nicola barbera
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lunedì 15 marzo 2010
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non esplodono ma fanno pensare, le mine di ozpetek
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Tutto perfetto (o quasi) nella riuscitissima commedia di Ozpetek, tranne forse... il titolo. Che risulta d'effetto, certo, ma promette scenari e sviluppi che vanno oltre quelli realmente presenti nella storia. A rigore, una "mina vagante" é un oggetto altamente (e facilmente) esplosivo, incontrollabile negli spostamenti perché trascinato qua e là dalla corrente: nessuno dei (convincenti) personaggi del film rispetta però fino in fondo questi requisiti. Non il protagonista Tommaso (Riccardo Scamarcio), che sul filo di lana si vede sottrarre dal fratello Antonio il potenziale esplosivo accuratamente predisposto. Non Antonio stesso, che esplode sì (e ancora prima gli esplode nella mente il "piano" elaborato da Tommaso per sottrarsi agli obblighi di famiglia e azienda.
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Tutto perfetto (o quasi) nella riuscitissima commedia di Ozpetek, tranne forse... il titolo. Che risulta d'effetto, certo, ma promette scenari e sviluppi che vanno oltre quelli realmente presenti nella storia. A rigore, una "mina vagante" é un oggetto altamente (e facilmente) esplosivo, incontrollabile negli spostamenti perché trascinato qua e là dalla corrente: nessuno dei (convincenti) personaggi del film rispetta però fino in fondo questi requisiti. Non il protagonista Tommaso (Riccardo Scamarcio), che sul filo di lana si vede sottrarre dal fratello Antonio il potenziale esplosivo accuratamente predisposto. Non Antonio stesso, che esplode sì (e ancora prima gli esplode nella mente il "piano" elaborato da Tommaso per sottrarsi agli obblighi di famiglia e azienda...) ma non vaga per nulla, tant'é che ben presto lo troviamo pronto a riprendere, su entrambi i fronti, il proprio posto. Non il padre padrone Ennio Fantastichini (Vincenzo), che formalmente esplode di vergogna (e anche d'infarto, ma leggero...) ma all'atto pratico si limita a sostituire il figlio gay col figliol prodigo tornato da Roma, salvo fare esattamente il contrario quando scopre che a quest'ultimo l'azienda non interessa affatto (per inciso: meglio un figlio gay che scrittore...). Fa tanto baccano, ma nessun danno la simpatica zia Elena Sofia Ricci, che si rifugia in sesso e alcool con la tacita tolleranza di tutti gli altri. Non esplode Nicole Grimaudo (Alba), che sotto una aggressività donnolesca (ma accetto altre metafore della flessuosità) nasconde una mitezza da cerbiatta. Non "vaga", infine, l'intuitiva nonna Ilaria Occhini, trasgressiva nei pensieri (e forse, in un "doppio matrimonio" consumato con il marito e il cognato) ma salda, saldissima nel garantire - con ogni mezzo - la continuità familiare...
Solo per un momento ci si avvicina a un vero punto di rottura: quando la sintonia con Alba sembra far nascere in Tommaso dei dubbi sul proprio futuro sentimentale (tra parentesi: si può rendere cinematograficamente la "pensosità" di uno sguardo, anche senza inquadrare il viso dell'osservatore? Ozpetek ci riesce benissimo, quando sulla spiaggia la cinepresa - in metafora, l'occhio di Tommaso - vaga incerto tra il compagno e la ragazza bellissima che gli ha offerto il suo amore). Ma la scelta é solo apparente, l'omosessualità - ci ricorda il regista - é una caratteristica, non una malattia da cui guarire... L'istante passa, e inevitabilmente (ma attirandosi le maledizioni dei pochi maschi etero presenti in sala) Tommaso lascia Alba ai suoi rimpianti...
Nel complesso, "Mine vaganti" é un film bello e intenso; diverte e al tempo stesso fa pensare. La sua cifra complessiva é un sovrano equilibrio, senza scivolate melò o derive espressionistiche. La recitazione é convincente e controllata, e i personaggi entrano nel cuore. Un film da vedere, dunque, ma il titolo non inganni: "the hurt locker" é già passato di qui, e le "mine" di Ozpetek sono in realtà tenere, poeticissime biglie colorate...
P.S. O forse mi sbaglio io, se ha ragione il regista quando sostiene che nel 2010 é ridiventato "deviante" quello che nel 2000 sembrava potesse considerarsi normale... Certo, nel frattempo sono aumentati l'intolleranza per i diversi, l'imbambolamento TV, il conformismo politico-sociale: e se davvero é così, anche in una Puglia inondata di sole... il buio si fa Fitto.
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(di nicola barbera)
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maxaquila
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giovedì 18 marzo 2010
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cinquantamila lacrime non basteranno perchè....
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"Gli amori impossibili sono quelli che durano per sempre" dice Scamarcio alla Grimaudo che, squadrandolo per bene da dietro quello sprofondo di nero dei suoi occhi, gli risponde "che fregatura..."
Ozpetek torna a toccare le corde vibranti dello sconvolgimento dell'armonia familiare: gli uomini non vedono ciò che le donne sentono, così che l'omosessualità dei due fratelli, già nota alla sorella così come intuita da madri, nonne e cameriere è invece una dura scoperta per il padre e per i due stessi fratelli, divisi dalla vita quanto uniti dalla nuova consapevolezza reciproca scaturita dal voler gridare al mondo la propria condizione.
Un contesto universale come l'estrema propaggine italica del Salento, drammaticamente bello quanto lontano, un cast di attori stupendo, dai più avvezzi come Ilaria Occhini ed il perfetto Ennio Fantastichini, ai più giovani Preziosi, Scamarcio e Grimaudo, belli e dannati tanto quanto bravi, passando per una autoironica e seducente Elena Sofia Ricci.
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"Gli amori impossibili sono quelli che durano per sempre" dice Scamarcio alla Grimaudo che, squadrandolo per bene da dietro quello sprofondo di nero dei suoi occhi, gli risponde "che fregatura..."
Ozpetek torna a toccare le corde vibranti dello sconvolgimento dell'armonia familiare: gli uomini non vedono ciò che le donne sentono, così che l'omosessualità dei due fratelli, già nota alla sorella così come intuita da madri, nonne e cameriere è invece una dura scoperta per il padre e per i due stessi fratelli, divisi dalla vita quanto uniti dalla nuova consapevolezza reciproca scaturita dal voler gridare al mondo la propria condizione.
Un contesto universale come l'estrema propaggine italica del Salento, drammaticamente bello quanto lontano, un cast di attori stupendo, dai più avvezzi come Ilaria Occhini ed il perfetto Ennio Fantastichini, ai più giovani Preziosi, Scamarcio e Grimaudo, belli e dannati tanto quanto bravi, passando per una autoironica e seducente Elena Sofia Ricci.
Un ambientazione tanto rurale quanto industriale, come solo un pastificio tradizionale può essere, in un divenire tra antico e moderno accompagnato da dejavù onirici commisti ad una colonna sonora che fa tornare alla mente gli altri film di questo appassionato regista.
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alespiri
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venerdì 12 marzo 2010
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la verità che rende liberi
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Si potrà obiettare che Ozpetek rappresenta il suo mondo; un mondo ideale, un’omosessualità borghese che non rompe gli schemi. Si potrà sempre rispondere che uno dei capolavori assoluti del cinema mondiale “C’era una volta in America” è stato un film che analogamente ha rappresentato un mondo ed un periodo storico in maniera non realistica (e per questo ha sopportato troppe critiche da storici che non capiscono niente di cinema) eppure ci ha colpiti dritto al cuore.
Ferzan gioca dunque sulla forza del sentimento, rendendo palese, ancor più che negli altri film, la sua filosofia sull’immortalità degli affetti, dei legami; nulla finisce, tutto ritorna se c’è amore.
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Si potrà obiettare che Ozpetek rappresenta il suo mondo; un mondo ideale, un’omosessualità borghese che non rompe gli schemi. Si potrà sempre rispondere che uno dei capolavori assoluti del cinema mondiale “C’era una volta in America” è stato un film che analogamente ha rappresentato un mondo ed un periodo storico in maniera non realistica (e per questo ha sopportato troppe critiche da storici che non capiscono niente di cinema) eppure ci ha colpiti dritto al cuore.
Ferzan gioca dunque sulla forza del sentimento, rendendo palese, ancor più che negli altri film, la sua filosofia sull’immortalità degli affetti, dei legami; nulla finisce, tutto ritorna se c’è amore. Un amore che elude gli schemi classici, un amore che va oltre l’esclusività e la possessività, un amore che, finalmente, rende liberi. Sarà vero? Non importa, siamo al cinema e quello che conta è l’emozione. Ed in questo film si sorride, si ride, si piange, ci si commuove profondamente. Tocca le nostre corde più profonde con poesia e vorremmo essere li, tutti insieme, nella splendida scena del ballo tra tutti i personaggi del film, in un abbraccio liberatorio. Ozpetek, infatti è nel finale che così ci accarezza risvegliando l’istinto consolatorio e fanciullesco che è in noi, sottolineando che a fianco del coraggio e di una verità che rende liberi, si deve dare sempre spazio al sogno.
“Ci vuole più coraggio a dire quello che si sente che a stare zitti”. Il regista fa dire ad Elena Sofia Ricci, vissuta, come altri personaggi del film, tacitando le espressioni più vere dell’emozione, censurando la propria modalità di essere o nascondendosi in una non consapevolezza di se. Questo è infatti un film sulla verità che deve venire fuori per liberare, per esplodere e le mine vaganti sono quelle persone che innescano questo processo di verità, si sacrificano per esso. Qualche volta si finisce per vivere per gli altri, ma gli altri quanto veramente vogliono che viviamo per loro? E quanto non ci vorrebbero per quello che siamo?
Ozpetek si conferma un grande regista.
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massimiliano morelli
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giovedì 18 marzo 2010
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negli occhi quella dolce morte dolce
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Dicono che l'ora blu sia quel particolare momento crepuscolare della giornata in cui c'è troppa poca luce per essere giorno e troppo poco buio per essere notte. Il derviscio di celluloide Ozpetek vi si poggia con l'ambigua delicatezza dei veli trasparenti e sanguigni del suo Sud, per tessere un film sapientemente blu, in cui la palese dominante cromatica è la stessa delle storie che si va a raccontare. Non ci sono vincitori, né vinti, e la buona morale per una volta non ha fissa dimora, né interessa sapere dove sia. L' apprezzabile sforzo di autoresettaggio di un proprio mondo e del proprio modo di fare cinema, sta nell'aver messo attorno ad una delle sue celeberrime tavolate un girotondo di maschere brillanti, che vagano leggere, senza enfatizzare, né imporre la direzione etica a lui storicamente più cara.
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Dicono che l'ora blu sia quel particolare momento crepuscolare della giornata in cui c'è troppa poca luce per essere giorno e troppo poco buio per essere notte. Il derviscio di celluloide Ozpetek vi si poggia con l'ambigua delicatezza dei veli trasparenti e sanguigni del suo Sud, per tessere un film sapientemente blu, in cui la palese dominante cromatica è la stessa delle storie che si va a raccontare. Non ci sono vincitori, né vinti, e la buona morale per una volta non ha fissa dimora, né interessa sapere dove sia. L' apprezzabile sforzo di autoresettaggio di un proprio mondo e del proprio modo di fare cinema, sta nell'aver messo attorno ad una delle sue celeberrime tavolate un girotondo di maschere brillanti, che vagano leggere, senza enfatizzare, né imporre la direzione etica a lui storicamente più cara.
La filigrana calda e splendidamente ocra del fondale, restituisce la giusta dimensione ad un meridione troppo spesso messo in scena con mitologia campagnola eccessivamente grossolana, e dischiude per una volta il sipario su di un target medio-alto borghese, ricco di fallimenti e contraddizioni.
Le azzeccatissime spruzzate sonore vintage, lasciano affiancano la storia nella sua corsa verso direzioni molteplici sia narrative che interpretative, come in una grande burla collettiva che si prende gioco delle tante tragedie personali pur in essa inscatolate.
Le voci confuse dell'esterno, di quei tutti "che sanno", lambiscono, feriscono, ma lasciano in una piacevole vaghezza il tormentato godimento della grande famiglia del pastificio Cantone. Una famiglia che è allargata nei volti, ma anche nel tempo, con un ripetuto rientrare in scena del rimpianto del passato, in forma di flashback e svariate fotografie.
A proposito di fotografia: splendida. Il sole che non tramonta mai e schizza sulle bianche pietre del Salento ci mette luce e colore, ma gli occhi da spettatore hanno tanta voglia di portarsi dietro quei primi piani sbilenchi in successione, che diventano deliziosi ritratti da incorniciare, rumorosi fermi immagine in movimento.
Per tutto il film si grattugia alla ricerca del vero destinatario e mittente della poetica delle mine vaganti. Ed è pur vero che sembrano tutti un po’, dalla zia Luciana pateticamente ninfomane, ai due fratelli frastornati dal dover fingere di tener nascosta l'evidenza, al papà che vede sbriciolarsi sotto i piedi l'impasto di una vita già canalizzata, fino ad Alba, forse la più delicatamente esposta alla mancanza di un reale premio di consolazione.
Ma poi c'è una scena che regala il vero tocco d’ autore al più solare e giocosamente mediterraneo dei film di Ozpetek.
La delicata eutanasia glicemica della nonna è una poetica rivendicazione di una vita spesa da mina vagante, sbagliando per conto proprio, ed orgogliosamente fiera di averlo fatto.
Fino all' ultima pasta. Questa volta, in senso dolciario.
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annelise
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martedì 23 marzo 2010
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gli amori impossibili, svelare nel 2010
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Che dire di un padre del Sud colpito da infarto di fronte alla rivelazione dell'omossessualità del figlio? si potrebbe dire,probabilmente, che risponde alla normalità in un contesto in cui la diversità espressa non è prevista.
La famiglia Cantone racchiude tutte le simbologie e le ipocrisie delle famiglie italiane in cui tutto ciò che è segretamente trasgressivo si può tollerare purchè non sia svelato e purchè non sia reso noto agli altri.
Nell'amata coralità di Ozpetek i personaggi sono tutti mine vaganti che controllano l'eslosione per evitare i danni che potrebbero recare ad un sistema familiare, apparentemente tranquillo e senza macchia.
Si nascondono,invece, i vissuti e gli amori non leciti: l'amante del padre, il sesso e l'alcoolismo della zia,il tentato suicidio della nonna( innamorata del cognato) il giorno delle nozze.
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Che dire di un padre del Sud colpito da infarto di fronte alla rivelazione dell'omossessualità del figlio? si potrebbe dire,probabilmente, che risponde alla normalità in un contesto in cui la diversità espressa non è prevista.
La famiglia Cantone racchiude tutte le simbologie e le ipocrisie delle famiglie italiane in cui tutto ciò che è segretamente trasgressivo si può tollerare purchè non sia svelato e purchè non sia reso noto agli altri.
Nell'amata coralità di Ozpetek i personaggi sono tutti mine vaganti che controllano l'eslosione per evitare i danni che potrebbero recare ad un sistema familiare, apparentemente tranquillo e senza macchia.
Si nascondono,invece, i vissuti e gli amori non leciti: l'amante del padre, il sesso e l'alcoolismo della zia,il tentato suicidio della nonna( innamorata del cognato) il giorno delle nozze.Tra queste donne sognatrici e trasgressive si differenzia la madre normalizzatrice che riesce a non vedere quello che è più evidente, che riesce a non sentire l'infelicità dei figli prigionieri dei ruoli assegnati( figlia femmina compresa alla quale è assegnato solo il ruolo materno) pur di mantenere l'equilibrio familiare e l'obbedienza simbolica al pater familias.Eppure,nonostante ciò, Ozpetek finisce per farceli piacere tutti con i loro limiti i loro difetti e le loro paure !Si percepisce un 'affettività che va crescendo di scena in scena e che viene confermata da espressioni, sguardi e gesti di tenerezza e di amore.
Gli amori" omossessuali" dei figli maschi vengono raccontati dai protagonisti con commozione e pudore e con la naturalezza che li rende amori e basta. Vi è un altro amore , quello della bellissima Alba (Nicole Grimaudo)per Tommaso. E' un amore che convive con la scelta di Tommaso, che partecipa alla sua vita"diversa", che vuol essere presente perchè le fa vivere momenti di affetto e di tenerezza che non devono essere necessariamente definiti nè etichettati( Bellissima è ,infatti la scena in cui il compagno di Tommaso e Alba guardano ,all'unisono, con amore Tommaso)
Un film bello,quindi, che non teme il confronto con i precedenti famosi del regista ma che rappresenta una continuità . Il tema dell'omosessualità è meno dirompente e rivoluzionario che in altri film.Siamo nel 2010, ricorda un personaggio,e per contrastare pregiudizi e fobie forse bisogna fare un lavoro più sottile, più profondo e più intimo.Bisogna far riflettere le persone,bisogna catturare l'attenzione ormai lontana dall'affermazione e dal rispetto dei diritti civili.
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filmicus
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lunedì 22 marzo 2010
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la bellezza e autenticità del barocco leccese
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Mine vaganti potrebbe sembrare un film sulla libertà dell'individuo,sulla spinta ineludibile che anima ciascuno di noi ad essere se stesso, a perseguire i propri ideali. Spinta che quando svanisce genera un ripiegamento , un'amarezza che segna la vita in una resa, cruda ma inevitabile, alla realtà.Mine vaganti al di là delle apparenze non parla della libertà e della parellela ricerca della felicità.Al contrario:gli equilibri di tutti i protagonisti si ricreano in un non-rapporto con se stessi e con gli altri.Non c'è resa di sconfitti-che avrebbe qualcosa di drammatico e di umanamente ricco- ma accomodamento sulla staticità della propria esistenza che comunque continua a produrre agi e certezza nel futuro.
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Mine vaganti potrebbe sembrare un film sulla libertà dell'individuo,sulla spinta ineludibile che anima ciascuno di noi ad essere se stesso, a perseguire i propri ideali. Spinta che quando svanisce genera un ripiegamento , un'amarezza che segna la vita in una resa, cruda ma inevitabile, alla realtà.Mine vaganti al di là delle apparenze non parla della libertà e della parellela ricerca della felicità.Al contrario:gli equilibri di tutti i protagonisti si ricreano in un non-rapporto con se stessi e con gli altri.Non c'è resa di sconfitti-che avrebbe qualcosa di drammatico e di umanamente ricco- ma accomodamento sulla staticità della propria esistenza che comunque continua a produrre agi e certezza nel futuro.La nonna, che ci viene presentata come una eroina della libertà, è tutt'altro che una donna uscita dalla penna di Ibsen o di Strindberg.Si è semplicemente "adattata" ad amare "per tutta la vita" il cognato ed a conservarsi il marito: il divorzio è legge dal 1970.
Quanti decenni ha avuto a disposizione questa donna per decidere e decidersi?
Il fratello più giovane-Scamarcio meglio del solito- che non fa a tempo a rivelare la propria omosessualità alla famiglia in quanto anticipato in analoga rivelazione dal fratello maggiore insegue un sogno:diventare scrittore.Non lo diventerà per il sempice fatto che non sa scrivere.Questo si evince non già dal rifiuto di un testo da parte della casa editrice ma dal suo atteggiamento complessivo:raccontare una storia significa partire dal presente ma sempre per riassumerlo e superarlo in uno slancio fantastico.Il nostro invece non supera mai-neanche come cruccio o come inquietudine interiore- il quotidiano.Fallito come scrittore diventerà certo un buon imprenditore seguendo la tradizione familiare.Farà soldi.Anche il tema della omosessualità è trattato in modo ambiguo.Bene l'autoironia:ma per quale motivo il gruppo di amici gay,ospiti inaspettati,debbono atteggiarsi a tali e così muovere al riso un pubblico che non è più quello degli anni cinquanta ma ne conserva, sotto pelle, prevenzioni e rifiuti?Vi è poi un personaggio enigmatico, interpretato da Nicole Grimaudo.L'attrice e la sua figura sono immagini affascinanti.Ma soltanto immagini.Quale sia il suo personaggio,quali conflitti vorrebbe esprimere in un volto ed in occhi, belli di per se e non per le cose che dicono, non è dato sapere.Di certo sappiamo che va in giro a graffiare macchine con punteruoli e rompere specchietti retrovisori,che corre come una pazza(definizione quasi tecnica)nei vicoli della città rischiando di uccidere qualche innocente. E pensare che si discute se sia doloso l'omicidio compiuto dai pirati della strada.Oltre a questo-che è un po'poco e preoccupante-sappiamo solo che è brava in azienda.Farà soldi anche lei oltre a quelli che gia ha.La rassegna potrebbe continuare ma non serve.Per chiudere solo un interrogativo: perche tanti validi autori sono divulgatori di falsa coscienza cioè propongono forme a cui non corrispondono contenuti coerenti?Perchè si adopera la parola libertà quando vi è solo rassegnazione,quieto vivere,conservazione del proprio status che schiacciano libertà proprie ed altrui?Sia chiaro:l'incoerenza,la contraddizione, la resa sono condizioni della vita umana:ma quando programmaticamente non producono una tensione, un dramma, che si imprime nella coscienza e nel cuore dello spettatore, vuol dire che si è messa un'altra pietra nella costruzione di non-verità,di artifici nei sentimenti e nelle coscienze.
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johnny1988
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mercoledì 17 marzo 2010
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la miglior coralità di ozpetek
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Trovo che questa pellicola possa inserirsi come uno dei migliori capitoli nella filmografia di Ozpetek. Le mine vaganti del titolo sono le protagoniste di una storia che si bilancia sulla doppia polarità intima e corale, e dove gli antagonismi si toccano, "esplodono" e si annullano. Punto di partenza: una giovane donna che tenta il suicidio il giorno delle sue nozze e un giovane neolaureato, Tommaso, che dopo diversi anni fa ritorno nel Salento per dichiarare la sua omosessualità alla famiglia. Queste due sequenze accomunate dalla terra assolata della Puglia mettono a confronto due realtà tanto lontane in senso cronologico quanto vicine sul piano intimo. Il flashback iniziale infatti non è che un ricordo della nonna del protagonista, la quale non ha mai potuto coronare il suo sogno d'amore.
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Trovo che questa pellicola possa inserirsi come uno dei migliori capitoli nella filmografia di Ozpetek. Le mine vaganti del titolo sono le protagoniste di una storia che si bilancia sulla doppia polarità intima e corale, e dove gli antagonismi si toccano, "esplodono" e si annullano. Punto di partenza: una giovane donna che tenta il suicidio il giorno delle sue nozze e un giovane neolaureato, Tommaso, che dopo diversi anni fa ritorno nel Salento per dichiarare la sua omosessualità alla famiglia. Queste due sequenze accomunate dalla terra assolata della Puglia mettono a confronto due realtà tanto lontane in senso cronologico quanto vicine sul piano intimo. Il flashback iniziale infatti non è che un ricordo della nonna del protagonista, la quale non ha mai potuto coronare il suo sogno d'amore. Ed è la stessa nonna (il probabilissimo alter-ego dello spettatore) che sollecita il nipote a non sottrarsi alla felicità a favore delle convenzioni. L'amore che quindi non si può scegliere e neppure sradicare come "un albero dalla sua terra" è il vertice a cui puntano inevitabilmente i diversissimi personaggi di questo affresco agrodolce, dagli spunti talvolta virziniani: i genitori borghesi primordiali e ottusi, la cognata alcolizzata, le cameriere pettegole, gli amici effemminatissimi di Tommaso, il fratello, gay anche lui, che fa outing a tavola davanti a tutti in una delle scene più divertenti. E questi sono pochissimi fra i diversi protagonisti di questa vivace commedia. Il film non propone certo una riflessione profonda sui classici temi ozpetekiani dell' incomunicabilità e dell'accettazione, ma soffermarsi con uno sguardo dolce e quasi compassionevole su due mondi, quello altolocato borghese patriarcale, tanto ricco quanto comicamente ingenuo, e quello dei figli, ansiosi di realizzarsi. Lo stile di Ozpetek questa volta è più che mai armonioso e solare e prende il meglio dalla sua cinematografia: Il Bagno Turco (l'inquadratura su Scamarcio e Carmine Recano di spalle e coi parei non vi ricorda nulla?), il ruolo della pioggia, presente in modo sistematico nei film del regista, che metaforicamente incoraggia i personaggi a riverlarsi; le carrellate fluide sulla tavola, spesso luogo motore dell'intera azione e di serena - non sempre! - convivialità (si ricordi Fate ignoranti e Saturno Contro in primis). Poetiche le scene del "suicidio" bulimico della nonna e il finale risolutivo. La sceneggiatura è spumeggiante, ottima la colonna sonora che vanta fra i brani 50000 Lacrime e Pensiero Stupendo. Scamarcio convince - e sorprende! -con la sua elegante interptretazione.
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giadina2389
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domenica 28 marzo 2010
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l'elaborazione del lutto secondo ozpetek
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Le vicissitudini di una famiglia meridionale di industriali della pasta si collocano al centro di questa agrodolce commedia la cui ambientazione si rispecchia in una splendida Lecce calda e assolata.Tommaso Cantone (alias Riccardo Scamarcio) è di ritorno da Roma , dove egli ha coltivato la sua passione per la letteratura laureandosi in Lettere anzichè in Economia e Commercio come i parenti credono , e ad accoglierlo ci sono proprio tutti : papà Vincenzo ( Ennio Fantastichini) , concentrato insieme al figlio maggiore Antonio (Alessandro Preziosi) nelle trattative per l'annessione di nuovi soci nell'azienda , mamma Stefania (Lunetta Savino ) , zia Luciana (Elena Sofia Ricci) , nonna , sorella , cognato.
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Le vicissitudini di una famiglia meridionale di industriali della pasta si collocano al centro di questa agrodolce commedia la cui ambientazione si rispecchia in una splendida Lecce calda e assolata.Tommaso Cantone (alias Riccardo Scamarcio) è di ritorno da Roma , dove egli ha coltivato la sua passione per la letteratura laureandosi in Lettere anzichè in Economia e Commercio come i parenti credono , e ad accoglierlo ci sono proprio tutti : papà Vincenzo ( Ennio Fantastichini) , concentrato insieme al figlio maggiore Antonio (Alessandro Preziosi) nelle trattative per l'annessione di nuovi soci nell'azienda , mamma Stefania (Lunetta Savino ) , zia Luciana (Elena Sofia Ricci) , nonna , sorella , cognato.La famiglia è di nuovo al completo e Vincenzo , soprattutto , fantastica sull'idea di vedere i due figli insieme sul lavoro e a casa , se non fosse intenzione di Tommaso annunciare la sua omosessualità durante un'attesa cena di lavoro alla presenza di tutti ed essere così libero da ogni progetto su di lui, proposito questo che gli viene sapientemente rubato dal fratello maggiore Antonio , il quale con sorpresa e sgomento di tutti rivela di essere gay e di essersi nascosto per trent'anni. Sebbene questa catastrofe , in un primo momento , sembri essere l'evento portante della vicenda , in realtà ne costituisce solo l'incipit perchè , a dispetto delle apparenze , i film di Ozpetek non sono film sui gay come " Mine vaganti " non è un film sui gay.E' un film sull'elaborazione del lutto che conduce alla riscoperta di sè stessi , dell'individuo che è in grado dentro di sè di vincere le convenzioni sociali e di risorgere forse in una realtà nuova e fino ad allora trascurata.Le mine vaganti vagano e non esplodono , o almeno non tutte: la nonna(Ilaria Occhini) , inparticolare , la cui vita e il cui celato amore adultero per il cognato , l'aveva resa un pò meno superficiale del resto della famiglia sceglie un modo singolare per compiere il suo destino e dare una lezione al suo prossimo.Non tutto è bianco o nero e lo stesso Tommaso se ne accorge nel momento in cui si lascia attrarre dalla bella Alba( Nicole Grimaudo) , ma non per questo rinuncia a Marco , suo longevo fidanzato e ruolo di primaria importanza è interpretato dalla colonna sonora e dalle musiche , che parlano per i personaggi e i loro sguardi anche quando non sono inquadrati direttamente Il regista, inoltre, dà spazio all'immaginazione dello spettatore , il quale lnella meravigliosa scena finale e durante i titoli i coda si chiede se i Cantone abbiano effettivamente raggiunto un nuovo equilibrio più o meno autentico del precedente e se nella vita sia possibile effettivamente ricominciare e andare avanti consapevoli del proprio passato senza ipocrisie.Anche questa volta Ozpetek non delude , semmai sorprende; la delicatezza e l'eleganza con cui si appresta a delineare la complessa psicologia di ogni personaggi, grazie anche all'esperienza accumulata in grandi prove quali "La finestra di fronte"(2003) o "Saturno contro"(2006),dimostra che in questo film non ci sono nè vincitori nè vinti , nè gay nè eterosessuali .
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cinefila
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sabato 28 agosto 2010
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bravo ferzan!
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Il sud, la Puglia, una splendida e luminosa Lecce fanno da sfondo a questa storia familiare che combatte con un "lutto morale" dovuto alla rottura della perfetta apparenza che i Cantone, respettati da tutta la città, sono costretti a subire a causa della dichiarata e inaspettata omosessualità di uno dei figli (Preziosi). Gli equilibri sembrano spezzarsi e la famiglia sembra non reggere il colpo di un'onta così grande.."cosa dirà la gente??" è il pensiero del severo Fantastichini, supportato da un'inedita Lunetta Savino. E cosa direbbe la gente se sapesse che anche l'altro figlio è gay?? Così tra silenzi sofferti la storia va avanti retta da una tenera amicizia tra il più piccolo dei Cantone (Scamarcio), omosessuale non dichiarato, e l'imprenditrice solitaria Nicole Grimaudo e dal bellissimo e complice rapporto con la nonna (una splendida e straordinaria Ilaria Occhini)la quale dispensa al nipote consigli per inseguire, anche sbagliando, la propria felicità.
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Il sud, la Puglia, una splendida e luminosa Lecce fanno da sfondo a questa storia familiare che combatte con un "lutto morale" dovuto alla rottura della perfetta apparenza che i Cantone, respettati da tutta la città, sono costretti a subire a causa della dichiarata e inaspettata omosessualità di uno dei figli (Preziosi). Gli equilibri sembrano spezzarsi e la famiglia sembra non reggere il colpo di un'onta così grande.."cosa dirà la gente??" è il pensiero del severo Fantastichini, supportato da un'inedita Lunetta Savino. E cosa direbbe la gente se sapesse che anche l'altro figlio è gay?? Così tra silenzi sofferti la storia va avanti retta da una tenera amicizia tra il più piccolo dei Cantone (Scamarcio), omosessuale non dichiarato, e l'imprenditrice solitaria Nicole Grimaudo e dal bellissimo e complice rapporto con la nonna (una splendida e straordinaria Ilaria Occhini)la quale dispensa al nipote consigli per inseguire, anche sbagliando, la propria felicità..lei che per tutta la vita ha amato un uomo che non era quello che aveva sposato! Sarà proprio la morte della nonna, la mina vagante, a riunire la famiglia, forse solo per un giorno, forse per sempre!
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mercoledì 24 marzo 2010
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l'essenzialità del vivere
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Un ritorno da parte del regista ai temi dell'omosessualità iniziato ne "Le fate ignoranti"?. In questo film l'omosessualità è solo un pretesto per classificare il "diverso" come lo può essere l'extracomunitario o l'ebreo. La diversità serve a veicolare un messaggio: la vita è fatta di scelte e decisioni che ci permettono di viverla felicemente oppure no. L'essenzialità del vivere, nel film, viene rappresentata dai personaggi della nonna e di Tommaso. la nonna è l'esperienza che con il suo vissuto consiglia il nipote nel percorrere la propria strada, fatta anche di errori ma certamente non di rimpianti. Rimpianti su scelte di amore non fatte e di vita, quindi, non vissuta felicemente. Tommaso è il futuro, l'esempio da seguire, colui che vuole affermare il proprio destino con caparbietà, fatto di scelte difficili ma, di percorsi in cui si crede.
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Un ritorno da parte del regista ai temi dell'omosessualità iniziato ne "Le fate ignoranti"?. In questo film l'omosessualità è solo un pretesto per classificare il "diverso" come lo può essere l'extracomunitario o l'ebreo. La diversità serve a veicolare un messaggio: la vita è fatta di scelte e decisioni che ci permettono di viverla felicemente oppure no. L'essenzialità del vivere, nel film, viene rappresentata dai personaggi della nonna e di Tommaso. la nonna è l'esperienza che con il suo vissuto consiglia il nipote nel percorrere la propria strada, fatta anche di errori ma certamente non di rimpianti. Rimpianti su scelte di amore non fatte e di vita, quindi, non vissuta felicemente. Tommaso è il futuro, l'esempio da seguire, colui che vuole affermare il proprio destino con caparbietà, fatto di scelte difficili ma, di percorsi in cui si crede.Fatto di decisioni atte ad affermare i propri desideri, le proprie propensioni, le proprie aspirazioni. Cioè essere se stessi o ciò che si vuole essere. L'ambientazione del film segue la strada della Puglia e del salento già percorsa da diversi registi. E come non approfittare di una terra così calda di luce e di sentimento. Il cast è ottimo: si apprezza la saggezza recitativa di Ilaria Occhini e la professionalità di Ennio Fantastichini. Una rivelazione Elena Sofia Ricci nel personaggio della zia e il sentimento, insieme alla freschezza, profuso da Nicole Grimaudo. Brava come al solito Lunetta Savino, catalogata ormai nel personaggio della mamma, ed infine da considerare la maturità artistica di Riccardo Scamarcio, che già in "Colpo d'occhio" aveva iniziato a scrollarsi il personaggio da adolescente. Un film da vedere e da apprezzare per le riflessioni a cui ci induce.
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