Come si fa a definirlo "straordinario". Due ore di quasi noia, non fosse che per la bella, davvero, interpretazione di Jonathan Rhys-Meyers. Il tema del delitto impunito in un universo, non solo mondo, senza norme, senza etica, senza Dio, senza senso deve davvero coinvolgere Woody Allen se lo costringe a quasi vent'anni da Crimini e misfatti a rifare lo stesso film. Con il di più di un riferimento a Delitto e Castigo di Dostoevskij tanto esplicito da essere totalmente privo di suggestione, prima il libro in mano al protagonista, poi il delitto ricalcato su quello di Raskol'nikov con il calcio del fucile che ricorda l'accetta e il fiato mozzo dietro la porta, mentre qualcuno suona incalzante il campanello, il furto-schermo della chincaglieria dagli scrigni e un assassino che non aspetta la fine del delitto per crollare. Il tentativo di tratteggiare un eventuale detective-Porfirij subito affogato nel vuoto dei nostri giorni postideologici. Sullo sfondo della Londra di Hithckok di Delitto Perfetto col tennis, la moglie ricca, il protagonista assassisno che si abitua alle blandizie degli agi economici e sociali.
E l'ombra, appunto, di Crimini e Misfatti.
Ho rivisto ieri sera la cassetta di quel vecchio film. Se possibile il suo fascino è apparso ancora maggiore, contrappuntato com'è il crimine tragico del dottor Rosenthal dall'ironia da commedia dei misfatti di Lester, dalla "sfortuna" del fantastico intellettuale che passa i pomeriggi al cinema e gira pellicole in cui si parla della vita in maniera non meno disperata che in questo Match Point, ma con una serenità che ha dietro di sé l'alto, pieno di respiro e di levità magistero di Cechov, piuttosto che la grevità cupa di Dostoevskij.
Al confronto con la poesia rutilante di Crimini e misfatti, Match Point trascina la seriosa vicenda di Chris in un teatro di maschere di cartone, gli altri personaggi, spiace dirlo ma la stessa- quando mai sexy, ma perché, per le labbra turgide?- Scarlett Johansson, sembrano usciti da una telenovela, nessuno spessore, nessuna ombra dietro i loro passi, nessuna eco alle loro parole.
Perché rifarlo, Crimini e misfatti, se il capolavoro, animato da quel genio che Allen a torto non si riconosce (forse perché sta dietro le spalle, ormai? Ma il genio se c'è stato, è per sempre) c'era già, nel tormento e negli occhi, nella piega delle labbra di Martin Landau che il volto tanto più idratato di Rhys-Meyers ricorda nelle linee, nei bagliori, nel labbro superiore?
Un film opaco.
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