goldy
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martedì 3 marzo 2015
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chi meglio di un piccione per riflettere?
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E' un film delizioso. Però mi rimane difficile dire perchè. Bisogna prendere il pacchetto così com'è. C'è un umorismo appena accennato di gran classe, una narrazione molto slegata ma sempre elegante che comunque incuriorisce su toni di colore pacificanti alla Hopper. E' come un quadro. Occorre sforzarsi per carpire l'idea che lo sottende. Non c'è l'immediatezza ma sicuramente un giorno o l'altro scoprirò cosa voleva dirci il regista.
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(di luanaa)
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mericol
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lunedì 2 marzo 2015
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film surrealista? da leone d’oro ?
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39 quadri di difficile connessione l’uno con l’altro. Richiedono appunto una lettura ed una analisi non tradizionale.
Unico dato di congiunzione, ma del tutto relativo, 2 soggetti stralunati che cercano di vendere a soggetti quasi altrettanto stralunati, oggetti idonei a dare felicità: 2 denti di vampiro, un sacchetto per l’allegria, la maschera di “zio dentone”.
39 quadri con una prefazione dei primi 3 sulla morte. Alcuni squarci di sottile divertimento. Un militare che ripete ossessivamente “naturalmente” per ogni evento rievocato:. E’ vero, nella vita si succedono avvenimenti assurdi che si ripetono automaticamente “naturalmente”(!!).
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39 quadri di difficile connessione l’uno con l’altro. Richiedono appunto una lettura ed una analisi non tradizionale.
Unico dato di congiunzione, ma del tutto relativo, 2 soggetti stralunati che cercano di vendere a soggetti quasi altrettanto stralunati, oggetti idonei a dare felicità: 2 denti di vampiro, un sacchetto per l’allegria, la maschera di “zio dentone”.
39 quadri con una prefazione dei primi 3 sulla morte. Alcuni squarci di sottile divertimento. Un militare che ripete ossessivamente “naturalmente” per ogni evento rievocato:. E’ vero, nella vita si succedono avvenimenti assurdi che si ripetono automaticamente “naturalmente”(!!). Un vecchissimo uomo sordo, definito felice perché è il solo modo per non ascoltare le “cazzate” dette in giro. Le frasi ripetute all’infinito”ho piacere nel sapere che state tutti bene”.
Tutti i 39 quadri registrati magistralmente con telecamera fissa e lunghi piano-sequenza, con colori smorzati, pallidi come i volti dei personaggi, che rappresentano vita,morte ,miseria. Scarsamente felicità, soltanto in 2 brevi sequenze. Il cinema dell’assurdo, come il teatro dell’assurdo? Un metodo decisamente surrealista.
Alla fine appare quasi un autocompiacimento e una autoreferenzialità dell’Autore. Sorge però il dubbio quando ripensi al titolo che richiama l’esistenza. Si può parlare di “esistenza” con personaggi estranei alla realtà di ieri e di oggi? Tutti più o meno stralunati come i 2 principali (si fa per dire) protagonisti
Penso quindi al povero “piccione” che sta seduto su quel ramo, riflette, ma non trova ancora un suggerimento idoneo ad interpretare i problemi dell’esistenza
Il mio giudizio di discreta delusione è guidato probabilmente anche da due diverse considerazioni, in verità estranee all’essenza stessa del film.
Il film è stato avvicinato alle opere di Luis Bunuel. Bunuel ha realizzato le prime 2 opere (corti) ,quasi sperimentali, di puro surrealismo. Tutta la restante cospicua splendida filmografia di Bunuel mostra ispirazione surrealista, ma rappresenta la vita reale ,la vita degli uomini di ieri e di oggi. Quindi fa riflettere sull’esistenza.
La seconda considerazione che mi induce alla discreta delusione è il Leone d’oro a Venezia 2014.
Non esistevano altri film da premiare? Ma sì che esistevano! C’era Birdman, ma era fuori concorso. Una dimenticanza, o una distrazione, della Commissione selezionatrice del Festival. Ci si augura per questo anno, 2015, maggiore attenzione o minore distrazione!
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(di emaspac)
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lati29
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domenica 1 marzo 2015
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brutto????
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Questo film non è solo brutto o "decisamente mediocre" come recita la votazione del sito: è una presa in giro della giuria di Venezia. Probabilmente i giurati erano in vena di scherzi di pessimo gusto e hanno dato il premio a questa roba. Sicuramente la cosa peggiore che c'era in concorso. Peccato che non gli possa chiedere la restituzione dei soldi del biglietto e che non si possa radiarli a vita da qualunque altra giuria cinematografica o letteraria.
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maurizio meres
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domenica 1 marzo 2015
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cento minuti di arte
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Cento minuti così dura il film ogni minuto un quadro surreale è come entrare in una galleria d'arte,con una accuratezza maniacale scenica con una fotografia superlativa ,colori uniformi pastello,scelta perfetta nella profondità di campo spesso in movimento,che rendono le varie scene un susseguirsi di forme ripetitive come una giostra che gira "la partenza della guerra e il ritorno"in questo film si possono rivedere le tematiche dei grandi capolavori del surrealismo delle prima metà del novecento ,figure goffe espressioni spente e sempre incredule ,ambientazioni irreali ,arredamenti squallidi ma essenziali.
Sicuramente una nova idea di fare film ,ma difficilmente realizzabile per il difficile impatto sul pubblico non ci dimentichiamo le difficoltà di Pasolini ,Jodorowski .
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Cento minuti così dura il film ogni minuto un quadro surreale è come entrare in una galleria d'arte,con una accuratezza maniacale scenica con una fotografia superlativa ,colori uniformi pastello,scelta perfetta nella profondità di campo spesso in movimento,che rendono le varie scene un susseguirsi di forme ripetitive come una giostra che gira "la partenza della guerra e il ritorno"in questo film si possono rivedere le tematiche dei grandi capolavori del surrealismo delle prima metà del novecento ,figure goffe espressioni spente e sempre incredule ,ambientazioni irreali ,arredamenti squallidi ma essenziali.
Sicuramente una nova idea di fare film ,ma difficilmente realizzabile per il difficile impatto sul pubblico non ci dimentichiamo le difficoltà di Pasolini ,Jodorowski ....
Gli attori in questo film non ci sono ma rappresentano solo figure tristi annoiate stanchi forse di vivere ,in un quadro vivente fermi mentre intorno a loro il tempo inesorabilmente corre "oggi è mercoledì,non mi sembra mercoledì credevo che fosse giovedì "tristezza ,solitudine,viziosità nobiliari "vedere e ascoltare il lamento degli schiavi solo per non annoiarsi "
Bellissima la frase che fa riflette sul concetto di umanità "è giusto servirsi delle persone soltanto per il proprio piacere"
Il regista Addersson sicuramente una mente libera da qualsiasi influenza terrena non conforme al suo pensiero ,spero che si ripeti cinematograficamente.
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il viaggio
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domenica 1 marzo 2015
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opera d'arte
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che dire....
non di certo un film ma un'opera d'arte vera e propria..
Andrebbe visto in un altro contesto tipo la triennale ma comunque merita un 9.0
La sintesi della vita, un'analisi spietata, vera e crudele di ciò che siamo o meglio di ciò che non mostriamo: il nostro lato buio.
Splendida la regia (luce naturale) e azzeccato anche il giusto mix di ironia e spietatezza ..
Tutto torna tranne il fatto che non sia un film..
chapeau
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(di lorenzopud)
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mauridal
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domenica 1 marzo 2015
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un piccione tormentato
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QUANDO un piccione seduto su di un ramo riflette sull'esistenza non sua “,naturalmente” ma di tutta l'umanità che osserva sotto i propri occhi ,viene da chiedersi se la stessa umanità stia riflettendo abbastanza sul mondo intero piccioni compresi.
Il regista Andersson , è altresì evidente che “,naturalmente” si è posto il problema , e con tutta evidenza questo film racconta il risultato di questi pensieri, perchè sia chiaro, questo film parla alla testa ,ed in tempi di cinema e non solo , che parla invece alla pancia , risulta difficile per tutti gli spettatori , seguirne il filo.
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QUANDO un piccione seduto su di un ramo riflette sull'esistenza non sua “,naturalmente” ma di tutta l'umanità che osserva sotto i propri occhi ,viene da chiedersi se la stessa umanità stia riflettendo abbastanza sul mondo intero piccioni compresi.
Il regista Andersson , è altresì evidente che “,naturalmente” si è posto il problema , e con tutta evidenza questo film racconta il risultato di questi pensieri, perchè sia chiaro, questo film parla alla testa ,ed in tempi di cinema e non solo , che parla invece alla pancia , risulta difficile per tutti gli spettatori , seguirne il filo. Ma alla fine su cosa vuole, meditare , malgrado il pubblico , questo film. Ecco, la riflessione ,mia alla stregua del piccione , non è tanto sulla vita, ma è esattamente l'opposto, è sulla non- esistenza ovvero sulla morte . Le sequenze di scene sulla casualità della vita e della morte di persone intente nelle attività più banali e comuni ci suggeriscono che tutto ruota su un gioco dell'esistere che in fondo è fine a se stesso, e gran parte del film segue questa logica della casualità del banale o addirittura della banalità dell'esistere. Tuttavia seguiamo l'esistenza di personaggi che vivono a loro modo questa banalità come i due amici tristi e piagnucolosi che con infinita tristezza si occupano di vendere scherzi di carnevale, la famosa maschera di zio Dentone e i denti di dracula, che nessuno vuole e che semmai venduti non renderanno un soldo. Oppure l'uomo che muore prima di una mancata cena già pagata al bar. Tema, questo del bar ricorrente , tra gli altri, che si evidenzia come un lungo spazio interno , scena immobile che fa da sfondo ad una specie di umanità che si accontenta del bicchierino per sopravvivere. Addirittura Andersson ci fa rivivere una scena degli anni 40 dove nel bar della signora zoppa e anche vogliosa, il bicchierino di liquore viene regalato agli uomini ,soldati,marinai, che ,pagano baciando la padrona . Ancora nel bar di una moderna scandinavia , che irrompe un giovane imperatore Carlo XII a cavallo che chiede un bicchiere d'acqua frizzante , mentre tutto il suo esercito sfila sullo sfondo ,dietro le vetrate del bar . Scena che richiama Bunuel e i suoi animali in camera da letto. Ma di citazioni il film è pieno come quando lo stesso esercito ritorna dalla battaglia sconfitto e notiamo tra le fila un gruppo di mendicanti preso pari dalla parabola dei ciechi di Brueghel. Un film nordico di ambientazione e di colore , una fotografia grigia e beige pallido come i colori dei volti dei personaggi che si ripetono al cellulare , la stessa identica frase sullo stare bene, nel sentire che l'altro dica di stare bene. Dunque una monotonia e una alienazione del vivere sempre sull'orlo del suicidio, tranne l'unica speranza di vita in tutto il film , rappresentata da una giovane coppietta sdraiata sulla spiaggia che pomicia in presenza di un cane accucciato. La colonna sonora è degna della canzone triste cantata dal venditore di scherzi , ma insuperabile è la geniale pentolona girevole in cui viene fatta morire arrostita una intera tribù di negretti mentre si ascoltano le urla , alla presenza di un elegante pubblico notabile di vecchi signori e signore che brindano. Questa cinica visione della moderna civiltà occidentale fa il paio con la rappresentazione de l'homo sapiens , ovvero una scimmia con gli elettrodi in testa che ad ogni elettroshok emana suoni inascoltabili. Questo film è un' opera di cinema d'Autore che “naturalmente” non è nelle grazie del pubblico piccione seduto in poltrona. “naturalmente” il film è un tormentone.
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adri62
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sabato 28 febbraio 2015
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i piccioni sono tanti ... diversi x fortuna
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Mi sono lasciato ingannare dalla premiazione al Leon d'Oro e dai titoli promozionali su alcuni quotidiani nazionali. Ho resistito circa 25 minuti , mi è venuto in mente Fantozzi quando costretto a guardare per l'ennesima volta il film "La corazzata Kotiomkin" ha urlato la celebre esclamazione ; la sala in cui mi trovavo si era ormai trasformata in una bolla surreale ... con gli attori che si riflettevano sugli spettatori ... un'atmosfera deprimente che peggiorava quando intorno a me spuntava qualche sterile timida timorosa sarcastica risatina a fronte di un umorismo lontano anni luce dal mio sentire. Ho anche pensato ... bah forse ridacchiano per tenersi svegli .. vivi !
Ho rispetto di chi lavora e per questo non voglio essere offensivo verso il regista ma le emozioni che mi sono arrivate in quei primi 25 minuti sono state essenzialmente negative ; esistono molti modi di osservare la Vita, esistono molti piccioni, e se per "questo piccione" questa è la visione della Vita .
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Mi sono lasciato ingannare dalla premiazione al Leon d'Oro e dai titoli promozionali su alcuni quotidiani nazionali. Ho resistito circa 25 minuti , mi è venuto in mente Fantozzi quando costretto a guardare per l'ennesima volta il film "La corazzata Kotiomkin" ha urlato la celebre esclamazione ; la sala in cui mi trovavo si era ormai trasformata in una bolla surreale ... con gli attori che si riflettevano sugli spettatori ... un'atmosfera deprimente che peggiorava quando intorno a me spuntava qualche sterile timida timorosa sarcastica risatina a fronte di un umorismo lontano anni luce dal mio sentire. Ho anche pensato ... bah forse ridacchiano per tenersi svegli .. vivi !
Ho rispetto di chi lavora e per questo non voglio essere offensivo verso il regista ma le emozioni che mi sono arrivate in quei primi 25 minuti sono state essenzialmente negative ; esistono molti modi di osservare la Vita, esistono molti piccioni, e se per "questo piccione" questa è la visione della Vita .. beh ... se la tenga pure per se.
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(di luanaa)
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epidemic
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venerdì 27 febbraio 2015
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la solita lagna di venezia
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bah...forse lo potevo prevedere, Venezia ogni anno si sforza di mantenere una certa distanza col pubblico, e mentre a Cannes, Berlino e al Sundance vincono bei film ai quali tutti possono accedere e trarne beneficio, a Venezia no. Si premia sempre lo sfizio stilistico, l'eccessivo sofisticatismo, l'arte di nicchia quasi lo scopo appunto sia quello di creare due mondi diversi di fruitori di cinema.
Questa è la apremessa per la spiegare questo film. Creato con un umorismo incomprensibile, molto vicino (come diceva qualcuno) a lla presa in giro del comico Malera sui film polacchi, girato con uno statismo imperante e ossessionante. Le 39 scene se non altro hanno il pregio di presentarci sempre nuovi quadri, perchè se c'è una cosa di cui non si può discutere è la scenografia e il mestiere del regista.
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bah...forse lo potevo prevedere, Venezia ogni anno si sforza di mantenere una certa distanza col pubblico, e mentre a Cannes, Berlino e al Sundance vincono bei film ai quali tutti possono accedere e trarne beneficio, a Venezia no. Si premia sempre lo sfizio stilistico, l'eccessivo sofisticatismo, l'arte di nicchia quasi lo scopo appunto sia quello di creare due mondi diversi di fruitori di cinema.
Questa è la apremessa per la spiegare questo film. Creato con un umorismo incomprensibile, molto vicino (come diceva qualcuno) a lla presa in giro del comico Malera sui film polacchi, girato con uno statismo imperante e ossessionante. Le 39 scene se non altro hanno il pregio di presentarci sempre nuovi quadri, perchè se c'è una cosa di cui non si può discutere è la scenografia e il mestiere del regista.
Mi è capitato raramente di volermene andare dalla sala, qua è successo. Sembra quasi un affronto quello del regista, una braccio di ferro con lo spettatore. L'odio verso i personaggi sembra montare scena dopo scena, le ripetizioni sono dei ganci allo stomaco difficili da sopportare. Se il regista voleva comunicare noia ci è riuscito. La domanda però rimane la stessa...noi meritiamo tutto questo?
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[+] orrendo...
(di luanaa)
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[+] la parola giusta...
(di leo.cinque@gmail.com)
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foffola40
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giovedì 26 febbraio 2015
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ovvio e surreale
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scene appena legate fra loro , tristezza nei volti degli attori, brutti come non mai, per di più colorito bianco come il gesso tanto da farli apparire finti. Tutto molto lento in ambienti spogli, bianco grigi come i visi dei personaggi, senza un fiore, nè un libro, nè un quadro. una vita nel vuoto. Il dialogo quasi inesitente e quando c'è molto ovvio nella sua ricercata banalità. Siamo noi tutti così o solo quelli del Nord Europa? Forse un po' tutti, ma solo per questo ha ricevuto il Leone d'oro? Oppure toccava al cinema danese o svedese? foffola40
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fabiofeli
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mercoledì 25 febbraio 2015
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noi vogliamo che la gente si diverta
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E’ l’uomo che osserva il piccione imbalsamato nel museo o è il piccione che osserva l’uomo? Si possono portare i propri beni nell’aldilà? Che fare di un sandwich e una birra già pagati, se chi li ha ordinati è morto? I tre quadri del prologo a camera fissa sono tre riflessioni sulla morte. Ed anche sulla vita. La camera resta fissa per tutti gli altri quadri, occupandosi del rapporto tra due amici, commessi viaggiatori con scarsa fortuna di articoli “che vogliono far divertire le persone”: denti da vampiro finti, sacchetti con risate registrate e una maschera di Zio Dentone.
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E’ l’uomo che osserva il piccione imbalsamato nel museo o è il piccione che osserva l’uomo? Si possono portare i propri beni nell’aldilà? Che fare di un sandwich e una birra già pagati, se chi li ha ordinati è morto? I tre quadri del prologo a camera fissa sono tre riflessioni sulla morte. Ed anche sulla vita. La camera resta fissa per tutti gli altri quadri, occupandosi del rapporto tra due amici, commessi viaggiatori con scarsa fortuna di articoli “che vogliono far divertire le persone”: denti da vampiro finti, sacchetti con risate registrate e una maschera di Zio Dentone. Figuriamoci! I due non si sopportano, l’uno bisbetico e l’altro piagnucoloso, ma non possono fare a meno l’uno dell’altro, come una coppia di anziani che hanno già esaurito il desiderio sessuale e si avversano dicendo di volersi sostenere a vicenda: vivono in un gramo ostello che somiglia a un carcere; lì e in strada danno continuo spettacolo con i loro bisticci. Gli altri quadri a seguire illustrano: una scuola di danza nella quale la coreografa attempata insidia un allievo; insignificanti telefonate, nelle quali si afferma solo “sono contento che stiate tutti bene”; appuntamenti mancati per equivoci che mascherano scarso interesse; un re, Carlo XII, invade un bar con le sue milizie cacciando via le donne per bere una minerale e corteggiare un giovane e poi vi ritornerà, sconfitto, per un impellente bisogno fisiologico; l’osteria di Lotta, frequentata da un uomo da 60 anni, dove i bicchierini si pagano con i baci. Ma le scene più dure, quelle che illustrano il comportamento dell’homo sapiens, agghiacciano: un primate prigioniero di un macchinario infernale lancia roche urla di dolore mentre a due passi la ‘scienziata’ al cellulare ripete “sono contenta che stiate tutti bene”; un esercito costringe esseri umani ad entrare in una enorme pentola di rame ruotante, un incubo surreale alla Magritte, sotto la quale viene acceso il fuoco, spettacolo serale per un gruppo di anziani, presumibilmente danarosi, che beve champagne.
Una riflessione sulla vita e sulla morte, quella di Andersson, che fotografa l’insensatezza di una realtà amara, dove tutto fila liscio per condurre rapidamente alla malora. Il regista sceglie il registro dello humour nero per riflettere sull’esistenza e sulle miserie umane. Il film, recitato in modo straniato, brechtiano, da tutti i personaggi, è stato premiato col Leone d’oro a Venezia ed è di alto livello: la critica ha citato Otto Dix e Peter Brueghel; ma abbondano anche tocchi surreali. Quello che è certo è che si tratta di un film da non mancare.
Valutazione ***1/2
FabioFeli
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