francesco de feo
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martedì 24 febbraio 2009
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jack e rose sono scesi dal titanic
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Vi ricordate il drammone del Titanic che ammorbò noi tutti ormai più di 10 anni fa? Ricordate la giovane Rose che scalpitava per sfuggire a una rigida vita aristocratica che la costringeva in corpetti e convenzionali sedute da te? E il giovane proletario Jack che seppe salvarle l'anima proiettandola verso un mondo al di fuori delle prigionie delle convenzioni sociali? Bene. Jack e Rose sono scesi dalla nave, si chiamano Frank ed April, hanno dieci anni in più e si sono sposati. Si ok Jack moriva assiderato, qui siamo negli anni '50, ma fa lo stesso... Oltre ad aver riproposto la coppia di teen-actor più famosi degli anni '90, "Revolutionary Road" può davvero essere collocato come un proseguimento ideale della storia di Jack e Rose, delle loro psicologie e di come sarebbero finiti se avessero affrontato insieme il mondo adulto.
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Vi ricordate il drammone del Titanic che ammorbò noi tutti ormai più di 10 anni fa? Ricordate la giovane Rose che scalpitava per sfuggire a una rigida vita aristocratica che la costringeva in corpetti e convenzionali sedute da te? E il giovane proletario Jack che seppe salvarle l'anima proiettandola verso un mondo al di fuori delle prigionie delle convenzioni sociali? Bene. Jack e Rose sono scesi dalla nave, si chiamano Frank ed April, hanno dieci anni in più e si sono sposati. Si ok Jack moriva assiderato, qui siamo negli anni '50, ma fa lo stesso... Oltre ad aver riproposto la coppia di teen-actor più famosi degli anni '90, "Revolutionary Road" può davvero essere collocato come un proseguimento ideale della storia di Jack e Rose, delle loro psicologie e di come sarebbero finiti se avessero affrontato insieme il mondo adulto.
Revolutionary Road è la tipica strada di un paesino bene della provincia americana: bei viali, giardini fioriti, case dallo steccato bianco e ampi sorrisi del vicinato. Frank ogni mattina si alza, e insieme a centinaia di ometti incravattati e imbrigliati in abiti dai colori tristi, si reca dietro la sua macchina da scrivere con la quale passerà le successive 10 ore dilettandosi tra una pipa e una segretaria. Nel frattempo April stira, lava, cucina e si prende cura dei due figli. E alla sera accoglie sorridente il marito? No. April e Frank dormono in letti separati. I loro sogni di giovane coppia "rivoluzionaria" si sono infranti nella più ipocrita e convenzionale delle strade provinciali, sotto il carico dei figli, del lavoro e delle responsabilità. Per questo April in uno slancio coraggioso quanto infantile pensa che il trasferimento-fuga a Parigi della loro famiglia possa essere l'unica possibilità di salvezza permettendo loro di dedicarsi finalmente a ciò che avevano desiderato da giovani. Ma il concepimento di nuovo figlio impedirà alla coppia di seguire il loro progetto...
Il regista Sam Mendes porta sullo schermo le stesse tematiche affrontate in "American Beauty", ovvero la "disperazione del vuoto" che si nasconde dietro la perfezione delle famiglie medio-borghesi [una tematica senza epoche: negli anni '20, così come negli anni '50 e oggi: nella mia città sono state arrestate due ragazze-bene per taccheggio in negozio di abbigliamenti... quale motivazione se non il vuoto della quotidianetà?], i drammi dietro gli steccati bianche e gli ampi sorrisi con cui mogli e mariti nascondono le bassezze e le frustrazioni di una vita in due. Ciò che non riescono a fare April e Frank, tra cui di giorno in giorno la frustrazione, l'angoscia, la disperazione di una vita di rimpianti si sostituiscono al loro pur grande amore fino alla tragedia finale.
Fra tutti i personaggi, si riconosce la voce del regista in quella di un "malato di mente"... L'unico che stranamente dice le cose come stanno, quasi una sorta di coscienza critica all'interno di una società distratta e biogotta. Quello che non ha paura di risultare sgradevole mentre urla infaccia alla giovane coppia le verità della loro discesa tragica.
E la scena finale? Un autentico colpo di genio per un grandissimo film: un po' mattone come piace a me, il che vuol dire ben sceneggiato, ben diretto, ben caratterizzato e con due protagonisti, Winslet e Di Caprio, che di strada dal Titanic ne hanno fatta davvero tanta [e guarda caso nel ruolo di vicina colorita e impicciona c'è un'altra conoscenza del Titanic...L'inaffondabile Molly!! Un caso?:P].
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antonello villani
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venerdì 27 marzo 2009
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la coppia di caprio/winslet dopo il titanic
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Leonardo Di Caprio e Kate Winslet in un dramma che parla di angosce esistenziali. Il regista Sam Mendes si affida al romanzo di Richard Yates per portare sullo schermo l’incomunicabilità e la schizofrenia di una middle class in piena crisi d’identità. Attricetta fallita con due figli ed un terzo in arrivo sogna un futuro nel vecchio continente, mentre il buon padre di famiglia è troppo interessato alla carriera per capire l’insoddisfazione di una moglie malata di bovarismo. Atmosfere opprimenti con litigi furibondi tra due giovani di belle speranze che sono divorati dal male di vivere: l’amore non è eterno quando la crisi coniugale spinge all’aborto ed i bambini –quasi mai inquadrati dalle telecamere- sembrano fantasmi in una casa desolata.
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Leonardo Di Caprio e Kate Winslet in un dramma che parla di angosce esistenziali. Il regista Sam Mendes si affida al romanzo di Richard Yates per portare sullo schermo l’incomunicabilità e la schizofrenia di una middle class in piena crisi d’identità. Attricetta fallita con due figli ed un terzo in arrivo sogna un futuro nel vecchio continente, mentre il buon padre di famiglia è troppo interessato alla carriera per capire l’insoddisfazione di una moglie malata di bovarismo. Atmosfere opprimenti con litigi furibondi tra due giovani di belle speranze che sono divorati dal male di vivere: l’amore non è eterno quando la crisi coniugale spinge all’aborto ed i bambini –quasi mai inquadrati dalle telecamere- sembrano fantasmi in una casa desolata. Nuvole all’orizzonte per Di Caprio e Winslet dopo la passione sul Titanic, eppure l’interpretazione dei due divi lascia il segno in un film ferocissimo che mostra le contorte dinamiche di coppia. Spettatore che resta con l’amaro in bocca ben oltre l’uscita dal cinema, l’epilogo è una lunga agonia che si consuma nel silenzio irreale perché la disperazione di “American Beauty” non ha abbandonato Mendes neppure dopo dieci anni di onorata carriera e diverse statuette alle spalle. La trasposizione cinematografica rende giustizia ad uno scrittore apprezzato solo dopo la sua morte, mentre la provincia americana degli anni ‘50 diventa un ritratto moderno e tragicamente attuale.
Antonello Villani
(Salerno)
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the lady on the hot tin roof
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domenica 24 gennaio 2010
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cast straordinario in un film sbagliato
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"Revolutionary Road" è un film sterile, le cui ambizioni sono schiacciate da una scientificità senza poesia e vanificate a causa della percepibile e generale impressione di un'involontaria artificiosità. In tutto questo si salvano i magnifici interpreti, tutti degni di nota, e ciò non è poco. Tra tutti svetta Kate Winslet, la cui interpretazione è stata scandalosamente ignorata dall'Academy, la cui interpretazione di una casalinga disperata brilla per originalità e spiazzante crudezza. Si tratta di un ritratto vivido e disperato che colpisce nel profondo, tanto da causare dolore percepibile fisicamente da parte di chi guarda: April è vittima e carnefice, capace di sincero entusiasmo e glaciale indifferenza, brutale onestà ed inscrutabile falsità, insospettabile forza e straziante fragilità, focosa impulsività e lucidissima razionalità.
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"Revolutionary Road" è un film sterile, le cui ambizioni sono schiacciate da una scientificità senza poesia e vanificate a causa della percepibile e generale impressione di un'involontaria artificiosità. In tutto questo si salvano i magnifici interpreti, tutti degni di nota, e ciò non è poco. Tra tutti svetta Kate Winslet, la cui interpretazione è stata scandalosamente ignorata dall'Academy, la cui interpretazione di una casalinga disperata brilla per originalità e spiazzante crudezza. Si tratta di un ritratto vivido e disperato che colpisce nel profondo, tanto da causare dolore percepibile fisicamente da parte di chi guarda: April è vittima e carnefice, capace di sincero entusiasmo e glaciale indifferenza, brutale onestà ed inscrutabile falsità, insospettabile forza e straziante fragilità, focosa impulsività e lucidissima razionalità. Sarebbe troppo riduttivo chiamarla depressa o frustrata, perché April è un personaggio molto complesso che la Winslet non pretende di spiegare, bensì si limita a descrivere con lo sguardo ed il tono della voce. Frank, il personaggio di Leonardo Di Caprio, è, per un certo verso, il "cattivo" del film, marito fedifrago e infantile, solo all'apparenza dolce e comprensivo. L'attore fà un ottimo lavoro nel trasporre sullo schermo i molteplici aspetti della personalità di Frank e non si ferma là, in quanto riesce per un bel po' a mantenere viva la falsa supposizione che il suo personaggio sia la vittima della situazione, l'uomo medio dotato di razionalità e buon senso il quale tuttavia non ha perso la capacità di sognare, per poi rivelare d'un colpo il suo egoismo e la sua codardia. Il nominato all'Oscar Michael Shannon interpreta la personificazione della verità nel ruolo di un ex ricoverato in un ospedale psichiatrico che viene ritenuto pazzo quando, in realtà, è l'unico a dar voce, con indubitabile lucidità, alle frustrazioni dei coniugi Wheeler ed a far cadere la maschera ipocrita e sorridente indossata da tutti gli altri personaggi. L'attore riesce a comunicare con sapiente mestiere l'ambiguità del personaggio, mettendo a disagio perfino gli spettatori. Una speciale menzione va fatta anche nei confronti di Kathy Bates, qui insolitamente "pacata" e molto efficace nel rendere la vergogna provata da una donna, la cui reputazione si basa sulle sue buone maniere, a causa della pazzia del figlio. La roulotte russa tra felicità apparente e cieca disperazione è sottolineata dalla bella e minimalista colonna sonora, firmata Thomas Newman, passata quasi inosservata, per oscuri motivi, in questa concitata stagione di premi. Peccato, lo ribadisco, per il film nel suo complesso e per la regia, quasi impotenti di fronte alle prove attoriali, facendo accrescere la sensazione di futilità di un'operazione che, lungi dal provocare il senso di vuoto disperato e spaesamento nell'animo di chi guarda, intento dichiarato del film, lascia il vuoto della dimenticabilità.
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lucaferretto
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domenica 31 maggio 2009
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le bugie che ci raccontiamo
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A me personalmente non sembra che questo film tratti del sogno americano, nè tantomeno della coppia vittima della normalità, per quanto schiacciante. Questo è un film sull'essenza dell'amore. Perchè c'è una cosa che è evidente dall'inizio alla fine di tutto il film, ed è che questi 2 "tizi", simpatici o antipatici che siano, non si stimano per niente. Glielo dice lei: "tu non sei che uno che mi ha fatto ridere ad una festa" e lo ribadisce in macchina quando quel suo amico dopo una squallida intimità, le rivela il suo altrettanto squallido amore. Perchè non è vero che l'amore è tenuto insieme dall'attrazione fisica, ma dalla stima reciproca, qualunque sia il valore effettivo di entrambi. i due vicini di casa, ad esempio, come gli altri due, i genitori del pazzo, loro si capiscono, si stimano, a loro modo si amano.
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A me personalmente non sembra che questo film tratti del sogno americano, nè tantomeno della coppia vittima della normalità, per quanto schiacciante. Questo è un film sull'essenza dell'amore. Perchè c'è una cosa che è evidente dall'inizio alla fine di tutto il film, ed è che questi 2 "tizi", simpatici o antipatici che siano, non si stimano per niente. Glielo dice lei: "tu non sei che uno che mi ha fatto ridere ad una festa" e lo ribadisce in macchina quando quel suo amico dopo una squallida intimità, le rivela il suo altrettanto squallido amore. Perchè non è vero che l'amore è tenuto insieme dall'attrazione fisica, ma dalla stima reciproca, qualunque sia il valore effettivo di entrambi. i due vicini di casa, ad esempio, come gli altri due, i genitori del pazzo, loro si capiscono, si stimano, a loro modo si amano. I due protagonisti di questo bellissimo film, invece, si sono raccontati semplicemente un mucchio di bugie.
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carlotrevisan
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mercoledì 22 marzo 2017
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stereotipato
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Un film deludente, spento e scarico. Non bastano i due interpreteri a tirarlo su.. E' una critica ad una società americana, in realtà una società che si stava riprendendo dalla guerra, dove alla "voglia di fare" si sostituiscono le grandi pretese, dove non basta più avere una famiglia unita e un lavoro (dopo la guerra) ma dove c'è bisogno sempre di fare "altro", non importa cosa sia l'altro, basta farlo.
Il film lancia esattamente il messaggio contrario, esaltando l'insoddisfazione della coppia, esaltando l'ipocrisia (spacciandola per una presunta libertà), annullando concetti come l'amore, come la famiglia, ed esaltando l'aborto, quale fosse una forma di libertà, come se il trasferimento verso "il nuovo" fosse più importante della nascita di una vita.
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Un film deludente, spento e scarico. Non bastano i due interpreteri a tirarlo su.. E' una critica ad una società americana, in realtà una società che si stava riprendendo dalla guerra, dove alla "voglia di fare" si sostituiscono le grandi pretese, dove non basta più avere una famiglia unita e un lavoro (dopo la guerra) ma dove c'è bisogno sempre di fare "altro", non importa cosa sia l'altro, basta farlo.
Il film lancia esattamente il messaggio contrario, esaltando l'insoddisfazione della coppia, esaltando l'ipocrisia (spacciandola per una presunta libertà), annullando concetti come l'amore, come la famiglia, ed esaltando l'aborto, quale fosse una forma di libertà, come se il trasferimento verso "il nuovo" fosse più importante della nascita di una vita.
Pessimo film, che lancia un ideale sbagliato, spacciandolo per giusto.
Un'esaltazione alla società insoddisfatta che guarda sempre a ciò che non ha, e non si accontentà di quello che ha.
Almeno, fra le tante stron**te che promuove questo film, una cosa giusta la fa.. critica il consumismo, critica l'apparenza, almeno qualcosa di giusto c'è.
Meglio la guerra, se ci si deve ridurre così, che almeno fa apprezzare le cose semplici.
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lucastanley
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venerdì 13 febbraio 2009
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film non riuscito. peccato proprio!
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L'ho visto! L'argomento è interessantissimo, ma purtroppo è trattato malissimo. Ogni tanto guardando il film anche oltre, e con il cuore... non colpisce piu' di quello che vale. Non lo consiglierei di vedere. Nemmeno ai cinefili. Meglio leggere il libro: cosi' si evita di annoiarsi le veder un film (girato male) per un libro che vale quasi 100. Se non fosse per quei pochi momenti di imbarazzo e instabilità che si hanno col figlio del vicino il film annoierebbe totalemte. Finale geniale (quando il vicino con problemi all'udito abbassa il volume x ...).COmplimenti solo all'autore del libro!
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sirio
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domenica 8 febbraio 2009
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una sinfonia su una sola nota
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Una prova d'attore per due stelle di prima grandezza del firmamento hollywoodiano...
Da qualche flashback si comprende che una coppia di giovani sposi (il truccatore non si è sprecato, hanno sempre la stessa età...) decidono di prendere una casetta "sbarazzina" nel Connecticut.
Lui è il classico americano che lavora (in un posto nel quale non si sa bene che lavoro faccia)e, come ogni self-made-man americano che si rispetti, riesce a diventare un "pezzo grosso" (almeno Frank Capra ci coinvolgeva in una escalation di ottimismo!), grazie ad un'intuizione geniale avuta per sbaglio o forse per noia.
Lei è la classica casalinga(quanto ho rimpianto la garrula Mamma Marion tutta-casa-amore-e-famiglia del mitico Happy Days di Ron Howard ed Henry Winkler!)già pronta al ruolo di protagonista di un Desperate Housewives degli anni Cinquanta, immersa in gioioso nulla.
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Una prova d'attore per due stelle di prima grandezza del firmamento hollywoodiano...
Da qualche flashback si comprende che una coppia di giovani sposi (il truccatore non si è sprecato, hanno sempre la stessa età...) decidono di prendere una casetta "sbarazzina" nel Connecticut.
Lui è il classico americano che lavora (in un posto nel quale non si sa bene che lavoro faccia)e, come ogni self-made-man americano che si rispetti, riesce a diventare un "pezzo grosso" (almeno Frank Capra ci coinvolgeva in una escalation di ottimismo!), grazie ad un'intuizione geniale avuta per sbaglio o forse per noia.
Lei è la classica casalinga(quanto ho rimpianto la garrula Mamma Marion tutta-casa-amore-e-famiglia del mitico Happy Days di Ron Howard ed Henry Winkler!)già pronta al ruolo di protagonista di un Desperate Housewives degli anni Cinquanta, immersa in gioioso nulla.
La vicina (una splendida Kathy Bates, lei sì che avrebbe diritto all'Oscar per l'attrice non protagonista), tutta pettegolezzo e squittante serenità esteriore, con un marito inerte ed un figlio "folle" - oggi diremmo "libero pensatore" - devastato da 37 elettroshock.
Completano il quadro un'altra coppia, completamente integrata nella solitudine della campagna del Middle East, terrorizzati davanti al minimo sogno.
Un universo microscopico ed autoreferenziale difficilissimo da gestire, riuscito solo a Polanski nello splendido "Il coltello nell'acqua". Fin dall'inizio i due protagonisti, che rimarranno sempre in primissimo piano, sono in crisi: già prima dei titoli di testa si comprende che i sogni di grandezza di lei sono destinati saranno presto tarpati. Lei sogna di trasferirsi in una Parigi scintillate ed idealizzata, raccontata in tre parole a commento di una fotografia scattata al marito soldato durante la guerra. Non si capisce se Lui giochi ad acconsentire al sogno della moglie o realmente sogni una vita migliore in Europa... D'un tratto Lei rimane incinta: questo figlio rende impossibile il progetto al punto di farLe progettare di abortire.
Da quel punto in poi, secondo lo sceneggiatore, sarebbe dovuto esplodere tutto l'odio che covava sotto la cenere, un colpo di teatro... ma già dall'inizio era ovvio che non si sarebbero mai mossi. L'odio si manifesta al momento del ritrovamento dello strumento abortivo e dovrebbe raggiungere il suo apice nella fuga nel bosco: manca un climax... quanto ho rimpianto "Family Life" di Ken Loach! E l'indomani... tutto si placa in una bella e serena colazione, con Lui che le chiede "Mi odi?" e Lei risponde "No, non ti odio". Quanta nostalgia di "Scene da un matrimonio" di Bergman! Come sarebbe stato bello se fosse finito lì, lasciandoci nel dubbio di un futuro sospeso tra sogni di gloria e realtà opprimente!
E invece la storia continua, trascinandosi verso il melodramma a foschissime tinte: Lei abortisce in casa procurandosi un'emorragia fatale (e non finisce ancora...) Lui si dispera ma forse - e chi lo sa? - non perdona la moglie(e non finisce ancora...), Lui va a vivere in città diventando "un padre devoto"(e non finisce ancora...),i vicini li vogliono dimenticare (e non finisce ancora...) e arrivano nuovi inquilini (e finalmente finisce!).
Si è detto "un ritratto dell'America anni Cinquanta": non c'è una ricostruzione d'ambiente e se non vi fosse una semplice ricerca sui costumi e sulle acconciature non si capiva che erano gli anni del Maccartismo.
Quanto fumano e bevono! Alcool e tabacco a fiumi, senza nessuna ragione plausibile.
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stefano montecchi
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martedì 3 febbraio 2009
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promesse annunciate ma volontariamente mancate...
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Un film di attori, tutt'altro che rivoluzionario. Due protagonisti che per mezzo film si dichiarano "speciali" ma che di speciale non hanno nulla. Gli alti propositi dei due sposini imborghesiti vengono appiattiti dal lavoro, dalla monotonia domestica, dai figli forse non voluti o voluti come alibi alla mediocrità che viene rivelata ai protagonisti.
Tutto fila liscio in questo film, che parte col brivido di una nuova promessa per terminare in una tragedia domestica simile a un lavoro di Tenessee Williams.
Molto semplicemente, il bel film tratta di un uomo (Di Caprio) che si sposa (con la Winslet) in preda al fuoco della gioventù e del sogno americano. I sogni della coppia sembrano svanire quando si ritrovano con due figli (e un altro in arrivo) e il lavoro di lui che si sta facendo opprimente.
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Un film di attori, tutt'altro che rivoluzionario. Due protagonisti che per mezzo film si dichiarano "speciali" ma che di speciale non hanno nulla. Gli alti propositi dei due sposini imborghesiti vengono appiattiti dal lavoro, dalla monotonia domestica, dai figli forse non voluti o voluti come alibi alla mediocrità che viene rivelata ai protagonisti.
Tutto fila liscio in questo film, che parte col brivido di una nuova promessa per terminare in una tragedia domestica simile a un lavoro di Tenessee Williams.
Molto semplicemente, il bel film tratta di un uomo (Di Caprio) che si sposa (con la Winslet) in preda al fuoco della gioventù e del sogno americano. I sogni della coppia sembrano svanire quando si ritrovano con due figli (e un altro in arrivo) e il lavoro di lui che si sta facendo opprimente. La via di fuga? Mollare tutto e ricominciare daccapo a Parigi. Questa è la rivoluzione dei due protagonisti (la rivoluzione sta anche nel nome della via in cui abitano), e rivoluzionari sembrano proprio i due sposi, a detta di tutti "due ragazzi speciali".
Ma non è così. Di Caprio sfugge dal solito ruolo di eroe e diviene pian piano un meschino impiegato che ripiega su una squallida amante per cercare sollievo a qualche soddisfazione che la vita gli ha negato (anche perchè si rivela essere un uomo senza volontà e idee). La Winslet, semplice casalinga, decide di prendere in mano il vecchio sogno di una vita migliore e si allontana con la mente dalla realtà, divenendo un'idealista che presto dovrà fare i conti con un mondo claustrofobico fatto di ostacoli, persone invidiose, impegni banali. Solo un matto che ha subito 37 elettroshock sembra capire la sua voglia di libertà.
Parole, nel film, tantissime parole. Tutte false, tutte alibi a una condizione di vita. Bellissima la scena dell'apparecchio acustico che viene abbassato per dare un taglio a tutte queste parole.
Parole e attori, la Winslet su tutti.
Ma c'è dell'altro, scavando, sotto a tutto: c'è il tema dell'aborto affrontato con la serenità e la furbizia di un regista che nel corso del film ci fa piacere la Winslet e ci fa provare vergogna e forse nausea per il povero Di Caprio (bene in parte ma non eccelso).
Un film sugli anni cinquanta che proprio per l'epoca in cui è ambientato fortifica l'emancipazione cui la Winslet va incontro.
Piano, lentamente ma non noiosamente, il film sviluppa i ruoli dei protagonisti ribaltando i favori iniziali del pubblico che esce dalla sala con la sensazione di aver visto un bel film. Così è, ma si dimentica presto. Imparata la lezione, poco rimane se non il ricordo della Winslet che supplica con lo sguardo di fuggire via.
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sangiov
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lunedì 9 febbraio 2009
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noia allo stato puro
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L'unico modo che Mendes aveva per far vedere questo film al cinema era puntare sul ritorno della coppia di Titanic. Pur essendo gli attori tutti bravissimi, il film si rivela noioso, la sceneggiatura assolutamente inadeguata a trattare un problema come la crisi di coppia e il desiderio di fuga in modo interessante e nuovo. I dialoghi, al limite del paradossale, sono cuciti sulle bocche di personaggi legnosi dai comportamenti incoerenti: difatti come ambientazione sarebbe stato più adatto un manicomio! Tutta la storia si rivela quindi poco comprensibile, e la ciliegina sul gelato è la presenza/assenza di due figli che compaiono in pochissime scene al punto che ci si domanda se siano stati dimenticati dal regista.
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L'unico modo che Mendes aveva per far vedere questo film al cinema era puntare sul ritorno della coppia di Titanic. Pur essendo gli attori tutti bravissimi, il film si rivela noioso, la sceneggiatura assolutamente inadeguata a trattare un problema come la crisi di coppia e il desiderio di fuga in modo interessante e nuovo. I dialoghi, al limite del paradossale, sono cuciti sulle bocche di personaggi legnosi dai comportamenti incoerenti: difatti come ambientazione sarebbe stato più adatto un manicomio! Tutta la storia si rivela quindi poco comprensibile, e la ciliegina sul gelato è la presenza/assenza di due figli che compaiono in pochissime scene al punto che ci si domanda se siano stati dimenticati dal regista. Insomma il mio consiglio è: non buttate 7,50 euro, se non volete che vi venga il desiderio di bussare alla porta del regista per chiedergli i danni morali e materiali.
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(di giulia)
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(di lucastanley)
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vergiu
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venerdì 6 febbraio 2009
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a volte l'amore non basta...
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Andare a cinema e aspettarsi di assistere ad una storia d’amore, siamo sinceri, ad una grande storia d’amore… quanti di noi sono entrati in sala con questa aspettativa? E perché? Forse perché ancora conservavamo impresse nella memoria le scene spettacolari di Titanic, la grandezza di un amore che così bene avevano rappresentato i due protagonisti… quella stessa grandezza l’aspettavamo anche in quest’altro capolavoro, vero? Invece Revolutionary Road non è affatto una storia d’amore, Revolutionary Road ci racconta la negazione dell’amore, e ce la racconta con la stessa maestria e la stessa grandezza con cui in Titanic si raccontava una “grande storia d’amore”. Il film, infatti, riesce con profonda realtà a mettere a nudo la debolezza e la meschinità dell’animo umano in certe sue manifestazioni, anche di fronte all’amore.
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Andare a cinema e aspettarsi di assistere ad una storia d’amore, siamo sinceri, ad una grande storia d’amore… quanti di noi sono entrati in sala con questa aspettativa? E perché? Forse perché ancora conservavamo impresse nella memoria le scene spettacolari di Titanic, la grandezza di un amore che così bene avevano rappresentato i due protagonisti… quella stessa grandezza l’aspettavamo anche in quest’altro capolavoro, vero? Invece Revolutionary Road non è affatto una storia d’amore, Revolutionary Road ci racconta la negazione dell’amore, e ce la racconta con la stessa maestria e la stessa grandezza con cui in Titanic si raccontava una “grande storia d’amore”. Il film, infatti, riesce con profonda realtà a mettere a nudo la debolezza e la meschinità dell’animo umano in certe sue manifestazioni, anche di fronte all’amore. I due protagonisti, una apparentemente felice coppia sposata a cui non manca niente, si portano dentro, nell’apparenza delle loro vite vissute nell’amore, un rancore profondo per quello che la loro vita si aspettavano fosse e invece non è stata. E la loro vita è diversa da quello che avevano sempre sognato a causa proprio dell’amore, che li aveva costretti, con la nascita del primo figlio, a trasferirsi in una piccola cittadina, a condurre una vita lontana dalle loro aspirazioni e a diventare, lui, un impiegato nella fabbrica che un tempo aveva dato da vivere al padre e che fin da piccolo aveva odiato, lei, una casalinga che dovrebbe dare tutto il suo amore ai figli e accudire la casa. Questa situazione a lungo andare diventa insostenibile per entrambi e l’orgoglio prende il sopravvento sull’amore. In particolare, la moglie arriva a diventare cattiva, a progettare la fuga e quasi ci riesce, nascondendo tutto questo dietro una falsa volontà di far piacere al marito, se non fosse per quel bimbo che, come il primo, arriva inaspettato a far crollare tutti i suoi piani. Nemmeno l’amore materno per la creatura che porta in grembo frena l’orgoglio di una donna che sente la propria vita starle troppo stretta addosso. Quel bambino diventa un ostacolo a quella fuga che in realtà sta preparando esclusivamente per se stessa, così prova a disfarsene anche all’insaputa del marito. In queste scene è rappresentata tutta l’animalità del genere umano, il suo orgoglio e la sua inadeguatezza nell’affrontare certe situazioni di vita vissuta che, appunto, non sono sempre come ce le fanno vedere certi films. La donna diventa, in questa situazione, come quegli animali che mangiano i figli, ed è una cosa molto triste da vedere. Il marito, dal canto suo, pur avendo avuto un tempo le stesse aspirazioni e gli stessi desideri della moglie, riesce a trovare, nella vita che gli è toccata, la forza e la volontà di andare comunque avanti, anche con gioia, grazie all’amore che ha per la sua famiglia, in primo piano la moglie. La sua famiglia diventa il suo unico scopo di vita e solo per essa accetta la mediocrità di un lavoro a cui non ha mai aspirato. Tra i due protagonisti il più realista e, perché no, il più coraggioso, resta proprio l’uomo, perché il coraggio sta nell’affrontare la vita di tutti i giorni, no nello scappare da essa, per quanto possa essere dura. Per concludere con un paragone letterario, è come stabilire chi sia più coraggioso, l’ Ulisse di Omero che torna a casa o quello di Joyce che continua il suo viaggio solitario nel mondo senza tornare alla sua terra? Ebbene, secondo me il primo: è coraggioso l’uomo che affronta la vita, no quello che scappa.
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