metiu
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venerdì 26 novembre 2004
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andrea chiribelli dovrebbe vederli i film...
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Andrea Chiribelli dovrebbe vederli i film...
I killer non sono inviati dal futuro imperatore, il loro obbiettivo è proprio lui...
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roberto castrogiovanni
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venerdì 26 novembre 2004
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il combattimento diventa esperienza estetica
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Verrebbe da dire meglio tardi che mai. Dopo più di due anni “Hero”, il film più costoso della storia del cinema cinese (30 milioni di dollari di budget, 300 persone coinvolte nella realizzazione e 150 giorni di riprese), viene finalmente distribuito nelle sale italiane. Un ritardo che ha dell’inspiegabile, se si pensa che il kolossal di Zhang Yimou ha sbancato ai botteghini francesi e di altri paesi europei e che in Italia ha ottenuto un ottimo successo un altro film dello stesso genere, “La tigre e il dragone” di Ang Lee. E invece per approdare nel nostro paese (e anche in USA) c’è stato bisogno di una spintarella dell’appassionato Quentin Tarantino (nei trailer il suo nome sostituisce quello di Yimou, generando peraltro confusione negli spettatori).
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Verrebbe da dire meglio tardi che mai. Dopo più di due anni “Hero”, il film più costoso della storia del cinema cinese (30 milioni di dollari di budget, 300 persone coinvolte nella realizzazione e 150 giorni di riprese), viene finalmente distribuito nelle sale italiane. Un ritardo che ha dell’inspiegabile, se si pensa che il kolossal di Zhang Yimou ha sbancato ai botteghini francesi e di altri paesi europei e che in Italia ha ottenuto un ottimo successo un altro film dello stesso genere, “La tigre e il dragone” di Ang Lee. E invece per approdare nel nostro paese (e anche in USA) c’è stato bisogno di una spintarella dell’appassionato Quentin Tarantino (nei trailer il suo nome sostituisce quello di Yimou, generando peraltro confusione negli spettatori).
Comunque sia, l’attesa è stata ampiamente ripagata. La curiosità era tanta, soprattutto perché il pluri-premiato regista cinese, da sempre autore di opere socialmente impegnate e di taglio quasi neorealista, si cimenta qui per la prima volta con il “wuxiapian”, termine che designa un particolare genere di “cappa e spada” tipico della cinematografia orientale. In questo caso il soggetto prende spunto dalla storia di Qin Shihuang, il primo re che unificò la Cina, e di alcuni guerrieri che tentano di assassinarlo. Yimou non perde l’essenza prima del suo cinema e la pulizia di linguaggio, ma il cambiamento di registro è sbalorditivo. “Hero” è un punto di svolta: segna la prevalenza della forma sul contenuto. I temi, i personaggi, gli oggetti, tutti gli elementi della storia (la guerra, la scrittura, la musica) si fondono in un gioco di corrispondenze e diventano parte di un processo di astrazione che le trasforma in forme geometriche, spazi e ritmi. I combattimenti sono in realtà danze coreografiche in cui i gesti hanno la grazia e la stilizzazione di un ideogramma perfetto. Le diverse sfumature cromatiche dell’immagine connotano simbolicamente gli episodi della trama (merito anche dell’incredibile fotografia di Christopher Doyle).
Tutto questo senza rinunciare alle regole e alle convenzioni del film commerciale, con qualche strizzata d’occhio anche al cinema occidentale (con riferimenti sparsi che vanno da “L’ultimo imperatore”, a “Matrix”, al “Signore degli anelli”) e con un cast pieno di star internazionali (gli straordinari Jet Li, Tony Leung, Maggie Cheung e Donnie Yen su tutti).
Il cambio di rotta del regista di “Lanterne rosse” e de “La storia di Qiu Ju” ha fatto discutere ancora di più per il messaggio filo governativo che trasmetterebbe il film, riassunto nel motto epigrafico “tutti sotto uno stesso cielo”, secondo il quale un regime, anche se oppressivo, è necessario per difendere l’ordine e la legge. Questo è in realtà solo uno dei messaggi possibili, il più evidente. Il film è suscettibile a diverse chiavi di lettura e diversi punti di vista (come suggerisce palesemente la struttura della storia, costruita sul modello di “Rashomon”). Ogni visione è legittima, anche quella degli sconfitti (si veda ad esempio lo stoicismo della scuola di calligrafia che difende fino all’ultimo il valore del sapere).
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beatrix
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domenica 7 novembre 2004
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(quasi) senza parole
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Un'opera d'arte è da ritenersi tale quando tocca il cuore di chi la guarda.
E il mio cuore è stato toccato.
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hemant
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lunedì 25 ottobre 2004
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una elaborata leziosità
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Rashomon, La tigre e il Dragone, Ran, queste sono le ispirazioni, o meglio le copiature di questo film, che assomiglia più ad un film di animazione che ad una pellicola con attori reali.
Ben lontano dagli altri capolavori del regista quali Lanterne Rosse, terrible e poetico, La strad verso casa, poetico e tenero o Sorgo rosso, colorato quanto questo ma molto più reale e misurato.
Andatevi a veder un buon film italiano o rivedete Kurosawa, ma non perdete tempo con questa leziosità.
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martina
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lunedì 18 ottobre 2004
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piu' di un film
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Tutti gli aspetti dell'arte possono essere rappresentati in questo bellissimo film.
Un film che dal punto di vista di dialoghi è molto semplice, (spesso lo sono i film d'autore orientali) ma non si sente la mancanza delle parole. Al loro posto musica, suoni, colori.
Una magnifica fotografia, pregevolmente di alto livello.
L'uso non commerciale di effetti speciali "occidentali.
Una storia semplice che si sviluppa e si comprende con il proseguire del film, ma che si apprende nelle sue complesse sfumature solo ponendoci la mente all'uscita dalla sala e poi di seguito.
Un film nel suo significato forte ed anche attuale, ma rappresentato con una semplicita' e delicatezza impressionante.
L'arte della spada, l'arte della guerra, mai in questo film, costellato da combattimenti vediamo scorrere il sangue.
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Tutti gli aspetti dell'arte possono essere rappresentati in questo bellissimo film.
Un film che dal punto di vista di dialoghi è molto semplice, (spesso lo sono i film d'autore orientali) ma non si sente la mancanza delle parole. Al loro posto musica, suoni, colori.
Una magnifica fotografia, pregevolmente di alto livello.
L'uso non commerciale di effetti speciali "occidentali.
Una storia semplice che si sviluppa e si comprende con il proseguire del film, ma che si apprende nelle sue complesse sfumature solo ponendoci la mente all'uscita dalla sala e poi di seguito.
Un film nel suo significato forte ed anche attuale, ma rappresentato con una semplicita' e delicatezza impressionante.
L'arte della spada, l'arte della guerra, mai in questo film, costellato da combattimenti vediamo scorrere il sangue.
C'è onore, rispetto per il nemico, rispetto delle regole di Stato.
Mi stupisce che un film di tanta bellezza abbia necessitato l'intervento di un regista per poter essere presentato nelle nostre sale.
Mi chiedo quanti altri bellissimi film, non esattamente commerciali possano mancare alla nostra visione...
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andrea magagnato
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domenica 17 ottobre 2004
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hero - quando nasce un eroe
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Primo dei due attesi WuXia Pian di uno dei più impegnati registi cinesi di sempre (in arrivo prossimamente anche La foresta dei pugnali che volano ). Zhang Yimou si cimenta con un genere a lui estraneo con una maestria ed un impegno non indifferenti, (ri)proponendolo anche io occidente; terra lontana sprattutto mentalmente dalle epiche “Storie di cavalieri erranti ed eroici guerrieri” alle prese con faccende d’onore e pellegrinaggi solitari . Il genere puo apparire come parallelo al nostro western ma con temi e mentalità decisamente diverse. Siamo nella cina pre-imperiale divisa in sette regni .La storia narra di un guerriero ( Senza nome ) che riesce nell’impresa di uccidere i tre più pericolosi assassini nemici del re di Qin ( colui che è alla ricerca dell’unificazione dei sette regni ) .
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Primo dei due attesi WuXia Pian di uno dei più impegnati registi cinesi di sempre (in arrivo prossimamente anche La foresta dei pugnali che volano ). Zhang Yimou si cimenta con un genere a lui estraneo con una maestria ed un impegno non indifferenti, (ri)proponendolo anche io occidente; terra lontana sprattutto mentalmente dalle epiche “Storie di cavalieri erranti ed eroici guerrieri” alle prese con faccende d’onore e pellegrinaggi solitari . Il genere puo apparire come parallelo al nostro western ma con temi e mentalità decisamente diverse. Siamo nella cina pre-imperiale divisa in sette regni .La storia narra di un guerriero ( Senza nome ) che riesce nell’impresa di uccidere i tre più pericolosi assassini nemici del re di Qin ( colui che è alla ricerca dell’unificazione dei sette regni ) . Ottiene per tale motivo il permesso di avvicinarsi fino a dieci passi dal sovrano per raccontare l’impresa . Tre flashback, uno dopo l’altro, ci proporranno versioni diverse dei fatti e sveleranno solo alla fine la verità dando un senso inaspettato alle intrepide gesta del misterioso guerriero Senza nome. Tre flashback cromaticamente diversi ma non stilisticamente, la stessa dimensione metafisica lontana da ogni naturalismo, gli spazi che si allargano e diventano protagonisti come luoghi mistici dove danzare sul pelo dell’acqua e vincere la forza di gravità . Il tempo scompare, o almeno il tempo come flusso, e i luoghi sembrano vivere in un’aura magica che li rende eterni e lontani. Si vede e si sente una mentalità diversa figlia di una tradizione diversa da quella occidentale, dove la morte perde quasi di drammaticità dinnanzi all’onore, ad un ideale…o all’amore. L’arte della spada diviene tutt’uno con quella della scrittura, la perfezione della calligrafia testimonia l’abilità di un guerriero di controllare la spada. Il vero eroe diviene allora colui che ha la spada nel cuore, è tutt’uno con essa e per questo è in grado di capire quando spargere sangue diviene inutile, quando cioè occorre far prevalere un messaggio di pace sui sentimenti di odio e vendetta. I veri eroi sanno morire per un’ideale, per amore e per amicizia. (frase con la quale si apre il film) SPOILER E’ un eroe Spada Spezzata che sceglie di morire per ribadire il suo amore, ed è un eroe Senza Nome perché, comprese le parole di Spada Spezzata, decide di non uccidere ma sacrificare la propria vita per trasmettere un ideale di pace. FINE SPOILER. Oltre alla pluriosannata fotografia è impressionante anche il legame tra suono e immagine, Yimou sembra avere, infatti, una particolare attenzione per l’uso di suoni e rumori che contribuiscono alla sospensione, all’immersione dello spazio nella già citata “dimensione metafisica”. Mi viene in mente il combattimento mentale tra Senza Nome e Cielo musicato da un vecchio cieco e ritmato da travi gocciolanti. Ma tutta la pellicola è disseminata di tante piccole perle sonore: tintinni, fruscii, il limpido e morbido sibilo delle lame che sfiorano il pelo dell’acqua, le stesse lame che più volte si incontrano e stridono sottolineate talvolta da un sapiente uso del rallenty. Un film che, contrariamente a quello che si sente in giro ( più per lo sponsor Tarantino che per altro) non è adatto a qualsiasi tipo di pubblico, o perlomeno non soddisfa le aspettative di chi si aspetta una vena splatter stile Zatoichi. Un film che stimola la riflessione, che lascia più di qualche imput da approfondire interiormente proprio perché si presenta come genere lontano dalla tradizione occidentale. Non ultimo il messaggio pacifista… che si voglia o no, diviente obbligato rivolgere un pensiero all’attualità e chiedersi chi avrà mai, oggi, la forza di guadagnarsi l’appellativo di Eroe.
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anonimo
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giovedì 23 settembre 2004
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andate a vedere ad ottobre!
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Ho visto il film in lingua originale, e non occorre conoscere il cinese per capire: i dialoghi sono pochi, mentre le azioni, la musica e i colori (che il regista evidenzia) fanno capire tutto. In tutto il film c'è un'atmosfera di mistero che continua anche dopo. A quanto pare è esistito veramente un personaggio che tentò di uccidere l'imperatore.
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