elpiezo
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lunedì 28 dicembre 2015
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da vedere!!!!!!
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Ispirato a fatti realmente accaduti, il film narra un intricato episodio relativo alla guerra fredda, la cattura ed il processo di alcune spie fino ad un fantomatico scambio di prigionieri atto a soddisfare tutte le nazioni coinvolte. Interpretato da un maestoso Tom Hanks, Il ponte delle Spie non è solamente un complesso thriller spionistico, ma un vero e proprio percorso psicologico, dove l'essere umano viene posto dinanzi a tutti, distante da ogni ideologia o bandiera e dove si esalta il coraggio e la determinazione di chi stoicamente non cede a minacce e ricatti burocratici. Girato con mestiere da un sapiente Steven Spielberg il film offre un reale spaccato del controverso periodo relativo alla guerra fredda e attraverso una sceneggiatura meticolosa si rivela un film avvincente per tutta la cospicua durata candidandosi come il miglior titolo che il natale cinematografico potesse regalare.
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fabiofeli
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sabato 2 gennaio 2016
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servirebbe sempre un contadino ostinato
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Il ponte delle spie di Steven Spielberg
Alla metà degli anni ’50 Rudolf Abel (Mark Rylance), una spia russa negli USA, viene scoperto e catturato. Siamo in piena guerra fredda e il caso infiamma l’opinione pubblica americana che al processo reclama per l’uomo riconosciuto colpevole la pena di morte. L’avvocato difensore di Abel, James Donovan (Tom Hanks), attento alle regole della Costituzione, la Carta dei Diritti, riesce ad evitare la pena capitale per il suo assistito, che con fatalismo rimane imperturbabile durante il suo processo.
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Il ponte delle spie di Steven Spielberg
Alla metà degli anni ’50 Rudolf Abel (Mark Rylance), una spia russa negli USA, viene scoperto e catturato. Siamo in piena guerra fredda e il caso infiamma l’opinione pubblica americana che al processo reclama per l’uomo riconosciuto colpevole la pena di morte. L’avvocato difensore di Abel, James Donovan (Tom Hanks), attento alle regole della Costituzione, la Carta dei Diritti, riesce ad evitare la pena capitale per il suo assistito, che con fatalismo rimane imperturbabile durante il suo processo. Donovan gli chiede se è preoccupato: “Servirebbe?” risponde costui. Donovan paga a caro prezzo la difesa del “comunista”: la gente lo guarda storto e lo accomuna a quello che è considerato un nemico mortale. Anche la sua famiglia non comprende il suo punto di vista e patisce per l’ostracismo decretatogli. Quando viene abbattuto un U2, un aereo spia americano, nei cieli della Russia e viene catturato il pilota Gary Powers che, saggiamente, non si è suicidato come da protocollo, si profila uno scambio tra i due. Donovan viene incaricato, non ufficialmente, di condurre la difficile trattativa nella Berlino ormai spaccata in due dalla costruzione del muro. Non fanno una bella figura nella vicenda i guerrafondai: da un lato i funzionari della CIA sono interessati allo scambio ma non si curano di un incolpevole studente americano incappato nella rete della Stasi; dall’altro lato i russi vogliono recuperare al più presto Abel per il timore che riveli i dettagli della rete spionistica negli USA; ed infine i terzi incomodi, i funzionari della Germania Est, brigano solo per ottenere un riconoscimento formale della neonata Repubblica Democratica, facendo leva sul rifiuto di liberare lo studente. Solo il rispetto delle regole e dei diritti di tutti guida Donovan: anche salvare un solo uomo può salvare l’intera umanità, come si affermava in Schindler’s List. E’ una lotta durissima, condotta da un uomo tutto di un pezzo, fermo nelle sue convinzioni, che non vuole omologarsi alla disumanità di tutti gli altri.
La ricostruzione del sapore di un’epoca buia a Spielberg riesce bene: si respira l’aria mefitica della guerra fredda con i danni del Maccartismo e della caccia alle streghe; si inorridisce davanti alle esecuzioni dei fuggitivi che tentano di scalare il muro di Berlino guardandole dall’alto della metropolitana senza poterle impedire; sempre dalla metropolitana di New York si sbirciano gli scavalcamenti “etnici” delle barriere. Ci voleva proprio un “contadino ostinato”, fermo nelle sue convinzioni, per vincere quella difficile battaglia. Tom Hanks con la sua recitazione è il grande valore aggiunto del film; non è una novità per un attore che ogni volta cambia faccia, aspetto e psicologia senza fallire un colpo. Ma anche tutti gli altri sono a un ottimo livello con una citazione particolare per Rylance, composto e distaccato. Servirebbe? Certo che sì, per un film da non mancare.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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des esseintes
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lunedì 4 gennaio 2016
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fanfare for the common man - 2
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SEGUE - E così succede che al cinema di tre cose non si può MAI parlare:
1) di cos'è veramente il potere, i rapporti sociali di classe e di lavoro
2) di cosa significa prendere coscienza della propria subalternità ossia della falsità intrinseca dei propri "buoni sentimenti" se a questi non corrisponde una ribellione
3) del prezzo terribile che si deve pagare se questa presa di coscienza dovesse portare alla denuncia dell'élite al potere e a una azione politica tesa a rendere cosciente il popolo contro i dominanti.
Questi tre argomenti sono assolutamente tabù, tanto che ne parlano solo quattro film:
"Il mistero dei giardini di Compton House" di Greenaway, in cui si dimostra la assoluta povertà della "logica borghese" tanto apprezzata da Spielberg quando questa si scontra con "Il Potere"
"Nightwatching" sempre di Greeneway in cui si racconta del prezzo da pagare per chi si oppone alla élite
"Caravaggio" di Jarman in cui viene rappresentata la tragedia del subalterno privilegiato che improvvisamente comprende il proprio stato di servitù
Infine "Wide eyes shut" con il dramma della presa di coscienza del medio borghese benestante che di colpo "spalanca gli occhi" sulla verità mondo (infatti il titolo è "A occhi sbarrati").
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SEGUE - E così succede che al cinema di tre cose non si può MAI parlare:
1) di cos'è veramente il potere, i rapporti sociali di classe e di lavoro
2) di cosa significa prendere coscienza della propria subalternità ossia della falsità intrinseca dei propri "buoni sentimenti" se a questi non corrisponde una ribellione
3) del prezzo terribile che si deve pagare se questa presa di coscienza dovesse portare alla denuncia dell'élite al potere e a una azione politica tesa a rendere cosciente il popolo contro i dominanti.
Questi tre argomenti sono assolutamente tabù, tanto che ne parlano solo quattro film:
"Il mistero dei giardini di Compton House" di Greenaway, in cui si dimostra la assoluta povertà della "logica borghese" tanto apprezzata da Spielberg quando questa si scontra con "Il Potere"
"Nightwatching" sempre di Greeneway in cui si racconta del prezzo da pagare per chi si oppone alla élite
"Caravaggio" di Jarman in cui viene rappresentata la tragedia del subalterno privilegiato che improvvisamente comprende il proprio stato di servitù
Infine "Wide eyes shut" con il dramma della presa di coscienza del medio borghese benestante che di colpo "spalanca gli occhi" sulla verità mondo (infatti il titolo è "A occhi sbarrati"). Per quest'ultimo film riflettete su un dettaglio: nel racconto da cui è tratto "Doppio sogno" di Schnitzler alla fine il medico trova sul cuscino del letto una maschera e la moglie gli dice che l'ha messa lei, l'idea del complotto si sgonfia. Nel film invece la maschera ce l'ha messa qualcun altro e ritrovandola Tom Cruise si mette a piangere...
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orione95
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martedì 5 gennaio 2016
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spielberg tra storia e attualità
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Abbiamo avuto modo di ammirarlo nei panni di un avvocato durante la sua brillante performance in "Philadelphia" e adesso, a ben 23 anni di distanza, Tom Hanks torna a deliziarci nelle vesti di legale, con una recitazione più che mai matura, in questo nuovo capolavoro firmato Steven Spielberg: "Il ponte delle spie".
Un dramma di celata attualità quello rappresentato stavolta dal celeberrimo regista hollywoodiano che, avvalendosi della magistrale recitazione di attori del calibro di Tom Hanks e Mark Rylance (quest'ultimo mai così evocativo), costringe il pubblico al piacere della riflessione su temi vivi e contemporanei: il concetto di giustizia viene da Spielberg messo a nudo e riletto in uno scenario di cocenti tensioni internazionali e di miopi pregiudizi, nel quale la straordinaria personalità del protagonista non può non dominare.
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Abbiamo avuto modo di ammirarlo nei panni di un avvocato durante la sua brillante performance in "Philadelphia" e adesso, a ben 23 anni di distanza, Tom Hanks torna a deliziarci nelle vesti di legale, con una recitazione più che mai matura, in questo nuovo capolavoro firmato Steven Spielberg: "Il ponte delle spie".
Un dramma di celata attualità quello rappresentato stavolta dal celeberrimo regista hollywoodiano che, avvalendosi della magistrale recitazione di attori del calibro di Tom Hanks e Mark Rylance (quest'ultimo mai così evocativo), costringe il pubblico al piacere della riflessione su temi vivi e contemporanei: il concetto di giustizia viene da Spielberg messo a nudo e riletto in uno scenario di cocenti tensioni internazionali e di miopi pregiudizi, nel quale la straordinaria personalità del protagonista non può non dominare. L'avvocato Donovan infatti, simbolo di una retta etica deontologica ormai sempre meno diffusa, non si limita ad onorare il suo ruolo di legale, ma va oltre perseguendo la vera giustizia.
Interessante la metafora che paragona al muro di Berlino il muro di astio e dissenso eretto dagli sguardi dei cittadini americani intorno alla figura del Donovan il quale, nonostante la collettività accecata da perverso patriottismo avesse già condannato il suo assistito (la spia sovietica Rudolf Abel/Mark Rylance), si erge come ultimo baluardo a difesa dei sacri diritti del suo cliente perché ogni singola vita è importante e insostituibile e, per far valere tale credo, intraprende una personale crociata che lo porterà a vivere in prima persona la cruda realtà della Germania post seconda guerra mondiale.
Un plauso a parte merita poi il comparto sonoro curato da Thomas Newman, che accompagna in modo superbo l'andamento drammatico e a tratti epico della vicenda.
In conclusione "Il ponte delle spie" entra di diritto a far parte di quei (pochi) capolavori cinematografici realmente capaci di intrattenere senza per ciò dimenticare di lasciare un messaggio, quasi un'ispirazione: senza tradire insomma un'intima funzione didattica e sociale.
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alnick
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domenica 10 gennaio 2016
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il ponte sul fiume havel
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Dalla storia vera della "Crisi degli U-2" prende spunto la nuova opera di Steven Spielberg, "Il Ponte delle spie". James Donovan, avvocato assicurativo idealista e fondamentalmente giusto, viene chiamato a difendere il Colonnello Abel, spia sovietica negli Usa della Guerra Fredda, in un processo dalla sentenza già scritta. Sorretto dai propri valori morali, lo salva dalla condanna a morte ipotizzandone l'utilità in occasione di un probabile scambio di prigionieri. Evenienza che si propone di lì a poco quando i sovietici abbattono un aereo spia, catturando un giovane pilota americano e proponendone lo scambio con Abel. Inviato in completa solitudine nella Germania Est dei primi anni '60 (la costruzione del muro di Berlino iniziò nel 1961), Donovan dovrà scontrarsi con l'ottusità di un mondo divorato dall'intolleranza e dall'indifferenza verso l'umanità.
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Dalla storia vera della "Crisi degli U-2" prende spunto la nuova opera di Steven Spielberg, "Il Ponte delle spie". James Donovan, avvocato assicurativo idealista e fondamentalmente giusto, viene chiamato a difendere il Colonnello Abel, spia sovietica negli Usa della Guerra Fredda, in un processo dalla sentenza già scritta. Sorretto dai propri valori morali, lo salva dalla condanna a morte ipotizzandone l'utilità in occasione di un probabile scambio di prigionieri. Evenienza che si propone di lì a poco quando i sovietici abbattono un aereo spia, catturando un giovane pilota americano e proponendone lo scambio con Abel. Inviato in completa solitudine nella Germania Est dei primi anni '60 (la costruzione del muro di Berlino iniziò nel 1961), Donovan dovrà scontrarsi con l'ottusità di un mondo divorato dall'intolleranza e dall'indifferenza verso l'umanità. Magistralmente aiutato dalla sceneggiatura asciutta e perfetta dei fratelli Coen (con Matt Charman), dalla stupenda fotografia del solito Janusz Kaminsky e dall'interpretazione efficace di Tom Hanks e soprattutto di uno splendido Mark Rylance, Spielberg realizza un film maturo, in certe parti volutamente monocorde, in cui descrive un mondo di ipocrisie e falsità, di brutture e malvagità, di presunzione e incoerenza. Nessuno viene salvato dallo sguardo disincantato della cinepresa: gli americani sono odiosi e ingiusti quanto i russi e i tedeschi dell'Est, la giustizia è una questione di politica e di opportunità a dispetto della legge stessa di cui dovrebbe essere paladina. In tutto ciò, tema caro a Spielberg da tempo, la figura di Donovan, uomo giusto e "tutto di un pezzo", che, da cittadino normale e idealista gettato in una situazione straordinaria, combatte con la propria coerenza l'ingiustizia e la stupidità di un mondo tanto simile al nostro.
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jackmalone
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domenica 10 gennaio 2016
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stati uniti-urss: 2 a 1
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Se pensiamo agli attuali equilibri di potere nel mondo , alle politiche di distensione dagli anni ' 80 in poi, alla caduta di tanti muri e alle nuove minacce terroristiche che coinvolgono un'umanità incolpevole a livello globale, sembra surreale il clima dei primi anni '60. La gente allora temeva davvero un conflitto nucleare mondiale? Valeva la pena investire tante risorse umane ed economiche per spiare il nemico o evitare di essere spiati ? Qual é stato il prezzo a livello sociale ed economico della diffidenza, dell'odio, della paura che persino il tuo tranquillo vicino di casa stesse tramando contro di te?
L'ottimo Spielberg fa un lavoro di antropologia sociale esaltando i caratteri che , anche in un momento di follia collettiva sanno conservare le proprie caratteristiche umane : razionalità, autocontrollo, una dose di fatalismo e soprattutto molta determinazione; ciò che sicuramente ha reso grande l'America .
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Se pensiamo agli attuali equilibri di potere nel mondo , alle politiche di distensione dagli anni ' 80 in poi, alla caduta di tanti muri e alle nuove minacce terroristiche che coinvolgono un'umanità incolpevole a livello globale, sembra surreale il clima dei primi anni '60. La gente allora temeva davvero un conflitto nucleare mondiale? Valeva la pena investire tante risorse umane ed economiche per spiare il nemico o evitare di essere spiati ? Qual é stato il prezzo a livello sociale ed economico della diffidenza, dell'odio, della paura che persino il tuo tranquillo vicino di casa stesse tramando contro di te?
L'ottimo Spielberg fa un lavoro di antropologia sociale esaltando i caratteri che , anche in un momento di follia collettiva sanno conservare le proprie caratteristiche umane : razionalità, autocontrollo, una dose di fatalismo e soprattutto molta determinazione; ciò che sicuramente ha reso grande l'America . La frase più bella: "Io sono Irlandese, lei é tedesco. Cosa ci rende Americani? Il rispetto delle regole: la Costituzione". Per un avvocato, senza le leggi non c'é civiltà e quando ciò sarà vero per tutti , indipendentemente dalle proprie convinzioni politiche , religiose o culturali l'umanità sarà veramente civile.
Gli americani non amavano i russi; sentimento ricambiato, i tedeschi dell'est non amavano nè gli american nè i russi ma non volevano sentirsi come un popolo annesso suo malgrado al vincitore e in un sussulto di orgoglio nazionalistico entrano anche loro nella partita . Ha vinto chi ha giocato meglio le sue carte, chi ha creduto nella lealtà e nella legge:" l'uomo tutto d'un pezzo" che é ammirato anche dai suoi nemici perchè ha rispettato le regole fino in fondo.
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luigi chierico
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martedì 19 gennaio 2016
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scontato
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Ci vuole proprio coraggio a portare sullo schermo una storia di spionaggio fritta e rifritta,direi scontata dal principio alla fine.Come dire un giallo di cui si conosce il finale.Il coraggio lo ha avuto il regista Steven Spielberg.Per riuscire nel tentativo di compiere la difficile impresa si è avvalso di un solo attore:il grande magnifico Tom Hanks,magistrale nell’interpretazione del protagonista Avv.James B.Donovan.Un attore che ne ha fatta di strada dal romantico ed epico film Forrest Gump,una carriera costellata da premi e capolavori.Come non citare il grandioso film Philadelphia? e di recente nel film Saving Mr Banks,la storia di Walt Disney per ottenere il diritto di portare sullo schermo Mary Poppins? Il film quindi è soltanto Tom Hank,è lui che parla,si muove,combatte e recita,gli altri delle comparse a fargli da contorno,compresa la spia su cui tutta la storica vicenda si sviluppa e che viene portata alla conoscenza del pubblico più giovane.
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Ci vuole proprio coraggio a portare sullo schermo una storia di spionaggio fritta e rifritta,direi scontata dal principio alla fine.Come dire un giallo di cui si conosce il finale.Il coraggio lo ha avuto il regista Steven Spielberg.Per riuscire nel tentativo di compiere la difficile impresa si è avvalso di un solo attore:il grande magnifico Tom Hanks,magistrale nell’interpretazione del protagonista Avv.James B.Donovan.Un attore che ne ha fatta di strada dal romantico ed epico film Forrest Gump,una carriera costellata da premi e capolavori.Come non citare il grandioso film Philadelphia? e di recente nel film Saving Mr Banks,la storia di Walt Disney per ottenere il diritto di portare sullo schermo Mary Poppins? Il film quindi è soltanto Tom Hank,è lui che parla,si muove,combatte e recita,gli altri delle comparse a fargli da contorno,compresa la spia su cui tutta la storica vicenda si sviluppa e che viene portata alla conoscenza del pubblico più giovane.Un pubblico che ignora quel che si svolse in 5 anni:1957 arresto della spia Rudolf Abel in America,1960 data in cui fu abbattuto l’aereo pilotato dal tenente Francis Gary Powers arrestato dai russi,1961 anno in cui fu creato il muro di Berlino tra Est,sotto la Russia ed ovest indipendente,1962 il famoso scambio sul ponte Glienickel dove fu consegnato agli americani lo studente statunitense arrestato a Berlino Est dalla G.D.T.Poiché questa è storia al regista non resta null’altro da aggiungere,la trama del film è nota a chi l’ha vissuta,non al mondo dei giovani minori di 25 anni,loro non erano ancora nati quando il muro veniva abbattuto nel 1989.
Ma a prescindere da tali considerazioni,tutti i film di spionaggio finiscono con lo scambio delle spie,è lungo farne l’elenco.E così anche in questo si potrebbe cantare l’area del Don Giovanni:”Andiam…andiam là ci darem la man…vorrei…non vorrei.. andiam ..andiam” Non si può negare che almeno questa volta la storia sia stata rispettata e di tanto va dato merito al bravo regista che per oltre due ore è riuscito a tener viva l’attenzione degli spettatori di ogni età, la lunga proiezione non stanca sebbene la vicenda sia breve e senza suspense. Forse andava sottolineato il tanto diverso comportamento tra America e Russia. L’America senza prove inoppugnabili condanna Rudolf Abel, per abilità dell’avv. James B, Donovan,a 30 anni,con una reazione spropositata della popolazione che avrebbe voluto una condanna a morte. Una reazione tipicamente americana con lancio di pietre e colpi di pistola, sempre queste a portata di mano per chiunque.La Russia condanna invece il tenente Francis Gary Powers solo a 3 anni e 7 ai lavori forzati per aver sorvolato e fotografato il suo territorio.Contrariamente ad altri film non vi è una particolare fotografia, resta magnifica e memorabile l’abbattimento dell’aereo americano ed il salvataggio in extremis del suo pilota. Una scena veramente bella, ma troppo poco per un film di 140 minuti. La bravura di Tom Hanks e del regista Steven Spielberg sono appena sufficienti a far meritare uno stentato ottimo,piuttosto che un sufficiente.
Dulcis in fundo il regista poteva evitarci la trovata originalissima,si fa per dire, del barattolo di marmellata di arance, acquistato dall’Avv. Donovan, al ritorno dalla missione in Russia,non a Londra dove lo credeva l’ignara moglie,ma all’angolo di casa.Si può darla da bere a tutto il mondo che una spia non sia una spia,ma non si può imbrogliare la propria moglie con un barattolo di marmellata.
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andrejuve
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lunedì 7 marzo 2016
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un film dai due volti
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“Il ponte delle spie” è un film del 2015 diretto da Steven Spielberg. Nell’anno 1957, in piena Guerra Fredda, i servizi segreti statunitensi e sovietici cercano di acquisire reciprocamente informazioni al fine di evitare un potenziale conflitto nucleare o per cercare di attuare contromisure adeguate in caso di un eventuale scontro bellico. A Brooklyn l’FBI rintraccia e arresta una potenziale spia russa di nome Rudolf Abel. Il Governo federale ha affidato all’avvocato James B. Donovan la difesa di Abel. Dopo un’iniziale titubanza Donovan accetta e, nonostante le forti pressioni Da parte dell’opinione pubblica che vorrebbe vedere Abel condannato a morte, garantisce al suo assistito la migliore difesa possibile.
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“Il ponte delle spie” è un film del 2015 diretto da Steven Spielberg. Nell’anno 1957, in piena Guerra Fredda, i servizi segreti statunitensi e sovietici cercano di acquisire reciprocamente informazioni al fine di evitare un potenziale conflitto nucleare o per cercare di attuare contromisure adeguate in caso di un eventuale scontro bellico. A Brooklyn l’FBI rintraccia e arresta una potenziale spia russa di nome Rudolf Abel. Il Governo federale ha affidato all’avvocato James B. Donovan la difesa di Abel. Dopo un’iniziale titubanza Donovan accetta e, nonostante le forti pressioni Da parte dell’opinione pubblica che vorrebbe vedere Abel condannato a morte, garantisce al suo assistito la migliore difesa possibile. Abel viene condannato a trent’anni di carcere. Nel frattempo Francis Gary Powers, un pilota appartenente all’aeronautica militare americana, viene catturato dai servizi segreti a seguito di un’operazione segreta volta a fotografare e rintracciare dal cielo possibili pericolosi punti strategici fonte di un possibile attacco sovietico. A Donovan sarà affidato il compito di agire ufficiosamente in via informale, ma ufficialmente come rappresentante del Governo Americano, al fine di negoziare lo scambio tra Rudolf Abel e Francis Gary Powers. Donovan dovrà recarsi in una Berlino intenta a costruire un muro che dividerà la Germania Ovest filo americana dalla Germania Est legata al regime sovietico. Quando si scopre che uno studente americano di nome Frederic Pryor, cittadino della Germania Ovest, viene arrestato dalle forze di polizia della Germania Est, la volontà di Donovan sarà quella di inserire nella scambio di uomini anche Pryor per di salvare quest’ultimo. Al fine di effettuare un’analisi di questa pellicola è necessario dividerla in due parti distinte. All’interno della prima metà del film Spielberg sorprendentemente, ricorrendo anche in alcune circostanze ad un’amara ironia, effettua una forte critica nei confronti di una giustizia americana che, nonostante decanti il rispetto dei principi costituzionali ed inalienabili a fondamento degli Stati Uniti d’America, effettua delle evidenti disparità di trattamento. Questa preoccupante tendenza è legata alle forti pressioni provenienti dall’opinione pubblica, troppo spesso imperniata da beceri e disumani pregiudizi di natura geografica, ideologica e culturale, che si accentuano notevolmente nell’ambito di un conflitto basato sulla minaccia e sulla paura nei confronti di un nemico creato dai governi e dai mass media a causa delle divergenze politiche, di opinione e di pensiero. L’emarginazione e il razzismo prevalgono, non considerando più l’essere umano in quanto tale e meritevole di poter godere di qualsiasi diritto civile che deve essere garantito in ogni circostanza, ma classificandolo e distinguendolo in relazione alla sua provenienza, ai suoi pensieri e alle sue idee. Improvvisamente il paese che ha sempre perseguito valori nobili come la democrazia, l’uguaglianza e la solidarietà, di fronte a situazioni che coinvolgono soggetti considerati avversari politici muta completamente atteggiamento, dando preminente rilevanza all’opinione del popolo e dei mezzi di comunicazione. I giudizi e le azioni degli operatori della legge non sono più lucidi e volti al rispetto della legalità, ma si caratterizzano per la paradossale violazione delle regole di cui loro stessi dovrebbero garantirne il rispetto. All’interno di una realtà basata sull’abuso di potere, sulla falsità e sull’apparenza l’avvocato Donovan si distingue per lealtà, professionalità, diligenza e dedizione. La presunzione di innocenza fino a prova contraria costituisce il fondamento per una giustizia veramente imparziale ed equa. Donovan vuole semplicemente svolgere correttamente il suo mestiere in maniera obiettiva e senza subire condizionamenti esterni. Questa scelta ovviamente comporta delle conseguenze spiacevoli che coinvolgono soprattutto le persone a lui più care. La seconda parte del film, che coincide con il viaggio di Donovan verso Berlino, sembra completamente distaccata dalla prima sia per lo stile utilizzato che per le tematiche affrontate. Tutto ad un tratto Spielberg inizia ad attribuire a Donovan un’aura di eroismo che lo circonda durante il compimento della sua missione. Molte sequenze appaiono irreali, sbrigative e superficiali, rendendo semplice un’operazione di negoziazione che invece richiederebbe sacrificio, pazienza e specifiche capacità diplomatiche. Inoltre non viene approfondita adeguatamente la prospettiva dell’Unione Sovietica e in questo senso sarebbe stato interessante comprendere il loro punto di vista e il loro modo di agire in una situazione similare a quella accaduta per Rudolf Abel. Invece molto superficialmente viene additata la dittatura sovietica, dipinta negativamente attraverso l’utilizzo di classici stereotipi utilizzati in altre pellicole che descrivono gli “oppositori” degli Stati Uniti d’America non come degli esseri umani, ma come degli esseri provenienti da un mondo sconosciuto e malvagio. E’ vero che il film effettua una brillante critica della società americana però ne sottolinea anche i pregi. Questa analisi obiettiva non viene effettuata nei confronti dell’Unione Sovietica, in quanto i difetti giustamente rimarcati non vengono descritti adeguatamente, mentre i pregi sembrano non esistere. In sostanza sarebbe stato opportuno effettuare una disamina a tutto campo di entrambe le fazioni politiche, riuscendo in tal modo a realizzare un raffronto e un paragone che mettesse in luce l’assurdità, la malvagità e la crudeltà di due Governi che meritano di essere egualmente condannati per aver divulgato nel corso di svariati decenni una sensazione di timore e di paura nei confronti di un popolo terrorizzato dall’idea di dover affrontare una potenziale guerra nucleare. Inoltre i personaggi descritti, se non in rari casi, non sembrano particolarmente pervasi dai timori e dalle inquietudini che costituirebbero delle normali reazioni umane in un clima di particolare tensione. L’introspezione psicologica e la caratterizzazione dei personaggi è quasi del tutto assente. La sceneggiatura appare scarna, poco convincente e in alcune circostanze rende la narrazione confusa e incerta, lasciando perplesso lo spettatore. Il finale, come è tipico di molti film di Spielberg, è eccessivamente sdolcinato, fiabesco e celebrativo nei confronti del protagonista, il quale rasenta la perfezione, e pone stucchevolmente una netta distinzione tra il bene e il male senza porre sfumature intermedie. In conclusione il film è partito utilizzando degli spunti molto interessanti e convincenti, cadendo però nella banalità e nella superficialità tipica di pellicole concernenti lo storico contrasto tra Unione Sovietica e Stati Uniti, che inevitabilmente tendono ad esaltare più o meno velatamente quest’ultima nazione attraverso l’ingigantimento di eventi descritti come imprese eroiche rese tali grazie all’utilizzo di canoni standard utilizzati ripetutamente in svariate pellicole. Un film dalle ottime premesse che cala di livello durante il prosieguo della narrazione cadendo nella normalità e non distinguendosi rispetto ad altri film fotocopia dello stesso genere. E’ doverosa una particolare menzione all’attore Mark Rylance, nei panni di Rudolf Abel, il quale si è aggiudicato quest’anno il premio Oscar come migliore attore non protagonista per la sua grande interpretazione. Tom Hanks invece, nella parte di James B. Donovan, ha fornito una prova discreta ma non particolarmente convincente.
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nerone bianchi
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lunedì 28 dicembre 2015
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un film onesto
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Il fatto è che da un regista come lui ci aspettiamo sempre cose immense, al punto che quando fa semplicemente un bel film, sembra che manchi qualcosa all'appello. “Il Ponte delle Spie” è un lavoro che scorre sereno per oltre due ore, senza mai sfiorare le sponde della noia, un progetto che ci riporta indietro di oltre mezzo secolo, ai tempi che seguirono la fine del secondo conflitto mondiale; alla guerra fredda, alla divisione di Berlino, alle due superpotenze che si osservavano preoccupate del rispettivo potenziale bellico nucleare, con la sola ambizione di avere il pulsante giusto per annientare l'altro. In questo clima pazzesco e per certi versi mai davvero finito, si racconta la storia vera di uno scambio di spie sul ponte di una gelata Berlino.
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Il fatto è che da un regista come lui ci aspettiamo sempre cose immense, al punto che quando fa semplicemente un bel film, sembra che manchi qualcosa all'appello. “Il Ponte delle Spie” è un lavoro che scorre sereno per oltre due ore, senza mai sfiorare le sponde della noia, un progetto che ci riporta indietro di oltre mezzo secolo, ai tempi che seguirono la fine del secondo conflitto mondiale; alla guerra fredda, alla divisione di Berlino, alle due superpotenze che si osservavano preoccupate del rispettivo potenziale bellico nucleare, con la sola ambizione di avere il pulsante giusto per annientare l'altro. In questo clima pazzesco e per certi versi mai davvero finito, si racconta la storia vera di uno scambio di spie sul ponte di una gelata Berlino. Diciamo subito che l'attore che interpreta Abel, la spia russa, è da solo metà dell'opera, personaggio inquietante, magnetico, formidabile, l'altra metà è quel mostro di bravura che proprio Spielberg ha contribuito a farci conoscere: Tom Hanks. Un film con pochissimi effetti speciali e molto attoriale, fatto bene e altrettanto congegnato, comunque lontano dalle vette che questo regista ci ha fatto conoscere, da quei film in cui si usciva con gli occhi e l'anima pieni di emozioni.
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isin89
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domenica 3 gennaio 2016
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il ponte di steven spielberg
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Steven Spielberg e Tom Hanks, due nomi che a Hollywood fanno letteralmente impazzire solo a sentirli pronunciare. Due icone del cinema, due tra le figure più importanti dello spettacolo degli ultimi tempi che, a distanza di ben undici anni da The Terminal, tornano in stato di grazia in questo faticoso e ammaliante progetto storico. Per la prima volta nella sua lunghissima carriera Steven Spielberg affronta il tema della Guerra Fredda traendo ispirazione da un fatto realmente accaduto durante uno dei momenti più delicati della storia del secolo scorso, l'edificazione del Muro di Berlino nel 1961. Ad aiutarlo nella sua impresa storica ci pensano i fratelli Coen, che con fare arguto e mano esperta firmano una sceneggiatura solida ed intelligente, condita da una giusta dose di ironia e (a tratti) leggerezza.
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Steven Spielberg e Tom Hanks, due nomi che a Hollywood fanno letteralmente impazzire solo a sentirli pronunciare. Due icone del cinema, due tra le figure più importanti dello spettacolo degli ultimi tempi che, a distanza di ben undici anni da The Terminal, tornano in stato di grazia in questo faticoso e ammaliante progetto storico. Per la prima volta nella sua lunghissima carriera Steven Spielberg affronta il tema della Guerra Fredda traendo ispirazione da un fatto realmente accaduto durante uno dei momenti più delicati della storia del secolo scorso, l'edificazione del Muro di Berlino nel 1961. Ad aiutarlo nella sua impresa storica ci pensano i fratelli Coen, che con fare arguto e mano esperta firmano una sceneggiatura solida ed intelligente, condita da una giusta dose di ironia e (a tratti) leggerezza.
La trama del film ruota attorno alle vicende dell'avvocato James Donovan (Tom Hanks) incaricato di difendere la spia russa Rudolf Abel (Mark Rylance), in un momento in cui le due superpotenze erano in procinto di annientarsi l'un l'altra. Donovan, armato di lealtà e spiccato buon senso, si impegna anima e corpo per salvare il suo assistito finendo per essere coinvolto in una losca trattativa di scambio tra lo stesso Abel e Francis Gary Powers, un ufficiale americano caduto vittima dei sovietici durante un attacco aereo. Il senso del dovere e il suo ferreo attaccamento alla leggi della democrazia americana saranno preclusivi all'eventuale instaurarsi di un conflitto a fuoco tra le due super potenze. Il Ponte delle Spie è un film solido e compatto costruito su tre blocchi narrativi ben definiti e perfettamente caratterizzati. La prima parte, ambientata interamente negli Stati Uniti, ruota attorno alla cattura e al processo riguardante la sorte della spia russa, all'interno del quale si inserisce l'insolito rapporto amichevole che legherà quest'ultimo al suo avvocato difensore. Nella seconda parte si esplora il gelo e l'inospitalità della titanica Berlino est e vede i nostri protagonisti alle prese con le problematiche trattative di scambio tra i prigionieri di entrambe le fazioni. Il finale del film costituisce l'ultimo blocco narrativo, l'assoluzione da tutti i peccati e il ritorno in patria del nostro eroe, stanco ma appagato dai suoi sforzi.
A stupire è l'impressionante abilità tecnica con la quale Spielberg confeziona tale prodotto. Un film maturo e attento dotato di una regia solida e ispirata che non cede nemmeno nei momenti peggiori. Sarebbe sufficiente la sequenza iniziale della cattura di Abel, giocata astutamente sui silenzi e su un montaggio precisissimo, per comprendere la portata dell'opera e godere di una straordinaria lezione di regia da parte di uno dei più influenti cineasti del mondo. E laddove la regia fa passi da gigante, il comparto scenografico, probabilmente l'aspetto più curato di tutto il film, vince su tutti i fronti. SS si avvale dei migliori collaboratori per la fedele riproduzione di una Berlino est pressoché perfetta, curando nel dettaglio ogni particolare e sfumatura resi ancor più credibili dalla fotografia glaciale del fido compagno Janusz Kaminski. Spielberg riesce nell'impresa di raccontare il conflitto tra i due blocchi senza spingere troppo l'acceleratore sul buonismo e sulle false retoriche tipiche del suo cinema ma concentrandosi sull'ambivalenza, perfettamente bilanciata, che caratterizzava entrambi gli schieramenti. Il regista non risparmia nessuno e non ha nessun timore a puntare il dito contro le menzogne e i soprusi degli Americani né a farci empatizzare pienamente con il personaggio di Rudolf Abel, altra anima del film. Interessante soprattutto il legame tra l'avvocato e il suo assistito, basato su una reciproca ammirazione che fino alla fine si mantiene viva e costante lasciandoci forse intuire quanto la rivalità che separava i due paesi fosse sinonimo di estrema incomunicabilità e di un pregiudizio infondato, dovuti a previi e stupidi accordi politici da parte dei rispettivi governi. Donovan e Abel sono degli uomini, sono persone ancor prima di essere un avvocato o una spia e in quanto tali sono stati così forti da eliminare le barriere culturali imposte dalle loro società e a far nascere tra di loro un'armoniosa intesa.
Ma Il Ponte delle Spie è lungi dall'essere un film perfetto e lo dimostrano alcune cadute di tono in certi momenti e un finale mieloso e fin troppo irritante dove la tanto odiata vena spielberghiana viene fuori. Più che la conclusione di un blockbuster hollywoodiano sembra di trovarci di fronte a uno spot della Mulino Bianco con tanto di luce sparata a mille e una retorica vergognosa su quanto gli Stati Uniti siano un paese giusto e sicuro. Una pecca enorme che grava (non di poco) sull'economia del film ma che non impedisce a Spielberg di confezionare un prodotto notevole e di difficile fattura, compito che riesce solo ai mostri sacri come lui.
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