Giallo,
durata 90 min.
- Italia 2003.
MYMONETROPiazza delle Cinque lune
valutazione media:
2,06
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Inaccettabile questa recensione,se si considera che la figlia di Aldo Moro riconoscere questo film come l’unico riferimento attendibile circa la tragedia di Suo Padre. Mi chiedo perché quando si toccano certi temi è automatico discreditare e infangare.Identica tattica con cui si dava discredito alle lettere di Aldo Moro scritte nei giorni di prigionia
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Un film decisamente rivelatore, che ricostruisce in una maniera differente, elegante ma probabilmente più reale tutta la sequenza del rapimento ed esecuzione di Aldo Moro, con un'attima interpretazione del trio Giannini Sutherland Rocca, splendida, fin troppo per la parte, che scivola via liscia fino al finale dove secondo me ritorna sulla falsa riga di Toto Modo, mitico film premonitore di quello che poi fu e diventò l'Italia.
La ricostruzione verosimilissima appare perfetta ed inquietante, la ricostruzione politica anche, sebbene un po' troppo carica, ma si vedano le interviste di Imposimato se si hanno dubbi, la collocazione delle scene dice più di quanto raccontino i testi stessi, messaggio trasversale, purtroppo arrivato troppo tardi, ma prima forse non sarebbe stato proprio possibile.
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Un film decisamente rivelatore, che ricostruisce in una maniera differente, elegante ma probabilmente più reale tutta la sequenza del rapimento ed esecuzione di Aldo Moro, con un'attima interpretazione del trio Giannini Sutherland Rocca, splendida, fin troppo per la parte, che scivola via liscia fino al finale dove secondo me ritorna sulla falsa riga di Toto Modo, mitico film premonitore di quello che poi fu e diventò l'Italia.
La ricostruzione verosimilissima appare perfetta ed inquietante, la ricostruzione politica anche, sebbene un po' troppo carica, ma si vedano le interviste di Imposimato se si hanno dubbi, la collocazione delle scene dice più di quanto raccontino i testi stessi, messaggio trasversale, purtroppo arrivato troppo tardi, ma prima forse non sarebbe stato proprio possibile.
Mi è piaciuto moltissimo l'inizio un po' meno il finale ma davvero un film che mi era sfuggito, da vedere, e magari rivedere dopo averlo analizzato, poteva finire venti minuti prima.
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Di tutti i film sul caso Moro, almeno di quelli più celebri, "Piazza delle Cinque lune” di R. Martinelli (2003) è quello che mi ha destato più perplessità: il film nasce dal tentativo di indagare i tanti aspetti poco chiari di una delle pagine più drammatiche della storia della Repubblica – il sequestro Moro- offrendo una chiave di lettura diversa da quella "ufficiale" sviscerata a partire da numerosi riferimenti alla realtà; purtroppo però il vizio capitale della pellicola di Martinelli – al di là di una realizzazione tecnica non del tutto convincente - è che proprio il connubio fiction/realtà è talmente mal dosato e poco meditato da minare alla base anche quanto di buono il film potrebbe offrire.
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Di tutti i film sul caso Moro, almeno di quelli più celebri, "Piazza delle Cinque lune” di R. Martinelli (2003) è quello che mi ha destato più perplessità: il film nasce dal tentativo di indagare i tanti aspetti poco chiari di una delle pagine più drammatiche della storia della Repubblica – il sequestro Moro- offrendo una chiave di lettura diversa da quella "ufficiale" sviscerata a partire da numerosi riferimenti alla realtà; purtroppo però il vizio capitale della pellicola di Martinelli – al di là di una realizzazione tecnica non del tutto convincente - è che proprio il connubio fiction/realtà è talmente mal dosato e poco meditato da minare alla base anche quanto di buono il film potrebbe offrire. Valga su tutti, come esempio, che se la mai appurata presenza di una moto in Via Fani durante il sequestro è parte reale della deposizione di un testimone nel “processo Moro” ed è lo spunto di partenza della narrazione filmica, di contro il filmato "super8" sull'agguato brigatista da cui parte l'inchiesta nel film non è ovviamente mai esistito come documento nella realtà: in casi come questo la possibilità di appellarsi alla "licenza cinematografica" che giustifichi l'espediente di fantasia è a mio avviso non accettabile perché sconfina di molto la sua funzione, squalificando da sé con questo e altri espedienti davvero poco felici l'ambizione di raccontare una credibile realtà alternativa sul “caso Moro”. Altro fatto che desta più di una perplessità è quello di far quasi praticamente scomparire l'elemento "Brigate Rosse" dal racconto, quasi che queste, anche se eterodirette come la teoria del film vorrebbe, non avessero giocato comunque un ruolo centrale nella vicenda, producendo il paradosso che si finisce per assistere ad una vicenda di terrorismo senza terrorismo (!!). Esaminato il dato di realtà del film, il racconto della fiction, già messo per scelta in secondo piano , non sorretto da una base credibile finisce per scadere ancora di più in una narrazione scialba, banalmente sviluppata nel tentativo di creare una tensione da thriller quasi del tutto assente. Sul piano della realizzazione tecnica un potenzialmente ottimo cast di attori offre una prova abbastanza deludente: parecchio ingessato D. Sutherland, quasi del tutto ammutolito G. Giannini, forse è proprio la più apparentemente fuori luogo S. Rocca ad offrire la prova migliore. La fotografia sceglie di desaturare il colore creando atmosfere fredde e asettiche (e la scelta potrebbe avere senso), il tutto viene condito però da un doppiaggio della versione italiana davvero terribile e inspiegabile, che forse è l'aspetto che più immediatamente infastidisce lo spettatore. Della regia di Martinelli occorre salvare senza dubbio le parti che interpolano docufiction in bianco e nero al racconto degli eventi reali, che ricalcano volutamente il fortunato esempio del classico "JFK" e che producono il risultato di aggiungere ritmo a questi spezzoni del film, ma quando in una delle ultime scene il tentativo è quello di citare l'aereo di Hitchcock di "Intrigo Internazionale", il risultato raggiunge il grottesco per l'inopportunità della scena .
Per concludere: un prodotto che per pochi aspetti si salva dall'essere un papocchio : tolti qualche espediente registico, la presenza di un cast di livello e l'interesse che l'argomento suscita naturalmente, il resto è infatti è ampiamente dimenticabile. Peccato, perchè una maggiore meditazione sulla vicenda di Moro e una ricerca più marcata ricerca di autorialità da parte del regista avrebbero potuto portare ad un risultato diverso e apprezzabile.
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Di tutti i film sul caso Moro, almeno di quelli più celebri, "Piazza delle Cinque lune” di R. Martinelli (2003) è quello che mi ha destato più perplessità: il film nasce dal tentativo di indagare i tanti aspetti poco chiari di una delle pagine più drammatiche della storia della Repubblica – il sequestro Moro- offrendo una chiave di lettura diversa da quella "ufficiale" sviscerata a partire da numerosi riferimenti alla realtà; purtroppo però il vizio capitale della pellicola di Martinelli – al di là di una realizzazione tecnica non del tutto convincente - è che proprio il connubio fiction/realtà è talmente mal dosato e poco meditato da minare alla base anche quanto di buono il film potrebbe offrire.
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Di tutti i film sul caso Moro, almeno di quelli più celebri, "Piazza delle Cinque lune” di R. Martinelli (2003) è quello che mi ha destato più perplessità: il film nasce dal tentativo di indagare i tanti aspetti poco chiari di una delle pagine più drammatiche della storia della Repubblica – il sequestro Moro- offrendo una chiave di lettura diversa da quella "ufficiale" sviscerata a partire da numerosi riferimenti alla realtà; purtroppo però il vizio capitale della pellicola di Martinelli – al di là di una realizzazione tecnica non del tutto convincente - è che proprio il connubio fiction/realtà è talmente mal dosato e poco meditato da minare alla base anche quanto di buono il film potrebbe offrire. Valga su tutti, come esempio, che se la mai appurata presenza di una moto in Via Fani durante il sequestro è parte reale del "sequestro Moro" ed è lo spunto di partenza della narrazione filmica, di contro il filmato "super8" sull'agguato brigatista da cui parte l'inchiesta nel film non è ovviamente mai esistito come documento nella realtà: in casi come questo la possibilità di appellarsi alla "licenza cinematografica" che giustifichi l'espediente di fantasia è a mio avviso non accettabile perché sconfina di molto la sua funzione, squalificando da sé con questo e altri espedienti davvero poco felici l'ambizione di raccontare una credibile realtà alternativa sul “caso Moro”. Altro fatto che desta più di una perplessità è quello di far quasi praticamente scomparire l'elemento "Brigate Rosse" dal racconto, quasi che queste, anche se eterodirette come la teoria del film vorrebbe, non avessero giocato comunque un ruolo centrale nella vicenda, producendo il paradosso che si finisce per assistere ad una vicenda di terrorismo senza terrorismo (!!). Esaminato il dato di realtà del film, il racconto della fiction, già messo per scelta in secondo piano , non sorretto da una base credibile finisce per scadere ancora di più in una narrazione scialba, banalmente sviluppata nel tentativo di creare una tensione da thriller quasi del tutto assente. Sul piano della realizzazione tecnica un potenzialmente ottimo cast di attori offre una prova abbastanza deludente: parecchio ingessato D. Sutherland, quasi del tutto ammutolito G. Giannini, forse è proprio la più apparentemente fuori luogo S. Rocca ad offrire la prova migliore. La fotografia sceglie di desaturare il colore creando atmosfere fredde e asettiche (e la scelta potrebbe avere senso), il tutto viene condito però da un doppiaggio della versione italiana davvero terribile e inspiegabile, che forse è l'aspetto che più immediatamente infastidisce lo spettatore. Della regia di Martinelli occorre salvare senza dubbio le parti che interpolano docufiction in bianco e nero al racconto degli eventi reali, che ricalcano volutamente il classico "JFK" e che aggiungono ritmo al film, ma il tentativo diviene quello di citare l'aereo di Hitchcock di "Intrigo Internazionale", il risultato raggiunge il grottesco per l'inopportunità della scena.
Per concludere: un prodotto che per pochi aspetti si salva dall'essere un papocchio : tolti qualche espediente registico, la presenza di un cast di livello e l'interesse che l'argomento suscita naturalmente, il resto è infatti è ampiamente dimenticabile. Peccato, perchè una maggiore meditazione della vicenda di Moro e una più marcata ricerca di autorialità da parte del regista avrebbero potuto portare ad un risultato diverso e apprezzabile.
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Buone intenzioni e troppi soldi. Purtroppo inutili effettacci (l'inverosimile citazione hitchcockiana della scena dell'areo), atroci goffaggini (pensate a cosa viene descritto come una "pala d'altare del '300") e una Toscana da agenzia turistica rovinano quello che avrebbe potuto essere un film interessante, impegnato e bello.
Per me incomprensibili, forse casuali e involontarie, anche le allusioni a Pio II (le cinque lune sono quelle dello stemma Piccolomini; la scena del confessionale inquadra esplicitamente il basamento della statua del papa; i bambini vengono lasciati in un bar di Pienza, la città di Pio II).
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Siena, ai nostri giorni. Rosario Saracini (Donald Sutherland - Una squillo per l'ispettore Klute, M.A.S.H.), festeggia l'ultimo giorno di lavoro come procuratore capo, e, mentre torna a casa, viene assalito da un losco figuro nell'androne della palazzina in cui vive. L'uomo gli dà uno strano pacchetto e scappa via. Una volta entrato nel suo appartamento Saracini scarta il regalo misterioso, scoprendo cosi un vecchio film girato in super 8 che mostra il sequestro di Aldo Moro a Via Cesare Fani il 16/3/1978. Per l'ex procuratore capo è l'occasione per lasciare qualcosa d'importante ai posteri prima di morire e, insieme al suo guardaspalle Branco (Giancarlo Giannini - Il Male Oscuro, Hannibal) e la sostituta Fernanda Doni (Stefania Rocca - Nirvana, Casomai), ricomincia ad indagare sul caso più importante d'Italia.
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Siena, ai nostri giorni. Rosario Saracini (Donald Sutherland - Una squillo per l'ispettore Klute, M.A.S.H.), festeggia l'ultimo giorno di lavoro come procuratore capo, e, mentre torna a casa, viene assalito da un losco figuro nell'androne della palazzina in cui vive. L'uomo gli dà uno strano pacchetto e scappa via. Una volta entrato nel suo appartamento Saracini scarta il regalo misterioso, scoprendo cosi un vecchio film girato in super 8 che mostra il sequestro di Aldo Moro a Via Cesare Fani il 16/3/1978. Per l'ex procuratore capo è l'occasione per lasciare qualcosa d'importante ai posteri prima di morire e, insieme al suo guardaspalle Branco (Giancarlo Giannini - Il Male Oscuro, Hannibal) e la sostituta Fernanda Doni (Stefania Rocca - Nirvana, Casomai), ricomincia ad indagare sul caso più importante d'Italia. La pista, a distanza di anni, è difficile da seguire ma Saracini, grazie alla sua tenacia, riesce a muoversi bene, anche se i corridoi del potere sono imprevedibili.
Questa l'operazione di Renzo Martinelli (Porzus, Vajont) intitolata "Piazza delle Cinque Lune" che, nella prima parte, si dedica alla ricostruzione fedele del sequestro in Via Cesare Fani, con tanto di flashback riproposti in bianco e nero con tanto di celluloide sgranata del Super 8. Mentre la seconda fase dà più spazio al percorso pieno di insidie che intraprende Sutherland nella sua inchiesta. Ma, con tutto il rispetto verso la famiglia Moro, l'intento di Martinelli è uno dei meno riusciti nella storia del cinema. Quei pochi che si sono documentati sul perché di quella strage attraverso libri sul caso, erano già riusciti a dare tutte le spiegazioni plausibili, la pellicola non aggiunge niente di interessante. Persino una puntata di un programma di Minoli sul secondo canale un mesetto fa era riuscita ad essere più approfondita ed appassionante. Lo stile narrativo di Martinelli non riesce a coinvolgere, non basta qualche dolly nei momenti cruciali, e un paio di trovate fatte con la computer grafica per alzare una tensione che non c'è. Alcune soluzioni visive ricordano persino un Dario Argento piuttosto datato. Ogni cosa, ogni piccolo ingranaggio è scontato, per non approfondire parlando di un finale che definire banale è quasi un complimento. Che dire di Donald Sutherland e Giancarlo Giannini? Fanno il loro lavoro, sono pagati per questo. Stefania Rocca, nel ruolo del sostituto magistrato, cerca, forse, di uscire dal quel ghetto che un certo tipo di cineasti italiani le ha disegnato apposta, ma, proprio per colpa del regista, non riesce neanche a convincere se stessa. Forse l'intento di Martinelli era quello di divulgare alle masse quella strana indagine piena di lacune, usando un mezzo come il cinema, alla portata di tutti. Solo che, per far restare seduti un paio d'ore gli spettatori, bisogna saperlo usare, il "Cinema".
Un consiglio a quelli che, mentre sbirciano il giornale, scelgono a loro discapito di puntare il dito su questo film: portatevi appresso, nella sala, un mazzo di fiori. Non tanto per ricordare un uomo che, con la sua statura, avrebbe potuto rovesciare le sorti del nostro paese, ma, più che altro, perché se questo è il tipo di opere che dovrebbe gareggiare con le grandi produzioni americane, vuol dire che il nostro cinema è proprio defunto. [-]
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premetto che in realtà il film non è da cinque stelle, ma ho voluto premiarlo in quanto è un film italiano secondo me riuscito molto bene con un ritmo serratissimo. la recensione di mymovies non rende assolutamente giustizia al film. questa pellicola è molto di piu che una semplice ricostruzione dei fatti dell'omicidio di moro, ha una struttura perfetta e degli attori molto bravi. per rendervi conto guardatelo.
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Un discreto film che cerca di far luce sul rapimento del Presidente Aldo Moro, con un'indagine non autorizzata ben 25 anni dopo i fatti ma senza aggiungere o scoprire nulla di nuovo. Non brutto, buon ritmo, le carte si scoprono poco alla volta, con un grosso colpo di scena finale.
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Uno dei pochi film di denuncia diretto splendidamente dal regista Martinelli che fa luce su uno dei passati più tristi della nostra Repubblica.
Non ha avuto molto successo e non mi meraviglia.
Ancora tanti primi attori di quel periodo sono vivi e vegeti (ed in splendida forma).
Tra vent'anni, forse...
Straordinarie le prestazioni di attori come Sutherland e del nostro Giancarlo Giannini (ormai "un mostro sacro" del Cinema Italiano).
Fa tristezza leggere certe recensioni non molto positive.
Vabbè che viviamo in una deomacrazia (apprente e molto sofisticate...), però...
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