Piccoli, straordinari attori in una parabola sul potere
di Roberto Nepoti La Repubblica
Fang, quattro anni, è abbandonato dal padre in un'istituzione scolastica totalizzante, un collegio che somiglia a un falansterio. Scopre così le regole della vita in Comunità (tra cui la distribuzione di piccoli fiori rossi in ricompensa ai bambini più disciplinati), ma anche l'impossibilità a sottomettervisi.
In un'epoca imprecisata, che potrebbe essere quella odierna (e risiede qui l'indotto sovversivo del film), Zhang Yuan colloca una parabola sulla genesi e le strategie del potere, prendendoli "ab ovo" sulla traccia di Un romanzo semiautobiografico di Wang Shuo. Non mancano tuttavia i riferimenti alla cultura occidentale, dai 400 colpi di Truffaut a Zero in condotta di Vigo. La singolarità del film, soprattutto, è il risultato di uno stile che mischia il realismo minuzioso (crisi di pianto, interminabili sedute sul vasino, pipi a letto...) con momenti comici ed evasioni nella fiaba picaresca il tutto reso omogeneo da un gruppo di straordinari attori in erba che si liberano dinanzi all'obiettivo senza alcuna (auto)censura. Raramente una cinepresa ha saputo cogliere istinti e pulsioni a livello così primario, fissando sulla pellicola autentici momenti di verità, Bella anche la metafora dei fiorellini, simboli di un desiderio impossibile da soddisfare quindi generatore di angoscia. Un film cinese realizzato con l'apporto fondamentale di forze italiane, dal co-produttore Marco Muller al montatore Jacopo Quadri, all'autore delle musiche Carlo Crivelli.
Da La Repubblica, 12 gennaio 2007
di Roberto Nepoti, 12 gennaio 2007