mauro@lanari
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lunedì 27 dicembre 2021
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george harrison come modell'odierno d'"homo sacer"
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Il prete mancato di New York prend'i Beatles per proseguire il suo interminabile sermone. Sol'un seminarista frustrato potev'azzardarsi a manipolare la carriera dei Fab Four per accentrare ipertroficamente l'attenzione sull'afflato spirituale di George Harrison. L'8 aprile 1966 la rivista "Time" sceglie com'articolo di copertina "Is God Dead?", e a Scorsese viene l'idea di replicare per dimostrare la persistenza dell'"homo sacer" nell'odierna società secolarizzata raccontando la storia del membro più misticheggiante della band di Liverpool. Per quasi 3 ore e mezzo ci narra le vicende di questo musicista interessato al sitar più ch'alla chitarra, alla trascendenza più ch'all'immanenza materialistica, alla meditazione teistica più ch'al rock, tant'è che s'oppone al gruppo pur di coltivare nella propria carriera solista la beatitudine raggiunta.
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Il prete mancato di New York prend'i Beatles per proseguire il suo interminabile sermone. Sol'un seminarista frustrato potev'azzardarsi a manipolare la carriera dei Fab Four per accentrare ipertroficamente l'attenzione sull'afflato spirituale di George Harrison. L'8 aprile 1966 la rivista "Time" sceglie com'articolo di copertina "Is God Dead?", e a Scorsese viene l'idea di replicare per dimostrare la persistenza dell'"homo sacer" nell'odierna società secolarizzata raccontando la storia del membro più misticheggiante della band di Liverpool. Per quasi 3 ore e mezzo ci narra le vicende di questo musicista interessato al sitar più ch'alla chitarra, alla trascendenza più ch'all'immanenza materialistica, alla meditazione teistica più ch'al rock, tant'è che s'oppone al gruppo pur di coltivare nella propria carriera solista la beatitudine raggiunta. I fatti scorrono via rapidamente, dalla Beatlemania alla morte di Lennon e a qualsiasi gesto d'amore, poiché saremmo (come?) "angeli catturati nella carnalità". La soundtrack contiene pochissime canzoni non composte da lui e manca pure il suo primo celebre brano, "Taxman": troppo terreno. Un'omelia agiografica mostruosamente lunga e per nulla convincente s'un santo poco convenzionale, ecumenico e diffidente verso il tradizionalismo ortodosso: uno in cui il narciso Martin rispecchia giulivo se stesso. Ps: verso la fine del film si scorge per un attimo Red Ronnie ch'intervista Harrison. Dall'abbigliamento s'evince ch'er'ancora tutto in questa dimensione.
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alex41
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mercoledì 25 aprile 2012
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il film sui fab four che mancava
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Il Beatles più trascurato e sottovalutato che invece era in assoluto il più geniale e sperimentale, insieme al collega e amico John Lennon. Le sue emozioni, la sua passione per la musica indiana, la sua gentilezza, il suo coraggio nell'allargarsi sempre di più in cerca di migliorarsi sempre di più. Nella prima parte, incentrata sulla carriera dei Beatles, notiamo quest'uomo che, tra le figure litigiose di Paul McCartney e Lennon è riuscito a creare melodie superbe e geniali. "Within You Without You" e "Love To You" sono due bellissime ballate e storiche (la prima geniale, la seconda con un testo molto profondo) dove suona il sitar indiano, la struggente "While My Guitar Gently Weeps" suonata con Eric Clapton, ma anche la solare e allegra "Here Comes The Sun".
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Il Beatles più trascurato e sottovalutato che invece era in assoluto il più geniale e sperimentale, insieme al collega e amico John Lennon. Le sue emozioni, la sua passione per la musica indiana, la sua gentilezza, il suo coraggio nell'allargarsi sempre di più in cerca di migliorarsi sempre di più. Nella prima parte, incentrata sulla carriera dei Beatles, notiamo quest'uomo che, tra le figure litigiose di Paul McCartney e Lennon è riuscito a creare melodie superbe e geniali. "Within You Without You" e "Love To You" sono due bellissime ballate e storiche (la prima geniale, la seconda con un testo molto profondo) dove suona il sitar indiano, la struggente "While My Guitar Gently Weeps" suonata con Eric Clapton, ma anche la solare e allegra "Here Comes The Sun". Senza di lui probabilmente i Beatles non sarebbero diventati quello che erano diventati, ovvero geni musicali (che già di loro lo erano, ma dato i litigi dei due e il distacco da parte del povero e incompreso Ringo Starr, alla fine George è stato colui che è riuscito a mantenere duro il legame). Nella seconda parte ecco invece un George Harrison diverso e con tra le mani una lunga e avventurosa carriera da solista. Scrisse molte canzoni ingiustamente molto sottovalute, collaborò con artisti importanti sulla scena rock e pure a molti film (tra cui "Brian Di Nazareth" dei comici inglesi Monty Python") fino alla sua morte. In questo film c'è tutto, c'è George stesso, ci sono i Beatles, c'è l'amore per la musica e per il cinema, un vero gioiello diretto da Martin Scorsese, che dopo aver toccato con eleganza i Rolling Stones nel documentario-concerto "Shine A Light" si è spostato sui quattro scarafaggi, e in particolare al Beatle più trascurato, ma geniale quanto John e Paul messi insieme. Per me infatti è George il vero Beatles, quello che è sempre migliorato e che si è sempre rinnovato: Ringo era simpatico sì, anche se musicalmente niente di eccezionale; John era geniale sì, diciamo pure un geniaccio (ascoltando Revolution 9 si può capire il perchè) anche se di carattere lasciava un po' a desiderare (era molto cocciuto) e infine Paul, che invece dalla sua carriera successiva si è capito che era il Beatle più dolce e melodico e musicalmente raramente toccava il rock (Helter Skelter è stata la sua grande eccezione). Perciò questo film rappresenta il musicista per eccellenza della band, il più completo, il più carismatico, un grande uomo oltre che artista. Interessanti poi le interviste di Ravi Shankar, della moglie, di Eric Clapton e di Terry Gilliam. Voto 10/10.
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gorod
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venerdì 20 aprile 2012
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bello, specie la prima parte.
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Bello, devo dire, da appassionato dei Beatles e che ama molte cose dell'Harrison solista. Non tutto il materiale è proprio nuovo, ci sono cose viste e riviste. Però il contesto della Londra anni '60 è molto interessante, vivo; e le immagini dei dibattiti sulla religione tenuti da preti, cantanti, Harrison e giornalisti sono meravigliosamente surreali. La figura di Harrison pare ben delineata, ma risulta sfuggente nel II tempo del film, che a mio avviso si dilunga troppo ed è troppo indulgente (si parla del lato materialista di George, del suo uso di droghe, ma non ci sono mai immagini a sostegno, se non involontarie - gli occhi sballati del concerto di New York, ad esempio: tutta la parte documentata è legata alla sua parte spirituale, con un risultato a mio avviso un poco fuorviante)fino a far apparire la morte del grande George una sorta di assunzione in cielo; si nota anche, a esser maliziosi, un certo astio per la figura di Yoko, che appare proprio il minimo necessario, e di John, che viene citato davvero poco (e non solo perché defunto.
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Bello, devo dire, da appassionato dei Beatles e che ama molte cose dell'Harrison solista. Non tutto il materiale è proprio nuovo, ci sono cose viste e riviste. Però il contesto della Londra anni '60 è molto interessante, vivo; e le immagini dei dibattiti sulla religione tenuti da preti, cantanti, Harrison e giornalisti sono meravigliosamente surreali. La figura di Harrison pare ben delineata, ma risulta sfuggente nel II tempo del film, che a mio avviso si dilunga troppo ed è troppo indulgente (si parla del lato materialista di George, del suo uso di droghe, ma non ci sono mai immagini a sostegno, se non involontarie - gli occhi sballati del concerto di New York, ad esempio: tutta la parte documentata è legata alla sua parte spirituale, con un risultato a mio avviso un poco fuorviante)fino a far apparire la morte del grande George una sorta di assunzione in cielo; si nota anche, a esser maliziosi, un certo astio per la figura di Yoko, che appare proprio il minimo necessario, e di John, che viene citato davvero poco (e non solo perché defunto...). La II moglie di Harrison, Olivia, appare dal nulla, e nulla si spiega di lei.
Insomma, c'è qualche lacuna nella logica cronologica, qualche vuoto lasciato qui e là (viene taciuto il dissesto finanziario derivato dalla sua casa cinematografica, la sua carriera solista ignorata nella sua parte centrale) a favore di una eccessiva profusione di santoni e Maharishi, ma le immagini sono molto belle e la figura di Harrison ci pone davvero molte domande, e molto rimpianto.
Si poteva fare meglio? Forse sì. Tanto meglio? Forse no.
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donni romani
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martedì 1 maggio 2012
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george harrison raccontato da scorsese
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La passione di Martin Scorsese per i grandi musicisti, che aveva già dato vita ai film dedicati a Bob Dylan e ai Rolling Stones (Bob Dylan: No Direction Home e Shine a Light) ci regala un'altro magnifico documentario dedicato questa volta a George Harrison, il più enigmatico dei Fab Four. Le testimonianze di amici e parenti, di collaboratori e naturalmente di Paul Mc Cartney e Ringo Starr ci restituiscono un'immagine poliedrica di George, interessato alla spiritualità e alla ricerca interiore ma capace di passioni e ironia molto terrene. Il materiale d'archivio è magnifico, e ci permettere di assistere ad alcune sedute di registrazione, ad interviste degli Anni Sessanta, a concerti indimenticabili, facendoci sentire parte della storia , anzi della Storia, perchè l'avventura dei Beatles è stata ben più della nascita e della fine di una rock band, è stata un fenomeno sociale, una rivoluzione culturale, una impronta indelebile nella storia della musica e del costume.
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La passione di Martin Scorsese per i grandi musicisti, che aveva già dato vita ai film dedicati a Bob Dylan e ai Rolling Stones (Bob Dylan: No Direction Home e Shine a Light) ci regala un'altro magnifico documentario dedicato questa volta a George Harrison, il più enigmatico dei Fab Four. Le testimonianze di amici e parenti, di collaboratori e naturalmente di Paul Mc Cartney e Ringo Starr ci restituiscono un'immagine poliedrica di George, interessato alla spiritualità e alla ricerca interiore ma capace di passioni e ironia molto terrene. Il materiale d'archivio è magnifico, e ci permettere di assistere ad alcune sedute di registrazione, ad interviste degli Anni Sessanta, a concerti indimenticabili, facendoci sentire parte della storia , anzi della Storia, perchè l'avventura dei Beatles è stata ben più della nascita e della fine di una rock band, è stata un fenomeno sociale, una rivoluzione culturale, una impronta indelebile nella storia della musica e del costume. Le interviste più toccanti sono quelle con la seconda moglie Olivia e con il figlio Dhani, mentre gli aneddoti raccontati da Paul e da Ringo ci restituiscono un George dotatissimo chitarrista che fece la sua prima audizione con John Lennon a bordo di un autobus a due piani suonando "Raunchy". Attraverso testimonianze e riflessioni ci rendiamo conto di quale sbandamento debbano aver vissuto questi quattro ragazzini di Liverpool divenuti in pochi anni icone quasi religiose per gli adolescenti di tutto il mondo, e il bisogno che tutti e quattro provarono di allontanarsi da tutto questo, di ritrovare una propria dimensione personale, di approfondire una ricerca spirituale che portò Harrison a seguire Ravi Shankar per imparare la meditazione, studiare i mantra e trovare un significato profondo all'esistenza. Gli episodi più "terreni" come la scoperta della relazione fra la prima moglie ed Eric Clapton, o l'aggressione che il musicista e la seconda moglie subirono nella loro casa ci fanno conoscere un George molto umano, reattivo e passionale, e capace di un humor molto british (quando subirono l'aggressione i coniugi Harrison avevano appena assunto una coppia di domestici e George, se pur con un polmone collassato, rivolgendosi ai due domestici traumatizzati dall'aggressione appena subita disse " Niente male il nuovo lavoro, vero?". Chi quell'epoca l'ha vissuta non può non rimpiangere il fermento musicale e culturale della Swinging London e il talento di musicisti immensi che hanno anche trovato il coraggio di abbandonare tutto per diventare uomini a tutto tondo, scegliendo, come fece Harrison, una strada sicuramente in salita, ma che gli ha permesso di raggiungere un magico equilibrio fra vita spirituale e vita materiale. E facendogli comporre, non dimentichiamolo, capolavori come "Something" e "My sweet Lord".
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claudiofedele93
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lunedì 24 febbraio 2014
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you say goodbye and i say hello!
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Dopo la morte di George Harrison (Novembre 2001) molte furono le case di produzione cinematografiche ad avere idea di iniziare a dar vita a vari biopic o documentari, esattamente come venne fatto per John Lennon.
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Dopo la morte di George Harrison (Novembre 2001) molte furono le case di produzione cinematografiche ad avere idea di iniziare a dar vita a vari biopic o documentari, esattamente come venne fatto per John Lennon. Senza voler dar il via ad una produzione per realizzare una pellicola che a sua volta ripercorresse la storia di uno dei componenti dei Beatles con attori che si calassero nella parte del cantante/compositore inglese, Martin Scorsese, non certo un neofita nella realizzazione di documentari basati su leggende (ancora viventi) della musica come Bob Dylan ( nel 2005 diresse No Direction Home: Bob Dylan) decide di realizzare, mentre era alle prese con Shutter Island, un documentario su George Harrison.
George Harrison: Living in the Material World ripercorre l’intera esistenza del cantautore britannico, partendo dalla sua adolescenza fino alla morte; si passa dalla nascita dei Beatles fino al loro scioglimento negli anni ’70. Scorsese, grazie al materiale a sua disposizione sottolinea non solo il talento, ma anche l’anima dell’uomo, non trascurando l’interesse che Harrison aveva verso la musica, sopratutto quella orientale (e in particolari modo indiana), la spiritualità tra le altre cose a lui molto cara fino al cinema ed il contributo che egli dette alla settima arte.
E’ un documentario onesto quello che spetta vedere allo spettatore. Un opera che con le sue tre ore e dieci minuti cercherà di portare a galla la vita di un uomo, figlio del suo tempo, senza passare da un processo di beatificazione o penalizzazione. Ancora una volta il grande cineasta è capace di fare un ritratto antropologico di rara bellezza e sincerità dal quale traspare il rispetto e l’amore che Scorsese nutre per questa figura. Ricco di interviste e filmati che sono stati dati alla produzione dal figlio e dalla vedova di Harrison, Olivia Harrison, questo documentario è sicuramente uno dei migliori nel suo campo e merita una visione da parte di tutti, anche da coloro i quali che non si reputano fan dei quattro diLiverpool. A fare da contorno ad una storia che ha a volte dell’incredibile, ricca di ottimi approfondimenti psicologici e interventi (alcuni anche interessanti come ad esempio quelli di Ringo Starr o Terry Gilliam che in questo modo simboleggia anche l’unione tra cinema e musica e quanto quest’ultimo avesse colpito ed interessato il compositore inglese) che assieme ai filmati seguono in ordine cronologico l’esistenza di Harrison, vi sono musiche di repertorio che terranno incollato lo spettatore allo schermo e che grazie a questo documentario avranno una sfumatura nuova, originale e sincera. Inoltre molto spazio viene dedicato al fenomeno Beatles, forse il capitolo più scontato di tutto il lavoro fatto da Scorsese, ma non per questo meno importante o povero di materiale.
George Harrison: Living in the Material World è un prodotto di assoluto valore, supportato da una scelta di filmati e interviste che mettono a nudo, senza puntare a scandalizzare o creare assurdi misteri, la vita e la natura di uno dei componenti dei Beatles e sebbene i 200 minuti di durata possano spaventare ad una prima vista, vi assicuriamo già da ora che il documentario è diviso in due parti per rendere la visione più scorrevole e meno pesante per i più. A parte questa pecca, se proprio la vogliamo chiamare così, è indubbiamente da lodare il lavoro fatto da Martin Scorsese che ha saputo firmare e donare a noi tutti, ancora una volta, un quadro perfetto e (forse veramente) sincero di una parte della storia della musica.
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lucascialo
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lunedì 12 giugno 2017
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la storia di george harrison
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Fin dalla sua morte, avvenuta nel 2001, in tanti hanno cercato di fare un film su George Harrison. Il più silente e mistico tra i "Fable Four". Ma la seconda moglie Olivia si è sempre rifiutata, volendo lei stessa girare un documentario sul marito col materiale in possesso. Ma al grande Martin Scorsese non ha saputo dire di no. Il regista italo-americano ci ha lavorato in parallelo a un altro straordinario film: Shutter island.
La pellicola, attraverso foto e video d'epoca, nonché interviste a chi ha conosciuto George, ricostruisce la sua vita. Dagli esordi al successo, fino alla svolta mistica abbracciando l'Induismo, nella quale trascinò anche il resto del gruppo.
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Fin dalla sua morte, avvenuta nel 2001, in tanti hanno cercato di fare un film su George Harrison. Il più silente e mistico tra i "Fable Four". Ma la seconda moglie Olivia si è sempre rifiutata, volendo lei stessa girare un documentario sul marito col materiale in possesso. Ma al grande Martin Scorsese non ha saputo dire di no. Il regista italo-americano ci ha lavorato in parallelo a un altro straordinario film: Shutter island.
La pellicola, attraverso foto e video d'epoca, nonché interviste a chi ha conosciuto George, ricostruisce la sua vita. Dagli esordi al successo, fino alla svolta mistica abbracciando l'Induismo, nella quale trascinò anche il resto del gruppo. Introverso ma al contempo molto deciso, George Harrison lavorava all'ombra del duo Lennon-McCartney, compositori di quasi tutti i brani, ma era molto influente. Il titolo dice tutto: riprende certo il quinto album del chitarrista di Liverpool, ma esprime anche il suo disagio nel vivere in un mondo materialista e sempre più privo di valori.
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