha 18 anni ha contratto la sifilide dal marito malattia che le rovinò la salute e le compromise le corde vocali. Diventata ricca ereditiera alla morte del padre e divorziato dal marito. si risposò (nella realtà probabilmente convisse) con un un uomo molto più giovane di lei: St. Clair Bayfield impersonato da Hugh Grant. Per circa trenta anni cercò di crearsi una carriera di soprano. Nella realtà se i critici furono molto discreti nei suoi confronti i suoi concerti erano limitati a pochi invitati scelti tra amici e conoscenti. Nel film (come d'altra parte nella realtà) appare come una donna che si illude di essere una vera cantante mentre non lo è, incoraggiata peraltro dal suo compagno (e manager) che compra i critici e i gli spettatori.
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Il film raconta la storia di un personaggio realmente esistito: Florence Foster Jenkins. Florence impersonata da una grande Meryl Streep ha 18 anni ha contratto la sifilide dal marito malattia che le rovinò la salute e le compromise le corde vocali. Diventata ricca ereditiera alla morte del padre e divorziato dal marito. si risposò (nella realtà probabilmente convisse) con un un uomo molto più giovane di lei: St. Clair Bayfield impersonato da Hugh Grant. Per circa trenta anni cercò di crearsi una carriera di soprano. Nella realtà se i critici furono molto discreti nei suoi confronti i suoi concerti erano limitati a pochi invitati scelti tra amici e conoscenti. Nel film (come d'altra parte nella realtà) appare come una donna che si illude di essere una vera cantante mentre non lo è, incoraggiata peraltro dal suo compagno (e manager) che compra i critici e i gli spettatori. Il film che affronta gli ultimi anni della sua vita (morì a 76 anni) culmina con un concerto tenuto nella famosa Carnegie Hall e in cui ovviamente la protagonista rivela la mancanza di un minimo delle qualità necessarie per essere considerata una vera soprano. Un mese dopo il concerto muore.
Il film ha più di una lettura: l'amore per la musica che trascende la realtà e il vivere comune, l'avidità delle persone che l'adulano per la sua posizione sociale ed economica, l'ambiguità umana impersonata dal compagno che Florence mantiene agiatamente e che ha una seconda vita con una donna giovane e bella, ma ciò nonostante è premuroso con Florence e l'asseconda nel suo amore per la musica che diventa alla fine un vero delirio.
Francamente il film, molto accurato nei particolari, appare lento e manca di quel guizzo che lo renda uno spettacolo indimenticabile. Peraltro si risolleva con una splendida, appare quasi superfluo dirlo, interpretazione di Meryl Streep che certamente concorrerà all'Oscar ed un ottima interpretazione di Hugh Grant anche se sarebbe stato meglio che l'attore facesse sfoggio di un minor numero di smorfie.
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valterchiappa
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sabato 3 giugno 2017
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meryl salva il biopic
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“Tratto da un storia vera”, “Ispirato a fatti realmente accaduti”: la scritta sparata nei trailer è evidentemente un richiamo. Le foto in bianco e nero che scorrono nei titoli di coda hanno una fascinazione: quella storia è veramente successa, quei personaggi esistiti. Gli spettatori che ne sono colpiti sono in numero tale da costituire un pubblico. C’è un mercato, si è creato un genere. Ma, saccheggiate centinaia di vite, estratti dalla polvere della storia eventi più o meno remoti o spulciate dalle cronache miriadi di vicende, viene da chiedersi: valeva la pena raccontarle?
Non tutte le biografie sono edificanti, non tutti i fatti offrono spunti di riflessione.
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“Tratto da un storia vera”, “Ispirato a fatti realmente accaduti”: la scritta sparata nei trailer è evidentemente un richiamo. Le foto in bianco e nero che scorrono nei titoli di coda hanno una fascinazione: quella storia è veramente successa, quei personaggi esistiti. Gli spettatori che ne sono colpiti sono in numero tale da costituire un pubblico. C’è un mercato, si è creato un genere. Ma, saccheggiate centinaia di vite, estratti dalla polvere della storia eventi più o meno remoti o spulciate dalle cronache miriadi di vicende, viene da chiedersi: valeva la pena raccontarle?
Non tutte le biografie sono edificanti, non tutti i fatti offrono spunti di riflessione. O magari, più banalmente, non tutto è interessante. Eppure la ricerca, diventata affannosa, ha condotto sugli schermi vite di artisti legittimamente relegati alla memoria di chi li vuole ricordare, cronache dell’altro ieri o vicende del tutto insignificanti.
Come quella di Florence Foster Jenkins, eccentrica ereditiera vissuta negli Stati Uniti nella prima metà del XX Secolo, la quale, stonata come una campana, coltivò indomita il sogno di diventare una cantante lirica, fino ad esibirsi, un mese prima di morire, nientemeno che alla Carnegie Hall di New York.
Questa curiosa storiella è inspiegabilmente diventata soggetto per ben due film, usciti, cosa ancor più paradossale, a poca distanza l’uno dall’altro: “Marguerite”, del francese Xavier Giannoli e questo “Florence” dell’inglese Stephen Frears. Ma se il primo reinterpretò liberamente la biografia della donna costruendo una storia originale e dai colori drammatici, Frears la racconta fedelmente, mettendo in campo il mestiere di esperto dei biopic.
“The program”, basato sulle torbide vicende sportive di Lance Armstrong, “Philomena” che scopre il velo su cupe vicende accadute negli ambienti cattolici irlandesi, “The Queen” che tratteggia la personalità nascosta della regina Elisabetta, alle prese con le pruriginose vicende della nuora Diana. Tutta o quasi l’ultima produzione di Stephen Frears sembra orientata all’interesse per l’accaduto. Film di buona fattura ed apprezzati dal pubblico, che hanno fatto di Frears uno specialista del genere. Anche “Florence” mostra le qualità del regista: mano sicura, brio, costumi rutilanti, atmosfere ben ricostruite: insomma mestiere consumato. Un altro prodotto per i botteghini. Questo basterebbe a descrivere il suo lavoro, se ad interpretare la buffa donnina non fosse stata chiamata Lady Meryl Streep.
Non si è a caso la più grande attrice contemporanea (checchè ne dica Trump). L’interpretazione della Streep è strepitosa: con la mimica facciale tratteggia tutte le bizzarrie del personaggio, diverte con tempi comici perfetti, fino ad essere esilarante nel riprodurre gli strampalati gorgheggi della “peggior cantante di sempre”. Ma ovviamente è un gioco da ragazzi per lei recitare sopra le righe, dando sfoggio di tecnica sopraffina.
Meryl fa di più: come tutte le grandi interpreti soffia dentro il suo personaggio e lo fa levitare, donandogli volume e spessore inattesi. La bizzarra Florence Foster Jenkins diventa così la metafora vivente dell’amore per l’arte, una donna con l’animo puro e gioioso di una bambina, carica di una passione così pregnante ed inestinguibile da trascinare il cuore dello spettatore nel suo mondo ideale. Percorrendo il lato poetico del suo personaggio, quella visuale che lei stessa ha creato, la Streep riesce infine ad essere profondamente toccante.
“La gente può anche dire che non so cantare, ma nessuno potrà mai dire che non ho cantato”. L’arte è sublime illusione e illusione sublime può anche essere credere, anche di fronte alla consapevolezza del vero, di essere un’artista.
Hugh Grant, nei panni del marito, sfoggia anch’egli una buona interpretazione, tenendo il passo alla strabordante compagna. Il suo personaggio racconta un diverso tipo di amore, non fedele ma devoto e silenzioso, l’amore casto e riverente che sublima la semplice riconoscenza verso chi è capace di portare solo del bene.
Questa volta l’ennesimo aneddoto raccontatoci da Stephen Frears acquista dignità grazie ai suoi interpreti. “Philomena” era stato sorretto dalla performance di Judy Dench, “The Queen” da quella straordinaria di Helen Mirren. Ma il film biografico (o biopic se preferite) comincia ad avere il fiato corto.
È ora di ricominciare a narrare nuove storie.
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vanessa zarastro
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sabato 22 luglio 2017
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una magnifica illusione
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Tratto da una storia vera, "Florence" è il secondo film nel giro di un paio d’anni, ad aver stimolato le fantasie di registi cinematografici. Uscito quest’inverno e ripescato in questi giorni in arena, il film presenta una terna di attori strepitosi - Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg - sulla cui recitazione si basa tutto il merito.
La versione francese girata nel 2015 si chiamava "Marguerite", era girata da Xavier Giannoli, con Catherine Frot, altra fantastica attrice. Trasposta la vicenda a Parigi negli anni Venti, tra le avanguardie futuriste e dadaiste, il film era più pretenzioso, meglio inserito storicamente e geograficamente. Era anche pieno di citazioni cinematografiche come ad esempio quella del servitore tuttofare che asseconda l’illusione dove è esplicito il riferimento al regista Erich von Stroheim di Viale del Tramonto di Billy Wilder.
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Tratto da una storia vera, "Florence" è il secondo film nel giro di un paio d’anni, ad aver stimolato le fantasie di registi cinematografici. Uscito quest’inverno e ripescato in questi giorni in arena, il film presenta una terna di attori strepitosi - Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg - sulla cui recitazione si basa tutto il merito.
La versione francese girata nel 2015 si chiamava "Marguerite", era girata da Xavier Giannoli, con Catherine Frot, altra fantastica attrice. Trasposta la vicenda a Parigi negli anni Venti, tra le avanguardie futuriste e dadaiste, il film era più pretenzioso, meglio inserito storicamente e geograficamente. Era anche pieno di citazioni cinematografiche come ad esempio quella del servitore tuttofare che asseconda l’illusione dove è esplicito il riferimento al regista Erich von Stroheim di Viale del Tramonto di Billy Wilder.
Qui in "Florence", invece, la storia (più fedele all’originale americana) è più teatrale e girata prevalentemente in interni e la città costituisce una mera scenografia. Ambientato a New York nel 1944, Florence Foster Jenkins – interpretata dalla straordinaria Meryl Streep – protagonista della vicenda, è una mecenate e un’appassionata di musica, fondatrice del “The Verdi club” fin dagli anni ‘20. Finanzia associazioni e spettacoli musicali e nutre un grande sogno: quello di cantare come soprano lirico, nonostante sia stonatissima. La dedizione del marito, il devoto ma fedifrago St. Clair Bayfield (un istrionico Hugh Grant) ex attore di non grande successo, cerca di assecondarla nelle sue stravaganze oscurandole la palese realtà del suo mancato talento e delle sue disastrose corde vocali. Anche il Maestro di canto e l’accompagnatore al piano Cosmé McMoon (un bravissimo Simon Helberg), ben remunerati dal marito, assecondano i desideri della amabile protagonista. Cantare per Florence, oltre a essere una grande passione, è una terapia che l’ha tenuta in vita nonostante tutto, da un male che l’affligge da un quarto di secolo.
Quando alla fine Florence coronerà il suo sogno di esibirsi al Carnegie Hall, St. Clair ingaggerà una claque numerosa, controllerà l’accesso degli invitati e cercherà di attutirle i colpi della critica, ma non riuscirà completamente nel suo intento. Significativa è la frase di St. Clair che, parlando di sé, dirà al pianista: «È stato duro ammetterlo, ma una volta fatto mi sono sentito liberato dalla tirannia dell’ambizione».
Stephen Frears con il si prefigge una riflessione sul ruolo dell’arte e sui privilegi borghesi. Florence Foster Jenkins, infatti, affitta il teatro e manda moltissimi biglietti gratuiti alle truppe impegnate nella guerra Mondial. Il film si chiude presentando alcune immagini reali dei protagonisti.
"Florence" è girato con garbo e ironia British ma il suo limite, come dicevo in apertura, è proprio nel suo pregio e cioè rimane prevalentemente un pezzo di bravura degli attori. Ciononostante lo si vede volentieri.
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robert eroica
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domenica 1 gennaio 2017
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una coomedia stonata
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A “Florence”, per essere uno dei campioni nell’estetica del brutto, manca del tutto la consapevolezza. Quella derivante dalle ambizioni smodate e dalla scarsa autocritica della sua protagonista, Florence Jenkins, mecenate e ricchissima, ma senza alcuna dote artistica nella voce. L’orrore del canto diventa allora scimmiottamento della messa in scena, allitterazione compulsiva verso il ridicolo, strascico imbarazzato di antichi lustri divistici. La Streep ormai è senza difese: potranno anche darle tutti i premi del mondo, ma è la maniera della maniera della maniera, la messa in abisso definitiva della gigioneria a cui un attore può abbandonarsi. E Hugh Grant, con un bel po’ di rughe, con cui crede di poter recitare la vecchiezza senza lustro di un Pasternak, nei panni del marito pietoso e devoto (ma fino ad un certo punto) è letteralmente impresentabile.
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A “Florence”, per essere uno dei campioni nell’estetica del brutto, manca del tutto la consapevolezza. Quella derivante dalle ambizioni smodate e dalla scarsa autocritica della sua protagonista, Florence Jenkins, mecenate e ricchissima, ma senza alcuna dote artistica nella voce. L’orrore del canto diventa allora scimmiottamento della messa in scena, allitterazione compulsiva verso il ridicolo, strascico imbarazzato di antichi lustri divistici. La Streep ormai è senza difese: potranno anche darle tutti i premi del mondo, ma è la maniera della maniera della maniera, la messa in abisso definitiva della gigioneria a cui un attore può abbandonarsi. E Hugh Grant, con un bel po’ di rughe, con cui crede di poter recitare la vecchiezza senza lustro di un Pasternak, nei panni del marito pietoso e devoto (ma fino ad un certo punto) è letteralmente impresentabile. Così come gli altri attori di contorno, che non meritano lungaggini critiche (la figura del pianista tenuamente gay, per dire, è davvero ripugnante). Frears si ricorda di essere stato un regista solo nelle ultime scene (quelle della improvvisa lucidità di Florence, per strada, davanti ad un giornale che ne critica duramente l’esibizione alla Carnegie Hall, affidato ad un bel volo di gru che cattura la solitudine della protagonista, sola in mezzo alla folla). Ma ormai la frittata è ormai fatta. Sullo stesso argomento, traslato per epoca e contesto, il di poco precedente “Marguerite” di Xavier Giannoli (passato a Venezia nel 2015 e poi con una scarsa distribuzione nelle sale italiane) appare un capolavoro. “Florence” ambisce al vero flop cinematografico del 2016.
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enzo70
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domenica 8 gennaio 2017
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una bella storia, cast superbo, film sufficiente
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Il film è tratto da una incredibile storia vera. Florence Foster Jenkins, interpretata dalla solita deliziosa, Meryl Streep, è stata una grandissima amante della musica ed ha sostenuto la scena musicale newyorkese per un lunghissimo periodo. Ma il grande desiderio della donna è sempre stato quello di cantare, nonostante non avesse alcun talento; ed una vena di follia, probabilmente alimentata dalla sifilide, malattia di cui la donna era malata, l’ha portata ad esibirsi in un concerto pubblico, con risultati disastrosi; ed una recensione sul Post le ha dato tanto dolore da condurla alla morte. Il regista Stephen Frears è nel suo ambito: ha diretto Lady Henderson presenta, The Queen e la fantastica storia di Philomena.
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Il film è tratto da una incredibile storia vera. Florence Foster Jenkins, interpretata dalla solita deliziosa, Meryl Streep, è stata una grandissima amante della musica ed ha sostenuto la scena musicale newyorkese per un lunghissimo periodo. Ma il grande desiderio della donna è sempre stato quello di cantare, nonostante non avesse alcun talento; ed una vena di follia, probabilmente alimentata dalla sifilide, malattia di cui la donna era malata, l’ha portata ad esibirsi in un concerto pubblico, con risultati disastrosi; ed una recensione sul Post le ha dato tanto dolore da condurla alla morte. Il regista Stephen Frears è nel suo ambito: ha diretto Lady Henderson presenta, The Queen e la fantastica storia di Philomena. E certo non gli è mancata in questo Florence la storia, Meryl Streep, Hugh Grant e un ottimo Simon Helberg. Ma a Florence, che per carità è un bel film, manca quel tocco di grandezza cinematografia per una storia ed un cast che potevano ambire ad un risultato migliore.
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maurizio meres
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domenica 8 gennaio 2017
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grandi attori
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La bellezza del film è dettata dalla grande interpretazioni dei tre protagonisti,la Meryl Streep oserei dire superba,si vede tutta la grande professionalità che la distingue ormai da lungo tempo,è come se volesse dire al grande publico che è ancora una delle migliori,fa rivivere il personaggio in tutta la sua sofferenza nella malattia ma con una grande voglia di vivere,riempie la scena in un trionfo di recitazione.
Hugh Grant,superlativo entra in simbiosi con la Streep nel migliore dei modi,asseconda il personaggio o meglio l'attrice come se avessero vissuto la storia,e soprattutto è reale per quel periodo.
La bella sorpresa è Simon Helberg, perfetto nell'interpretazione del musicista squattrinato,incredulità,amore per la musica,consapevolezza di accettare nella trama una situazione assurda,perfetto nella parte,meritevole dei riconoscimenti ricevuti.
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La bellezza del film è dettata dalla grande interpretazioni dei tre protagonisti,la Meryl Streep oserei dire superba,si vede tutta la grande professionalità che la distingue ormai da lungo tempo,è come se volesse dire al grande publico che è ancora una delle migliori,fa rivivere il personaggio in tutta la sua sofferenza nella malattia ma con una grande voglia di vivere,riempie la scena in un trionfo di recitazione.
Hugh Grant,superlativo entra in simbiosi con la Streep nel migliore dei modi,asseconda il personaggio o meglio l'attrice come se avessero vissuto la storia,e soprattutto è reale per quel periodo.
La bella sorpresa è Simon Helberg, perfetto nell'interpretazione del musicista squattrinato,incredulità,amore per la musica,consapevolezza di accettare nella trama una situazione assurda,perfetto nella parte,meritevole dei riconoscimenti ricevuti.
La sceneggiatura,molto fragile,abile il regista nel dare peso alla bellissima fotografia e soprattutto ai costumi,veramente splenditi.
Il tutto contornato da classici della storia dell'opera.
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jackmalone
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sabato 11 marzo 2017
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"amor che a nullo amato amar perdona"
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Che c'è di più bello dell'amore per l'arte e per la musica? Forse è ancora più bello l'amore per l'amore: il rispetto e la devozione tra due coniugi che vivono come fratello e sorella ma che condividono un'intesa perfetta, irrangiungibile ai più, fatta di condivisione di interessi e di complicità.
E' finita l'epoca d'oro in cui i ricchi filantropi erano anche persone di cultura e finanziavano gli artisti squattrinati dando un'opportunità alle espressioni artistiche in tutti i campi; ora la maggior parte dei neoricchi non pensa ad investire nell'arte, porta i propri capitali all'estero, evade le tasse e investe spesso in titoli fallimentari ; la ricchezza ora sembra non avere più alcuna ricaduta positiva, nè sociale, nè personale.
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Che c'è di più bello dell'amore per l'arte e per la musica? Forse è ancora più bello l'amore per l'amore: il rispetto e la devozione tra due coniugi che vivono come fratello e sorella ma che condividono un'intesa perfetta, irrangiungibile ai più, fatta di condivisione di interessi e di complicità.
E' finita l'epoca d'oro in cui i ricchi filantropi erano anche persone di cultura e finanziavano gli artisti squattrinati dando un'opportunità alle espressioni artistiche in tutti i campi; ora la maggior parte dei neoricchi non pensa ad investire nell'arte, porta i propri capitali all'estero, evade le tasse e investe spesso in titoli fallimentari ; la ricchezza ora sembra non avere più alcuna ricaduta positiva, nè sociale, nè personale. Si guarda con rimpianto ad un mondo , non troppo lontano, bellissimo ed elegante,dove dominano sentimenti che tutti conosciamo; l'umana fragilità, l'egocentrismo, l'illusione e la delusione, il desiderio di non ferire i sentimenti altrui ma soprattutto l'amore come intesa di "amorosi sensi" che fa fare le cose più insensate per non ferire , per proteggere...Così, il marito di Florence, attore di talento mai realizzato, realizza finalmente il suo sogno del grande palcoscenico annullando se stesso nell'amore per la sua compagna molto più cinica e consapevole di quanto sembri. "Possono dire che non ho cantato bene ma non possono dire che non ho cantato": dice Florence ai suoi detrattori e ai critici spietati. Se tutto si risolve senza drammi , anzi con qualche risata comunque lo scopo è raggiunto, L'arte serve anche a far star bene le persone e Florence non muore per la delusione di un insuccesso prevedibile ma perchè è malata da molto tempo ed è stato proprio l'amore per la musica che l'ha tenuta in vita più a lungo.
Hugh Grant è un vero bravo attore e Meryl è eccezionale come sempre: sinceramente l'ammirazione rasenta quasi l'invidia.
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elgatoloco
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lunedì 21 febbraio 2022
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fim straordinario
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"Florence"(Stephen Frears, sceneggiatura di Nicholas Martin, 2016)parla di Florence Foster Jenkis, ricca ereditiera, realmente esisstita, che ha grandi meriti per aver sempre icrementato il bel canto finanziandolo, in quel di New York, ma a un certo punto, in erà non più govanile anzi avanzata per simili progetti, decide di cantare daa soprano, ma ha una voce terribile, è stonata al massimo e dunque ogni sua proga in quel campo sarebbe catastrofica se il marito, che la supporta e sopporta amorevolmente, anche se ha una"fidnazata"con cui fa di tutto, a livello erotco.sessuale, non la aiutasse in ogni modo, pagando gli spettatori per venire a sentirla, pagando anche molti cirtici perché"stendano un velo pietoso"quando scrivono le loro recensioni.
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"Florence"(Stephen Frears, sceneggiatura di Nicholas Martin, 2016)parla di Florence Foster Jenkis, ricca ereditiera, realmente esisstita, che ha grandi meriti per aver sempre icrementato il bel canto finanziandolo, in quel di New York, ma a un certo punto, in erà non più govanile anzi avanzata per simili progetti, decide di cantare daa soprano, ma ha una voce terribile, è stonata al massimo e dunque ogni sua proga in quel campo sarebbe catastrofica se il marito, che la supporta e sopporta amorevolmente, anche se ha una"fidnazata"con cui fa di tutto, a livello erotco.sessuale, non la aiutasse in ogni modo, pagando gli spettatori per venire a sentirla, pagando anche molti cirtici perché"stendano un velo pietoso"quando scrivono le loro recensioni... Solo che un critico, di un giornale anche importante, scrive la verità e definisce Florence la peggiore cantante del mondo. Tutto sembra andare bene, ma a un certo punto Florence ha un sospetto e recupera un giornale con la recesione di cui sopra da un bidone della spazzatura e ... le si acuisce il malessere grave indotto da una silifide non curata(all'epoca era incurabile, mancando gli antibiotici)e finisce morta ma consolata da un perisiero, quello di aver comunque cantato, anche se maòe.Straordinaria crudelltà intelligente, legata all'ironia e al sarcasmo, salvo il finale dolce e commovente comunque, è la descrizione di una classe sociale che non sa che fare e si abbaodona alla passione per l'opera, mentre c'è una povera donna non torppo intleligente ma piena d'argent che si mette in gioco come cantante, anche prendendo lezioni di cantante e pagando un pianista personale, che finirà nel miritno della"crica"dei recensori più o meno impietosi. Deicsamente uno strumento d'offesa contro l0imbecillitò confrimista, questo film riesce a mettere fuori gioco nullafacenti supponenti, persone che non dispongono della qualifica di"animale razionale", nonpernsant convinti invece di essere dalla parete gisusta e anzi di essere le"colonne della civiltà", un film cos' non poeva non essere briannico e non potevaq invece essere"gringo"con tutto quello che gli USA da sempre propinano, nel bene e soprattutto nel male, al mondo, credendosi superiori a leggi motrali, tiche, poolitiche etc. Straoridnaria l'interpretazione feliceente ambigua di Hugh Grant, qui alla sua migliore prova interpretativa come la sua compagna nel film Meryl Streep, che lascia dietro di sé il birignao proponendosi in un ruolo notevolissimo quanto autodistruttivo e da sengalata anche Simon Helerg, quale timido e picoclo(di statura)pianista. El Gato
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francesca romana cerri
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venerdì 6 gennaio 2017
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eccezionale. la menzogna e il potere economico.
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E' un assoluto capolavoro e non mi ha stupito leggere le recensioni tiepidine perchè è un film che colpisce talmente la platea fornendogli un impietoso specchio che solo chi ha vero talento può riderne e commuoversi, tutti gli altri si difendono.
Poichè il c'entro del film, ispirato ad una storia vera e architettato benissimo perchè esca fuori l'aspetto simbolico della vicenda è la Menzogna e il Potere economico. La nostra protagonista è miliardaria , ha molti soldi a disposizione e una corte di miracoli pronta ad assecondarla , consorte compreso che tuttosommato le è sinceramente affezionato nonostante il rapporto puramente cerebrale . Grazie ai soldi che ha a disposizione a nessuno conviene dirle in faccia la verità: lei non è un artista , è negata .
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E' un assoluto capolavoro e non mi ha stupito leggere le recensioni tiepidine perchè è un film che colpisce talmente la platea fornendogli un impietoso specchio che solo chi ha vero talento può riderne e commuoversi, tutti gli altri si difendono.
Poichè il c'entro del film, ispirato ad una storia vera e architettato benissimo perchè esca fuori l'aspetto simbolico della vicenda è la Menzogna e il Potere economico. La nostra protagonista è miliardaria , ha molti soldi a disposizione e una corte di miracoli pronta ad assecondarla , consorte compreso che tuttosommato le è sinceramente affezionato nonostante il rapporto puramente cerebrale . Grazie ai soldi che ha a disposizione a nessuno conviene dirle in faccia la verità: lei non è un artista , è negata . Tutti assecondano il suo sogno fuori dalla realtà, lo rinforzano perchè lei , pur se patetica, ha Potere. Può permettersi di allestire concerti in spazi prestigiosi , il pubblico è largamente pagato dal marito per accettare lo scempio della musica , qualcuno scambia la mancanza di talento per comicità e così passa il tempo senza che lei mai si accorga della sua assoluta incapacità a cantare. E si capisce che c'è anche una componente di rigidità assoluta di Florence ( ennesimo grande personaggio della Streep) ad ammettere l'ovvio: che lei e l'arte sono a distanza di mille miglia. Ebbene questa Menzogna Sociale quasi tutti la cercano dagli altri nel loro lavoro che sia artistico o non, quasi tutti vogliono approvazione e non sono pronti alla Verità delle cose. Ecco perchè solo le persone che sanno di aver talento possono apprezzare questo film perchè chi ha talento è spietato con se stesso e più sincero degli altri e non ha così il terrore delle critiche , se le può permettere. Il film merita l'Oscar per la sceneggiatura, regia e attori; un film adatto solo ai talentuosi per gli altri è troppo duro.
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romilda vanitoti
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mercoledì 28 dicembre 2016
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occasione persa
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Virtuosismi vocali compresi, Meryl Streep interpreta con grande istrionismo Florence Foster Jenkins, una donna ossessionata dalla musica e fiaccata nel corpo e nella pelle da una malattia venerea. Accanto a lei, un ottimo Hugh Grant riveste i panni del giovane consorte premuroso e protettivo, capace di tenere alla larga i giornalisti impertinenti e di difendere la mediocrità della moglie, anche se mantiene una relazione parallela con una donna più giovane. Alla coppia inossidabile si aggiunge strada facendo un pianista, assunto per delle finte prove ma che accompagnerà Florence verso la realizzazione del suo grande sogno: esibirsi davanti al pubblico sul palco del celebre Carnegie Hall.
Quello che colpisce nell'adattamento di Stephen Frears, oltre alla fedeltà alla storia originale, è la sua capacità di andare aldilà delle apparenze, creando un film gradevole e pieno d'amore proprio laddove questo è mancato.
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Virtuosismi vocali compresi, Meryl Streep interpreta con grande istrionismo Florence Foster Jenkins, una donna ossessionata dalla musica e fiaccata nel corpo e nella pelle da una malattia venerea. Accanto a lei, un ottimo Hugh Grant riveste i panni del giovane consorte premuroso e protettivo, capace di tenere alla larga i giornalisti impertinenti e di difendere la mediocrità della moglie, anche se mantiene una relazione parallela con una donna più giovane. Alla coppia inossidabile si aggiunge strada facendo un pianista, assunto per delle finte prove ma che accompagnerà Florence verso la realizzazione del suo grande sogno: esibirsi davanti al pubblico sul palco del celebre Carnegie Hall.
Quello che colpisce nell'adattamento di Stephen Frears, oltre alla fedeltà alla storia originale, è la sua capacità di andare aldilà delle apparenze, creando un film gradevole e pieno d'amore proprio laddove questo è mancato.
Inserita nel contesto storico-temporale della Grande Guerra, la ricca magnate e benefattrice della musica Florence Foster Jenkins è stata forse la peggiore soprano della storia, ma di certo non ha avuto una vita facile. Afflitta da una grave malattia, la sifilide, contratta a soli diciotto anni dal primo marito, fuggita dalla famiglia a Filadelfia per inseguire il suo sogno musicale e canoro, ha finalmente trovato nell'eredità paterna i fondi adatti a sostenerla nelle sue aspirazioni e in St. Claire Bayfield il compagno di lungo corso pronto a difendere le sue scelte non sempre facili.
In altre parole Frears non mette mai in discussione il coraggio e il valore della persona, mentre lascia più di un interrogativo sulla fascinazione collettiva che l'arte e gli artisti esercitano su di noi. Manca dunque uno sviluppo adeguato a quello che si era posto come punto centrale del plot, e le risposte che si intuiscono verso la fine restano imprigionate nell'impianto farsesco della storia. Florence è, in definitiva, un film costruito come un divertissement intelligente che, senza spingersi troppo oltre, svela il dietro le quinte di un personaggio eccentrico e sognatore fino all'esagerazione di sè, lasciando però la fastidiosa sensazione finale che Frears congedi lo spettatore come Bayfield ha fatto con la sua amata.
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