nicola1
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venerdì 1 marzo 2013
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bel thriller ma nulla piu'
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Possiede una tensione ed una suspence apprezzabile ma da qui a vincere l'Oscar ce ne vuole. Probabilmente e' la creazione artefatta di questa tensione (il bazaar, i check point all'aeroporto, il puerile inseguimento sulla pista) a danneggiare la visione generale del film, se non fosse stata una storia vera (e in questo caso sicuramente non avrebbe vinto l'Oscar) poteva pure passare come un 007 minore. Ci si aspetta sempre da una produzione hollywoodiana che i rivoluzionari alla fine passino sempre per bimbetti con i fucili in mano facili da raggirare ma in questo caso erano proprio idioti, Ben Affleck ce l'aveva scritto in fronte che era un agente CIA oltreché , come recitazione, lascia molto a desiderare.
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Possiede una tensione ed una suspence apprezzabile ma da qui a vincere l'Oscar ce ne vuole. Probabilmente e' la creazione artefatta di questa tensione (il bazaar, i check point all'aeroporto, il puerile inseguimento sulla pista) a danneggiare la visione generale del film, se non fosse stata una storia vera (e in questo caso sicuramente non avrebbe vinto l'Oscar) poteva pure passare come un 007 minore. Ci si aspetta sempre da una produzione hollywoodiana che i rivoluzionari alla fine passino sempre per bimbetti con i fucili in mano facili da raggirare ma in questo caso erano proprio idioti, Ben Affleck ce l'aveva scritto in fronte che era un agente CIA oltreché , come recitazione, lascia molto a desiderare. Fatta molto bene invece la prima parte del film, la ricostruzione storica dell'assalto all'ambasciata, la ricerca dei produttori a Hollywood (grande John Goodman, il migliore in assoluto) e la preparazione del piano.
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martedì 16 aprile 2013
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mentire
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Argo di Ben Affleck [Mentire] 7/10
Mentire è un’arte; talvolta una necessità. Per la CIA è un’abitudine e dissimulare fa parte del corredo di ogni agente e della struttura stessa. L’Agenzia e Hollywood sono addirittura l’essenza stessa della menzogna e, uniti per necessità, riuscirono (nel 1980) a concludere un capolavoro. Non un film, ma una reale missione impossibile. Questo narra Argo di Ben Affleck ovvero di come un agente (Tony Mendez) riuscì a salvare sei ostaggi prigionieri a Teheran ai tempi della rivoluzione khomeynista nel 1979.
Lo scià Reza Pahlavi ripara negli Stati Uniti e, benché prossimo a morire di cancro, è preteso in patria per un processo e una sicura impiccagione.
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Argo di Ben Affleck [Mentire] 7/10
Mentire è un’arte; talvolta una necessità. Per la CIA è un’abitudine e dissimulare fa parte del corredo di ogni agente e della struttura stessa. L’Agenzia e Hollywood sono addirittura l’essenza stessa della menzogna e, uniti per necessità, riuscirono (nel 1980) a concludere un capolavoro. Non un film, ma una reale missione impossibile. Questo narra Argo di Ben Affleck ovvero di come un agente (Tony Mendez) riuscì a salvare sei ostaggi prigionieri a Teheran ai tempi della rivoluzione khomeynista nel 1979.
Lo scià Reza Pahlavi ripara negli Stati Uniti e, benché prossimo a morire di cancro, è preteso in patria per un processo e una sicura impiccagione. Gli Usa non cedono, il mondo tentenna, i rivoluzionari in Iran e sotto le ambasciate americane protestano; i civili e i diplomatici fuggono da un paese diventato insicuro e controllato dalle forze rivoluzionarie fondamentaliste. L’ambasciata americana in Iran è invasa dalla folla urlante; 52 addetti e diplomatici sono presi in ostaggio, sei passano fortunosamente all’ambasciata canadese. Vi resteranno mesi.
Intanto la CIA studia un piano per la loro liberazione e tra le tante stravaganti proposte –tutte saggiamente rifiutate dai cervelli dell’Intelligence e dai politici – vince la più assurda: trasformare i sei ostaggi in una troupe del cinema. L’idea dell’agente Tony Mendez vince perché la macchina della menzogna (se il cinema è menzogna Hollywood è la patria della bugia) è più efficiente della verità diplomatica o della forza militare (entrambe già fallite). Mentire è più saggio che affrontare con la determinatezza della politica (internazionale) e con vero senso di responsabilità un caso diplomatico e umano che rischia di far esplodere una guerra.
In breve tempo la produzione del “film” parte secondo la prassi consueta e con la diffusione delle indispensabili informazioni (fasulle) che depisteranno i servizi segreti iraniani. Si cercano e si trovano lo sceneggiatore, il produttore, il produttore esecutivo che si divertono come matti a fingere di fare (dunque a mentire) un finto film. La CIA e la politica si perdono in discussioni e tutto rischia di andare all’aria: come spesso succede nella preparazione di un film, come sempre succede nella vita vera.
Ben Affleck, qui alla sua terza prova di regista (dopo “Gone Baby Gone”, 2007 e “The Town”, 2010) dimostra grandi capacità di narratore e sa creare la giusta tensione (non eccessiva perché il finale è ovvio) semmai punta l’obbiettivo (fotografia Rodrigo Prieto) sull’ambiente iraniano già martoriato dalla lotta rivoluzionaria. Paese semidistrutto, povero, presidiato da soldati armati, controllato dalle spie. Il montaggio di “Argo” (William Goldenberg) è la vera forza del film e sviluppa il racconto a sezioni parallele dando forza alla lunga preparazione del piano (in America) e ritmando (la vicenda e la sua rappresentazione hanno tempi quasi simili) la parte finale della fuga.
Tuttavia, nell’insieme, “Argo” è un film tradizionale ben costruito, interpretato con misura da professionisti, senza esagerazioni. È stato definito un film di “destra” ma forse è più corretto definirlo “conservatore” di quei valori molto americani come l’obbedienza, il senso del dovere e del sacrificio, la superiorità su tutti. Eppure non è privo di ironia e di qualche critica al sistema, al campionario umano desolante (politici, agenti e persino qualche ostaggio), alla protezione ostinata dei fatti e alla obbligatoria segretezza (la vicenda resterà ignota per un paio di decenni). L’America è sempre Dio e la CIA resta il suo profeta.
Argo è un film che supera la cronaca dei fatti per raccontare un brandello di storia esemplare mettendo in evidenza il sistema della menzogna di Stato anche se, mentendo, talvolta si fa esplodere la verità, dopo trent’anni.
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jacopo b98
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lunedì 27 maggio 2013
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affleck ci regala un gran thriller adrenalinico
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1979-1980, Iran in piena rivoluzione islamica. Un agente della CIA (Affleck), specializzato in “estrazioni”, deve tirare fuori sei diplomatici americani che, riuscendo a scappare dal consolato prima dell’invasione, si sono rifugiati presso l’ambasceria canadese. Inventa perciò un bizzarro piano: con l’aiuto del truccatore John Chambers (1923-2001, Oscar per il trucco de Il pianeta delle scimmie, Goodman) e del produttore Lester Siegel (Arkin) mette su un falso film di fantascienza, Argo, entra nel paese con la scusa di dover girare il film e fa passare per membri della troupe i diplomatici. La storia vera di Tony Mendez è leggenda nella CIA, e Affleck al suo terzo film da regista ne ha tratto un indimenticabile thriller.
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1979-1980, Iran in piena rivoluzione islamica. Un agente della CIA (Affleck), specializzato in “estrazioni”, deve tirare fuori sei diplomatici americani che, riuscendo a scappare dal consolato prima dell’invasione, si sono rifugiati presso l’ambasceria canadese. Inventa perciò un bizzarro piano: con l’aiuto del truccatore John Chambers (1923-2001, Oscar per il trucco de Il pianeta delle scimmie, Goodman) e del produttore Lester Siegel (Arkin) mette su un falso film di fantascienza, Argo, entra nel paese con la scusa di dover girare il film e fa passare per membri della troupe i diplomatici. La storia vera di Tony Mendez è leggenda nella CIA, e Affleck al suo terzo film da regista ne ha tratto un indimenticabile thriller. Ben (e intelligentemente) sceneggiato da Chris Terrio, prodotto da George Clooney e Grant Heslov, è stato il film dell’anno, premiato agli Oscar con tre statuette: film, sceneggiatura non originale (da documenti segreti poi declassificati) e montaggio; ai Golden Globe con due: film e regia e ai BAFTA con tre film, regia e montaggio, oltre agli altri riconoscimenti internazionali. Forse la statuetta del miglior film, contando che in gara c’erano, tra gli altri, anche Les Misérables, Django Unchained, Re della terra selvaggia e Lincoln; ma è davvero stato un reato non premiare il film con la statuetta della regia (per cui il film agli Oscar non ha neanche ricevuto la candidatura, nell’anno in cui vinse scandalosamente Ang Lee per per Vita di Pi): Affleck racconta una storia già vista, già sentita e abbastanza ovvia, ma lo fa così bene e con una maestria così grande da realizzare un film teso in modo quasi insostenibile, indimenticabile il finale in aeroporto a Teheran, con le auto che sfrecciano sulla pista. Inoltre il film è spiritoso, grazie alla riuscita accoppiata Goodman-Arkin, entrambi bravissimi, seppur serio, non troppo patriottico nei confronti degli Stati Uniti, seppur profondamente americano, esagerato ed un tantino sentimentalista nel finale. È un film d’azione, ma è così bello, così ben fatto da risultare davvero godibile, mai sciocco e tantomeno gratuito. Affleck ci regala un’ottima interpretazione di un personaggio complesso e non banale, anche se forse ha più talento dietro la macchina da presa che non davanti. Assolutamente imperdibile.
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zummone
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mercoledì 19 giugno 2013
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salvare ostaggi con un film!
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Nel 1979 l'ambasciata americana a Tehran, in Iran, venne presa d'assalto e occupata da studenti e cittadini. Dentro c'erano decine di funzionari e impiegati, che furono presi in ostaggio. Gli iraniani volevano che gli Stati Uniti "restituissero" Reza Phalavi, lo Scià di Persia cacciato dalla rivoluzione di Khomeini, che si era rifugiato negli Usa.
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Nel 1979 l'ambasciata americana a Tehran, in Iran, venne presa d'assalto e occupata da studenti e cittadini. Dentro c'erano decine di funzionari e impiegati, che furono presi in ostaggio. Gli iraniani volevano che gli Stati Uniti "restituissero" Reza Phalavi, lo Scià di Persia cacciato dalla rivoluzione di Khomeini, che si era rifugiato negli Usa. Gli ostaggi rimasero prigionieri per oltre un anno e questo smacco (insieme a un mancato tentativo di liberazione) costò la rielezione a Jimmy Carter, allora Presidente.
Questa è storia, anche abbastanza risaputa. Quel che si conosceva poco, invece, è narrato nel bel film di Ben Affleck (qui alla terza regia e anche protagonista), "Argo". Infatti, un episodio collaterale della storia vera, fu la fuga dall'ambasciata di sei americani, che si rifugiarono a casa dell'ambasciatore canadese. Un agente della CIA (Affleck) cerca di portarli fuori dall'Iran, proponendo un piano folle: fingersi un produttore che vuolgirare un film ("Argo", appunto!), ambientato in Iran, e spacciare i sei americani come membri del cast tecnico, lì per un sopralluogo. E così comincia la costruzione della finzione: una sceneggiatura, bozzetti, un presunto cast, un ufficio di produzione, un truccatore celeberrimo, conferenze stampa e articoli sui giornali. Tutto falso, ma fatto ad arte, perchè sembri vero.
La realtà, lo sappiamo, può superare di gran lunga la fantasia e il film si ispira a fatti davvero accaduti: l'agente Cia Tony Mendez e la sua piccola "impresa". Con un ritmo serrato e una bella sceneggiatura, capace di ricostruire, in maniera chiara, un fatto sconosciuto ai più, con una progressione drammatica einserti brillanti (impareggiabili i dialoghi con il produttore Alan Arkin e il mago degli effetti speciali John Goodman), "Argo" è un bel prodotto a metà strada, tra l'intrattenimento intelligente, il film ispirato a fatti storici e l'action movie. Provare per credere!
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timothyfalcodissidissegna
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venerdì 9 agosto 2013
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affleck come ulisse, in “argo” la storia si risolv
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Che gli americani fossero eccellenti nel risolvere delicati problemi internazionali (più o meno pacificamente) ce lo confermano tonnellate di film su agenti speciale, missioni segrete e piani diabolici sventati per il bene dell'umanità che da anni riempiono le sale cinematografiche di mezzo mondo. O quanto meno questo è quello che l'immaginario comune ormai pensa, con la figura del Rambo di turno che, armato dalla testa ai piedi con tutti i modelli di arma da fuoco esistesti a questo modo, affronta da solo l'esercito nemico e ovviamente ne esce vincitore. Quindi, verrebbe da pensare che la spia che rimane dietro la propria scrivania sia assolutamente in contrasto con praticamente tutto il cinema d'azione made in Hollywood, con i vari Schwarzeneger e Chuck Norris che la fanno da padroni indiscussi, e che sia impensabile che una pellicola con al centro, appunto, un agente segreto che preferisce l'astuzia ai muscoli possa sbancare il botteghino.
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Che gli americani fossero eccellenti nel risolvere delicati problemi internazionali (più o meno pacificamente) ce lo confermano tonnellate di film su agenti speciale, missioni segrete e piani diabolici sventati per il bene dell'umanità che da anni riempiono le sale cinematografiche di mezzo mondo. O quanto meno questo è quello che l'immaginario comune ormai pensa, con la figura del Rambo di turno che, armato dalla testa ai piedi con tutti i modelli di arma da fuoco esistesti a questo modo, affronta da solo l'esercito nemico e ovviamente ne esce vincitore. Quindi, verrebbe da pensare che la spia che rimane dietro la propria scrivania sia assolutamente in contrasto con praticamente tutto il cinema d'azione made in Hollywood, con i vari Schwarzeneger e Chuck Norris che la fanno da padroni indiscussi, e che sia impensabile che una pellicola con al centro, appunto, un agente segreto che preferisce l'astuzia ai muscoli possa sbancare il botteghino. Ma per fortuna esistono persone che non la pensano così, e tra queste c'è Ben Affleck che, ispirandosi a una vicenda realmente accaduta alla fine degli anni '70 in Iran, è riuscito a creare una pellicola avvincente e coinvolgente, con le adeguate aggiunte per rendere la storia ancora più accattivante.
“Argo”, questo il titolo del film, lo ha visto partecipe a 360°, rivestendo i panni di attore, regista e produttore. Il risultato è stato ottimo, con l'apprezzamento di pubblico e critica.
Siamo a Teheran, 1979. L'ayatollah Komheini, guida religiosa e politica del Paese, è ritornato in patria dopo l'esilio iniziato nel 1953, e la popolazione si scatena contro il “nemico americano”, irrompendo nell'ambasciata degli Stati Uniti. Sette funzionari riescono a scappare e tocca a Tony Mendez (Affleck), agente della Cia, riportarli a casa sani e salvi. L'idea arriva per caso, ed è sull'onda dei successi cinematografici dell'epoca: fingere di essere una troupe cinematografica che sta vedendo i luoghi per girare un film di fantascienza. “Argo”, appunto. Sono, infatti, gli anni dei primi tre capitoli di Star Wars, saga che compare spesso all'interno della pellicola, e i paesaggi orientali dell'Iran sono ideali per le riprese. Entra così in scena l'intelligenza e l'astuzia di Mendez, che vola a Teheran per aiutare il gruppo, sostituendo appieno la forza bruta del piombo e addirittura diverte, sempre però con il fiato sospeso quando i soldati iraniani fermano i protagonisti all'aeroporto.
Ne esce quasi un omaggio all'antico eroe greco Ulisse (Argo era il suo cane), che privilegiava il cervello ai muscoli, e non sfigura affatto ma anzi è un chiaro esempio di come la Storia si ripresenti spesso nelle stesse forme, e per risolverla ci si può affidare all'arma migliore che l'uomo possegga: il cervello.
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shanks
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venerdì 16 novembre 2012
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galeotto fu lo storyboard
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Forse per capire appieno il nuovo lavoro di un regista ormai affermato e consolidato solo da ottime prove sarebbe meglio documentarsi, studiare quello che fu un azzardo e che la classificazione top secret ci negò per decenni, rivedere gli scenari politici e sociali del tempo; sicuramente per goderne totalmente la moltitudine di dettagli che vi sono in esso basta rilassarsi sulla poltrona. Ben Affleck rivela una storia politica e difficile, quasi scomoda.
Una crisi internazionale fra gli Stati Uniti e l'Iran, avvia una campagna di odio che sfocia gradino dopo gradino nella più aspra intolleranza tra popoli ed etnie diverse. In tutto questo, sei persone scappano dall'ambasciata americana sita in Teheran, costrette a nascondersi da morte certa.
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Forse per capire appieno il nuovo lavoro di un regista ormai affermato e consolidato solo da ottime prove sarebbe meglio documentarsi, studiare quello che fu un azzardo e che la classificazione top secret ci negò per decenni, rivedere gli scenari politici e sociali del tempo; sicuramente per goderne totalmente la moltitudine di dettagli che vi sono in esso basta rilassarsi sulla poltrona. Ben Affleck rivela una storia politica e difficile, quasi scomoda.
Una crisi internazionale fra gli Stati Uniti e l'Iran, avvia una campagna di odio che sfocia gradino dopo gradino nella più aspra intolleranza tra popoli ed etnie diverse. In tutto questo, sei persone scappano dall'ambasciata americana sita in Teheran, costrette a nascondersi da morte certa. Da qui l'idea assurda, del miglior esfiltratore della C.I.A., Tony Mendez impersonato da Affleck, il quale costruisce, con l'aiuto di veri personaggi cinematografici, un finto film da girare nella tana del lupo, in modo da reclutare i fuggitivi in gran segreto e riportarli in madre patria.
Teso, accattivante, Argo è ideato con gran cognizione di causa; ogni dettaglio è al posto giusto, ogni personaggio studiato meticolosamente. La pellicola riprende quello stile elegantemente anni 70 di cui Redford diventò un caposaldo del genere e quell'umanità che il tempo ergerà Eastwood a poeta della settima arte.
Sorprende la disinvoltura con cui è descritta l'intelligence americana: nei corridoi cosi seriosi dei palazzi di Langley infatti, chi ci lavora è disegnato come un uomo con tutte le debolezze del caso, dipingendo l'intero luogo di lavoro come un posto qualunque. Ma sorprende più di tutto la volontà di far conoscere una vicenda spinosa, nella quale in fondo gli States non ne escono ne vincitori ne simpatici. Aggiungono pepe un Alan Arkin da applausi, una infinita scena in aeroporto (al cardiopalma) e maestosi titoli di coda.
Gone Affleck gone!
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archipic
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sabato 17 novembre 2012
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quando il cinema si fa cronaca
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Ben Affleck ci sorprende realizzando una pellicola di ottima fattura che narra la storia vera di un gruppo di americani portati fuori, con uno stratagemma, dall'inferno di Teheran del 1979 allo scoppio della rivoluzione islamica. La storia somiglia molto a quella narrata da Ken Follett nel suo Sulle ali delle aquile; in effetti allo scoppio della rivoluzione erano molti gli americani da far evacuare dall'Iran con problematiche simili e soluzioni diverse da escogitare. Molto apprezzabile l'aver voluto evitare il facile americanismo dell'eroe nazional-popolare di certi altri film; il personaggio di Ben è, invece, molto credibile e trattato in modo molto semplice, senza nessuna amplificazione se non il lavoro e la missione da compiere nel migliore dei modi.
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Ben Affleck ci sorprende realizzando una pellicola di ottima fattura che narra la storia vera di un gruppo di americani portati fuori, con uno stratagemma, dall'inferno di Teheran del 1979 allo scoppio della rivoluzione islamica. La storia somiglia molto a quella narrata da Ken Follett nel suo Sulle ali delle aquile; in effetti allo scoppio della rivoluzione erano molti gli americani da far evacuare dall'Iran con problematiche simili e soluzioni diverse da escogitare. Molto apprezzabile l'aver voluto evitare il facile americanismo dell'eroe nazional-popolare di certi altri film; il personaggio di Ben è, invece, molto credibile e trattato in modo molto semplice, senza nessuna amplificazione se non il lavoro e la missione da compiere nel migliore dei modi. La sceneggiatura è molto fluida e segue senza eccessivi virtuosismi lo scorrere degli avvenimenti. Il montaggio rende un ottimo ritmo alla narrazione che, senza eccessive pause, scorre con gradevole velocità. La regia, poi, confeziona il tutto con sapienti scene di massa, un uso intelligente della stedycam e un cast di attori molto bravi e incredibilmente somiglianti ai veri personaggi della storia. Su tutti, oltre ad un ottimo Affleck, segnalo la bravura e la simpatia del duo Goodman-Arkin: fantastici. Il prodotto finale è un film molto bello che tiene avvinti e coinvolge lo spettatore negli eventi che segnarono quell'epoca. Un pathos costante attraversa l'intera durata della pellicola; la sensazione di incertezza, il pericolo della fuga, la possibilità di tradimenti, le paure dei fuggitivi ed il loro coraggio, creano un filo invisibile che raggiunge le poltrone del cinema legando a sè la platea. Si esce dalla sala con l'emozione degli avvenimenti seguiti e con la consapevolezza di aver imparato qualcosa che appartiene ormai alla storia. E se il cinema riesce a far questo, direi che ha raggiunto il suo scopo.
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matt83
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sabato 24 agosto 2013
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un'ottima prova da regista per ben affleck!
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Ho visto “Argo” ieri sera e solo poco prima di arrivare all'arena, ho scoperto che ha conquistato ben 3 Premi Oscar (compreso quello al miglior film dell’anno), 2 Golden Globe e 3 British Academy Film Awards. What else? Come direbbe George Clooney che è, insieme al neo regista Ben Affleck, il coproduttore della pellicola. Innanzitutto che si tratta di un film molto poco “facile” nonostante il suo protagonista così famoso, ancora una volta il caro Ben, e un film basato su fatti realmente accaduti a Teheran dopo la rivoluzione iraniana del 1979 e tratto dall’omonimo libro di Tony Mendez e Matt Baglio. Il film mette in scena, infatti, il cosiddetto Canadian Caper, ossia l’operazione segreta congiunta tra Stati Uniti e Canada – messa in piedi dallo stesso Mendez – per liberare, nell’ambito della crisi degli ostaggi, sei cittadini americani rifugiatisi nell’ambasciata canadese della capitale iraniana.
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Ho visto “Argo” ieri sera e solo poco prima di arrivare all'arena, ho scoperto che ha conquistato ben 3 Premi Oscar (compreso quello al miglior film dell’anno), 2 Golden Globe e 3 British Academy Film Awards. What else? Come direbbe George Clooney che è, insieme al neo regista Ben Affleck, il coproduttore della pellicola. Innanzitutto che si tratta di un film molto poco “facile” nonostante il suo protagonista così famoso, ancora una volta il caro Ben, e un film basato su fatti realmente accaduti a Teheran dopo la rivoluzione iraniana del 1979 e tratto dall’omonimo libro di Tony Mendez e Matt Baglio. Il film mette in scena, infatti, il cosiddetto Canadian Caper, ossia l’operazione segreta congiunta tra Stati Uniti e Canada – messa in piedi dallo stesso Mendez – per liberare, nell’ambito della crisi degli ostaggi, sei cittadini americani rifugiatisi nell’ambasciata canadese della capitale iraniana. Fin qui niente di nuovo sotto il sole. Nel senso che la sinossi del film potrebbe far pensare all’ennesima Americanata®. Mi spiego meglio. Ben potrebbe aver tranquillamente ceduto alla tentazione di fare un film su “quanto sono bravi gli americani” che, nonostante i cattivoni iraniani, sono riusciti a salvare le vite dei loro connazionli ingiustamente minacciati di morte da un popolo invasato dalla propagada inslamica del perfido ayatollah Ruhollah Mosavi Khomeini, capo spirituale e politico del suo Paese dal 1979 al 1989. Tentazione al quale Ben evidentemente non ha ceduto se è riuscito a far trasparire tutta l’inadeguatezza dei vertici sia politici e militari degli USA nell’affrontare la crisi scoppiata nel Medio Oriente. Infatti dopo alcune idee davvero balzane messe sul campo per liberare gli ostaggi, Tony Mendez, il protagonista interpretato da Ben Affleck, decide di spremersi le meningi e di mettere a rischio la sua stessa vita pur di “esfiltrare” (termine tecnico che mi rivendo ma che ho imparato solo ieri sera) i sei malcapitati. E a chi si rivolge? All’ONU? A una onlus prestigiosa? No, ad Hollywwod. E la cosa funziona. Perchè in fondo se “Vuoi venire ad Hollywood a spacciarti per qualcuno senza essere nessuno (…) sarai a tuo agio!”. Ed è così che la fabbrica dei sogni per antonomasia oltre a creare immensi profitti per una volta si presta a fare una buona azione. Esattamente come l’ambasciatore del Canada Ken Taylor che mette a rischio la sua posizione pur di fornire delle identità false ai 6 americani. Identità doppiamente false: false in quanto canadese e false perchè i 6 devono spacciarsi per una truope cinematografica in missione in Iran per valutare la possibilità di girare alcune scene del loro film fantascientifico proprio nell’esotica Repubblica Islamica. Argo appunto. Un film con grandi pretese che, tuttavia, serve solo da copertura. A tal proposito mi ha colpito molto la frase che John Chambers, il make-up artist che aveva già collaborato in precedenza con la CIA per dei travestimenti coinvolto da Medez, dice per dichiarare la sua disponibilità a prendere parte all’operazione: “Quindi tu vuoi venire a Hollywood e far finta che stai lavorando a un grande progetto senza realizzarlo, giusto? Allora hai scelto il posto giusto!”. Il buon Chambers mette in contatto Mendez anche con il produttore cinematografico alla fine della carriera Lester Siegel e in breve il gioco è fatto. Niente è più vero di una bugia? Forse è proprio così. Per una volta però la cosa è servita a qualcuno.
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giorpost
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martedì 8 settembre 2015
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godibile tranne l'affleck attore e il patriottismo
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Argo (USA, 2012) racconta le vicende del rocambolesco quanto bizzarro recupero di 6 diplomatici statunitensi rifugiatisi, in Iran, presso la residenza privata del console canadese a seguito dell' assalto all' ambasciata americana di Teheran da parte dei "ribelli" nel 1979. I fatti sono reali e rappresentano la diretta conseguenza della rivoluzione iraniana.
Il film ha una sua scorrevolezza e un buon impatto visivo con discreti interpreti secondari, oltre alla caratteristica, di non poco conto, di essere tecnicamente ben diretto. E quì finiscono le note positive, in quanto proprio il regista Ben Affleck avrebbe dovuto limitarsi soltanto a dirigere questo lungometraggio, resistendo alla tentazione di interpretarlo in prima persona.
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Argo (USA, 2012) racconta le vicende del rocambolesco quanto bizzarro recupero di 6 diplomatici statunitensi rifugiatisi, in Iran, presso la residenza privata del console canadese a seguito dell' assalto all' ambasciata americana di Teheran da parte dei "ribelli" nel 1979. I fatti sono reali e rappresentano la diretta conseguenza della rivoluzione iraniana.
Il film ha una sua scorrevolezza e un buon impatto visivo con discreti interpreti secondari, oltre alla caratteristica, di non poco conto, di essere tecnicamente ben diretto. E quì finiscono le note positive, in quanto proprio il regista Ben Affleck avrebbe dovuto limitarsi soltanto a dirigere questo lungometraggio, resistendo alla tentazione di interpretarlo in prima persona. Nelle vesti dell' agente segreto Tony Mendez, Affleck offre lungo tutta la durata del film la stessa identica espressione afflitta, con soli tre accenni di sorriso, tra l' altro mal riusciti, nella parte finale; il tutto sotto una parrucca posticcia in pieno stile anni '70 ed una barba tipica di chi sa di esser bello ma che vuole a tutti i costi apparire solitario e sofferente sapendo di trovare estimatrici a vario titolo. Lasciando da parte inutili diatribe tra difensori e detrattori, credo di non offendere nessuno nel dire che Affleck è un buon sceneggiatore (insieme all' amico Damon) e un attento regista ma ha una discutibile impronta in termini di recitazione, almeno secondo miei personali quanto discutibilissimi gusti. Inoltre, essendo questa un' opera di stampo semi-patriottico, occorrono doverose precisazioni sul contesto socio-politico nel quale si muove la storia: ho chiamato "ribelli" gli studenti iraniani che, inviperiti, fecero irruzione nell' ambasciata USA dopo la nascita del movimento islamista rivoluzionario, ed il virgolettato non è casuale in quanto c'è chi li ritiene tali, ma anche chi li considera legittimi difensori del sacrosanto diritto dell' Iran di quei tempi all' autodeterminazione ed alla propria sovranità, aspetti che sono sono stati messi in discussione dalle amministrazioni americane succedutesi in quei decenni che spinsero al colpo di stato del '53 modificando l' assetto politico del Paese, offrendo anche appoggio ed aasilo politico allo Scià Mohammad Reza Pahlavi che fece disastri di ogni tipo. Nutro perplessità anche sulla rappresentazione dei militari aeroportuali di Teheran (quelli che cadono goffamente nella beffa dei fumetti scambiando i 6 fuggiaschi per appartenenti al cast di un ipotetico film fantasy da girare sul suolo iraniano), sulla colonna sonora (cosa c' entra il riff di Sultans of Swing dei Dire Straits?) e di tutto il contorno del plot perché risulta evidente l' operazione di marketing, chiusa in modo anche peggiore con un finale romanzato tra i classici festeggiamenti nella sede della CIA e il ricongiungimento coniugale del protagonista.
Si salvano dal calvario Goodman e Arkin, quest' ultimo in particolare vena sarcastica.Riflettendo, se vogliamo restare in tema di film nel film, consiglio caldamente di guardare Tropic Thunder: ci si diverte e si riflette molto di più.
Voto complessivo: 5.
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fabris piermaria
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venerdì 9 novembre 2012
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argo, una piacevole sorpresa
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Iran, 1979, i rivoluzionari dell'Ayatollah Khomeyni irrompono nell'ambasciata americana e prendono in ostaggio 52 persone membre del corpo diplomatico. Solamente sei funzionari riusciranno a scappare e rifugiarsi nella casa dell'ambasciatore canadese. Il governo americano in collaborazione con quello del Canda (passerà alla storia con il nome di Canadian caper) attueranno una strategia per far rimpatriare i fuggitivi. L'agente CIA Tony Mendez, interpretato da Ben Affleck, organizza un piano di fuga, fingendo che i sei siano una troupe cinematografica canadese che deve compiere dei sopralluoghi in Iran per la realizzare un film fantascentifico di nome Argo. Tutto sarà molto più credibile grazie all'aiuto di due personaggi hollywoodiani: il truccatore premio Oscar John Chambers e il produttore dalla battuta pronta e la grande esperienza Lester Siegel, interpretati perfettamente da John Goodman e Alan Arkin.
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Iran, 1979, i rivoluzionari dell'Ayatollah Khomeyni irrompono nell'ambasciata americana e prendono in ostaggio 52 persone membre del corpo diplomatico. Solamente sei funzionari riusciranno a scappare e rifugiarsi nella casa dell'ambasciatore canadese. Il governo americano in collaborazione con quello del Canda (passerà alla storia con il nome di Canadian caper) attueranno una strategia per far rimpatriare i fuggitivi. L'agente CIA Tony Mendez, interpretato da Ben Affleck, organizza un piano di fuga, fingendo che i sei siano una troupe cinematografica canadese che deve compiere dei sopralluoghi in Iran per la realizzare un film fantascentifico di nome Argo. Tutto sarà molto più credibile grazie all'aiuto di due personaggi hollywoodiani: il truccatore premio Oscar John Chambers e il produttore dalla battuta pronta e la grande esperienza Lester Siegel, interpretati perfettamente da John Goodman e Alan Arkin. All'entrata in sala ero molto scettico su questo film pensando che fosse la classica "americanata" con fini prettamente propagandistici; mi sono dovuto ricredere. Il film scorre molto bene, mantenendo la suspence e creando un'atmosfera molto realistica. La cura del particolare e dei dialoghi è quasi maniacale e permette una ricostruzione fedele e credibile della vicenda, sebbene con alcune forzature stilistiche nel finale che non rovinano l'impianto corale del film. Gli attori sono tutti perfettamente nella parte e nessuno sembra fuori posto. Menzione speciale per Ben Affleck, che ci offre una prova di attore magistrale, ma a mio parere ancor di più da regista consumato.
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[+] affleck prova magistrale?!...
(di derriev)
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