Anno | 2014 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia, Costa d'Avorio |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Philippe Lacôte |
Attori | Isaach De Bankolé, Abdoul Karim Konaté, Reine Sali Coulibaly, Abdoul Bah Alexandre Desane, Rasmane Ouedraogo, Adelaïde Ouattara, Clément Drabo, Djinda Kane, N'Zanffouet Bienvenue Vianey Koffi, Anne Pamela Anghate Agoh, Stéphane Sebime, Koné Soma, Safiatou Coulibaly. |
MYmonetro | 2,75 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento mercoledì 23 aprile 2014
Run fugge. Ha appena ucciso il capo del governo. Fugge e ripensa a tutte le sue vite passate.
CONSIGLIATO SÌ
|
Run scappa. Ha ucciso il primo ministro del suo paese, la Costa d'Avorio, e deve fingersi pazzo e nascondersi tra gli emarginati senza dimora. Durante questi mesi di clandestinità, ripensa alla sua vita fino a quel momento. È una vita fatta di fughe. La prima nell'infanzia, quando era al servizio del maestro Tourou, mago della pioggia, e si è rifiutato di sacrificarlo. Poi di villaggio in villaggio al fianco di Gladys la Mangiona e infine con i Giovani Patrioti, violenti e corrotti. In attesa di capire a cosa era destinato, Run ha conosciuto tante vite e dato un senso al proprio nome.
Lacôte prosegue nell'osservazione della crisi della Costa d'Avorio, il paese in cui è cresciuto, passando dal documentario alla finzione, mescolando sogno e incubo e dimostrando una notevole capacità di racconto. Il dinamismo con cui legge, con i mezzi del cinema, la realtà della gioventù ivoriana, in movimento caotico tra percorsi che non sono frutto di una scelta ma delle circostanze, porta in se stesso tanto l'accezione di sbando quanto quella di slancio e di reinvenzione.
La scelta del registro picaresco ben si mescola con il realismo magico della narrazione, che include la fotografia trasfigurata della linea sottile che separa il regno dei vivi da quello dei morti, così come la riflessione dall'allucinazione. Lo stesso registro permette a Lacôte di scrivere il percorso di formazione di Run senza dover scegliere tra denuncia (la violenza è il sottotesto di tutti gli episodi di vita narrati), da un lato, e un'astrazione totale, dall'altro, che avrebbe addolcito immotivatamente il tutto. La maschera stessa del folle permette al protagonista di incarnare quella libertà, quel punto di vista sopra le righe, che è ciò che manca alla realtà ivoriana ed è plausibilmente l'epifania di cui è alla ricerca Run, senza saperlo.
L'affresco è limitato, non siamo dentro un vero e proprio romanzo, ma piuttosto dentro un raccontino, con un bel personaggio e un'idea di struttura; ma l'immagine di questo angolo d'Africa è catturata con il giusto colpo d'occhio e con notevole capacità sintetica. Natura e cultura, forza e pigrizia, urbanità e ruralità, solidarietà e cattiveria si fanno tutt'uno, sullo sfondo, mentre Run corre verso il proprio destino.
Run fugge. Ha appena ucciso il capo del governo. Fugge e ripensa a tutte le sue vite passate, dalla gioventù a Tourou, quando sognava di fare il taumaturgo, alla sua esperienza nell'esercito, durante i conflitti polici e militari in Costa d'Avorio. Run ripensa alle sue vite e a come - da ognuna di esse - sia sempre fuggito, senza mai fermarsi. Deriva da qui il suo nome: Run.