Train To Busan

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Il virus degli zombie contagia anche la Korea. Valutazione 3 stelle su cinque

di ashtray_bliss


Feedback: 29534 | altri commenti e recensioni di ashtray_bliss
martedì 18 ottobre 2016

E' inutile negarlo, la mania (o isteria) sugli zombie per quanto assurda, e talvolta risibile non lascia indifferente nessuno. Raccontare storie di non-morti, o per meglio dire morti viventi, che si nutrono di un'umanità arrivata ormai al capolinea, sullo sfondo di un futuro post-apocalittico e distopico rappresenta una ricetta cinematografica che continua a dimostrarsi vincente. Dagli zombie di Romero, che li ha ufficialmente lanciati sullo schermo, ai 28 giorni dopo di Boyle, a quelli di b-movie con incassi stratosferici di World War Z, passando per Orgoglio e Pregiudizio in salsa zombie e finendo con l'ormai celeberrimo show teleisivo Walking Dead di strada ne è stata fatta. Prima o poi ci arrendiamo tutti a quel macabro e disgustoso fascino che emana l'argomento e i coreani, che in termini di filmmaking non stanno indietro a nessuno, colgono l'occasione e confenzionano un inaspettato action/ horror movie che intrattiene, convince sufficientemente e non delude le aspettative. La sua carta vincente però si racchiude proprio nella location scelta per raccontare di questa incosueta e inesplicabile epidemia: quella del treno. Il treno è spesso usato nel linguaggio cinematografico come metafora di salvezza oppure di morte certa. Ma il treno funziona anche come micrografia sociale mettendo a fuoco (e a nudo) la disparità, il divario sociale, la rivalità ed infine la spietatezza dell'essere umano.
Un altro ottimo esempio di film dalla medesima ambientazione, e pur sempre coreano, che tratta pressapoco lo stesso argomento, eccezione fatta per gli zombie, era Snowpiercer, quest'ultimo arrichito di qualche scena surreale e tragicomica in più, oltre a mettere in primo piano i volti di attori occidentali a noi familiari. 
Train to Busan, segue le orme del suo predecessore e il risultato non è meno convincente o funzionale. Tutt'altro; benchè sia difficile pensare di lasciarsi prendere da una trama abbastanza prevedibile come quella che riguarda gli zombie, il regista Yeun riesce abilmente a ribaltare gli schemi, confezionando una pellicola ricca di suspense, ansia e partecipazione emotiva che non ti fa staccare lo sguardo dallo schermo neanche per un attimo, tant'è che non vuoi perderti niente di quello che succederà al esiguo gruppo di persone sulle quali si concentra. Seguiamo così lo svolgersi, e il progressivo deterioramento, della situazione all'interno di un treno in partenza da Seul e diretto a Busan. All'interno vi è un giovane padre con sua figlia in viaggio per ricongiungersi con la madre della piccola, un gruppo di ragazzini in viaggio per un evento sportivo, una coppia in attesa del loro primogenito. Ma poco dopo la partenza sul treno si scatena il panico non appena una giovane ragazza malata inizia a 'trasformarsi' e contagiare gli altri. Vagone dopo vagone, la situazione degenera e solo un piccolo gruppo di persone si vede ostretto ad escogitare un piano per sopravvivere il più a lungo possibile mentre la minaccia incombe.
Yeun, riesce abilmente a confezionare un ottima pellicola sulla sopravvivenza, su quanto si è disposti a fare o a sacrificare pur di restare in vita e garantire la sopravvivenza ai propri cari. Ma il film riesce ad affrontare anche tematiche più attuali che preoccupano il regista coreano, e riguardano principalmente la sua nazione, ma che funzionano ugualmente come specchio di una società globale zombificata, egoista e cieca che mette il proprio ego, il proprio "io" davanti a tutto sacrificando quelle caratteristiche intrinsiche dell'umanità; l'empatia, la compassione, l'aiuto reciproco. Tra zombie e uomini apatici, non disposti ad aiutarsi l'un l'altro, perdipiù nelle situazioni di pericolo e di caos totale, la differenza svanisce. Entrambi i soggetti sono pronti a divorare, in senso letterario e figurato, il prossimo pur di garantire la propria di salvezza. Eppure in tale situazione di caos, disperazione e desolazione totale il regista mette in primo piano la radicale trasformazione del padre, che da avido broker e cinico menefreghista della sorte altrui, si riconnetterà con la sua umanità sepolta e armatosi di un ritrovato sentimento paterno (affettivo e protettivo) guiderà il piccolo gruppo di superstiti cercando di sopravvivere all'interno e poi all'esterno del treno. In tal senso molto potenti e significative sono le riprese che si svolgono all'interno, incutendo un naturale senso di claustrofobia, e sopratutto all'esterno del convoglio: Prima raffigurando delle metropoli vuote, inquietanti e avvolte da un silenzio assordante e poi invase, letteralmente, da orde di morti viventi in cerca della prossima vittima da divorare e contagiare. 
A tal punto bisogna dire "chapeau" al regista che riesce in modo funzionale a mettere in atto delle scene ricche di suspense e adrenalina che attanagliano lo spettatore senza mai svincolarlo. Merito anche di uno schema narrativo convincente che non si sofferma in maniera ossessiva sugli zombie, e nemmeno sull'aspetto splatter di essi, preferendo usarli come pretesto per osservare le mosse di quest'umanità senza scampo e focalizzarsi sulle dinamiche che si vengono a creare nel gruppo dei superstiti. Ciò ovviamente non annulla alcune ingenuità di script relative ai non morti (corrono, saltano, si muovono in massa ma tutta la loro furia svanisce difronte ad una sliding door).
Buona anche la resa attoriale, composta e priva di eccessi, inizalmente colpisce per l'apperente mancanza di emozione o di pathos ma è in perfetto stile orientale e ce ne facciamo una ragione. Sufficiente anche la caratterizzazione dei personaggi i quali devono rappresentare le diverse sfaccettature d'umanità che si incontrano, seppur a tratti paiono un tantino forzati nei propri ruoli, come il monodimensionale villain della storia che comunque riesce a suscitare tutta l'antipatia del pubblico nei suoi confronti. Ampiamente convincente è comunque il rapporto padre-figlia dei principali protagonisti, a loro ci si affeziona, si tifa per la loro salvezza e ci si stringe il cuore (ma potrebbe anche sfuggirvi una lacrima di commozione) nella scena finale dell'inevitabile e dolorosa separazione. Una scena ben realizzata ed emotivamente carica che colpisce gli spettatori cogliendoli di sorpresa. Per il resto, il regista taglia corto sui sentimentalismi gratuiti. Gli affetti che dominano e smuovono i protagonisti (la coppietta di ragazzini, i coniugi, le vecchiette) sono ben delineati ma restano superficiali, senza approfondimenti o sottotrame fuordevianti dal racconto principale: quello della sopravvivenza a tutti i costi. 
In conclusione, Train to Busan, è un ottimo connubio tra action drama e horror; un film ricco di colpi di scena, suspense, adrenalina e drammaticità. Ovviamente è coerente nel rappresentare tutti i clichè zombeschi che abbiamo già conosciuto nelle pellicole precedenti, salvo risparmiarci le abbondanti dosi di splatter che avrebbero affondato un film del genere. Ottimo ovviamente l'uso della CGI e del trucco, ma il vero pregio della pellicola e che si focalizza non tanto sugli zombie di per se, o quello che tradizionalmente raffigurano (un'umanità appiattita, blanda, violente e vacua) quanto sui rapporti sociali che si creano per forza maggiore negli angusti spazi di un treno in corsa e dentro un piccolo nucleo di persone volte a mettersi in salvo. La vera domanda qui non è tanto: "morte o sopravvivenza", quanto "cooperazione e solidarietà o cieco egoismo e disinteresse verso il prossimo"? Entrambe le sfaccettature sono ben rappresentate e stimolano anche una certa riflessione sociale, attualissima e dovuta.
Consigliato. 3/5.

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lindo domenica 8 luglio 2018
world war z b-movie ?
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Se World War Z è un B movie questo film allora è un Z movie..

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