andrea1967
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sabato 28 dicembre 2013
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allen fuor d'acqua
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Allen è tra i pochissimi autori (Eastwood, Kubrick, Nolan) in grado di dare una sicurezza di standard medio-alto.
Ed encomiabile è lo sforzo di secolarizzarsi da se stesso tentando, come nella trilogia "noir" ed in "Vicky Cristina Barcelona", di uscire dal suo quadratino yiddish e di Manhattan centrismo,
per alzare stavolta lo sguardo sulla contemporaneità della crisi globale.
Jasmine, la matura protagonista, è lo stereotipo della upper class americana. E' bella, dotata di portamento, di gusto per gli oggetti costosi e.....basta.
Ancora al college ha sposato un uomo di sicuro successo, puntando tutto su di lui. E il successo (meglio, il denaro) è arrivato.
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Allen è tra i pochissimi autori (Eastwood, Kubrick, Nolan) in grado di dare una sicurezza di standard medio-alto.
Ed encomiabile è lo sforzo di secolarizzarsi da se stesso tentando, come nella trilogia "noir" ed in "Vicky Cristina Barcelona", di uscire dal suo quadratino yiddish e di Manhattan centrismo,
per alzare stavolta lo sguardo sulla contemporaneità della crisi globale.
Jasmine, la matura protagonista, è lo stereotipo della upper class americana. E' bella, dotata di portamento, di gusto per gli oggetti costosi e.....basta.
Ancora al college ha sposato un uomo di sicuro successo, puntando tutto su di lui. E il successo (meglio, il denaro) è arrivato. Da allora Jasmine ha indossato una maschera da organizzatrice di party e first lady. Non si è mai fatta domande circa la provenienza della sua agiatezza, né sulla direzione presa dai suoi rapporti con il figlio o il marito. Tanto comoda è quella maschera che non se la toglie neppure quando è sola.
Quando la verità esplode è una catastrofe: il marito è solo un truffatore di Wall Street; viene arrestato, incarcerato e lì, si suicida.
Incapace di affrondare le difficoltà Jasmine si lascia facilmente sopraffare dagli psicofarmaci e imbocca la china verso la follia.
Un ancora di salvezza le viene offerta dalla sorellastra, che è rimasta a S. Francisco, lavora in un market e si accontenta di una vita semplice; e' pur sempre una seconda opzione. Ma Jasmine è ormai troppo oltre...troppe verità ha nascosto a se stessa, ed il suo destino è segnato.
Kate Blanchett è molto brava, in una parte non difficilissima, ma carica di sfumature ed ottima anche Sally Hawkins. Su Alec Baldwin, ormai ripetitivo caratterista, una sola domanda è possibile: “quanto peserà stavolta?”.
Certamente gli aspetti biografici sono sempre il focus dell'autore ed il film non spinge a fondo sulla critica sociale. Ma Allen non è Bunuel e neppure Altman.
Molti aspetti del suo cinema – una gioiosa “provvidenza” negli ascensori sociali; una ironica presa in giro di ipocondria e farmacologia - sono ormai fuori tempo. E Allen li gira intelligentemente in tragedia. Perfino alcune battute chiaramente scritte per sé: “con chi devo andare a letto per avere un valium?” cambiano decisamente di segno.
In definitiva, Blue Jasmine è forse un'opera di transizione tra l'Allen che (sin troppo bene) conosciamo e il futuro.
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coch_98
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lunedì 6 gennaio 2014
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psicodramma intimistico che ricorda "interiors"
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Bravo Woody. To Rome with Love ci aveva lasciati sconcertati. In senso molto negativo, s'intende. Ma Woody Allen ha già dimostrato di sapersi riprendere dalle cadute (vedi lo splendido Midnight in Paris dopo lavori mediocri come Basta che funzioni e Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni). Naturalmente il regista newyorkese non è mai stato visto come autore di drammi o, comunque, film seri. Beh, non ci si potrebbe sbagliare di più! Perchè chi ha visto film come Interiors, Crimini e misfatti e Match Point sa che Allen se la cava più che bene anche senza far ridere. E questo film ne è un'altra dimostrazione.
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Bravo Woody. To Rome with Love ci aveva lasciati sconcertati. In senso molto negativo, s'intende. Ma Woody Allen ha già dimostrato di sapersi riprendere dalle cadute (vedi lo splendido Midnight in Paris dopo lavori mediocri come Basta che funzioni e Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni). Naturalmente il regista newyorkese non è mai stato visto come autore di drammi o, comunque, film seri. Beh, non ci si potrebbe sbagliare di più! Perchè chi ha visto film come Interiors, Crimini e misfatti e Match Point sa che Allen se la cava più che bene anche senza far ridere. E questo film ne è un'altra dimostrazione. Quest'opera di classe contornata dalla solita musica di stile che è una caratteristica di tutti i film di Woody, ci accompagna nella psicologia di Jasmine, una donna sposata ad un ricco uomo d'affari che scopre essere un truffatore. Tra flashback e descrizioni della sua nuova vita, si carpisce la fragilità del personaggio interpretato da una straordinaria Cate Blanchett. La sua debolezza mentale è la chiave del film, in quanto scopriamo che fu proprio lei a denunciare il marito all'FBI, in seguito al crollo psicologico dovuto alla scoperta delle relazioni extraconiugali del consorte. Insomma, una grande sceneggiatura trasposta al meglio sullo schermo da ottime interpretazioni. Consigliatissimo.
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michela papavassiliou
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lunedì 6 gennaio 2014
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l'insostenibile leggerezza di non avere piu' nulla
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Interpretazione strepitosa per Cate Blanchett in questa pellicola di Woody Allen targata Usa 2013. Alec Baldwin e' Hal un imprenditore newyorkese senza scrupoli ed un patrimonio a tanti zeri. Jasmine e' la sua bella e ammirata moglie. Ville, colllezioni d'arte, successo e fama sono la cornice nella quale si muovono i protagonisti, ma qualcosa va storto e la donna si ritrova in bancarotta ad elemosinare l'ospitalita' della sorellastra Ginger nei sobborghi di San Francisco. Unica dote un set di valige, un guardaroba firmato, scatole di ansiolitici, una marcata tendenza all'alcolisno, una strisciante e sbrindellata autostima. Nel tentativo di uscire da questo momento difficile per la sua vita e col desiderio di riconquistare l' agiatezza a cui era abituata Jasmine combattera' la battaglia piu' difficile tra se' e le sue ansie, tra le aspirazioni ed un mondo che non le corrisponde piu'.
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Interpretazione strepitosa per Cate Blanchett in questa pellicola di Woody Allen targata Usa 2013. Alec Baldwin e' Hal un imprenditore newyorkese senza scrupoli ed un patrimonio a tanti zeri. Jasmine e' la sua bella e ammirata moglie. Ville, colllezioni d'arte, successo e fama sono la cornice nella quale si muovono i protagonisti, ma qualcosa va storto e la donna si ritrova in bancarotta ad elemosinare l'ospitalita' della sorellastra Ginger nei sobborghi di San Francisco. Unica dote un set di valige, un guardaroba firmato, scatole di ansiolitici, una marcata tendenza all'alcolisno, una strisciante e sbrindellata autostima. Nel tentativo di uscire da questo momento difficile per la sua vita e col desiderio di riconquistare l' agiatezza a cui era abituata Jasmine combattera' la battaglia piu' difficile tra se' e le sue ansie, tra le aspirazioni ed un mondo che non le corrisponde piu'. Film pregevole, tra i piu' interessanti di Allen, che con ironia e sottile indagine psicoanalitica, mette in scena le ancestrali paure che abitano in ognuno di noi. Da vedere. M.P
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minnie
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giovedì 19 dicembre 2013
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woody allen come fassbinder
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Mai avevo avuto la sensazione che Woody Allen fosse un regista molto simile a Rainer Maria Fassbinder (di cui il meritevolissimo Enrico Ghezzi mi ha fatto scoprire nottetempo su Raitre l'importanza) come in questo Blue Jasmine, dove Allen, oltre a tracciare un personaggio femminile davvero gigantesco (complice la bravura risaputa della Blanchett), ce ne dispiega traquillamente e passo passo tutta la discesa agli inferi, esattamente come fa il grande regista tedesco che quando prende un perosnaggio non lo molla fino a quando non ce ne rivela ogni minima sfaccettatura. E poi, come fa Allen a essere così comprensivo dell'animo femminile? Perché Jasmine è la donna che viene abbandonata nel momento in cui la lasciano gli ormoni (e il bello per definizione, il seduttore di ogni pellicola, Alec Baldwin, sa a memoria la parte), Jasmine è chiunque di noi, in questi tempi di crisi, che perda il posto di lavoro (anche senza cadere dalla sua vertiginosa altezza).
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Mai avevo avuto la sensazione che Woody Allen fosse un regista molto simile a Rainer Maria Fassbinder (di cui il meritevolissimo Enrico Ghezzi mi ha fatto scoprire nottetempo su Raitre l'importanza) come in questo Blue Jasmine, dove Allen, oltre a tracciare un personaggio femminile davvero gigantesco (complice la bravura risaputa della Blanchett), ce ne dispiega traquillamente e passo passo tutta la discesa agli inferi, esattamente come fa il grande regista tedesco che quando prende un perosnaggio non lo molla fino a quando non ce ne rivela ogni minima sfaccettatura. E poi, come fa Allen a essere così comprensivo dell'animo femminile? Perché Jasmine è la donna che viene abbandonata nel momento in cui la lasciano gli ormoni (e il bello per definizione, il seduttore di ogni pellicola, Alec Baldwin, sa a memoria la parte), Jasmine è chiunque di noi, in questi tempi di crisi, che perda il posto di lavoro (anche senza cadere dalla sua vertiginosa altezza). Jasmine è l'impossibilità di essere normali nonostante un bell'aspetto e un'eleganza naturale, Jasmine è un concentrato di luoghi comuni, il suo essere ipercritica verso l'innamorato rozzo e cafone della sorella che viene poi tradita da un tipo invece solo apparentemente più normale, appunto, e la solitudine immensa che resta a chi non è più schermato dalla posizione sociale. Woody Allen, in questo film spietato e realistico, ci dimostra come da una posizione economicamente benestante eanche più che tale, si può essere cacciati da un momento all'altro se si viene spodestati dapprima in ambito sentimentale e quindi in quello economico (è la telefonata di Jasmine all'Fbi che scatena tutta la crisi, facendo cadere tutti i pezzi del suo matrimonio che però scopriamo essere già finito, e i casi di cronaca di questi anni sono veramente tanti, la vendetta della moglie tradita è naturale e immediata, da Woody Allen finalmente amorevolmente compresa) er come una grande crisi può travolgere anche chi non sta tanto a ragionare (la sorella Ginger) ma che poi riesce a cavarsela meglio perché non è tanto ambiziosa. Fa pena Jasmine eppure la setiamo per gran parte del film vitale, propositiva: ma il dentista la assale, il corso per computer non dà frutti, il nuovo fidanzato pensa solo al bell'involucro e non le resta che la panchina, dove parlare da sola. Stringe il cuore Jasmine eppure si sente che Woody Allen parteggia per lei, perché è vero, la fortuna scatena l'invidia degli dei e finché è stata ricca e famosa, tutti si occupavano di Jasmine, un tutti che in realtà era nessuno, legati solo al potere dei soldi...film meraviglioso, che fa pensare e che commuove. Grande, come sempre, Woody Allen, qui simile più che mai a Fassbinder.
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giulio vivoli
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martedì 17 dicembre 2013
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due sorelle,due mondi,due destini,un grande film
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Un Woody Allen maturo e senza concessioni alle tradizionali ambientazioni radical chic abbatte con realismo impietoso e condanna definitivamente l' ipocrisia e la falsità della corrotta e opulenta high society newyorkese, decretando la rivincita dei valori modesti ma autentici della lower class di una proletaria San Francisco. Ancora una volta in un suo film ricchezza e felicità non si accoppiano, specialmente quando ottenute con l'inganno e la dissimulazione. Dietro lo psico dramma della in tutti sensi superba Cate Blanchett, incombe il senso di un destino già segnato, che presto o tardi presenterà ineludibilmente il conto, come nel precedente Match Point. Giocando in parallelo tra le stelle e le stalle con due sorelle adottive opposte per aspetto,geni,comportamenti e stile di vita, Allen riesce a coniugare dramma e commedia, malinconia e umorismo,xanax e vodka, in perfetto equilibrio tra due mondi che si toccano ma restano separati, come l'opulenza e la ristrettezza, la lealtà e il tradimento, l'autenticità e la finzione.
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Un Woody Allen maturo e senza concessioni alle tradizionali ambientazioni radical chic abbatte con realismo impietoso e condanna definitivamente l' ipocrisia e la falsità della corrotta e opulenta high society newyorkese, decretando la rivincita dei valori modesti ma autentici della lower class di una proletaria San Francisco. Ancora una volta in un suo film ricchezza e felicità non si accoppiano, specialmente quando ottenute con l'inganno e la dissimulazione. Dietro lo psico dramma della in tutti sensi superba Cate Blanchett, incombe il senso di un destino già segnato, che presto o tardi presenterà ineludibilmente il conto, come nel precedente Match Point. Giocando in parallelo tra le stelle e le stalle con due sorelle adottive opposte per aspetto,geni,comportamenti e stile di vita, Allen riesce a coniugare dramma e commedia, malinconia e umorismo,xanax e vodka, in perfetto equilibrio tra due mondi che si toccano ma restano separati, come l'opulenza e la ristrettezza, la lealtà e il tradimento, l'autenticità e la finzione. Nel sottofondo si riconoscono facilmente gli elementi tipici dei suoi film, le note jazz e le battute di umorismo a volte cinico ma mai cattivo, non ce n'è bisogno: ci pensa già la vita stessa ad assolvere o condannare secondo meriti o demeriti, senza sottrazioni o sconti, senza appello o possibilità di redenzione. Inferno e Paradiso, siamo al Giudizio Universale, alla soglia degli ottant'anni Woody Allen può permetterselo.
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lucaapollo
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venerdì 6 dicembre 2013
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una tragedia fredda per personaggi azzeccatissimi
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Un film poco Alleniano, dove non ci sono né i suoi guizzi da Pierino, né il fascino della favola.
C’è invece la constatazione che le persone sono come sono: è meglio che non cerchino di cambiare pelle e poi, comunque, sarebbe inutile.
Avvertiamo una distanza culturale nel vedere quanto siano schematiche e poco sfumate le posizioni dei personaggi e quanto siamo diretti i dialoghi. Forse ci si vuole riferire alla società americana o forse semplicemente nasce in quel contesto, ma certo aiuta la riuscita del film.
Cate Blanchett interpreta benissimo Jasmine, una signora di Park Avenue duramente colpita dagli eventi, dopo avere passato la vita a coltivare un’ambizione completamente indefinita e ad ingannare gli altri per ingannare anzitutto sé stessa.
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Un film poco Alleniano, dove non ci sono né i suoi guizzi da Pierino, né il fascino della favola.
C’è invece la constatazione che le persone sono come sono: è meglio che non cerchino di cambiare pelle e poi, comunque, sarebbe inutile.
Avvertiamo una distanza culturale nel vedere quanto siano schematiche e poco sfumate le posizioni dei personaggi e quanto siamo diretti i dialoghi. Forse ci si vuole riferire alla società americana o forse semplicemente nasce in quel contesto, ma certo aiuta la riuscita del film.
Cate Blanchett interpreta benissimo Jasmine, una signora di Park Avenue duramente colpita dagli eventi, dopo avere passato la vita a coltivare un’ambizione completamente indefinita e ad ingannare gli altri per ingannare anzitutto sé stessa.
Alec Baldwin, il tipo maschile canagliesco che con naturalezza affascinante mette avanti le sue esigenze e non si fa troppe domande, è il partner perfetto per consentirle di costruire il suo autoimbroglio borghese.
Al crollo del mondo di Jasmine fa da contrappunto la semplicità senza pretese della sorella Ginger, cassiera del supermercato con mariti e fidanzati “birra, partita e camicia hawaiana”. Ma Jasmine, che pure la raggiunge cercando sostegno, non può approfittare della boccata di realtà che la sorella e i suoi compagni, simpatici e sgangherati, le offrono. Le loro nature sono troppo diverse e, soprattutto, Jasmine è incapace di risolvere l’ansia di come “fare qualcosa della propria vita”. Una lacuna di fondo a cui spontaneamente si attribuiscono i suoi problemi: le bugie, l’alterigia, l’alcol, il crollo dei nervi. E che svela il legame niente affatto sorprendente tra la disperazione che vediamo nel suo lato intimo e il savoir faire del suo lato sociale.
Insomma la storia si chiude sull’inevitabilità, il ritorno di ognuno alle condizioni proprie dei suoi geni. La cifra distintiva della tragedia in un film che non mostra nessun segno di passione.
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savio 86
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venerdì 6 dicembre 2013
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i contrasti di woody
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Un film di Woody Allen è facilmente riconoscibile: musichette Jazz qui e lì, titoli di testa con lo stesso carattere bianco su sfondo nero, contrasti e personaggi contrastati e contrastanti che scuotono quella perenne tragicommedia che sembra non avere fine.
Il lusso e la semplicità, la monotona vita matrimoniale e la passione di una notte, gli spari pericolosi del presente e la serenità di un passato ideale: questo è il Woody Allen degli ultimi anni, che matura registicamente e personalmente, attraverso i volti sullo schermo, rigettando tutto il suo esistenzialismo in quei personaggi.
Janette, o come dicevan tutti Jasmine, è un personaggio tipicamente Alleniano: pessimista e ansiosa, riesce a ritagliarsi un angolo magico, praticamente perfetto, con un marito bello e ricco, con le borse di Louis Vitton, i viaggi in Europa, i ricevimenti con gli amici.
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Un film di Woody Allen è facilmente riconoscibile: musichette Jazz qui e lì, titoli di testa con lo stesso carattere bianco su sfondo nero, contrasti e personaggi contrastati e contrastanti che scuotono quella perenne tragicommedia che sembra non avere fine.
Il lusso e la semplicità, la monotona vita matrimoniale e la passione di una notte, gli spari pericolosi del presente e la serenità di un passato ideale: questo è il Woody Allen degli ultimi anni, che matura registicamente e personalmente, attraverso i volti sullo schermo, rigettando tutto il suo esistenzialismo in quei personaggi.
Janette, o come dicevan tutti Jasmine, è un personaggio tipicamente Alleniano: pessimista e ansiosa, riesce a ritagliarsi un angolo magico, praticamente perfetto, con un marito bello e ricco, con le borse di Louis Vitton, i viaggi in Europa, i ricevimenti con gli amici. Da quella condizione idilliaca viene catapultata agli antipodi, tra quelle persone e quelle situazioni che, da ricca, detestava con tutta sé stessa ma con cui ora è costretta a confrontarsi in quel perenne contrasto tra lei, ricca signora bionda e perfettina, e la sorella, semplice madre divorziata, umile, povera, bruna e amante dell'uomo rozzo.
Ma ricordiamo che questo è un film di Woody Allen che sicuramente non vuole mettere in risalto la genuinità del mondo rurale rispetto a quello viziato delle ville con piscina. Il vortice dell'esistenza travolge anche Jasmine, la blue Jasmine, che attraverso la sua inquietudine, le sue crisi d'ansia e il legame con quel passato che la porta a rivivere, fino a parlare da sola in strada, i bei momenti della sua vita con l'ex-marito, vive e convive con quel miscuglio tra scelte e destino. Qui è d'obbligo un collegamento ad un altro film di Allen, Match point, quando la voce fuoricampo del protagonista riflette chiara: "A volte in una partita(di Tennis) la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po' di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no e allora si perde". E se Chris aveva la fortuna come alleata, con la palla che sicura rotolò dall'altra parte del campo, Jasmine è esattamente l'opposto; il primo aveva però combattuto e tentato fino all'ultimo di vincere la sua partita, Jasmine no, Jasmine non ha mai lottato né per vincere né per perdere, accogliendo ciò che la fortuna le aveva portato "girandosi dall'altra parte", mostrandosi più cieca della fortuna stessa.
Su tutte regna l'interpretazione di Cate Blanchett davvero perfetta e impeccabile nel ruolo della bella e turbata Jasmine, dando al personaggio quel velo di comicità all'interno di una storia tragica. Oltre alla regia del solito Woody Allen, bella come sempre ma non particolarmente ispirata, grande impegno è emerso sulla questione abbigliamento ed accessori che, nella loro bellezza, rendono bene l'idea di come Jasmine, pur vivendo in un quartiere povero di San Francisco con la sorella, non abbandoni mai il suo passato da ricca signora.
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ennas
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lunedì 9 dicembre 2013
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la luna blu e lo zenzero di woody allen
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“Blue Jasmine”, questa storia di una debacle esistenziale raccontata da Woody Allen si inserisce
perfettamente in un percorso originale in cui il prolifico regista, aldilà dei suoi “omaggi europei ” Scoop”, Midnait in Paris”, “ To Rome with love” ecc.
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“Blue Jasmine”, questa storia di una debacle esistenziale raccontata da Woody Allen si inserisce
perfettamente in un percorso originale in cui il prolifico regista, aldilà dei suoi “omaggi europei ” Scoop”, Midnait in Paris”, “ To Rome with love” ecc. , scruta da sempre, con la sollecitudine di un entomologo, la società americana, da newyorkese doc., legato profondamente alle sue radici, con trepida ed affettuosa partecipazione.
“Blue Jasmine” mi ha ricordato un suo film del 2009 “Basta che funzioni” a cui lo lega , a mio parere, un comune disegno filmico.
I suoi personaggi sono tutti nevrotici, caratterizzati da una ambivalenza incontrollata su cui si appunta come sempre, la fantasiosa vena umoristica dell’autore. Jasmine esibisce di fasullo anche il proprio nome : tutto in lei è artefatto e sofisticato fino al grottesco, la sua noncuranza e superbia la rendono antipatica fin dall’inizio del film.
Da lei si sprigiona però per intero, il fascino del grande cinema: l’attrice che la impersona (Cate Blanchett) compie un miracolo di adesione al personaggio tale da farne un’eroina tragica e gigantesca anche se in negativo. E’ lei che “si racconta “ attraverso dei monologhi che prescindono da chi si imbatte ad ascoltarla, una prova fantastica di regia e interpretazione.
Brava anche l’attrice Sally Hawkins che impersona la svitata sorella , presso la quale Jasmine si rifugia dopo la perdita del marito e dello “status” di ricca consorte.
Ginger, questo personaggio, ( entrambe adottate, diranno ai bambini ) non è soltanto la generosa sorella che l’accoglie, nonostante tutto ma, una sorta di alter- ego speculare a Jasmine, sono due mondi che si fronteggiano: ha con la sorella un legame sfaccettato , Jasmine è stata fino a ieri ricchissima, perché secondo Ginger, ossedeva gli elementi giusti che a lei mancano da sempre. Ha sempre invidiato la sorella : chi non vorrebbe essere ricco in una società di forti disuguaglianze? Ha anche provato a diventarlo e guarda caso, la sorella le ha “bruciato” questa unica occasione.
Nonostante il crescendo di rifiuto che Jasmine genera nello spettatore il personaggio induce anche alla pena: la sua fragilità tutta umana ci colpisce nella sua disarmante durezza,è colpevole ma anche vittima. In questa donna, la maschera di superficialità, il cinismo irresponsabile non sono barriere sufficienti al dilagare di sentimenti umani, la gelosia, ad esempio, con le sue conseguenze devastanti.
Quest’opera matura di Woody Allen è percorsa secondo me, più di altre, da una vena di pessimismo molto più marcata e anche questo è coerente con il lungo e geniale percorso del regista. Da vedere certamente.
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angelo bottiroli - giornalista
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martedì 17 dicembre 2013
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una grande e strepitosa cate blanchett
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Il film è di Woody Allen e già questo la dice lunga sulla tipologia dell’opera che andiamo a vedere, ma stavolta il regista americano nello scrivere la sceneggiatura è molto meno surreale che in altri film.
La trama infatti è tutta incentrata su una donna (Cate Blanchett) che da ricca sfondata cade in disgrazia e diventa improvvisamente povera.
L’argomento potrebbe essere trattato in mille modi, ma Woody Allen lo incentra tutto esclusivamente sulle emozioni e sulla personalità della protagonista che, alla luce di quello che le è successo, molto normale non la è più.
La 44enne attrice australiana Cate Blanchett (Hanna, Robin Hood, Benjamin Button, Elizabeth, Babel e molti altri) è semplicemente strepitosa nell’interpretare la parte.
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Il film è di Woody Allen e già questo la dice lunga sulla tipologia dell’opera che andiamo a vedere, ma stavolta il regista americano nello scrivere la sceneggiatura è molto meno surreale che in altri film.
La trama infatti è tutta incentrata su una donna (Cate Blanchett) che da ricca sfondata cade in disgrazia e diventa improvvisamente povera.
L’argomento potrebbe essere trattato in mille modi, ma Woody Allen lo incentra tutto esclusivamente sulle emozioni e sulla personalità della protagonista che, alla luce di quello che le è successo, molto normale non la è più.
La 44enne attrice australiana Cate Blanchett (Hanna, Robin Hood, Benjamin Button, Elizabeth, Babel e molti altri) è semplicemente strepitosa nell’interpretare la parte.
Oltre all’espressività degli sguardi è incredibile come la donna riesca ad interpretare perfettamente le emozioni della protagonista ed alternare momenti di allegria, rabbia, riflessioni, ad altri di puro isolamento vicino alla pazzia.
Un’interpretazione eccezionale quella della Blanchett di rara intensità, forse la migliore di tutta la sua carriera che da sola vale il prezzo del biglietto.
E d’altro canto la trama e tutto il “contorno” del film non è eccezionale.
Certo si vede la mano di Woody Allen nella rappresentazione dei personaggi che ruotano attorno a Jasmine, con il “solito”Alec Baldwin che il regista predilige assai e che abbiamo già visto nel precedente film “To Rome Whit Love” oppure nei tratti della sorella di Jasmine, completamente diversa dalla protagonista o dal ragazzo di lei.
Personaggi molto originali com’è nella consuetudine di Woody Allen dove il “normale” non esiste, anche se per certi versi rispetto a recenti film del regista questi alla “normalità” si avvicinano più di altri.
Dopo due omaggi a città come Parigi e Roma Allen torna in America e sceglie la città di San Francisco come scenografia ideale del film dando il giusto rilievo ad una delle città sicuramente più originale della California e degli States.
Qui però non si tratta di uno omaggio alla città come i due precedenti film, perché anche le immagini del Golden Gate, e della famosa baia, fanno solo da contorno alla storia e alla personalità della protagonista sulla quale ruota tutto il film.
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johnford
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lunedì 9 dicembre 2013
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tanta kate, poco woody
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Solitamente dei film di WA si ricorda la sceneggiatura fluida, i dialoghi geniali, l'ambientazione che si fonde con la storia diventandone un elemento imprescindibile e la colonna sonora coinvolgente, per il resto non si ricorda un attore o una attrice che abbiano minimamente dato una loro impronta o abbiano messo decisamente in secondo piano il ruolo del nostro Genio. In Blue Jasmine ci troviamo invece di fronte ad una sceneggiatura insolitamente debole, i dialoghi poco "frizzanti"; che gusto poi ambientare il film a San Francisco e Sausalito per poi vedere il lungomare e il porto turistico di Loano e i panorami piu' brutti ed anonimi della piu' bella baia de mondo; che dire poi della colonna sonora tutta jazz new orleans e voce di Billie Holliday che c'entrano come "O sole mio" nella colonna sonora di un film di ambiente alpino girato a Vipiteno.
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Solitamente dei film di WA si ricorda la sceneggiatura fluida, i dialoghi geniali, l'ambientazione che si fonde con la storia diventandone un elemento imprescindibile e la colonna sonora coinvolgente, per il resto non si ricorda un attore o una attrice che abbiano minimamente dato una loro impronta o abbiano messo decisamente in secondo piano il ruolo del nostro Genio. In Blue Jasmine ci troviamo invece di fronte ad una sceneggiatura insolitamente debole, i dialoghi poco "frizzanti"; che gusto poi ambientare il film a San Francisco e Sausalito per poi vedere il lungomare e il porto turistico di Loano e i panorami piu' brutti ed anonimi della piu' bella baia de mondo; che dire poi della colonna sonora tutta jazz new orleans e voce di Billie Holliday che c'entrano come "O sole mio" nella colonna sonora di un film di ambiente alpino girato a Vipiteno. E dopo le ombre, le luci: finalmente, dopo tanto tempo, un film di WA immerso totalmente nella realta' e nell'attualita', senza momenti onirici o favolistici; ma soprattutto un WA che finalmente si fa "mettere sotto" da una immensa Kate Blanchett. Insomma: Blue Jasmine verra' ricordato come "il film" di Kate Blanchett diretto da WA. TRE STELLE AL REGISTA E AUTORE, CINQUE STELLE ALLA PROTAGONISTA: LA MEDIA E' QUATTRO STELLE
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