Anno | 2016 |
Genere | Drammatico, Sportivo |
Produzione | Canada |
Durata | 106 minuti |
Regia di | Yan England |
Attori | Antoine Olivier Pilonn, Sophie Nélisse, Lou-Pascal Tremblay, David Boutin Patrice Godin, Robert Naylor, Anthony Therrien, Guillaume Gauthier, Irdens Exantus, Karl-Antoine Suprice, Laurie-Jade Rochon, Benoit Finley, Renée Cossette, Émile Mailhiot, Ariane Jeudy, Hudson Leblanc, Louis-Julien Durso, Justine Le, Gabrielle Shulman, Francis Tremblay (II), Jasmina Parent, Louis-Olivier Maufette, Richard Champagne. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,96 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 19 dicembre 2017
Tim è un ragazzo timido e brillante con un gran talento per lo sport. Le pressioni che subisce lo spingeranno però fino al limite della sopportazione.
CONSIGLIATO SÌ
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Adolescenti in Canada. Tim ha 16 anni e frequenta il liceo in una cittadina del Québec. Timido e solitario, il ragazzo è brillante a scuola e nella corsa, ma diventa vittima di bullismo per via del suo orientamento omosessuale. Dopo un tragico evento, Tim decide di prendere la situazione in mano e tener testa al suo principale persecutore, Jeff. Il suo obiettivo è riuscire a completare la gara degli 800 metri in meno di 1:54 per impedire al suo rivale di qualificarsi alla competizione nazionale. Ma delle sue vicende personali Tim non racconta niente né al padre né ai professori, solo la sua amica Jennifer capisce la situazione e lo sostiene. Tuttavia, Jeff e la sua gang continuano a perseguitare Tim portandolo oltre i suoi limiti.
Antoine-Olivier Pilon, rivelato da Xavier Dolan in Mommy, ritorna nel ruolo di un altro adolescente difficile, questa volta alle prese con omosessualità e bullismo, nel primo lungometraggio di Yan England.
L'attore, produttore, animatore televisivo e regista canadese, conosciuto per Henry (2013), che ha ricevuto una nomination all'Oscar per il miglior cortometraggio, scandaglia i problemi dell'adolescenza attraverso lo sguardo di chi la vive e spesso la mette in scena. Il risultato è un'ottima prima prova che fa sperare una lunga carriera per il regista esordiente. Influenzato da Gus Van Sant e ammiratore di Steven Spielberg, Yan England compone abilmente il suo racconto in bilico tra romanzo di formazione, thriller psicologico e dramma adolescenziale sui temi attuali di cui è spesso difficile parlare.
Vincitore della menzione speciale della giuria alla 15° edizione del Rome Independent Film Festival, 1:54 è stato presentato in molte scuole in Canada, dove la proiezione ha scatenato accesi dibattiti. "Sono contento che le scuole vedano 1:54 perché so che è il desiderio dei giovani, degli insegnanti e dei genitori che ho incontrato dall'uscita del film. Ho ricevuto numerose testimonianze e ho potuto constatare a che punto 1:54 apra il dialogo (sul problema dell'intimidazione a scuola)", spiega il regista.
Diversi temi e dinamiche narrative si intrecciano in una sceneggiatura che Yan England fa esplodere su una tensione crescente in un impietoso ritratto realista. Attraverso lo sguardo di Tim ci ritroviamo a subire vessazioni e umiliazioni di ogni genere che il ragazzo vive ogni giorno sotto gli occhi di compagni omertosi e insegnanti incapaci di gestire la situazione. La corsa allora è l'unico mezzo che si offre a Tim per una vendetta positiva, una sorta di riscatto per recuperare il suo posto nella società. Ma il bullismo non si limita ai banchi di scuola, si propaga anche su internet, ruba qualsiasi intimità tramite i social network, che ne amplificano l'effetto e annientano l'identità. Incapace di reagire alle pressioni, Tim arriverà a un punto di non ritorno. Senza edulcorazioni, risuona aspra e forte la denuncia del regista. Se le immagini della corsa, ben riuscite, fanno sperare nella vittoria sportiva e personale di Tim, le immagini claustrofobiche della sua camera spesso buia, riportano alla disperazione di una situazione apparentemente senza via d'uscita. Senza musica, né spiegazioni Yan England ci lascia infine, inquadrando i volti di innocenti e colpevoli, accomunati dall'irreversibilità della tragedia.
E se il regista esagera nel tentativo di dire troppo in una sceneggiatura che parte in troppe direzioni, 1:54 rimane il crudo racconto di un'adolescenza tormentata da far vedere soprattutto ai figli.