claudio bianco
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giovedì 29 novembre 2012
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bellissimo film. struggente!
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Sguardi che si incontrano. L'amore come condivisione di un dolore. L'impossibilità di poter essere davvero felici. Attori in stato di grazia. Regia sublime. Sesso come tentativo di riempire un vuoto che si ripresenta sempre più angosciante come il tempo senza cronologia se non quello ossessivo e reiterato di un tempo interiore. Finalmente un film originale, forte, inquieto!
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renato volpone
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lunedì 26 novembre 2012
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quando l'amore non basta
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Quando l'amore non basta, quando nella società moderna la semplicità dello scambio amoroso non riesce più a riempire la vita, quando un uomo e una donna si guardano da lontano. Paolo Franchi ci racconta della "depravazione amorosa", dell'incapacità dell'individuo di vivere con semplicità il rapporto con un'altra persona. Sfiorando il pornografico si arrischia su di un terreno franoso, ma riesce a mantenere l'equilibrio tra amore puro e libidine sfrenata descrivendoci l'uno su scene di un candore quasi accecante e l'altra con il calore di musica e colore. Sguardi, parole, carezze, bisogno d'amore. In una ricerca estenuante di aiuto, di conoscenza e di comprensione, così si sviluppa la drammaticità della vita dei protagonisti in un mondo dove c'è ascolto (distratto) solo sulla poltrona dello psicanalista.
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Quando l'amore non basta, quando nella società moderna la semplicità dello scambio amoroso non riesce più a riempire la vita, quando un uomo e una donna si guardano da lontano. Paolo Franchi ci racconta della "depravazione amorosa", dell'incapacità dell'individuo di vivere con semplicità il rapporto con un'altra persona. Sfiorando il pornografico si arrischia su di un terreno franoso, ma riesce a mantenere l'equilibrio tra amore puro e libidine sfrenata descrivendoci l'uno su scene di un candore quasi accecante e l'altra con il calore di musica e colore. Sguardi, parole, carezze, bisogno d'amore. In una ricerca estenuante di aiuto, di conoscenza e di comprensione, così si sviluppa la drammaticità della vita dei protagonisti in un mondo dove c'è ascolto (distratto) solo sulla poltrona dello psicanalista. Il film non é adatto a persone dalla moralità fortemente religiosa e consigliabile solo ad un pubblico adulto.
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flyanto
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domenica 25 novembre 2012
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quando l'incomunicabilità conduce al nichilismo to
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Film in cui viene descritto il problema dell'incomunicabilità all'interno di un coppia, seppure molto innamorata. Molto discussa e criticata al Festival del cinema di Roma questa pellicola è stata fortemente presa di mira principalmente per il suo tema alquanto "scomodo" (e più diffuso di quanto si creda) appunto della difficoltà a comunicare sessualmente e non e per le esplicite scene di sesso o di nudo che qui, a mio parere, non risultano affatto fine se stesse, ma si rendono necessarie al fine di rappresentare lo stato di disadattamento e di patologia in cui si trova il protagonista maschile. Come nel precedente transoceanico film "Shame", anche qui il protagonista maschile consuma le sue giornate, o per lo meno le sue relazioni sessuali, solo con prostitute od incontri casuali o di scambi di coppia rimanendo del tutto impotente nell' ambito dei suoi affetti reali e sinceri.
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Film in cui viene descritto il problema dell'incomunicabilità all'interno di un coppia, seppure molto innamorata. Molto discussa e criticata al Festival del cinema di Roma questa pellicola è stata fortemente presa di mira principalmente per il suo tema alquanto "scomodo" (e più diffuso di quanto si creda) appunto della difficoltà a comunicare sessualmente e non e per le esplicite scene di sesso o di nudo che qui, a mio parere, non risultano affatto fine se stesse, ma si rendono necessarie al fine di rappresentare lo stato di disadattamento e di patologia in cui si trova il protagonista maschile. Come nel precedente transoceanico film "Shame", anche qui il protagonista maschile consuma le sue giornate, o per lo meno le sue relazioni sessuali, solo con prostitute od incontri casuali o di scambi di coppia rimanendo del tutto impotente nell' ambito dei suoi affetti reali e sinceri. Un disadattamento ed uno stato di tormento profondo che lo porterà alla distruzione e ad un annientamento totale di sè e del suo rapporto affettivo. Ben diretto con uno stile asciutto ed elegante (in certi momenti, forse, un pò patinato) e ben sinteticamente raccontato in un arco di tempo ottimale di non più di 90 minuti, personalmente sono a favore del premio assegnatogli per la regia che per l' interpretazione di Isabella Ferrari che risulta brava e sempre molto bella al naturale, senza fortunatamente l'ausilio di alcun ritocco.
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m.d.c
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domenica 25 novembre 2012
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l'incapacità di mare secondo franchi
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Un film che ha il coraggio dei suoi difetti, che non si risparmia e che non risparmia quasi niente allo spettore. Nella sua rappresentazione di un male di vivere estremo e compulsivo E la chiamano estate mostra, con una cifra stilistica non comune, che un film può essere ancora una scommessa, un azzardo e una sfida rivolta con sfrontatezza al consenso, quasi rigettandolo subito a partire dalla prima inquadratura del sesso della protagonista Isabella Ferrari. Costruito sulla fragilità di un intreccio che in effetti non ha grande sostanza, deborandando qua e là nelle scene di sesso, il film di Franchi segue una strenua traiettoria autodistruttiva immersa in un bianco abbacinante, in un isolamento a tratti visionario, dove la geografia di un'anima in rovina si confonde con scenari liquidi, indecifrabili come il malessere di Jean Marc Barr, anestesista ridotto a essere un' ombra per l'incapacità di amare fisicamente la sua donna.
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Un film che ha il coraggio dei suoi difetti, che non si risparmia e che non risparmia quasi niente allo spettore. Nella sua rappresentazione di un male di vivere estremo e compulsivo E la chiamano estate mostra, con una cifra stilistica non comune, che un film può essere ancora una scommessa, un azzardo e una sfida rivolta con sfrontatezza al consenso, quasi rigettandolo subito a partire dalla prima inquadratura del sesso della protagonista Isabella Ferrari. Costruito sulla fragilità di un intreccio che in effetti non ha grande sostanza, deborandando qua e là nelle scene di sesso, il film di Franchi segue una strenua traiettoria autodistruttiva immersa in un bianco abbacinante, in un isolamento a tratti visionario, dove la geografia di un'anima in rovina si confonde con scenari liquidi, indecifrabili come il malessere di Jean Marc Barr, anestesista ridotto a essere un' ombra per l'incapacità di amare fisicamente la sua donna. Da qui l'idea di cercarne i vecchi fidanzati per pregarli di riallacciare un rapporto con l'ex compagna. L'idea, drammaturgicamente irrisolta (ma non sono forse spesso irrisolte le relazioni, i rapporti?) non è che un pretesto per mettere in scena l' incapacità di amare e di essere amati, la distanza che divide uomini e donne e la ricerca impossibile di una felicità che sembra solo un misterioso, inaccessibile traguardo. L'equilibrio a Franchi non sembra interessare così come il realismo fino a se stesso, ma se la spinta per raccontare una storia è spesso l'anormalità nel caso di E la chiamano estate questa viene mostrata con troppa programmatica esasperazione(compreso il tragico epilogo che sa un pò di di già visto) ma con altrettanta forza creativa nella costruzione delle immagini, nelle intuizioni che rendono significative certe scene(il bacio alla paziente dopo l'operazione, l'amplificarsi del suono dell'acqua sotto la doccia come un'eco insostenibile, l'uso delle diapositive accompagnate dalla voce fuori campo, l'incontro per strada). Nel bilancio tra quello che dà e che chiede al pubblico E la chiamano estate non fa sconti e non ne riceve(ilarità e linciaggio compresi) ma lascia anche una scia di malessere, di gravità e silenzio che spesso anche a film migliori manca. Per un storia che viaggia dalla prima all'ultima inquadratura sul filo del rasoio dell'incomprensione e del rifiuto non è poco e allo stesso tempo forse non è abbastanza. Ma a Franchi le contraddizioni, i conflitti che sprigionano reazioni violente, persino denigratorie sembrano interessare più della ricerca di un equilibrio narrativo. Matteo De Chiara
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gioygio
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venerdì 16 novembre 2012
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pretenzioso e incompleto
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E' con dispiacere che devo affermare il completo fallimento del film "e la chiamano estate". Da un film del Festival Internazionale del Film di Roma, ci si aspetta un livello alto ed invece già dopo il primo quarto d'ora di film viene voglia di uscire dalla sala e l'unica domanda che sorge spontanea è "perchè è in concorso questo film?".
Il regista sicuramente ha un background cinematografico non indifferente e come afferma lui stesso proviene da una formazione psicanalitica, ma purtroppo tutto ciò non basta per essere un AUTORE di alto livello, l'arte e l'indole artistica è innata e Paolo Franchi ha peccato di superbia.
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E' con dispiacere che devo affermare il completo fallimento del film "e la chiamano estate". Da un film del Festival Internazionale del Film di Roma, ci si aspetta un livello alto ed invece già dopo il primo quarto d'ora di film viene voglia di uscire dalla sala e l'unica domanda che sorge spontanea è "perchè è in concorso questo film?".
Il regista sicuramente ha un background cinematografico non indifferente e come afferma lui stesso proviene da una formazione psicanalitica, ma purtroppo tutto ciò non basta per essere un AUTORE di alto livello, l'arte e l'indole artistica è innata e Paolo Franchi ha peccato di superbia.
La trama poteva essere interessante se fosse stata sviluppata da mani esperte e da una regia sapiente; la storia parla di un amore inespresso, di un'ossessione malata di un uomo che ama una donna quasi idolatrandola ma incapace di avere alcun rapporto sessuale con essa, si diletta e sfoga la sua frustrazione cercando sesso estremo, orge, prostitute.
La grammatica filmica è superficiale, poco emozionale, fredda e priva di armonia. Il dramma del protagonista è rappresentato con un susseguirsi di sequenze volgari, di nudi, atti sessuali e poco altro; non si scava nel personaggio, non si scava nella solitudine e nella gabbia emotiva della protagonista femminile che viene proposta solo nel suo nudo, vuoto e senza emozione.
Peccato per Isabella Ferrari che con un volto serio e teso ha cercato di difendersi dalle critiche e dalle domande scomode dei giornalisti scontenti, come il pubblico in sala alla Prima del film.
Troppa superbia e poca concretezza ed emozione, un gran peccato per Paolo Franchi e per il cinema italiano.
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rita branca
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venerdì 4 luglio 2014
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le contorsioni dell’anima di rita branca
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“E la chiamano estate” (2012) film di Paolo Franchi con Jean-Marc Barr, Isabella Ferrari, Filippo Nigro, Caterina Valente, Eva Riccobono, Luca Argentero, Romina Carrisi, Annarita del Piano, Christian Burruano, Jean-Pierre Lorit, Anita Kravos, Maurizio Donadoni
Film dal ritmo lentissimo e dal contenuto sconcertante e non convenzionale adatto ad un pubblico adulto e maturo.
Il titolo riprende quello di una canzone degli anni sessanta che fa da sottofondo inizialmente, in cui si sottolineava il vuoto di un’estate senza l’amata. In realtà nel film il protagonista, Dino, un affermato medico anestesista, che dice di amare sommamente la moglie Anna, interpretata da Isabella Ferrari, ce l’ha accanto, ma la tormenta e si logora nel tormento, consapevole dell’infelicità che le causa, ignorandola dal punto di vista fisico e procurandosi emozioni estreme con rapporti occasionali anche piuttosto trasgressivi e che lo soddisfano solo momentaneamente e parzialmente.
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“E la chiamano estate” (2012) film di Paolo Franchi con Jean-Marc Barr, Isabella Ferrari, Filippo Nigro, Caterina Valente, Eva Riccobono, Luca Argentero, Romina Carrisi, Annarita del Piano, Christian Burruano, Jean-Pierre Lorit, Anita Kravos, Maurizio Donadoni
Film dal ritmo lentissimo e dal contenuto sconcertante e non convenzionale adatto ad un pubblico adulto e maturo.
Il titolo riprende quello di una canzone degli anni sessanta che fa da sottofondo inizialmente, in cui si sottolineava il vuoto di un’estate senza l’amata. In realtà nel film il protagonista, Dino, un affermato medico anestesista, che dice di amare sommamente la moglie Anna, interpretata da Isabella Ferrari, ce l’ha accanto, ma la tormenta e si logora nel tormento, consapevole dell’infelicità che le causa, ignorandola dal punto di vista fisico e procurandosi emozioni estreme con rapporti occasionali anche piuttosto trasgressivi e che lo soddisfano solo momentaneamente e parzialmente.
Nel tentativo di accendere in sé un interesse sessuale totalmente assente verso la moglie, pur definendola bellissima, Dino non solo si umilia senza ritegno, contattando gli ex di lei e proponendo loro rapporti sessuali che quelli rifiutano, ma è contento, quando lei ha relazioni extraconiugali.
“E la chiamano estate” è un film molto triste e sui cui protagonisti occorrerebbe l’intervento di un buon psicoanalista in grado di aiutarli ad uscire dai tormenti delle contorsioni suscitate da chissà quali lontani trascorsi.
Rita Branca
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derriev
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martedì 27 novembre 2012
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ottima forma, scadente contenuto.
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Un film che descrive il disagio di una coppia, ma che pecca di inconsistenza, di vacuità.
La trama: una coppia innamorata ma in crisi; lui dedito ad orge e scambismo, lei fedele. Il marito vaga alla ricerca degli ex fidanzati della moglie, convinto che ve ne sia uno in grado di darle l'amore che lui non riesce ad esprimerle.
Che la trama sia particolare, è chiaro anche nella sua sintesi.
In sé l'idea è buona, quella di un rapporto di coppia in cui regna l'incompletezza, un amore inespresso perché bloccato sul piano fisico.
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Un film che descrive il disagio di una coppia, ma che pecca di inconsistenza, di vacuità.
La trama: una coppia innamorata ma in crisi; lui dedito ad orge e scambismo, lei fedele. Il marito vaga alla ricerca degli ex fidanzati della moglie, convinto che ve ne sia uno in grado di darle l'amore che lui non riesce ad esprimerle.
Che la trama sia particolare, è chiaro anche nella sua sintesi.
In sé l'idea è buona, quella di un rapporto di coppia in cui regna l'incompletezza, un amore inespresso perché bloccato sul piano fisico.
Peccato che la sceneggiatura, pure nella ottima ambientazione di luoghi anonimi e persi, scelga la strada dell'ermetismo e della trasgressione visiva e verbale, seppur minore di quella annunciata dalla stampa (io mi riferisco al film in distribuzione…).
Così tra amplessi e tradimenti, dialoghi inconcludenti perché i protagonisti sono sempre in disaccordo, vagheggi sul passato della coppia, il film striscia verso un doppio finale, che io francamente non ho compreso, per volerci dire, e questo lo possiamo solo intuire, che questa coppia proprio non "funziona".
Il perché pare chiaro, ripetuto all'esasperazione: lui non si ama, in realtà, ma vorrebbe che qualcuno almeno amasse lei.
Una vicenda in cui ruotano questi concetti, ripetuti in una sola forma: amplessi clandestini, e rifiuti per l'altra.
Pochino.
Decisamente fastidiosa la colonna sonora originale, praticamente onnipresente.
Molto buona la prova degli attori, soprattutto di Filippo Nigro che meriterebbe più ruoli importanti in Italia e apprezzabili fotografia e scenografia; tutti elementi che "sollevano" il film.
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