Sopladora de Hojas

Lucas ha un pallone sotto braccio, Emilio una merendina in tasca, Ruben un pacchetto di sigarette sempre a portata di mano e uno spray per l'asma. Sono tre amici alla ricerca del mazzo di chiavi che uno di loro ha perso in un mucchio di foglie nel parco, sul quale si è lanciato per vincere una scommessa. Il pomeriggio se ne va tra chiacchiere, rastrelli, cani inopportuni e il sogno di un soffiatore di foglie, che elimini magicamente il problema. Al calar della sera, dovranno recarsi al funerale dell'amico Martin, caduto dalla moto.
C'è un tempo per ogni cosa, si dice in giro. Per ridere e scherzare, per fare la corte ad una ragazza, per dire la verità a se stessi e ai genitori. E poi c'è un tempo per morire, anche se spesso di quello non ci si fa una ragione, specie quando prende in contropiede.
Il pomeriggio dei tre amici che riempie il primo lungometraggio del messicano Alejandro Iglesias ci trasporta in una dimensione giovane e allegra, quando non direttamente comica. Ci risucchia nel vortice di sproloqui, mezze timidezze, mezze sbruffonaggini, domande irrisolte e ansiosa voracità, di cibo, fumo e parole. Si tratta di fare i conti con ciò che non è reversibile, con ciò che si perde e non torna, ciò per cui non c'è una soluzione. Ma sono conti fatti giocando di fioretto con i manici delle scope o sognando incontri amorosi con donne adulte, e rimandando tutto quello che è possibile rimandare, fino a quando non si fa tardi. Un pomeriggio come un altro, ma anche un pomeriggio che cambia la vita.
La staticità dei quadri, più che il teatro, richiama le strisce dei fumetti, anche per il ripetersi delle gag verbali (Lucas ha un problema con le regole, comprese quelle della morra cinese) e per certi finali di scena un po' sospesi. Se gli interni sembrano rubati ad una sit-com o telenovela, il parco, luogo fiabesco anche quando apparentemente spoglio, è emblematico dello spirito del film.
Minimale nel disegno visivo e narrativo, suddiviso in capitoli introdotti da una grafica semplice e divertente, Sopladora de hojas non si fa schiacciare da ambizioni fuori misura: si appoggia invece a tre giovani e bravissimi interpreti e ad una continuità di tono che trascolora gradatamente e fluidamente dal realismo al surreale e ritorno, e si lascia apprezzare come un pomeriggio di confortante e illuminante ozio, una pausa strappata all'odissea del diventare grandi.
