elgatoloco
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lunedì 21 febbraio 2022
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fim straordinario
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"Florence"(Stephen Frears, sceneggiatura di Nicholas Martin, 2016)parla di Florence Foster Jenkis, ricca ereditiera, realmente esisstita, che ha grandi meriti per aver sempre icrementato il bel canto finanziandolo, in quel di New York, ma a un certo punto, in erà non più govanile anzi avanzata per simili progetti, decide di cantare daa soprano, ma ha una voce terribile, è stonata al massimo e dunque ogni sua proga in quel campo sarebbe catastrofica se il marito, che la supporta e sopporta amorevolmente, anche se ha una"fidnazata"con cui fa di tutto, a livello erotco.sessuale, non la aiutasse in ogni modo, pagando gli spettatori per venire a sentirla, pagando anche molti cirtici perché"stendano un velo pietoso"quando scrivono le loro recensioni.
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"Florence"(Stephen Frears, sceneggiatura di Nicholas Martin, 2016)parla di Florence Foster Jenkis, ricca ereditiera, realmente esisstita, che ha grandi meriti per aver sempre icrementato il bel canto finanziandolo, in quel di New York, ma a un certo punto, in erà non più govanile anzi avanzata per simili progetti, decide di cantare daa soprano, ma ha una voce terribile, è stonata al massimo e dunque ogni sua proga in quel campo sarebbe catastrofica se il marito, che la supporta e sopporta amorevolmente, anche se ha una"fidnazata"con cui fa di tutto, a livello erotco.sessuale, non la aiutasse in ogni modo, pagando gli spettatori per venire a sentirla, pagando anche molti cirtici perché"stendano un velo pietoso"quando scrivono le loro recensioni... Solo che un critico, di un giornale anche importante, scrive la verità e definisce Florence la peggiore cantante del mondo. Tutto sembra andare bene, ma a un certo punto Florence ha un sospetto e recupera un giornale con la recesione di cui sopra da un bidone della spazzatura e ... le si acuisce il malessere grave indotto da una silifide non curata(all'epoca era incurabile, mancando gli antibiotici)e finisce morta ma consolata da un perisiero, quello di aver comunque cantato, anche se maòe.Straordinaria crudelltà intelligente, legata all'ironia e al sarcasmo, salvo il finale dolce e commovente comunque, è la descrizione di una classe sociale che non sa che fare e si abbaodona alla passione per l'opera, mentre c'è una povera donna non torppo intleligente ma piena d'argent che si mette in gioco come cantante, anche prendendo lezioni di cantante e pagando un pianista personale, che finirà nel miritno della"crica"dei recensori più o meno impietosi. Deicsamente uno strumento d'offesa contro l0imbecillitò confrimista, questo film riesce a mettere fuori gioco nullafacenti supponenti, persone che non dispongono della qualifica di"animale razionale", nonpernsant convinti invece di essere dalla parete gisusta e anzi di essere le"colonne della civiltà", un film cos' non poeva non essere briannico e non potevaq invece essere"gringo"con tutto quello che gli USA da sempre propinano, nel bene e soprattutto nel male, al mondo, credendosi superiori a leggi motrali, tiche, poolitiche etc. Straoridnaria l'interpretazione feliceente ambigua di Hugh Grant, qui alla sua migliore prova interpretativa come la sua compagna nel film Meryl Streep, che lascia dietro di sé il birignao proponendosi in un ruolo notevolissimo quanto autodistruttivo e da sengalata anche Simon Helerg, quale timido e picoclo(di statura)pianista. El Gato
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vanessa zarastro
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sabato 22 luglio 2017
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una magnifica illusione
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Tratto da una storia vera, "Florence" è il secondo film nel giro di un paio d’anni, ad aver stimolato le fantasie di registi cinematografici. Uscito quest’inverno e ripescato in questi giorni in arena, il film presenta una terna di attori strepitosi - Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg - sulla cui recitazione si basa tutto il merito.
La versione francese girata nel 2015 si chiamava "Marguerite", era girata da Xavier Giannoli, con Catherine Frot, altra fantastica attrice. Trasposta la vicenda a Parigi negli anni Venti, tra le avanguardie futuriste e dadaiste, il film era più pretenzioso, meglio inserito storicamente e geograficamente. Era anche pieno di citazioni cinematografiche come ad esempio quella del servitore tuttofare che asseconda l’illusione dove è esplicito il riferimento al regista Erich von Stroheim di Viale del Tramonto di Billy Wilder.
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Tratto da una storia vera, "Florence" è il secondo film nel giro di un paio d’anni, ad aver stimolato le fantasie di registi cinematografici. Uscito quest’inverno e ripescato in questi giorni in arena, il film presenta una terna di attori strepitosi - Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg - sulla cui recitazione si basa tutto il merito.
La versione francese girata nel 2015 si chiamava "Marguerite", era girata da Xavier Giannoli, con Catherine Frot, altra fantastica attrice. Trasposta la vicenda a Parigi negli anni Venti, tra le avanguardie futuriste e dadaiste, il film era più pretenzioso, meglio inserito storicamente e geograficamente. Era anche pieno di citazioni cinematografiche come ad esempio quella del servitore tuttofare che asseconda l’illusione dove è esplicito il riferimento al regista Erich von Stroheim di Viale del Tramonto di Billy Wilder.
Qui in "Florence", invece, la storia (più fedele all’originale americana) è più teatrale e girata prevalentemente in interni e la città costituisce una mera scenografia. Ambientato a New York nel 1944, Florence Foster Jenkins – interpretata dalla straordinaria Meryl Streep – protagonista della vicenda, è una mecenate e un’appassionata di musica, fondatrice del “The Verdi club” fin dagli anni ‘20. Finanzia associazioni e spettacoli musicali e nutre un grande sogno: quello di cantare come soprano lirico, nonostante sia stonatissima. La dedizione del marito, il devoto ma fedifrago St. Clair Bayfield (un istrionico Hugh Grant) ex attore di non grande successo, cerca di assecondarla nelle sue stravaganze oscurandole la palese realtà del suo mancato talento e delle sue disastrose corde vocali. Anche il Maestro di canto e l’accompagnatore al piano Cosmé McMoon (un bravissimo Simon Helberg), ben remunerati dal marito, assecondano i desideri della amabile protagonista. Cantare per Florence, oltre a essere una grande passione, è una terapia che l’ha tenuta in vita nonostante tutto, da un male che l’affligge da un quarto di secolo.
Quando alla fine Florence coronerà il suo sogno di esibirsi al Carnegie Hall, St. Clair ingaggerà una claque numerosa, controllerà l’accesso degli invitati e cercherà di attutirle i colpi della critica, ma non riuscirà completamente nel suo intento. Significativa è la frase di St. Clair che, parlando di sé, dirà al pianista: «È stato duro ammetterlo, ma una volta fatto mi sono sentito liberato dalla tirannia dell’ambizione».
Stephen Frears con il si prefigge una riflessione sul ruolo dell’arte e sui privilegi borghesi. Florence Foster Jenkins, infatti, affitta il teatro e manda moltissimi biglietti gratuiti alle truppe impegnate nella guerra Mondial. Il film si chiude presentando alcune immagini reali dei protagonisti.
"Florence" è girato con garbo e ironia British ma il suo limite, come dicevo in apertura, è proprio nel suo pregio e cioè rimane prevalentemente un pezzo di bravura degli attori. Ciononostante lo si vede volentieri.
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valterchiappa
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sabato 3 giugno 2017
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meryl salva il biopic
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“Tratto da un storia vera”, “Ispirato a fatti realmente accaduti”: la scritta sparata nei trailer è evidentemente un richiamo. Le foto in bianco e nero che scorrono nei titoli di coda hanno una fascinazione: quella storia è veramente successa, quei personaggi esistiti. Gli spettatori che ne sono colpiti sono in numero tale da costituire un pubblico. C’è un mercato, si è creato un genere. Ma, saccheggiate centinaia di vite, estratti dalla polvere della storia eventi più o meno remoti o spulciate dalle cronache miriadi di vicende, viene da chiedersi: valeva la pena raccontarle?
Non tutte le biografie sono edificanti, non tutti i fatti offrono spunti di riflessione.
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“Tratto da un storia vera”, “Ispirato a fatti realmente accaduti”: la scritta sparata nei trailer è evidentemente un richiamo. Le foto in bianco e nero che scorrono nei titoli di coda hanno una fascinazione: quella storia è veramente successa, quei personaggi esistiti. Gli spettatori che ne sono colpiti sono in numero tale da costituire un pubblico. C’è un mercato, si è creato un genere. Ma, saccheggiate centinaia di vite, estratti dalla polvere della storia eventi più o meno remoti o spulciate dalle cronache miriadi di vicende, viene da chiedersi: valeva la pena raccontarle?
Non tutte le biografie sono edificanti, non tutti i fatti offrono spunti di riflessione. O magari, più banalmente, non tutto è interessante. Eppure la ricerca, diventata affannosa, ha condotto sugli schermi vite di artisti legittimamente relegati alla memoria di chi li vuole ricordare, cronache dell’altro ieri o vicende del tutto insignificanti.
Come quella di Florence Foster Jenkins, eccentrica ereditiera vissuta negli Stati Uniti nella prima metà del XX Secolo, la quale, stonata come una campana, coltivò indomita il sogno di diventare una cantante lirica, fino ad esibirsi, un mese prima di morire, nientemeno che alla Carnegie Hall di New York.
Questa curiosa storiella è inspiegabilmente diventata soggetto per ben due film, usciti, cosa ancor più paradossale, a poca distanza l’uno dall’altro: “Marguerite”, del francese Xavier Giannoli e questo “Florence” dell’inglese Stephen Frears. Ma se il primo reinterpretò liberamente la biografia della donna costruendo una storia originale e dai colori drammatici, Frears la racconta fedelmente, mettendo in campo il mestiere di esperto dei biopic.
“The program”, basato sulle torbide vicende sportive di Lance Armstrong, “Philomena” che scopre il velo su cupe vicende accadute negli ambienti cattolici irlandesi, “The Queen” che tratteggia la personalità nascosta della regina Elisabetta, alle prese con le pruriginose vicende della nuora Diana. Tutta o quasi l’ultima produzione di Stephen Frears sembra orientata all’interesse per l’accaduto. Film di buona fattura ed apprezzati dal pubblico, che hanno fatto di Frears uno specialista del genere. Anche “Florence” mostra le qualità del regista: mano sicura, brio, costumi rutilanti, atmosfere ben ricostruite: insomma mestiere consumato. Un altro prodotto per i botteghini. Questo basterebbe a descrivere il suo lavoro, se ad interpretare la buffa donnina non fosse stata chiamata Lady Meryl Streep.
Non si è a caso la più grande attrice contemporanea (checchè ne dica Trump). L’interpretazione della Streep è strepitosa: con la mimica facciale tratteggia tutte le bizzarrie del personaggio, diverte con tempi comici perfetti, fino ad essere esilarante nel riprodurre gli strampalati gorgheggi della “peggior cantante di sempre”. Ma ovviamente è un gioco da ragazzi per lei recitare sopra le righe, dando sfoggio di tecnica sopraffina.
Meryl fa di più: come tutte le grandi interpreti soffia dentro il suo personaggio e lo fa levitare, donandogli volume e spessore inattesi. La bizzarra Florence Foster Jenkins diventa così la metafora vivente dell’amore per l’arte, una donna con l’animo puro e gioioso di una bambina, carica di una passione così pregnante ed inestinguibile da trascinare il cuore dello spettatore nel suo mondo ideale. Percorrendo il lato poetico del suo personaggio, quella visuale che lei stessa ha creato, la Streep riesce infine ad essere profondamente toccante.
“La gente può anche dire che non so cantare, ma nessuno potrà mai dire che non ho cantato”. L’arte è sublime illusione e illusione sublime può anche essere credere, anche di fronte alla consapevolezza del vero, di essere un’artista.
Hugh Grant, nei panni del marito, sfoggia anch’egli una buona interpretazione, tenendo il passo alla strabordante compagna. Il suo personaggio racconta un diverso tipo di amore, non fedele ma devoto e silenzioso, l’amore casto e riverente che sublima la semplice riconoscenza verso chi è capace di portare solo del bene.
Questa volta l’ennesimo aneddoto raccontatoci da Stephen Frears acquista dignità grazie ai suoi interpreti. “Philomena” era stato sorretto dalla performance di Judy Dench, “The Queen” da quella straordinaria di Helen Mirren. Ma il film biografico (o biopic se preferite) comincia ad avere il fiato corto.
È ora di ricominciare a narrare nuove storie.
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mari
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lunedì 15 maggio 2017
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eccezionale
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IO HO TROVATO IL FILM DELICATO E UNA MERYL STREEP ECCEZIONALE FANTASTICA . ANCHE HUGH GRANT E' UN MARITO PREMUROSO E GENTILE
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mari
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lunedì 15 maggio 2017
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film commovente
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Film eccezionale commovente
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jackmalone
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sabato 11 marzo 2017
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"amor che a nullo amato amar perdona"
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Che c'è di più bello dell'amore per l'arte e per la musica? Forse è ancora più bello l'amore per l'amore: il rispetto e la devozione tra due coniugi che vivono come fratello e sorella ma che condividono un'intesa perfetta, irrangiungibile ai più, fatta di condivisione di interessi e di complicità.
E' finita l'epoca d'oro in cui i ricchi filantropi erano anche persone di cultura e finanziavano gli artisti squattrinati dando un'opportunità alle espressioni artistiche in tutti i campi; ora la maggior parte dei neoricchi non pensa ad investire nell'arte, porta i propri capitali all'estero, evade le tasse e investe spesso in titoli fallimentari ; la ricchezza ora sembra non avere più alcuna ricaduta positiva, nè sociale, nè personale.
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Che c'è di più bello dell'amore per l'arte e per la musica? Forse è ancora più bello l'amore per l'amore: il rispetto e la devozione tra due coniugi che vivono come fratello e sorella ma che condividono un'intesa perfetta, irrangiungibile ai più, fatta di condivisione di interessi e di complicità.
E' finita l'epoca d'oro in cui i ricchi filantropi erano anche persone di cultura e finanziavano gli artisti squattrinati dando un'opportunità alle espressioni artistiche in tutti i campi; ora la maggior parte dei neoricchi non pensa ad investire nell'arte, porta i propri capitali all'estero, evade le tasse e investe spesso in titoli fallimentari ; la ricchezza ora sembra non avere più alcuna ricaduta positiva, nè sociale, nè personale. Si guarda con rimpianto ad un mondo , non troppo lontano, bellissimo ed elegante,dove dominano sentimenti che tutti conosciamo; l'umana fragilità, l'egocentrismo, l'illusione e la delusione, il desiderio di non ferire i sentimenti altrui ma soprattutto l'amore come intesa di "amorosi sensi" che fa fare le cose più insensate per non ferire , per proteggere...Così, il marito di Florence, attore di talento mai realizzato, realizza finalmente il suo sogno del grande palcoscenico annullando se stesso nell'amore per la sua compagna molto più cinica e consapevole di quanto sembri. "Possono dire che non ho cantato bene ma non possono dire che non ho cantato": dice Florence ai suoi detrattori e ai critici spietati. Se tutto si risolve senza drammi , anzi con qualche risata comunque lo scopo è raggiunto, L'arte serve anche a far star bene le persone e Florence non muore per la delusione di un insuccesso prevedibile ma perchè è malata da molto tempo ed è stato proprio l'amore per la musica che l'ha tenuta in vita più a lungo.
Hugh Grant è un vero bravo attore e Meryl è eccezionale come sempre: sinceramente l'ammirazione rasenta quasi l'invidia.
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maria cristina nascosi sandri
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martedì 7 febbraio 2017
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in fondo, noi viviamo per la musica...
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Recensione di Maria Cristina NASCOSI SANDRI - Esce sugli schermi italiani, a distanza di oltre un anno da Marguerite di Xavier Giannoli presentato alla 72a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, con una strepitosa Catherine Frot, Florence di Stephen Frears, edizione inglese di un medesimo plot, tratto dal vero, protagonista Mery Streep, più brava e carismatica di sempre e sempre in...odore di Oscar.
Due donne, ricche, desiderose di passare ai posteri tramite il vero e, forse, unico amore della loro vita: la Musica. Ad essa sacrificano tutto, molto del loro patrimonio, tutta la loro esistenza, complici due consorti che le assecondano - forse è amore anche il loro, chissà - ed un pubblico ipocrita e sfruttatore.
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Recensione di Maria Cristina NASCOSI SANDRI - Esce sugli schermi italiani, a distanza di oltre un anno da Marguerite di Xavier Giannoli presentato alla 72a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, con una strepitosa Catherine Frot, Florence di Stephen Frears, edizione inglese di un medesimo plot, tratto dal vero, protagonista Mery Streep, più brava e carismatica di sempre e sempre in...odore di Oscar.
Due donne, ricche, desiderose di passare ai posteri tramite il vero e, forse, unico amore della loro vita: la Musica. Ad essa sacrificano tutto, molto del loro patrimonio, tutta la loro esistenza, complici due consorti che le assecondano - forse è amore anche il loro, chissà - ed un pubblico ipocrita e sfruttatore.
Ma se nella versione francese la verità viene a galla con tutto il sentimento autentico e commovente che solo il cinema d'oltralpe riesce a dare, nella versione inglese - un tantino americaneggiante, nonostante la provata anglo-fede ed origine di Frears - la via verso la verità o, presunta tale, è brevemente risolta con un finale triste solo in apparenza: il successo ha arriso, ad ogni costo, alla cantante stonata, amata e sfruttata persino da Toscanini che conclude il suo vivere d'apparenza alla sacrée Carnegie Hall, presente Cole Porter.
Buon film, prodotto d'eccellenza, quello di Frears, certo, però ormai 'consumato' commerciante, ben lontano dai tempi di My Beautiful Laundrette e, persino, di The Queen, critico ma rispettoso di The Mother, perché come lui stesso ammise in conferenza-stampa a Venezia, nel 2006, quando venne a presentarlo con la protagonista, la fantastica Helen Mirren, la Regina è sempre la Regina, la Mamma di tutti gli inglesi, sovversivi e non - più.
Buona la colonna sonora non originale fatta di pezzi meravigliosi, da Delibés a Bach a Saint-Saens e sempre di rilievo i pezzi scritti per l'occasione dall'ormai internazionale premio Oscar, il compositore francese Alexandre Desplat.
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sirio
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venerdì 3 febbraio 2017
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molto diverso da come mi aspettavo
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Trent'anni fa un caro amico cabarettista mi parlò per la prima volta di Florence Foster-Jenkins, definendola "la cantante più stonata della storia", facendomi ascoltare una sua registrazione della Regina della notte. Sono andato a vedere questo film con questo ricordo: mi aspettavo la storia di una miliardaria stonatissima, eccentrica e molto snob, illusa da un bieco marito cacciatore di dote di essere chissà chi, riportata alla realtà da un fiasco colossale.
Ed invece ho trovato una storia molto diversa, molto più viva e intensa.
Siamo nel 1943, un momento in cui praticamente ogni stato del mondo era in guerra, per cui le notizie più comuni erano "Tizio è morto, Caio è ferito gravemente e non sappiamo quanto possa ancora campare, di Sempronio si sono perse le tracce.
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Trent'anni fa un caro amico cabarettista mi parlò per la prima volta di Florence Foster-Jenkins, definendola "la cantante più stonata della storia", facendomi ascoltare una sua registrazione della Regina della notte. Sono andato a vedere questo film con questo ricordo: mi aspettavo la storia di una miliardaria stonatissima, eccentrica e molto snob, illusa da un bieco marito cacciatore di dote di essere chissà chi, riportata alla realtà da un fiasco colossale.
Ed invece ho trovato una storia molto diversa, molto più viva e intensa.
Siamo nel 1943, un momento in cui praticamente ogni stato del mondo era in guerra, per cui le notizie più comuni erano "Tizio è morto, Caio è ferito gravemente e non sappiamo quanto possa ancora campare, di Sempronio si sono perse le tracce..." notizie strazianti che aggravavano gli incubi di un mondo in ansia. E lei porta, con la sua voce da cardellino (mentre gli tirano il collo) un sorriso, un momento di serenità... non per niente il giorno dopo l'esibizione alla Carnegie Hall due spettatori per strada le dicono "ha una vis comica immensa!"
La musica classica a quel tempo era patrimonio di molti - mia nonna da ragazza canticchiava Rivedrai le foreste imbalsamate dall'Aida come noi ora canticchiamo Una terra promessa di Eros Ramazzotti - e il pubblico conosceva bene le arie d'opera. Mi ricordo il leggendario Raimondo Vianello che prendeva in giro Kurt Weill in Io e la befana, o quando gli Amici miei cantano in macchina Bella figlia dell'amore... Allora gli strilli di Florence erano quello che ci voleva, un paio d'ore lontani dagli incubi?
Sul piano privato Florence non era una miliardaria snob, aveva la sifilide all'ultimo stadio, al punto che los tesso medico si stupisce che non sia ancora impazzita, se non in fin di vita. Oggi per guarirne basta una forte cura antibiotica, ma a quel tempo no: il batterio penetrava nel cervello fino a distruggerlo, la gente moriva pazza! Inoltre avere la sifilide era un marchio d'infamia terrificante al punto di tenere a distanza chi ne fosse infettato, di considerarlo un pervertito punito da Dio per i suoi comportamenti sessuali depravati. Specialmente una ragazza! Ma lei si era semplicemente innamorata di un debosciato... E la cura era terrificante - sali di mercurio e di arsenico - che distruggevano lentamente gli organi interni.
E il marito? Non è - come credevo - un uomo bieco e spregevole che sfrutta l'immenso patrimonio della moglie per soddisfare i suoi inconfessabili vizi, ma una persona che, pur conscia delle inesistenti virtù canore della moglie, cerca di regalarle un sogno: una persona che, a modo suo, ama la moglie.
Anche il pianista entra in questo ménage à trois, in questo Scherzo, in questa farsa cabarettistica, e sta al gioco, come fanciulli che stanno giocando alla festa di Carnevale. E chi prende in giro un bambino quando si veste da Spider-man e lancia coriandoli ad una bambina vestita da fatina?
Sinceramene Florence mi è piaciuto, ho passato due ore serene e l'ho rivalutata rispetto alla descrizione di trent'anni fa: dopo aver visto il film Florence Foster-Jenkins mi è apparsa icona della voglia di sognare.
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emanuele 1968
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domenica 22 gennaio 2017
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merita
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Voto 4,5 - Hugh Grant, belluomo bravo ecc. però secondo me inadeguato. Difficile non ridere, comunque per me merita, forse sarebbe stato meglio se la storia fosse trattata tipo commedia melodrammatica, ma va bene cosi.
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pentagrammamagazine.it
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mercoledì 18 gennaio 2017
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recensione: florence (foster jenkins)
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1944. Seconda guerra mondiale. Florence Foster Jenkins è una donna benestante, elegante, accompagnata da un marito attore, non proprio fedele, malata a causa di una malattia trasmessa dal suo precedente consorte. E' sola con i suoi acciacchi.
L'unica grande passione di Florence è la lirica. Il canto classico. Melomane, accompagnata dal marito, va nei teatri a godere delle melodie e delle voci angeliche delle interpreti. Fin quando un giorno decide di imparare a cantare.
Il suo compagno alimenta e soddisfa sin da subito le sue volontà chiamando un pianista e maestro di musica il quale, appena ascolta per la prima volta il canto di Florence, rimane profondamente colpito: è completamente stonata.
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1944. Seconda guerra mondiale. Florence Foster Jenkins è una donna benestante, elegante, accompagnata da un marito attore, non proprio fedele, malata a causa di una malattia trasmessa dal suo precedente consorte. E' sola con i suoi acciacchi.
L'unica grande passione di Florence è la lirica. Il canto classico. Melomane, accompagnata dal marito, va nei teatri a godere delle melodie e delle voci angeliche delle interpreti. Fin quando un giorno decide di imparare a cantare.
Il suo compagno alimenta e soddisfa sin da subito le sue volontà chiamando un pianista e maestro di musica il quale, appena ascolta per la prima volta il canto di Florence, rimane profondamente colpito: è completamente stonata.
Nonostante ciò il marito, St. Clair Bayfield, vede i benefici che quella pratica porta alla salute fisica e mentale di Florence e convince il maestro a proseguire le lezioni omettendo il difetto canoro all'alunna. Florence così entra in un mondo fatto di sogno, speranza, gioia e ben presto, fortemente convinta di saper cantare, vuole esibirsi in teatro. Il marito acconsente diventando il manager della donna e s'impegna a preparare l'evento insieme al maestro, entrambi terrorizzati dal giudizio del pubblico.
Nonostante Florence sia completamente stonata e inadeguata, riesce a conquistare tutti con la sua passione che rende l' impossibile possibile. Allieta i militari che cercano distrazione in teatro durante le loro "pause" dalla guerra e dalla tragedia, applausi, un vero successo che conquista tutti. Critici compresi.
Un film che sebbene sembri surreale nella sua trama riporta una storia vera, quella della cantante d'opera Florence Foster Jenkins, diventata nota per le sue scarse abilità canore. Film che nell'eleganza e nella struttura scenica e interpretativa è assolutamente riuscito.
I protagonisti sono ben definiti e nella trama vengono ben accompagnati da personaggi secondari che rendono il tutto più interessante e che evidenziano la distinzione tra un certo tipo di spettacolo, fine a se stesso fatto di ostentazione ed esagerazione, e quello di una semplice donna appassionata di canto, con un sogno nel cassetto.
Meryl Streep si diverte a recitare e si nota anche in questa pellicola, interpreta magistralmente il suo ruolo accompagnata da un maturo Hugh Grant più conscio delle sue capacità attoriali. Il maestro, il personaggio più ironico e più scettico del film, è interpetato dal giovane Simon Helberg, conosciuto al vasto pubblico per la serie Big Bang Theory.
Anche qui come in "Lady Henderson presenta", Stephen Frears punta sullo stesso fulcro narrativo: il teatro, lo spettacolo, gli artisti possono divertire, dar speranza e sollievo al pubblico anche in situzioni difficili. L'importanza dell'intrattenimento, la determinazione e la speranza sono elementi comuni ad entrambi i film. Le due eroine sono due donne coraggiose che non hanno esperienza nei loro mestieri ma che sono determinate, ognuno a modo suo, a portare avanti un sogno, un progetto innovativo di successo.
La pellicola, come ci ha già abituiati il regista nei suoi precedenti lavori, trasuda eleganza e attenzione nei dettagli. Un piacere visivo dunque le scene e la fotografia. Punte comiche, ironiche, malinconiche, romantiche colpiscono lo spettatore.
Un film ricco di elementi interessanti, ben confezionato, recitato alla perfezione che fa sognare in un'atmosfera molto chic.
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