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elgatoloco
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lunedì 1 giugno 2015
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decisamente interessante
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Non tratto da una fonte letteraria, sceneggiatura, regia e interpretazione(con i grossi calibri del cinema odierno, da Fabbender alla Cruz, dalla Diaz a Pitt a Bardem, tutti/e con sfumature olto diverse e proprio anche per questo particolarmente inquietanti)convergono nella creazione di un'opera particolarmente importante, nuova nella pregnanza di una"suspense"che è nella sospensione della realtà, nell'"assurdo"(para-kafkiano, verrebbe da dire, non fosse che qui i segni dell'inquietudine ci sono tutti)del counselor precipitato in una situazione terribile, non fosse che le condizioni a priori per quella situazione in realtà ci sono, pur se lui non se ne è mai curato né se cura tuttora.
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Non tratto da una fonte letteraria, sceneggiatura, regia e interpretazione(con i grossi calibri del cinema odierno, da Fabbender alla Cruz, dalla Diaz a Pitt a Bardem, tutti/e con sfumature olto diverse e proprio anche per questo particolarmente inquietanti)convergono nella creazione di un'opera particolarmente importante, nuova nella pregnanza di una"suspense"che è nella sospensione della realtà, nell'"assurdo"(para-kafkiano, verrebbe da dire, non fosse che qui i segni dell'inquietudine ci sono tutti)del counselor precipitato in una situazione terribile, non fosse che le condizioni a priori per quella situazione in realtà ci sono, pur se lui non se ne è mai curato né se cura tuttora. Scott, rinunciando in gran parte alla"spettacolarità"di molti suoi film(qui solo paesaggi, inseguimenti, ma non troppo"show", una volta tanto), riesce a creare un film continuamente inquietante, dove il dramma sembra assumere valenze anche(quasi)comiche nella prima parte, scivolando poi verso la tragedia... , El Gato
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gianleo67
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martedì 18 marzo 2014
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verbose ambizioni del dramma predicatorio
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Avvocato in difficoltà finanziarie e prossimo al matrimonio con una bella ragazza, si lascia coinvolgere da un suo amico malavitoso in un pericoloso traffico di droga con uno spietato cartello messicano. Qualcosa però sembra andare storto e, anche se incolpevole, i suoi diffidenti e intransigenti soci sono decisi a fargliela pagare cara...
Omaggiando esplicitamente il cinema del fratello Tony (qui produttore), alla cui prematura scomparsa il film è dedicato, il regista di 'Blade Runner' e 'I duellanti' firma un lavoro che, tra sottotesti letterari fuori sincrono e una infelice concezione del ritmo narrativo, sembra non appartenergli affatto, compresso com'è tra gli stereotipi del noir tex-mex e le verbose ambizioni del dramma predicatorio.
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Avvocato in difficoltà finanziarie e prossimo al matrimonio con una bella ragazza, si lascia coinvolgere da un suo amico malavitoso in un pericoloso traffico di droga con uno spietato cartello messicano. Qualcosa però sembra andare storto e, anche se incolpevole, i suoi diffidenti e intransigenti soci sono decisi a fargliela pagare cara...
Omaggiando esplicitamente il cinema del fratello Tony (qui produttore), alla cui prematura scomparsa il film è dedicato, il regista di 'Blade Runner' e 'I duellanti' firma un lavoro che, tra sottotesti letterari fuori sincrono e una infelice concezione del ritmo narrativo, sembra non appartenergli affatto, compresso com'è tra gli stereotipi del noir tex-mex e le verbose ambizioni del dramma predicatorio.
Viziato dall'irrimediabile scollamento tra la scrittura colta e articolata di Corman McCarthy (qui alla sua prima sceneggiatura originale) e le involuzioni di un cinema d'azione che si attarda in qualche riflessione filosofica di troppo (tutto quello che non è necessario nel cinema è purtroppo superfluo), il film di Ridley Scott oscilla tra la banalità di un insipido dejavù e le irritanti provocazioni di un moralismo d'accatto, laddove i personaggi sembrano rispondere alle pretestuose logiche di un gioco al massacro, figlio degenere dell'avidità e della stupidità umane e dove solo la geometrica perfezione di una mente criminale consente all'individuo di sopravvivere e prosperare. Privo dell'ironia cinefila e della sapienziale gestione dei meccanismi narrativi del cinema di Tarantino, questo film di Scott ne riprende in parte tematiche e riferimenti colti (dall'articolata interrelazione dei personaggi al gusto macabro per il noir, dallo spietato armamentario dei 'mille trucchi dispensatori di morte' alle citazioni dell'immaginario narrativo americano come nella fantasiosa e sconcertante decapitazione di 'Bare intagliate a mano' di T.Capote), ma finisce per disinnescarse il potenziale tragico con la sistematica contaminazione tra azione e riflessione; laddove la prima latita o appare frammentaria la seconda fa capolino imprevista e inopportuna nelle ridicole discettazioni filosofico-letterarie di spietati trafficanti-Maître à penser.
Attori decisamente fuori parte tra l'avventatezza dello sprovveduto avvocato del bel Fassbender e la cinica indolenza della spietata femme-fatale interpretata da una crudele Cameron Diaz.
Resta un senso coinvolgente del racconto nero dove sesso,droga,potere,denaro e morte sembrano avviluppare e contaminare irrimediabilmente le vite dei personaggi e segnarne il tragico destino: impressione sbagliata e fuorviante che dovrebbe convincerci a spegnere il telecomando ed aprire le pagine di un buon libro di Corman McCarthy, ma soprattutto a farci capire che le sceneggiature è meglio farle scrivere ai professionisti del settore.
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melvin ii
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lunedì 24 marzo 2014
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un grande cast per una grande flop
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The Counselor - Il procuratore è un film del 2013 diretto e prodotto da Ridley Scott, con protagonisti Michael Fassbender,Brad Pitt, Cameron Diaz, Penélope Cruz e Javier Bardem.
La pellicola è basata sulla prima sceneggiatura originale dello scrittore Cormac McCarthy, qui anche produttore, scritta nel dicembre 2011[1].
Il film è dedicato alla memoria di Tony Scott, fratello del regista Ridley, suicidatosi mentre il film era in produzione.
A volte le ciambelle non escono con il buco-
Ridley Scott stavolta manca il bersaglio.
Ambientato in Messic il film racconta come un ‘ambizioso avvocato cerca d’entrare in un grosso giro di droga e di come invece la sua vita viene travolta drammaticamente dagli eventi
Il procuratore interpretato da Fassbender lascia lo spettatore freddo e deluso.
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The Counselor - Il procuratore è un film del 2013 diretto e prodotto da Ridley Scott, con protagonisti Michael Fassbender,Brad Pitt, Cameron Diaz, Penélope Cruz e Javier Bardem.
La pellicola è basata sulla prima sceneggiatura originale dello scrittore Cormac McCarthy, qui anche produttore, scritta nel dicembre 2011[1].
Il film è dedicato alla memoria di Tony Scott, fratello del regista Ridley, suicidatosi mentre il film era in produzione.
A volte le ciambelle non escono con il buco-
Ridley Scott stavolta manca il bersaglio.
Ambientato in Messic il film racconta come un ‘ambizioso avvocato cerca d’entrare in un grosso giro di droga e di come invece la sua vita viene travolta drammaticamente dagli eventi
Il procuratore interpretato da Fassbender lascia lo spettatore freddo e deluso.
La sceneggiatura volutamente complicata ed ambiziosa, risulta confusionaria e noiosa
I dialoghi sono retorici e poco coinvolgenti
La regia di Scott, appare prevedibile e scontata
Due le scene che rimangono impresse nella mente dello spettatore
La scena amorosa iniziale tra Fassbender e la Cruz, dove vengono esaltate “doti fisiche” degli attori.
Altrettanto forte e riuscita “l’amplesso” della Diaz sul cofano di una cabrio davanti ad esterrefatto Bardem.
Cameron Diaz nel ruolo della cinica, ambigua , sensuale”bad girl” merita una menzione.
The Counselor ha l’ambizione di raccontare l’avidità e crudeltà dell’uomo, ma resta appunto un’ambizione.
È la conferma che non sempre un grande regista ed un’ ottimo cast non danno garanzia di sfornare una ciambella di qualità..
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dackar
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sabato 22 novembre 2014
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ridley scott e la fissazione del male
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fin dai tempi di alien, r.s. ha sempre avuto nei confronti del male una vera e propria fascinazione. il robot che cercava di sopprimere ripley esprimeva ammirazione per la purezza del mostro che uccideva senza remore, senza coscienza, senza rimorsi. nelle sue produzioni successive il male è sempre ritornato puntuale, anche se poi il bene finiva per trionfare. nell' inguardabile prometheus, un fiasco clamoroso, il male è tornato però a farla da padrone, sia pure con un finale aperto per un sequel che spero non sarà mai realizzato. a guardar bene anche in blade runner, il film che per me resta il suo capolavoro, il "male" avrebbe prevalso se non fosse stato lo stesso "male", roy, a virare in bene, per amore di quella vita che per lui era irrevocabilmente terminata.
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fin dai tempi di alien, r.s. ha sempre avuto nei confronti del male una vera e propria fascinazione. il robot che cercava di sopprimere ripley esprimeva ammirazione per la purezza del mostro che uccideva senza remore, senza coscienza, senza rimorsi. nelle sue produzioni successive il male è sempre ritornato puntuale, anche se poi il bene finiva per trionfare. nell' inguardabile prometheus, un fiasco clamoroso, il male è tornato però a farla da padrone, sia pure con un finale aperto per un sequel che spero non sarà mai realizzato. a guardar bene anche in blade runner, il film che per me resta il suo capolavoro, il "male" avrebbe prevalso se non fosse stato lo stesso "male", roy, a virare in bene, per amore di quella vita che per lui era irrevocabilmente terminata. con la morale che un nexus qualsiasi era comunque migliore dell' essere umano incaricato di sopprimerlo. qui, invece, r.s. varca l' ultima barriera e proclama la vittoria per k.o. del male sul bene, un bene miserabile, è vero, ma certamente meno atroce di un male assoluto che distrugge solo per il piacere (sadico, quindi erotico) di distruggere. peccato che nella sua esaltazione del male, del piacere di uccidere fine a se stesso, r.s. incorra nella svista di dimenticare che gli animali, a differenza degli uomini, uccidono solo quando ne hanno bisogno. può darsi che i cuccioli di ghepardo uccidano anche per gioco, per imparare l' arte e metterla da parte per quando saranno adulti; ma sarebbe comunque un gioco istruttivo, funzionale alla sopravvivenza, e non quella coazione a ripetere (il male) che ridley scott ci vorrebbe far credere. ed anche la tesi finale espressa da cameron diaz al fratello(?) di un male necessario alla continuazione della specie, il cui mancato esercizio, provocando l' infiacchimento, ci condurrà alla rovina, è artificiosa, risibile, pretestuosa e, alla fine, fasulla. che l' uomo porti in se una buona dose di male non era certo necessario che fosse r.s. a ricordarcelo. ma la storia, almeno fino ad oggi, ci dice che alla fine, magari dopo alti e bassi, con i bassi che possono durare anche più degli alti, la situazione è andata sempre miglirando. in conclusione, da questo polpettone eccessivamente pretenzioso, dove i criminali più incalliti, loschi e foschi, si esprimono con proprietà e sapienza di linguaggio tali da far impallidire anche gli intellettuali più raffinati, si può trarre solo una conclusione, del resto ovvia e risaputa: panettiere fai il tuo mestiere.
per quanto riguarda gli attori sugli scudi cameron diaz, cattiva credibile anche senza la trovata cinematografica dei ghepardi.
gigione come al solito javier barden, sprecata penelope cruz, insignificante, ma forse questa volta era la cifra giusta, un fassbinder che almeno non appare ridicolo come il biondo (se non ricordo male) del già ricordato prometheus. brad bitt, al solito, è bello e decorativo. e da non trascurare l'avvocato(?) malavitoso che sul finale insegna al malcapitato collega come si sta al mondo (dei malavitosi) facendogli intendere come non ci sia niente, ma proprio niente da fare. film da consigliare? no.
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emicv
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sabato 25 gennaio 2014
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tanto fumo e niente arrosto!
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The Counselor - Il Procuratore
The Counselor è uno di quei film che sa come vendersi : un bel trailer, un cast da urlo (Michael Fassbender,Brad Pitt, Cameron Diaz, Penélope Cruz e Javier Bardem), mettici pure che la regia è di Ridley Scott, quasi non si può fare a meno di andarlo a vedere.
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The Counselor - Il Procuratore
The Counselor è uno di quei film che sa come vendersi : un bel trailer, un cast da urlo (Michael Fassbender,Brad Pitt, Cameron Diaz, Penélope Cruz e Javier Bardem), mettici pure che la regia è di Ridley Scott, quasi non si può fare a meno di andarlo a vedere. La “potenza” degli attori si è vista, la Diaz è stata fantastica in ogni scena, sembrava quasi che il ruolo le fosse cresciuto addosso; purtroppo un grande cast non fa sempre un grande film.
L'idea di fondo era buona: un avvocato, mosso un po' dall'avidità e un po' da un effettivo bisogno, si immischia con la mala vita messicana nel traffico di droga, insieme al suo ex cliente e amico (?) Reiner. Il film si è rivelato essere un susseguirsi di dialoghi assurdi perlopiù basati sul sesso e su filosofia improvvisata, ridondanti e ripetitivi. Il protagonista è stato chiamato per tutto il tempo “avvocato”, tanto che alla fine ti rendi conto di non sapere il suo nome e ti scopri ad odiare la parola A V V O C A T O -credo abbiano fatto un record: “maggior numero di volte in cui la parola avvocato è stata pronunciata all'interno di una pellicola”-. Di alcune scene non ho ancora capito il senso, partendo dalla scena in piscina, passando dal siparietto nel confessionale e giungendo all'indescrivibile scena del sesso CON (e non NELLA) la macchina.
I personaggi sono stati ben costruiti e ben recitati, come ho già detto ho apprezzato molto Cameron Diaz nel ruolo di Malkina, una donna folle e spietata che non si ferma davanti a niente per ottenere quello che vuole. Una donna, un cocktail mortale: intelligente e pazza, sexy e micidiale. Mi è piaciuto molto anche Fassbender nel ruolo del “procuratore”, soprattutto nelle scene finali del film. In questo caso ho apprezzato la recitazione ma non il personaggio. Per tutto il film non ha fatto altro che chiedere “cosa devo fare?”, “cosa faresti tu?”, “cosa farai?”; un uomo sicuramente fragile, che ha fatto il passo più lungo della gamba e quello che alla fin fine pagherà il prezzo più alto. Sullo sfondo abbiamo anche una romantica e drammatica storia d'amore, in questo caso ben scritta e ben messa in scena.
Tirando le somme :
Cast:
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Michael Fassbender: 8
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Brad Pitt: 7
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Cameron Diaz: 10
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Penélope Cruz : 8
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Javier Bardem: 7
Regia: 7
Effetti speciali: 5 – le tigri erano palesemente finte-
Musiche: 8
Costumi: 8
Sceneggiatura: 4
Nel complesso non mi è piaciuto, non lo rivedrei e tanto meno non lo consiglierei. La storyline non è stata sviluppata, i dialoghi sono irreali e alla fine risultano pesanti. Troppe cose lasciate in sospeso, troppe scene sconnesse. Mi sono alzata dalla poltrona delusa e pentita di non aver scelto la sala 3 con The Wolf, magari li avrei avuto più fortuna!
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[+] guardati cape fear
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gianlucarinaldi
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mercoledì 17 settembre 2014
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cameron diaz da applausi!
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Ridley Scott, dopo aver sperimentato svariati generi, torna al cinema con un film anomalo. La storia in se per se è piuttosto banale: il punto cruciale è il paradosso morale del protagonista, difensore della legge eppure coinvolto spontaneamente in un affare losco che porterà lui e la donna che ama verso un tragico destino. Al di la di questo, The Counselor è un raro (forse unico) esempio di thriller filosofeggiante. Non per questo è da considerarsi capolavoro.
I dialoghi sono veramente troppi, sembra quasi di assistere alla messa in scena di una pièce teatrale.
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Ridley Scott, dopo aver sperimentato svariati generi, torna al cinema con un film anomalo. La storia in se per se è piuttosto banale: il punto cruciale è il paradosso morale del protagonista, difensore della legge eppure coinvolto spontaneamente in un affare losco che porterà lui e la donna che ama verso un tragico destino. Al di la di questo, The Counselor è un raro (forse unico) esempio di thriller filosofeggiante. Non per questo è da considerarsi capolavoro.
I dialoghi sono veramente troppi, sembra quasi di assistere alla messa in scena di una pièce teatrale. La sceneggiatura è senza dubbio ambiziosa e di raffinata fattura, ma a tratti da l’impressione che sepolto sotto le tante belle parole ci sia nientemeno che il nulla. Si dibatte (in maniera retorica) su questioni quali l’amore, il sesso, il dolore e la morte. Niente di nuovo.
L’idea di affidare la stesura dello script a Cormac McCarthy, autore di romanzi quali “The Road” e “Non è un paese per vecchi”, nel complesso non giova al film, piuttosto ne rallenta il ritmo. Inoltre, per alcuni spettatori, seguire lo sviluppo della trama può risultare difficoltoso a causa di notevoli omissioni su determinati aspetti della storia (un po’ ingarbugliata la vicenda del carico di droga).
Quello che conta è il modo in cui i personaggi vengono sviluppati: la caratterizzazione avviene tramite i dialoghi (d’altronde ci stanno solo quelli) i migliori dei quali appartengono alla Diaz, che qui firma l’interpretazione della sua carriera.
Tutto il cast stellare (Fassbender, Cruz, Bardem, persino Pitt) recita davvero molto bene, ma la chicca è proprio la bionda Cameron. Reduce da una miriade di ruoli comici (un paio anche drammatici), il personaggio della perversa manipolatrice è un’interessante novità tanto per l’attrice quanto per lo spettatore. È lei la vera vincente della storia: si serve di chiunque, non ha sentimenti, non ha nulla da perdere e quindi nessuna debolezza. In un mondo marcio come quello che il pessimista (o realista?) Scott ci mostra qui, l’unico a sopravvivere e a conquistare la vittoria è il predatore. Guarda caso, il personaggio della Diaz ha tatuato sulla schiena il pelo maculato del ghepardo, animale onnipresente nel film (uccide con eleganza).
Da citare almeno due scene: la Diaz che fa sesso con la Ferrari di Bardem (da non crederci!) e la violentissima morte di Pitt tra le strade di Londra.
Regia buona e funzionalmente distaccata (vedi la sequenza del cadavere della Cruz gettato nella discarica).
Non da sottovalutare come fa la maggior parte dei critici, ma si poteva fare di meglio.
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sev7en
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venerdì 31 gennaio 2014
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la casualità non esiste...
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Un avvocato, ambizioso quanto volutamente ingenuo, cerca la svolta con il business della droga finendo travolto dalla fatalità del caso che lo conduce per mano in un tunnel senza più via d’uscita...
Lord Blade Runner, al secolo Ridley Scott, dopo il flop planetario di Prometheus torna sulla Terra per un lungometraggio dal cast stellare ed una sceneggiatura partorita dall’immenso Cormac McCarthy, qui come in nessun altro film, ostaggio di una critica divisa tra guelfi e ghibellini.
La storia è ambientata nel Messico e punta i riflettori su quella che potrebbe essere “normale amministrazione” nel “Cartello”, dove “la casualità non esiste”, dove “se manca qualcosa vuole dire che speri ritorni… ma non ritorna mai niente”, dove “la verità non ha temperatura”.
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Un avvocato, ambizioso quanto volutamente ingenuo, cerca la svolta con il business della droga finendo travolto dalla fatalità del caso che lo conduce per mano in un tunnel senza più via d’uscita...
Lord Blade Runner, al secolo Ridley Scott, dopo il flop planetario di Prometheus torna sulla Terra per un lungometraggio dal cast stellare ed una sceneggiatura partorita dall’immenso Cormac McCarthy, qui come in nessun altro film, ostaggio di una critica divisa tra guelfi e ghibellini.
La storia è ambientata nel Messico e punta i riflettori su quella che potrebbe essere “normale amministrazione” nel “Cartello”, dove “la casualità non esiste”, dove “se manca qualcosa vuole dire che speri ritorni… ma non ritorna mai niente”, dove “la verità non ha temperatura”. Un avvocato, un “figlio dei fiori” Michael Fassbender, accetta di lavorare con un suo cliente, Reiner (Javier Bardem, lampadato e sofista) per trasportare un carico di cocaina oltre il confine messicano con l’intermediazione di Brad Pitt (nel film, Westray, affascinante, pacato e anche lui decisamente sofista). Naturalmente in quella che sembra un’operazione da manuale una semplice, futile, coincidenza porta l’intero Cartello a credere che l’avvocato ed il suo gruppo abbiano voluto giocare sporco e quindi a decretarne il de profundis con una preda illustre, Laura, l’acqua e sapone, nonché moglie del’avvocato, Penelope Cruz.
Fin dall’inizio, però, Scott rileva il personaggio cardine dalla storia, il burattinaio invisibile che incarna per alcuni versi questo fato malefico, in grado di deviare in modo permanente il corso degli eventi con una freddezza ed un sadismo tipico dei gironi dell’Inferno: Malkina. Cameron Diaz, conturbante, turbante, imprevedibile ma dannatamente sexy, dispensa perle di saggezza da cultura Zen mentre con una mano apostrofa l’estrema unzione anche al suo fidanzato e con l’altra cerca di abbracciare qualcuno che possa ascoltarla, come il parroco in confessione, costretto alla fuga per il morbo della sua parola, tentatrice quanto peccaminosa.
McCarthy, morto dopo morto, mostra come innescata la miccia, la detonazione finale sia solo una questione secondaria, perché prima che arrivi, la tensione e quel senso di smarrimento che in genere porta al suicidio, stringe con la forza di un boa il collo di ogni persona, soffocandola lentamente, dolorosamente, sempre più forte con quel cappio che come ultimo stadio, ruzzola a terra in compagnia di una testa. Il messaggio che traspare è comune quanto ignorato: l’avidità è una strada inesplorata che una volta su due paga ma con la stessa percentuale è in grado di portare via tutto, anima in primis. Rassegnarsi quindi a ciò che la vita offre? No, non è questo sicuramente ma di certo l’ignoranza, come “conoscenza del non sapere” non concede secondi appelli ed il nichilismo che riempie le lacrime di disperazione dell’avvocato, con quell’Hola finale stampato su un inutile DVD, sono la pennellata finale ad un’opera che ha spaccato la critica, valutata eccessivamente verbosa (ma non lo è anche la tediosità della routine quotidiana?), inutilmente sessuale (la scena iniziale è decisamente gratuita…) e dalla trama claudicante (ma la vita non lo è altrettanto, con i suoi alti e bassi?).
Un bel film che va visto da inizio a fine pensando ad ogni singola frase pronunciata perché il cinema è e deve essere anche una palestra di vita, per evitare che realtà aliene, possano sorprenderci e condurci, per mano, lungo strade inesplorate…
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paolo salvaro
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domenica 19 gennaio 2014
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film multiforme che spreca un immenso potenziale
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The Counselor sarebbe dovuto essere il film del definitivo rilancio di Ridley Scott, che dopo aver firmato capolavori come Alien, Il gladiatore e Blade Runner si è un pò perso per strada, girando dei buoni ma imperfetti film come Robin Hood e Prometheus. Le premesse per fare un film eccelso c'erano tutte : un cast stellare, di cui Brad Pitt e Michael Fassbender rappresentano solo la punta di diamante, uno sceneggiatore di tutto rispetto, Cormac MacCarthy (lo stesso che realizzò il soggetto di Non è un paese per vecchi e The Road) e la sua innata abilità di regista.
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The Counselor sarebbe dovuto essere il film del definitivo rilancio di Ridley Scott, che dopo aver firmato capolavori come Alien, Il gladiatore e Blade Runner si è un pò perso per strada, girando dei buoni ma imperfetti film come Robin Hood e Prometheus. Le premesse per fare un film eccelso c'erano tutte : un cast stellare, di cui Brad Pitt e Michael Fassbender rappresentano solo la punta di diamante, uno sceneggiatore di tutto rispetto, Cormac MacCarthy (lo stesso che realizzò il soggetto di Non è un paese per vecchi e The Road) e la sua innata abilità di regista.
Niente da obiettare in questo senso per quanto riguarda il versante della regia, della colonna sonora e della recitazione. Il problema è a mio avviso la trama che sta alla base della sceneggiatura stessa. L'intento che credo Scott e MacCarthy avessero in mente era il realizzare un film drammatico fuori dal comune, con evidenti richiami sia al thriller psicologico che ai film d'azione e d'autore (con la dedica al fratello scomparso). Il tutto condito da una dimensione sociale in cui l'erotismo di coppia viene vissuto in modo romantico e sensuale o violento e puramente fisiologico a seconda del fatto che ci si trovi dinanzi a personaggi positivi (il solo protagonista e la sua compagnia) o negatvi (l'intero insieme degli altri personaggi del film) . Tuttavia, nessuno degli aspetti sopra elencati riesce a stare in equilibrio con gli altri e le varie tematiche affrontate anzichè amalgamarsi tra loro finiscono con il fare a pugni, negando al film l'equilibrio di cui avrebbe bisogno. La sensazione è che il regista e lo sceneggiatore abbiano voluto strafare per impressionare i critici ed il pubblico, finendo con il dimenticare alcuni aspetti essenziali del cinema drammatico, tra cui la comprensibilità. La trama è troppo intrecciata per questo genere. Una tale complessità di situazioni e psicologia è più tipica del noir o dei film onirici. Applicata a traffici di droga, sparatorie e decapitazioni finisce con il perdere tutto il suo fascino e valore, a dispetto di una costruzione dei dialoghi impeccabile e a tratti sublime. Spesso anzi si finisce con l'insistere inutilmente su alcuni aspetti della personalità dei personaggi, già proposta più volte. Ad esempio la scena del confessionale, dopo quella già esemplificativa della spaccata senza mutandine sopra la Ferrari, risulta francamente inutile ai fini di comprendere il carattere del personaggio interpretato da Cameron Diaz, la cui visione del mondo in cui tutti gli altri vivono e la cui mentalità ci è chiara fin dall'inizio: "è uno strano mondo". "Pensi che sia uno strano mondo?" "Parlavo ... del tuo".
In definitiva il film è buono, ma vista l'enorme potenzialità che aveva a disposizione è a tratti deludente, non per la storia in sè ma per il modo complesso in cui essa viene rappresentata. Non che la complessità di un film sia un difetto, anzi spesso è divertente scoprire che cosa voleva dire un regista mostrandoci determinate scene (la forza di Fellini era proprio quella) ma film del genere bisogna essere capaci di farli e francamente, la dimensione psicologica non mi sembra quella più adatta a Ridley Scott, maestro di kolossal e fantascienza, ma non certo di questo campo. Film che non lascia quasi nulla dopo averlo visto e che si salva solo grazie ad una buona regia, interpretazione e colonna sonora. Decisamente, però, non un capolavoro.
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riccardo tavani
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lunedì 27 gennaio 2014
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la spietata illusione del diamante nel deserto
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“Sono famelica” ripete nel film, sedendosi a tavola, la bionda Malkina, dal corpo flessuoso, percorso da una lunga striscia tatuata che richiama le macule della sua coppia di giaguari, Silvia e Raoul, che corrono eleganti, ghermendo selvaggina, al confine tra Messico e Usa, ribollente di traffici illeciti e umanità da preda. L’avvocato, ovvero il procuratore del titolo, nutre un amore puro, profondo e nello stesso tempo vertiginosamente sensuale per Laura, dall’odore della pelle bruno sotto le lenzuola accecanti di biancore nella luce del mattino. Vuole donarle tutto, anche più di quello che ha. Vola ad Amsterdam a comprarle un prezioso diamante, quale pegno per la sua richiesta di matrimonio. L’avvocato si immette così nell’ingranaggio d’affari del narco-traffico di confine, dominato dallo spietato Cartello centro-americano ma ne rimane vittima, senza neanche rendersene conto. “Una botta e via?” gli domanda Reiner, re dei locali e degli smerci notturni, presso la cui sfarzosa villa vivono e si nutrono Malkina e i suoi due felini. Sì, l’avvocato vorrebbe partecipare ad un singolo, lucroso quanto lurido affare, rimpinguare il conto in banca e poi ritirarsi nel rifugio d’amore dorato con la sua Laura. Reiner ride per l’ingenuo, ipocrita moralismo, ma intanto anche lui ha il suo lato morale debole, ammalato: è davvero innamorato di quella sua bionda ad elevato grado di calore erotico, anche se per lei la “verità non ha temperatura” e “le cose non tornano mai”. Il personaggio Malkina, con le sue lapidarie, ciniche battute di dialogo, rappresenta il vero senso del film. Solo chi si iberna, infatti, allo stesso grado di “verità senza temperatura” morale, può cinicamente tastare prima e sfruttare poi ogni minimo neo di debolezza altrui, per sopravvivere e proseguire un viaggio, anch’esso, però, privo di ogni senso. “La morte qui non ha valore: tutta la mia famiglia è morta, ma è la mia vita che non ha significato”, dice all’avvocato il padrone di una bettola di Ciudad Juarez, capitale messicana del narco-traffico, dove ogni anno sono tremila le persone che si contano tra ammazzate e fatte sparire, su circa un milione e mezzo di abitanti. La gente si raduna nelle piazze, per piangere, pregare, reclamare insieme giustizia e salvezza, ma qui non c’è legge, frontiera etica pubblica, solo un’immane discarica del senso, nella quale sono rovesciati i cadaveri delle ragazze sequestrate, stuprate e anche squartate in quel genere di lucrose quanto infernali pellicole pornografiche dette snuff movies. Lo spiega un altro personaggio all’avvocato: “Per la produzione di un simile prodotto il consumatore è essenziale. Non puoi guardare un omicidio senza esserne complice”. Il film si avvale della sceneggiatura originale del celebre scrittore americano Cormac McCarthy (Non è un paese per vecchi, La strada), che è stato anche uno dei produttori esecutivi della pellicola. Ridley Scott sfoltisce alcune parti più filosofiche del testo e cerca di rendere l’atmosfera arida di senso e pietà umana del deserto fisico ed esistenziale di confine, brulicante di stupefacenti, come illusioni alimentate dal desiderio di purezza, bellezza ed eternità racchiuse simbolicamente nei diamanti, ai quali alla fine si torna, quasi come lo spietato eterno ritorno dell' uguale.
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stefanoi860
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domenica 26 gennaio 2014
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riflessivo: va preso per quello che è.
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Il film in fin dei conti ha il suo perchè. La sceneggiatura è ciò che colpisce di più, in positivo: i dialoghi dilatati certo sono un problema per chi si emoziona vedendo sparatorie di 5 minuti o interminabili inseguimenti in macchina. Il film non è un film d'azione e, in fin dei conti, benchè ruoti tutto intorno alla droga, non entra mai troppo nel vivo della questione del traffico di stupefacenti.
Il film, a mio modesto avviso, va preso per quello che è: una sincera e drammatica riflessione sulla vita, sulle scelte che siamo ogni giorno costretti a prendere e sul prezzo da pagare quando ci si spinge oltre il limite.
La trama in effetti è deludente e alcune cose (come l'attesa per ore con un filo teso lungo una statale in cui non passa nessuno fino all'arrivo del motocilcista) non tornano.
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Il film in fin dei conti ha il suo perchè. La sceneggiatura è ciò che colpisce di più, in positivo: i dialoghi dilatati certo sono un problema per chi si emoziona vedendo sparatorie di 5 minuti o interminabili inseguimenti in macchina. Il film non è un film d'azione e, in fin dei conti, benchè ruoti tutto intorno alla droga, non entra mai troppo nel vivo della questione del traffico di stupefacenti.
Il film, a mio modesto avviso, va preso per quello che è: una sincera e drammatica riflessione sulla vita, sulle scelte che siamo ogni giorno costretti a prendere e sul prezzo da pagare quando ci si spinge oltre il limite.
La trama in effetti è deludente e alcune cose (come l'attesa per ore con un filo teso lungo una statale in cui non passa nessuno fino all'arrivo del motocilcista) non tornano. Piatta, senza spunti o guizzi che possano sconvolgere gli eventi... insomma: un continuo piano inclinato senza variazione di pendenza nè via d'uscita, il che rende tutto molto prevedibile. Ma, come detto, per come la vedo io, tutto ciò è coerente con l'intenzione dello sceneggiatore.
In ogni caso non capisco come si possa non aver capito la sequenza degli eventi che si susseguono nel film: ad un certo punto è fin troppo chiaro che il regista dà segnali allo spettatore per accompagnarlo nello svolgimento dell'intreccio narrativo (forse anticipando più del dovuto).
Un'ultima precisazione per tutti i sapientoni che parlano di un titolo completamente sballato: il termine procuratore, inteso nell'accezione di "procuratore legale" e non di "procuratore della repubblica", indica nell'immaginario collettivo il ruolo dell'avvocato difensore. Oggi l'albo dei procuratori legali è stato soppresso ed esiste esclusivamente la figura professionale dell'avvocato, ma fino al 1997 l'esame di abilitazione consentiva l'accesso alla figura professionale del procuratore legale (tanto è vero che i meno giovani tendono ancora a chiamarlo "esame da procuratore"). E' chiaro che sarebbe stato più corretto tradurre con "L'avvocato", ma, evidentemente, è sembrato che fosse un titolo poco accattivante...e tutto sommato sono anche d'accordo.
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