Titolo originale | Suspension of Disbelief |
Anno | 2012 |
Genere | Thriller |
Produzione | Gran Bretagna |
Durata | 107 minuti |
Regia di | Mike Figgis |
Attori | Sebastian Koch, Lotte Verbeek, Emilia Fox, Rebecca Night, Eoin Macken, Lachlan Nieboer Frances de la Tour, Julian Sands, Kenneth Cranham, Naoko Mori, Emil Lager, Melia Kreiling, Paris Arrowsmith, Rachel O'Meara, Lamin Tamba, Mary Roscoe, Ginny Dee, Shubham Saraf, Les Kenny-Green, Sara Lewerth, Sophia Del Pizzo, O'ar Pali, Brendan Murphy, Hayley Norris. |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 13 novembre 2012
Uno sceneggiatore vedovo è sospettato di avere ucciso una ragazza conosciuta la sera prima. Toccherà a lui scoprire la verità.
CONSIGLIATO NÌ
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Lo sceneggiatore, scrittore e docente Martin vive con sua figlia Sarah, attrice impegnata nel set di un atipico e postmoderno noir. Sua moglie è scomparsa dieci anni prima. Ad un party l'uomo conosce la conturbante Angelique, ma la giovane donna sparisce nel nulla il giorno dopo per essere successivamente ritrovata annegata in un canale. In città arriva la sorella gemella Therese per seguire le indagini. Tra il passato di Martin e quello di Therese, niente sembra essere ciò che sembra.
Conosciuto ai più per Via da Las Vegas del 1995, il regista e sceneggiatore, qui anche montatore, Mike Figgis ha da diversi anni focalizzato la sua attenzione verso un cinema che si discosta dai canoni tradizionali per indagare il rapporto tra spettatore e cinema, tra sguardo e messa in scena. Con Suspension of Disbelief è il rapporto tra script, i suoi meccanismi, e il pubblico ciò che interessa a Figgis, o meglio la relazione tra verità e finzione. Sospensione dell'incredulità appunto, quella volontà e disposizione da parte dello spettatore di accantonare momentaneamente i propri schemi logici per godere di un'opera di fantasia, accettandone così le irrazionalità e sacrificando il realismo. Una sospensione che, sembra suggerirci Figgis, si attua in maniera meccanica anche nel processo creativo: i personaggi prendono vita propria già in fase di creazione e il lettore/spettatore non può che immergersi all'interno della narrazione.
Restiamo così imbrigliati nel processo creativo di Martin/protagonista/sceneggiatore, in ciò che avviene dentro e fuori dalla sua sceneggiatura, nel film del film, nelle verità e nei sospetti, nelle allusioni e ambiguità dei personaggi (sceneggiatori, attori, registi): i loro piani si accavallano e ci confondono ed è inutile opporre resistenza. Una pretestuosa trama che nasconde (non troppo velatamente certo) un gioco metacinematografico dove Figgis sembra non prendersi troppo sul serio riuscendo a mescolando generi e stilemi cinematografici: dal noir al melò, passando per il thriller, la commedia e il detective story.
Rinegoziare e ridiscutere il rapporto tra cinema e fruitore e interrogare lo spettatore sulle regole dell'affabulazione sembrano essere le motivazioni di Mike Figgis che raggiunge, rispetto agli intenti, risultati non troppo soddisfacenti in rapporto ai tenti e molti autori che già si sono cimentati in simili esplorazioni. Si veda, con risultati migliori, il recente Road to Nowhere di Monte Hellman. A volte scolastico e poco ammaliante, Figgis sembra aver scritto Suspension of Disbelief più come riflessione personale (un dialogo da cineasta a cineasta), che come reale stimolo di riflessione per lo spettatore e su come egli vada considerato nel corso del processo creativo.