Anno | 2013 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Indonesia |
Durata | 93 minuti |
Regia di | Teddy Soeriaatmadja |
Attori | Reza Rahadian, Ratu Felisha, Verdi Solaiman . |
MYmonetro | 3,13 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento domenica 10 febbraio 2013
Ahmad è un tassista molto religioso. Santi è la sua giovane vicina di casa. Quando scopre che la ragazza fa la prostituta, l'uomo inizia a essere ossessionato da lei.
CONSIGLIATO SÌ
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Giacarta, giorni nostri. Tassista di poco successo e molta pigrizia, avido consumatore di pornografia e onanismo ma anche assiduo frequentatore della moschea, Ahmad passa le sue giornate aspirando ad una donna, anche nella forma di una prostituta, ma realizzando i suoi desideri solo nelle proprie fantasie, fino a che l’incontro con una vicina di casa, prostituta, non scatena in lui il desiderio di un salto di qualità e di una sintesi tra ciò che sente nella moschea e ciò che vede nelle immagini pornografiche.
Con pochissima profondità di campo, un uso costante e selettivo dello sfocato e la quasi totale assenza di “respiro”, tanto le inquadrature sono strette e claustrofobiche anche in esterno, Teddy Soeriaatmadja usa la cornice del film noir e alcune delle sue figure archetipe per raccontare i contrasti moderni e la loro impossibile sintesi. Una prostituta in cerca di redenzione dal proprio magnaccia, un tassista in cerca di un domani migliore e un mondo infame e cinico, dove l’amore è presente solo come merce innescano un racconto urbano di solitudine e criminalità.
Dividendo il suo film in tre capitoli che scandiscono l’evoluzione del pensiero e delle intenzioni del protagonista, la sua discesa lungo una spirale di perdizione ad opera del desiderio carnale, Something in the way flirta con decisione con il thriller psicologico, disprezza qualsiasi forma di romanticismo o melodramma per inabissarsi nella disperazione umana, utilizzando la religione e i suoi insegnamenti come una forma di coercizione mentale.
Il contrappunto continuo dei sermoni nella moschea a cui il protagonista assiste non pare meno condizionante dei “sermoni” degli amici tassisti, cronache becere di avventure sessuali a pagamento, e lentamente i due discorsi finiscono con il convergere in un’esplosione finale prima nella mente e poi negli atti del protagonista.
Benchè le inquadrature sempre strette ne impediscano la visione, Ahmed pare sintetizzare in sè la società indonesiana o almeno quella sua porzione stretta tra la mercificazione del desiderio e l’elevazione spirituale, l’impossibile sintesi di due movimenti opposti, entrambi incapaci di regolare la vita moderna. Ma questa sineddoche più il film avanza più appare meno chiara di quanto non vorrebbe essere e più convenzionale delle proprie intenzioni.