Match Point |
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Un film di Woody Allen.
Con Jonathan Rhys Meyers, Scarlett Johansson, Brian Cox, Emily Mortimer, Matthew Goode.
continua»
Drammatico,
durata 124 min.
- USA, Gran Bretagna 2005.
uscita venerdì 13 gennaio 2006.
MYMONETRO
Match Point
valutazione media:
3,44
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il filone filosofico e morale di Woody Allendi Francesco PicernoFeedback: 0 |
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mercoledì 24 maggio 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Se esiste un autore che riesce a coinvolgerti da anni per il suo punto di vista delle cose, per un certo eclettismo di stile, quello è proprio Allen. E fino a pochi film fa non si poteva dire di lui che fosse un autore in vena di ispirazione. I suoi lavori degli ultimi dieci anni sembravano sempre di più film uguali a se' stessi, frutto di una crisi di ispirazione evidente, legati a mancanza di idee, di tematiche e di originalità. In "Match Point" per coraggio, scrupolo, forza di volontà,Allen è voluto ritornare ad uno stile cinematografico che, in questa fase matura e decisamente consapevole della sua vita, sembra essere efficacissimo. E sembra che finalmente Allen sia tornato a voler dire qualcosa... Con "Melinda e Melinda" certe cose si erano decisamente viste e "Match Point" da mesi sembrava essere il frutto di sua "nuova" consacrazione. Che Woody Allen navighi da sempre su un filone di cinema drammatico che è soprattutto filosofico, che sia un punto di vista per vedere alcuni aspetti sottili dell'umanità lo si sapeva da tempo. Qui il gioco si fa il classico. Una parabola sul destino e il caso, sull'importanza della fortuna negli atti più quotidiani. Un gioco svolto attraverso un racconto decisamente serrato e originale, che ha come protagonista un arrivista, un rampollo belloccio che si conquista con lucido cinismo una rivalsa un'affermazione nell'alta società. Innamorandosi della donna di un suo amico (spunto più banale del mondo) diventa protagonista di un gioco di pentimenti, cinismi ,cattiverie, che porta il protagonista ad una naturale e calcolata conclusione. Quell'omicidio che non è un altro che un intervallarsi di incastri, di situazione opprimenti, di condotte di vita sbagliate, impossibili da gestire e superare. Lo sguardo di Allen è l'ennesimo sguardo laico, distaccato, sulle cose e sull'umanità. Con un pessimismo non certo ardito e coraggioso per questi tempi, ma decisamente coerente ed equilibrato. Lo stile c'è e continua a crescere. Che Allen sia datato, incapace, dal punto di vista registico è una leggenda e un luogo comune grosso come una casa. Qui Allen ha chiaramente consapevolezza dello stile e della poetica che circola attorno al film. E ne esce fuori l'ennesimo film riuscito dell'ultima parte della sua carriera. Pur debitore di temi quali i tradimenti, le infatuazioni, (con a condire il tutto visite a musei, incontri casuali, componenti giallistici che giocano sui vari punti di vista) , quello che sembra risaltare è l'assoluta assenza di cadute di stile. Il film scorre come dovrebbe. E quello che potrebbe sembrare l'ennesima parabola Alleniana cinica, Dostoewskiana, su un "crimine con pochi misfatti", diventa invece un film che ha alla base di tutto la fortuna, la precisione del caso (metafora tennistica che viene risaltata dall'inizio del film) Così vediamo questo allenatore di tennis compiere i suoi atti calcolati con una freddezza , con un intelligenza morbosa che gli permette, con l'aiuto della "vita" stessa , fatta inevitabilmente di eventi, di incastri, che non fanno altro che essere lì, come fenomeni naturali incontrollabili. Per decretare che questo ennesimo cinismo che traspare da quest'ultimo lavoro del regista new yorkese, non è altro che è una dura, cristallina, conseguenza del quotidiano. Formato da regole che sono sì assurde e inaccettabili, ma inevitabili per far sì che un'esistenza (o in questo caso un'opera narrativa) vadano avanti, inesorabilmente.
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