Match Point |
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Un film di Woody Allen.
Con Jonathan Rhys Meyers, Scarlett Johansson, Brian Cox, Emily Mortimer.
continua»
Drammatico,
durata 124 min.
- USA, Gran Bretagna 2005.
- Filmclub Distribuzione
uscita lunedì 29 settembre 2025.
MYMONETRO
Match Point
valutazione media:
3,44
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Vendere l'anima al diavolo
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| mercoledì 25 luglio 2007 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Il film conduce lo spettatore a rovistare negli angoli morti di una quotidiana normalità, quando il trascorrere annoiato o sempre uguale del tempo viene improvvisamente ribaltato, vivificato, dal proporsi febbrile di una passione. Tema poco originale tuttavia il regista lo tratta da un punto di vista esclusivistico, mostrando, accanto al patologico cinismo del protagonista, l’inconsistenza di una realtà sociale del tutto priva di istanze etiche. Il successo, il denaro, la bellezza, la ricerca del piacere tout court dominano incontrastati in una Londra feriale in cui dimore lussuose si alternano ad ambienti patinati, esposti da ampie vetrate sull’innocuo scorrere del Tamigi. Già Dostoevskij, fra le mani del protagonista nelle prime scene del film, sembra avvertirci che la materia non sarà facilissima e che inevitabili rivolgimenti turberanno la linearità della storia. In ogni caso tutto si sviluppa come da antico canovaccio, sulle orme di Chabrol o di Truffeau, per citare solo gli esempi più recenti. Un matrimonio ricco ma arido, incapace di riempire le giornate di un giovane parvenu irlandese il quale inizia una relazione clandestina di puro sesso, ingannando la donna sul piano dei sentimenti. Tutto procede bene fino a quando essa rimane gravida e giustamente pretende visibilità per sé e per il nascituro. Di qui l’interrogativo più che scontato: mandare a monte una fulgida carriera e il ricco matrimonio, pensando alla famigliola che si sta formando, oppure lottare con i denti per mantenere lo status e annullare le petulanti richieste dell’amante? La risposta, nello sguardo senza sorriso del regista americano, è del tutto ovvia. Gli esempi in tal senso non mancano e tutto fila via come spinto da una corrente d’aria. Dapprima lo sconcerto, poi l’irritazione, quindi la rabbia e l’odio cieco, alla fine il delitto. Il gesto definitivo matura lentamente; nel coacervo dei pensieri e delle opposte pulsioni si delinea chiaramente l’azione prossima del protagonista. Il delitto è perfetto, studiato nei minimi particolari con la freddezza del professionista, salvo qualche patetica caduta di tono. L’idiozia della polizia fa il resto, senonché il diario segreto della vittima sembra voler incastrare, secondo il mito greco della giustizia, l’assassino. Ma non sarà così. Gli dei protettivi e buoni, quegli dei che salutano e inebriano ogni giornata del giovin signore, intervengono mollemente, con un gioco di circostanze fortuite, a favorire il loro protetto, salvandolo dai sospetti veri, realistici, di uno sbirro con qualche capacità. Il film termina davanti alle vetrate che si affacciano sul fiume e, come una ribalta di teatro, mostra per l’ultima volta un limpido interno borghese egoisticamente concentrato su se stesso e sull’ultimo nato i cui vagiti, però, non fanno la gioia del giovane padre, cui lo spettatore non riesce a perdonare gli eccessi. Il suo volto è privo di espressione, lo sguardo dilatato nel tempo, in una fissità catatonica; i movimenti quasi goffi, incerti, in un disagio esistenziale che si propone abissale, senza fine, nella nebbia avvolgente di una lucida follia. E Dostoevskij? Nessuna corrispondenza. Forse è questa la vera originalità del regista. La colpa questa volta non cerca l’espiazione e la pena. Il superuomo alla Tullio Hermil, con le sue istanze autocratiche, non cede al rimorso della coscienza, in quanto quest’ultima è ottenebrata dall’assurdità dell’agire umano che tutto coinvolge nel dispiegarsi di una volontà tirannica.
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