L'amore ritorna

Alessandra Mammi

Non avremo una vera industria e neanche un vero star system. Si fa fatica a far superare le Alpi ai nostri film e ai nostri migliori attori, ma di certo non ci manca la famiglia. La grande famiglia dei cinema italiano nel nuovo film di Sergio Rubini “L’amore ritorna” è accorsa in massa. Dall’ex moglie Margherita Buy, all’amico Fabrizio Bentivoglio. Da Giovanna Mezzogiorno a Mariangela Melato, dai cammei di Michele Placido, Umberto Orsini ed Eros Pagni, alle partecipazioni di Simona Marchini, Giorgio Barberio Corsetti e Antonello Fassari. Fino alla famiglia vera che arruola un sorprendente e bravo Alberto Rubini, padre di Sergio, nei panni di se stesso. E accorsa in massa la famiglia intorno al capezzale di Luca Florio (Bentivoglio), attore sfortunato che si ammala all’improvviso sul set di un film per lui importantissimo. Si ammala ed esce di scena per entrare nella scena di uno star system piccolo piccolo: con medici primari che chiedono l’autografo per la figlia, mogli e amanti che si azzuffano fra le flebo, direttori di produzione che controllano la cartella clinica più preoccupati per il budget dei film interrotto che per il risultato delle analisi. In mezzo all’affaccendato carosello, c’è lui: l’attore, spennacchiato e nevrotico. Un Fabrizio Bentivoglio che assomiglia tanto a Sergio Rubini, una ex moglie dell’attore, Margherita Buy, che è la vera ex moglie del regista e un’amante attrice, giovane rockettara., piccola star, eccessiva, viziata ed egocentrica che sembra proprio un ritratto fedele di Asia Argento (ai tempi dei fidanzamento con Rubini) con tanto di evoluzione in biondo ~ platino alla fine dei film.
Padri, amici, fidanzate, mogli e la paura dell’attore di finire fuoriscena. Siamo in pieno racconto autobiografico? «Raccontare la propria vita è una chimera. Sfugge sempre dalle mani», risponde Rubini. Vero: ma questo film le assomiglia parecchio. «Assomiglia soprattutto al terrore in una società dell’immagine di diventare all’improvviso invisibili. Paranoia di ogni attore, ma anche di ogni giornalista, manager o politico. Io ho raccontato il mondo che conosco, ma le dinamiche sono universali».
Quel mondo è dipinto con un’eccezionale sintonia fra gli attori che nasce altrove. «Fabrizio ed io siamo molto amici, anche se è la prima volta che lavoriamo insieme. Margherita è stata una compagna importante, Giovanna una delle attrici con cui ho lavorato meglio. Ma nessuno di loro è fotocopia della mia vita, persino quel padre non è mio padre». Come la Puglia (dove Rubini è nato) non è la vera Puglia; ma un posto magico nel film, contraltare barocco della clinica glaciale e minimalista. Colorata e solare l’una, azzurra e ghiaccia l’altra.
Da lì arriva un fantasmino saltellante che appare e scompare dando un tocco di lirica follia all’intera storia, Che un po’è la storia di Rubini e molto di più la storia di un cinema «dove nel bene e nel male non c’è una vera industria, ma che sta in piedi per amicizia, clan, lobby e una strana sodale comunità». Quella che un attore-regista riesce a portare in massa dal teatro, dal cinema e dalla tv intorno al capezzale del collega malato. Con tanto di happy end.
Da L’Espressoo, 4 marzo 2004


di Alessandra Mammi, 4 marzo 2004