biso 93
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giovedì 13 ottobre 2016
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un ponte un poco traballante
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Il ponte delle spie e' un film del 2016 diretto da Steven Spielberg e basato su una sceneggiatura dei Coen, interpretato da Tom Hanks e Mark Rylance. Il ponte delle spie e' un film solido, sicuramente sopra la media ma a mio parere nn ti fa brillare gli occhi, di lascia guardare ma non ti stupisce e questo per me e' un difetto rilevante. Spielberg e' un maestro ma negli ultimi anni si e' molto commercializzato e strizza molto gli occhi alle famiglie ed ai produttori, purtroppo secondo me nn riesce piu' a farci sognare come fece una volta e questo si riflette nel film. Se fossero stati i Coen a dirigere la pellicola avremmo avuto un film piu' tagliente, piu' cinico e ricco di humor nero, invece qui i toni vengono smorzati e la tensione psicologica nn e' avvertita.
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Il ponte delle spie e' un film del 2016 diretto da Steven Spielberg e basato su una sceneggiatura dei Coen, interpretato da Tom Hanks e Mark Rylance. Il ponte delle spie e' un film solido, sicuramente sopra la media ma a mio parere nn ti fa brillare gli occhi, di lascia guardare ma non ti stupisce e questo per me e' un difetto rilevante. Spielberg e' un maestro ma negli ultimi anni si e' molto commercializzato e strizza molto gli occhi alle famiglie ed ai produttori, purtroppo secondo me nn riesce piu' a farci sognare come fece una volta e questo si riflette nel film. Se fossero stati i Coen a dirigere la pellicola avremmo avuto un film piu' tagliente, piu' cinico e ricco di humor nero, invece qui i toni vengono smorzati e la tensione psicologica nn e' avvertita. Ottimi gli attori cosi come la messa in scena e le ricostruzioni storiche. Un buon film ma niente di imperdibile!
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cappa41
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sabato 2 gennaio 2016
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avvisate spielberg che la guerra fredda è finita
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Citatemi una sola cosa del film che non sia scontata, banale, prevedibile, vista e rivista decine di volte. Con l'aggravante che, a distanza di quasi settant'anni, forse un giudizio meno unilaterale sui contendenti della guerra fredda si poteva anche azzardarlo. E invece, niente: gli Americani sono buoni e leali, i Russi sono subdoli e spietati. Quanto ai tedeschi dell'est, sono la sintesi di comunismo e nazismo - e dunque assomigliano a bestie feroci più che a uomini. Per il resto, è ammirevole la capacità di restare rigorosamente all'interno degli stereotipi più vieti. Il giudice burbero, ma in fondo sensibile. La mogliettina premurosa e un po' svampita, i figli inconsapevoli della grandezza del loro genitore, l'assistente dell'avvocato Donovan immotivatamente ilare.
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Citatemi una sola cosa del film che non sia scontata, banale, prevedibile, vista e rivista decine di volte. Con l'aggravante che, a distanza di quasi settant'anni, forse un giudizio meno unilaterale sui contendenti della guerra fredda si poteva anche azzardarlo. E invece, niente: gli Americani sono buoni e leali, i Russi sono subdoli e spietati. Quanto ai tedeschi dell'est, sono la sintesi di comunismo e nazismo - e dunque assomigliano a bestie feroci più che a uomini. Per il resto, è ammirevole la capacità di restare rigorosamente all'interno degli stereotipi più vieti. Il giudice burbero, ma in fondo sensibile. La mogliettina premurosa e un po' svampita, i figli inconsapevoli della grandezza del loro genitore, l'assistente dell'avvocato Donovan immotivatamente ilare. Gli agenti della Cia induriti dal loro lavoro, ma in fondo mossi da genuino patriottismo. Si arriva alla fine del film aspettando - invano - che vi sia almeno l'abbozzo di un colpo di scena, almeno una parvenza di sceneggiatura meno zuccherosa e sdolcinata. Niente. L'unica ipotesi che, alla fine, può balenare è che, nel momento cruciale dello scambio fra i prigionieri, Abel rinunci a ritornare in patria perché convertito dal fascino del paese a stelle e strisce. Mentre qua e là fa capolino una possibilità ancora più radicale: e cioè che Donovan e Abel confessino l'uno all'altro il loro amore. Ma sarebbe una novità troppo sconvolgente per un film così piatto e convenzionale.
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(di emmeci)
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midnight
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mercoledì 6 gennaio 2016
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spielberg e hanks 10 e lode!
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Ottimo film, ambientato principalmente nella Berlino degli anni ’50, in piena guerra fredda dove i rapporti fra USA e URSS viaggiavano sul filo del rasoio. La fotografia ti riporta in una Berlino grigia, fredda, tetra dove la costruzione di un muro porterà alla spaccatura di un paese. Viene mostrata la difficoltà nel vivere in una Berlino dell’est rispetto ad una vita nella Berlino Ovest quasi come se il film fosse stato girato negli anni ’50.
Il protagonista l’avvocato Donovan interpretato da un Tom Hanks da oscar, mostra allo spettatore la difficoltà dei rapporti USA-URSS dove, una semplice parola può essere interpretata in modo diverso cambiando così i rapporti fra due nazioni. Dagli occhi del protagonista emerge anche l’incosapevolezza della popolazione di quello che avrebbe significato la creazione del muro stesso.
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Ottimo film, ambientato principalmente nella Berlino degli anni ’50, in piena guerra fredda dove i rapporti fra USA e URSS viaggiavano sul filo del rasoio. La fotografia ti riporta in una Berlino grigia, fredda, tetra dove la costruzione di un muro porterà alla spaccatura di un paese. Viene mostrata la difficoltà nel vivere in una Berlino dell’est rispetto ad una vita nella Berlino Ovest quasi come se il film fosse stato girato negli anni ’50.
Il protagonista l’avvocato Donovan interpretato da un Tom Hanks da oscar, mostra allo spettatore la difficoltà dei rapporti USA-URSS dove, una semplice parola può essere interpretata in modo diverso cambiando così i rapporti fra due nazioni. Dagli occhi del protagonista emerge anche l’incosapevolezza della popolazione di quello che avrebbe significato la creazione del muro stesso.
Spielberg non si è smentito neanche questa volta con un film secondo me difficile da dirigere, mostrare come gli USA e gli URSS gestivano questo momento storico. Vediamo il diverso trattamento dei prigionieri, vediamo come gli USA hanno svolto un “regolare” processo al loro detenuto, vediamo come gli URSS hanno “utilizzato” lo studente americano. Tutto questo mantenendo una posizione più neutrale possibile.
Il film della durata di 140 minuti ha tenuto gli spettatori incollati alle poltrone.
Alla fine della proiezione una parte della sala ha applaudito premiando così la pellicola. Chi non lo ha fatto secondo me, è stato solamente per rispetto all’argomento trattato, anche se il film mostra un lieto fine rivivere il periodo del muro a riportato nello spettatore ricordi non sempre piacevoli.
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giajr
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giovedì 21 gennaio 2016
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un frammento di storia da non dimenticare!
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Tom Hanks ha scelto bene, il film mostra prima di tutto un'ottima ricostruzione storica degli accadimenti tedeschi negli anni della guerra fredda e la nascita del famigerato muro di Berlino. Gli anni '50 anch'essi fedelmente illustrati attraverso il parallelismo tra il cliché americano (quello della famiglia perfetta e la mogliettina fedele, alla Doris Day) e quello sovietico.
Il quadro sei servizi segreti che ricorda l'atmosfera del film sciarada, quello con Audrey Hepburn, ve lo ricordate? Ed al contempo la rappresentazione della goliardia che avevano i giovani soldati americani che venivano ingaggiati dei servizi segreri della Cia.
Un ottimo film che racconta, non dimentichiamolo, una storia tutta vera.
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iuriv
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venerdì 12 febbraio 2016
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nel pieno della guerra fredda.
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Steven Spielberg torna allo spionaggio mettendo in scena una storia ambientata nel periodo della guerra fredda.
Difficile rimanere delusi dal regista americano, che anche qui mette in mostra la sua capacità di comprimere il tempo, facendo sembrare venti minuti le quasi due ore e mezza di racconto. Inoltre è un uomo che tiene in mano il mestiere come pochi ed è in grado di generare tensione anche durante scene che per altri sarebbero di pura descrizione. Basta un movimento di macchina, un’inquadratura azzeccata e il gioco è fatto.
Qualche controversia in più nel succo della trama. Spielberg ci narra la reazione della società americana al diverso e a chi cerca di difenderlo. Ci prova anche ad essere impietoso.
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Steven Spielberg torna allo spionaggio mettendo in scena una storia ambientata nel periodo della guerra fredda.
Difficile rimanere delusi dal regista americano, che anche qui mette in mostra la sua capacità di comprimere il tempo, facendo sembrare venti minuti le quasi due ore e mezza di racconto. Inoltre è un uomo che tiene in mano il mestiere come pochi ed è in grado di generare tensione anche durante scene che per altri sarebbero di pura descrizione. Basta un movimento di macchina, un’inquadratura azzeccata e il gioco è fatto.
Qualche controversia in più nel succo della trama. Spielberg ci narra la reazione della società americana al diverso e a chi cerca di difenderlo. Ci prova anche ad essere impietoso., ma quando il protagonista di un film di Spielberg è Tom Hanks, questi non può far altro che interpretare il Vero Americano, difensore dei valori e capace di portare l’opinione pubblica a miti consigli. E il succo si annacqua.
Ci sono anche gli altri però: il regista ce li presenta come burocrati, ansiosi di far bene il proprio lavoro e sostanzialmente specchi del protagonista. I cattivi per Spielberg sono lontani politici, agenti segreti e militari spietati.
Sicuramente c’è molto di vero nell’idea del film, ma sembra una visione un po’ superficiale, cosa del resto non del tutto nuova nel cinema del grande S.
E’ il suo stile e va preso così com’è. La cosa importante è che sia riuscito a girare un film godibilissimo, che non dimentica mai il suo pubblico e lo coinvolge per tutta la durata.
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mtom83
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mercoledì 2 marzo 2016
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una spy story senza "brivido"
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Personalmente sono rimasto molto deluso dal film di Spielberg: una buona occasione per parlare della guerra fredda e del contesto americano negli anni '50 viene gettata abbastanza malamente in un film piatto, che scorre abbastanza monotono senza particolari momenti memorabili. La prima parte del film potrebbe prendere le caratteristiche di un thriller ambientato nelle aule di un tribunale, ma questa prima ora scorre senza grandi emozioni - nessun dubbio processuale, figura della spia sovietica abbastanza piatta e monocorde, pochi accenni e banali al contesto americano anni '50- la seconda vira verso una spy-story ambientata a Berlino, ma anche in questo caso gli elementi di un genere cinematografico -il cinema di spionaggio appunto- vengono trascurati, lasciando il campo ad una narrazione piatta, dove non c'è mai realmente il timore che il protagonista- un Tom Hanks piuttosto giù di corda nel ruolo di un avvocato newyorkese fin troppo a suo agio in mezzo ad una guerra di spionaggio - porti a termine la sua missione.
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Personalmente sono rimasto molto deluso dal film di Spielberg: una buona occasione per parlare della guerra fredda e del contesto americano negli anni '50 viene gettata abbastanza malamente in un film piatto, che scorre abbastanza monotono senza particolari momenti memorabili. La prima parte del film potrebbe prendere le caratteristiche di un thriller ambientato nelle aule di un tribunale, ma questa prima ora scorre senza grandi emozioni - nessun dubbio processuale, figura della spia sovietica abbastanza piatta e monocorde, pochi accenni e banali al contesto americano anni '50- la seconda vira verso una spy-story ambientata a Berlino, ma anche in questo caso gli elementi di un genere cinematografico -il cinema di spionaggio appunto- vengono trascurati, lasciando il campo ad una narrazione piatta, dove non c'è mai realmente il timore che il protagonista- un Tom Hanks piuttosto giù di corda nel ruolo di un avvocato newyorkese fin troppo a suo agio in mezzo ad una guerra di spionaggio - porti a termine la sua missione. In questa "storia già scritta" entra anche la veramente poco credibile figura di una CIA macchiettistica cui sfugge di mano ogni situazione. Dispiace, perchè lo sguardo di Spielberg di "Munich" e "Salvate il soldato Ryan", carico di dubbi filosofici - anche se talvolta retorici - sul valore del singolo rispetto alla collettività e viceversa qua si perde in una celebrazione piuttosto stagnante del valore americano delle libertà individuali e dell'eroismo dell'uomo comune, finendo per rappresentare una realtà piatta e senza sfaccettature quale tra l'altro sicuramente non è stata la Guerra Fredda; sicuramente meglio ha fatto Clooney con "Good night and good luck" (2005).
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greatsteven
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sabato 3 febbraio 2018
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scambio distensivo in un clima (quasi) infuocato.
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IL PONTE DELLE SPIE (USA, 2015) diretto da STEVEN SPIELBERG. Interpretato da TOM HANKS, MARK RYLANCE, AMY RYAN, ALAN ALDA, AUSTIN STOWELL, SCOTT SHEPHERD, JESSE PIEMONS, DOMENIC LOMBARDOZZI, SEBASTIAN KOCH, EVE HEWSON, DAKIN MATTHEWS
Nel 1957 la tensione fra URSS e USA è alle stelle. Una spia russa, il colonnello Rudolf IvanoviČ Abel, emigrato negli States, viene catturato e sbattuto in cella da agenti dell’FBI. Il giudice Mortimer Barsey ne desidera la condanna a morte perché nemico giurato dei sovietici, ma occorre un mediatore fra le due superpotenze. Lo si trova nell’avvocato specializzato in assicurazioni James D. Donovan, che accetta di difendere al processo Abel, per nulla preoccupato della sua attuale condizione, benché non abbia mai avuto esperienze passate di difese di spie straniere.
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IL PONTE DELLE SPIE (USA, 2015) diretto da STEVEN SPIELBERG. Interpretato da TOM HANKS, MARK RYLANCE, AMY RYAN, ALAN ALDA, AUSTIN STOWELL, SCOTT SHEPHERD, JESSE PIEMONS, DOMENIC LOMBARDOZZI, SEBASTIAN KOCH, EVE HEWSON, DAKIN MATTHEWS
Nel 1957 la tensione fra URSS e USA è alle stelle. Una spia russa, il colonnello Rudolf IvanoviČ Abel, emigrato negli States, viene catturato e sbattuto in cella da agenti dell’FBI. Il giudice Mortimer Barsey ne desidera la condanna a morte perché nemico giurato dei sovietici, ma occorre un mediatore fra le due superpotenze. Lo si trova nell’avvocato specializzato in assicurazioni James D. Donovan, che accetta di difendere al processo Abel, per nulla preoccupato della sua attuale condizione, benché non abbia mai avuto esperienze passate di difese di spie straniere. Donovan conosce l’agente della CIA Hoffman, col quale inizialmente i rapporti son tesi per ragioni politiche e giuridiche, dopodiché la collaborazione forzata ma efficace fra i due si appiana. All’udienza la sentenza di morte viene commutata in trent’anni di carcere per Abel, sebbene Donovan, costituzionalista convinto, non sia d’accordo col magistrato sopracitato né con altri colleghi anti-sovietici. Nel frattempo parte un’operazione dell’Esercito Americano contro i cieli della Germania dell’Est, durante la quale, dopo che è stata organizzata, il pilota venticinquenne Patrick Gary Powers fa un incidente col suo aereo, precipita da esso e viene incarcerato dai tedeschi comunisti. Poco dopo, uno studente americano, Frederick Prier, che ha avuto l’idea malsana di studiare economia sovietica nella Repubblica Democratica Tedesca ed è dunque dalla parte sbagliata del Muro di Berlino in via di edificazione, viene anch’egli imprigionato dai germanici sotto l’influenza della sfera statunitense. A Donovan non resta che fare una cosa, come anche Hoffman gli spiega: andare a Berlino e proporre uno scambio, ossia rilasciare Abel ai sovietici in cambio di Powers, che ritornerà negli States. Controvoglia e mentendo alla famiglia (Donovan è sposato con tre figli), il giureconsulto affronta il rigido inverno berlinese e contratta con due colleghi teutonici di opposte fazioni (Schisslin, asservito alla RFT, e Fögel, agli ordini della RDT). Le intenzioni di Donovan sarebbero quelle di scambiare Abel non solo con Powers, ma anche con Prier, ma nessuno dei due avvocati è disposto ad ascoltare le sue motivazioni, e dello stesso parere è anche Hoffman, che lo accompagna nel viaggio in Germania. Buscatosi un raffreddore e dopo aver conosciuto la famiglia sovietica di Rudolf Abel, Jim, grazie al suo fervore e al suo non tirarsi indietro mai, ottiene ciò che desiderava, ma con una condizione: Abel li raggiungerà sul ponte di Glienicke (che dà il titolo al film) e verrà scambiato con Powers, mentre Prier verrà liberato altrove e restituito ai suoi connazionali. Ma alla fine tutto si risolve per il meglio: Powers e Prier ritornano in patria assieme nello stesso momento, mentre Abel, appassionato di pittura, ringrazia il suo difensore regalandogli il ritratto che gli fece dietro le sbarre. Donovan, tornato a casa, cade addormentato poco prima che la sua famiglia, che lo credeva a pescare a Londra, apprende dal telegiornale della sua straordinaria impresa, che ha evitato morti e spargimenti di sangue e l’ha trasformato in un eroe della giustizia, benché non abbia mai agito come rappresentante ufficiale degli USA, in quanto semplice funzionario e perché imbrigliato da poteri al di sopra di lui. Un kolossal storico che vanta la sceneggiatura di Matt Charman e dei fratelli Coen (e il loro apporto, in quanto a credibilità, si sente!) in cui Spielberg ribadisce un punto fermo della cultura del suo paese: l’individuo ancorato ai suoi valori e a quelli della nazione fin dall’epoca della sua fondazione, nonostante ognuno remi nella direzione opposta alla sua. Donovan è un brillante e pacato avvocato, estraneo alla violenza e sempre disposto alla diplomazia, ma il suo agire gli attira addosso odio veemente, incredulità e disprezzo. Con la conseguenza finale che, poi, questi sentimenti negativi si tramutano in un apprezzamento gigantesco per il suo operato, ben superiore al suo ruolo ma non al di là delle sue potenzialità, magari in un primo momento nascoste ma secondariamente pronte ad emergere con forza morale. La vita quotidiana dei servitori della giustizia è un modo che regista e sceneggiatori adoperano per immortalare un momento drammatico della guerra fredda e fotografarlo nella sua intima (quint)essenza. Il 69enne regista, alla sua quarta e penultima collaborazione con Hanks, descrive pure il dualismo interno ad ogni conflitto, non per forza armato, come detto anche dalle battute del copione: da una parte c’è chi provoca o soltanto prospetta catastrofi perché si lascia imbrigliare dalla paura del nemico, il che gli fa perdere ogni lucidità, e dall’altro lato c’è chi mantiene la lucidità e, pur rifiutando il collaborazionismo in senso degradante, si sforza di comprendere l’avversario con intelligenza per raggiungere un accordo reciprocamente soddisfacente. Il collaboratore ultra-ventennale di Spielberg, Janusz Kaminski, anche stavolta non si smente: vince l’Hollywood Film Award 2015 per la sua fotografia vivida cui aggiunge un velo polverulento per permettere allo spettatore di ammirarne la raffinatezza figurativa. Spielberg non ha mai fatto vincere un Oscar ad Hanks, ma anche qui l’attore dà un’interpretazione degna dei suoi trascorsi e da autentico professionista navigato che sa recitare da fenomeno, ma Rylance (Oscar per il miglior attore non protagonista 2016) non gli è da meno: il suo colonnello sovietico che ascolta musica slava alla radio e dipinge mentre è in cella rimane sempre imperturbabile, e quando Donovan gli chiede perché non si allarmi mai, lui risponde, con un misto di ironia e fiducia: «Servirebbe?». Per ben tre volte, il che è quasi umoristico, senza nulla togliere al pathos drammatico che pervade l’opera dalla prima all’ultima sequenza, titoli di coda compresi, in cui vengono spiegate le sorti del pilota Powers, di Abel e specialmente di Donovan, che dopo il ’57 si vide affidare da Kennedy operazioni di portata ancora maggiore, quando vi fu la Baia dei Porci e salvò migliaia di persone che altrimenti sarebbero andate incontro ad una sorte di certo infausta. Efficaci personaggi secondari e uno sguardo sulla legge americana, tedesca e sovietica critico, ma non offensivo: non vengono prese posizioni nette e il nazionalismo è accuratamente accantonato. Le due cose fanno del creatore de Bridge of Spies un genio ormai consolidato che è cresciuto come artista affrontando tutti i generi, ha raccontato nel suo cinema storie vere insieme ad adattamenti da testi letterari e, quel che è meglio, non ha mai baciato una bandiera diversa da quella della settima arte che intende informare, emozionare, commuovere, divertire e far riflettere su temi molto ampi e diversi il pubblico (ormai è doveroso dirlo) internazionale.
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paolp78
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lunedì 21 dicembre 2015
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spielberg e il grande cinema americano
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Sono un cultore del grande cinema americano e come tale sono cresciuto seguendo la cinematografia di Steven Spielberg, che ho sempre identificato come il massimo esponente contemporaneo di questo cinema.
Le opere di Spielberg avvolgono lo spettatore con un’atmosfera calda, ben curata, molto “americana”; il suo cinema ti coccola e ti appaga, facendoti uscire soddisfatto dalla sala cinematografica. Numerosi sono gli elementi comuni alle sue pellicole: la maniacale cura dei particolari; l’altissima tecnica registica; sceneggiature ben delineate e caratterizzate da un finale che, anche se non interamente lieto, è comunque sempre attento a soddisfare il pubblico.
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Sono un cultore del grande cinema americano e come tale sono cresciuto seguendo la cinematografia di Steven Spielberg, che ho sempre identificato come il massimo esponente contemporaneo di questo cinema.
Le opere di Spielberg avvolgono lo spettatore con un’atmosfera calda, ben curata, molto “americana”; il suo cinema ti coccola e ti appaga, facendoti uscire soddisfatto dalla sala cinematografica. Numerosi sono gli elementi comuni alle sue pellicole: la maniacale cura dei particolari; l’altissima tecnica registica; sceneggiature ben delineate e caratterizzate da un finale che, anche se non interamente lieto, è comunque sempre attento a soddisfare il pubblico. Questo suo cinema ha influenzato numerosi autori, da me molto apprezzati (su tutti cito Robert Zemeckis e Peter Jackson), che sfornano grandi film seguendo queste linee guida.
In questa pellicola si ritrova compiutamente il grande cinema americano di Steven Spielberg.
Straordinaria la riproduzione scenica degli anni cinquanta, figlia di un lavoro certosino che non tralascia alcun aspetto: costumi, scenografia, interni, comportamenti ed aspetto fisico dei personaggi ecc. La regia di altissimo livello, di cui Spielberg è stato capace anche stavolta, sublima questi aspetti costituendo insieme ad essi la maggiore forza del film.
Ottimi gli interpreti, tutti perfettamente in parte, compresa (e non era scontato) la star Tom Hanks: il grande attore è necessario per richiamare l’attenzione del pubblico, ma in questo caso è anche adattissimo al ruolo che gli viene assegnato e bravissimo nell’interpretarlo facendone risaltare le varie sfaccettature (padre di famiglia, professionista scrupoloso, uomo onesto e perbene con alti valori etici). Inoltre nessuno come Tom Hanks incarna lo spirito americano che Spielberg vuole celebrare con film di questo genere: è la quarta pellicola che girano insieme e a mio avviso è la più riuscita dopo “Salvate il soldato Ryan”.
Bravissimi anche gli altri interpreti: su tutti voglio citare la spia russa Rudolf Abel, la moglie del protagonista e il funzionario sovietico a Berlino Est. Non mi è piaciuto invece il doppiaggio del giudice americano.
Ulteriore merito di quest’opera è quello di ricostruire con notevole precisione e compiutezza gli anni della guerra fredda, impartendo di fatto un’ottima lezione di storia.
Vengono esplicitamente trattati anche temi di grande impegno socio-politico ed etico-morale.
Da brividi la scena del tentativo di scavalcamento del muro a Berlino, a cui il protagonista assiste dal finestrino di un treno.
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paolo_sem
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mercoledì 23 dicembre 2015
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spielberg torna e ne esce un otiimo film
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Spielberg torna, torna dopo tre anni a fare un film, torna a lavorare con tom hanks e torna a trattare una fetta di storia americana. Il film narra la storia di James Donovan, un avvocato a cui viene affidato l'incarico di difendere una presunta spia russa e di trattare lo scambio di essa con un pilota americano catturato dai sovietici. Il film si divide in due parti: la prima ambientata in america, la seconda ambientata a Berlino est; la seconda parte è caratterizzata da un netto cambio di forografia, ma mantiene lo stesso ritmo, e lo stesso stile della prima, fino al crescendo di tensione sul finale. La caratteristica che spicca di più, non è tanto la perfetta regia di Spielberg o la perfetta interpretazione di Hanks (a cui siamo abituati da anni), ma è il fatto che il regista abbia scelto due sceneggiatori che hanno uno stile parecchio differente dal suo: i fratelli Coen.
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Spielberg torna, torna dopo tre anni a fare un film, torna a lavorare con tom hanks e torna a trattare una fetta di storia americana. Il film narra la storia di James Donovan, un avvocato a cui viene affidato l'incarico di difendere una presunta spia russa e di trattare lo scambio di essa con un pilota americano catturato dai sovietici. Il film si divide in due parti: la prima ambientata in america, la seconda ambientata a Berlino est; la seconda parte è caratterizzata da un netto cambio di forografia, ma mantiene lo stesso ritmo, e lo stesso stile della prima, fino al crescendo di tensione sul finale. La caratteristica che spicca di più, non è tanto la perfetta regia di Spielberg o la perfetta interpretazione di Hanks (a cui siamo abituati da anni), ma è il fatto che il regista abbia scelto due sceneggiatori che hanno uno stile parecchio differente dal suo: i fratelli Coen. Questo garantisce il giusto equilibrio fra patriottismo e critica all'america (che si intravede in alcuni dialoghi taglienti in cui si sente parecchio la mano dei due fratelli). Questa pellicola sarebbe stata un semi-capolavoro se si fosse chiusa con la scena sul ponte, invece le scene finali risultano troppo "americane" e "Spielberghiane". A parte questo piccolo difetto il film resta uno dei migliori del 2015.
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gabri66
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lunedì 4 gennaio 2016
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ricostruzione storica perfetta
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Spielberg difficilmente sbaglia un film, anche in questa appassionante e vera spy story, la ricostruzione storica è al limite del maniacale.
Strepitosi Hanks , ma soprattutto M.Rylance, vera sorpresa per chi non lo conosce come fantastico attore di teatro......rimarrà nella storia della settima arte, la sua interpretazione (ndr: sicuramente l'Oscar lo merita) anche solo per lo sguardo e per quel "SERVIREBBE?" che pronuncia, se non sbaglio solo 3 vv, ma è una delle colonne portanti dell'intera opera.
La fotografia è affidata al fido J.Kaminsky, come al solito professionista impeccabile.
La scenografia è perfetta, dalla ricostruzione della Berlino lugubre e triste di quegli anni, fino al minimo particolare (dai costumi per passare alle insegne dei negozi, alle pubblicità.
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Spielberg difficilmente sbaglia un film, anche in questa appassionante e vera spy story, la ricostruzione storica è al limite del maniacale.
Strepitosi Hanks , ma soprattutto M.Rylance, vera sorpresa per chi non lo conosce come fantastico attore di teatro......rimarrà nella storia della settima arte, la sua interpretazione (ndr: sicuramente l'Oscar lo merita) anche solo per lo sguardo e per quel "SERVIREBBE?" che pronuncia, se non sbaglio solo 3 vv, ma è una delle colonne portanti dell'intera opera.
La fotografia è affidata al fido J.Kaminsky, come al solito professionista impeccabile.
La scenografia è perfetta, dalla ricostruzione della Berlino lugubre e triste di quegli anni, fino al minimo particolare (dai costumi per passare alle insegne dei negozi, alle pubblicità.......)
Una tiratina d'orecchi al regista: come in "Saving private Ryan", con quella bandiera americana che sfuma sui titoli di coda e rovina il finale commovente nel cimitero dove Ryan di fronte alla tomba del capitano, chiede in lacrime alla moglie : "dimmi che sono stato un bravuomo?", riferendosi alla frase che gli sussurra Hanks morente sul ponte:" meritatelo......", intendendo il fatto che la sua vita è "costata" la morte di alcuni soldati...............
anche in " St. James Place", quando Hanks , si trova sul treno che passa sopra delle villette, dove dei ragazzi giocano a saltare dei muretti, delimitanti le proprietà, senza nessun impedimento, il cineasta americano mette a confronto le terribile scena dei fuggiaschi di Berlino est, falciati dalle mitragliatrici ad un passo dalla "libertà".
Si dovrebbe ricordare a Spielberg, che nei suo amati USA, ancora adesso, delle persone di colore vengono uccise dalla polizia con una brutalità indicibile e con una potenza di fuoco esagerata e contro tutti i diritti internazionali.......per non parlare della scena di tortura dell'aviatore americano.....anche qui basta una parola per "sgridare" il regista: GUANTANAMO!
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