filippo catani
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lunedì 26 agosto 2013
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la motivazione è valida ma la realizzazione no
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Un giornalista "retrocesso" a una amittente locale si reca ad un museo per realizzare un pezzo sul licenziamento di alcuni dipendenti. Mentre si trova in bagno, una ex guardia giurata prende in ostaggio la direttrice e una scolaresca per protestare contro il suo licenziamento.
Lo scopo di Costa Gravas è alto e nobile: mostrare come al giorno d'oggi il potere dei mass media sia straripante. I giornalisti d'assalto non si fermano davanti a nessun genere di dramma anzi più è cruento meglio è. Infatti il sequestratore vive una vera e propria parabola mediatica misurata costantemente con sondaggi d'opinione che ne fanno ora un eroe ora un criminale.
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Un giornalista "retrocesso" a una amittente locale si reca ad un museo per realizzare un pezzo sul licenziamento di alcuni dipendenti. Mentre si trova in bagno, una ex guardia giurata prende in ostaggio la direttrice e una scolaresca per protestare contro il suo licenziamento.
Lo scopo di Costa Gravas è alto e nobile: mostrare come al giorno d'oggi il potere dei mass media sia straripante. I giornalisti d'assalto non si fermano davanti a nessun genere di dramma anzi più è cruento meglio è. Infatti il sequestratore vive una vera e propria parabola mediatica misurata costantemente con sondaggi d'opinione che ne fanno ora un eroe ora un criminale. Ovviamente è abilissimo il giornalista rimasto coinvolto nel rapimento a trasformarlo in una star per avere poi l'esclusiva delle interviste. Il fatto è che la sceneggiatura fa veramente acqua e spesso non sembra nemmeno di essere alle prese con un film di un regista della levatura del greco. Fra l'altro per il genere di film l'azione è ridotta al minimo. Travolta si limita ad interpretare una guardia con qualche problema mentale così come Hoffman si limita al compitino del giornalista in cerca di scoop ma con una sua personalissima morale. Molto azzeccata invece lo sviluppo del personaggio della giovane aiutante di Hoffman che nel giro di poco si trasforma da timida a squalo pronto a gettarsi sulla notizia. Niente comunque che non si fosse già visto e con un cast che si limita al minimo sindacale.
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gianni lucini
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mercoledì 5 ottobre 2011
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un continuo alternarsi di punti di vista
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Dustin Hoffman, entusiasta di tornare a vestire i panni di un giornalista, dopo Tutti gli uomini dei Presidente, si prepara con la consueta metodica cura. Per giorni e giorni guarda centinaia di servizi televisivi recuperati su sua richiesta dalla produzione presso vari network. A differenza di altre volte questo lavoro di ricerca e perfezionamento non è un esercizio solitario. Con Costa Gavras c’è uno scambio continuo di opinioni, un affinamento progressivo dei dettagli che contribuisce ad arricchire i caratteri dei personaggi. Al loro fianco c’è anche la costante presenza di Roberta Hollander, una produttrice di telegiornali con un’esperienza ultraventennale maturata in una rete importante come la CBS.
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Dustin Hoffman, entusiasta di tornare a vestire i panni di un giornalista, dopo Tutti gli uomini dei Presidente, si prepara con la consueta metodica cura. Per giorni e giorni guarda centinaia di servizi televisivi recuperati su sua richiesta dalla produzione presso vari network. A differenza di altre volte questo lavoro di ricerca e perfezionamento non è un esercizio solitario. Con Costa Gavras c’è uno scambio continuo di opinioni, un affinamento progressivo dei dettagli che contribuisce ad arricchire i caratteri dei personaggi. Al loro fianco c’è anche la costante presenza di Roberta Hollander, una produttrice di telegiornali con un’esperienza ultraventennale maturata in una rete importante come la CBS. A lei il regista ha chiesto di preparare una serie di relazioni informative sul comportamento, sulle reazioni, sul modo di pensare e di muoversi di chi lavora per un telegiornale. La Hollander è preziosa anche nell’illustrare l'uso delle nuove tecnologie all'interno di una stazione tv. Al termine di questo lungo lavoro di preparazione Hoffman regala al personaggio del reporter televisivo Max Brackett un carattere apparentemente contraddittorio. All’inizio appare cinico e quasi spietato nel trasformare in un evento mediatico il dramma umano di un uomo disperato, ma la sua caratterizzazione non è univoca. Insieme a Travolta imbastisce un alternarsi continuo di punti di vista, mentre il cinismo professionale lascia pian piano il posto a una concreta e solidale complicità. Attraverso l’attore Costa-Gavras porta lo spettatore direttamente nei meccanismi dell’inganno mediatico che si sta consumando. Racconta Dustin Hoffman che nella costruzione del personaggio di Max Brackett è stata determinante la visita a una mostra di foto del “New York Times”. Di fronte a un'immagine scattata negli anni della guerra in Vietnam che mostrava un monaco datosi fuoco in segno di protesta aveva chiesto al fotografo perché non avesse tentato di spegnere le fiamme. Laconica la risposta: «…il mio mestiere è quello di catturare immagini».
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gianni lucini
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mercoledì 5 ottobre 2011
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tutti cambiano in peggio
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Inizialmente pensato per essere girato con pochi soldi e attori sconosciuti Mad City – Assalto alla notizia, grazie anche a un cast di tutto rispetto, suscita reazioni contraddittorie. Poco amato negli Stati Uniti ottiene grandi consensi in Europa. La spiegazione è probabilmente da ricercare nella difficoltà di pubblico e critica statunitense ad accettare una critica che assomiglia molto a un pugno nello stomaco. I temi forti, del resto, sono un po’ la caratteristica dell’intera carriera di Costa Gravas. Il regista in Mad City – Assalto alla notizia parte dal potere manipolante della televisione per mostrare le contraddizioni di una società statunitense in crisi morale ed economica sulla quale pesa la cappa della disoccupazione.
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Inizialmente pensato per essere girato con pochi soldi e attori sconosciuti Mad City – Assalto alla notizia, grazie anche a un cast di tutto rispetto, suscita reazioni contraddittorie. Poco amato negli Stati Uniti ottiene grandi consensi in Europa. La spiegazione è probabilmente da ricercare nella difficoltà di pubblico e critica statunitense ad accettare una critica che assomiglia molto a un pugno nello stomaco. I temi forti, del resto, sono un po’ la caratteristica dell’intera carriera di Costa Gravas. Il regista in Mad City – Assalto alla notizia parte dal potere manipolante della televisione per mostrare le contraddizioni di una società statunitense in crisi morale ed economica sulla quale pesa la cappa della disoccupazione. Il dramma di Sam Baily, sequestratore per disperazione, viene raccontato con un linguaggio pacato, con le notizie su di lui che si sommano pian piano in modo da consentire al pubblico di entrare progressivamente nelle vicende che hanno provocato il suo gesto. Le telecamere che creano e distruggono miti e persone in carne e ossa non si muovono in modo astratto, ma nella realtà concreta di una società capitalistica in crisi profonda nella quale gli esseri umani sono divenuti delle variabili indipendenti. Le persone che compongono la variopinta folla che, come un coro greco, accompagna la vicenda, non riescono neppure a immaginare di controllare il proprio destino e sulla vita di tutti aleggia uno spettro, la disoccupazione, capace di provocare profonde mutazioni nelle persone e nel corpo stesso della società. Sam reagisce come può al rischio di perdere tutto, salario, rispettabilità e posizione sociale. Non chiede un riscatto, ma di poter conservare il suo posto di lavoro e la vita gli appare come un brutto sogno. Di fronte all’accanirsi degli eventi nutre l’illusione che si possa azzerare tutto, riportare la situazione al punto di partenza, recuperare la tranquillità perduta. La mutazione non riguarda solo lui, ma tutti i personaggi del film, da Max ai direttori di rete, dai poliziotti al pubblico che si affolla intorno al museo dove il sequestratore è asserragliato. Salvo Max e i bambini sequestrati tutti cambiano in peggio, come colpiti da una malattia di cui la televisione è l’untore, lo strumento di diffusione, non l’origine. Il linguaggio scelto da Costa-Gavras per raccontare le storie parallele e in qualche modo convergenti di Max Brackett e Sam Baily attinge direttamente alla scuola di Brecht. La narrazione, infatti, è strutturata in modo da portare lo spettatore a prendere coscienza di ciò che accade oltre e al di là delle vicende dei protagonisti. Il regista si limita a smontare e rimontare i meccanismi di formazione della notizia, mostrandoli nella loro cruda nudità. Lo stesso fa con il contorno tutt’altro che marginale di giovani arrampicatori che dirigono i network, di persone disposte a tutto pur di apparire alla televisione, ma soprattutto di un’intera società aperta a ogni manipolazione perché vive con angoscia il presente e ha paura del futuro.
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luca scialò
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martedì 23 febbraio 2010
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"un'americanata" critica verso i media
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Un uomo licenziato dal suo lavoro di guardiano presso un Museo prossimo alla chiusura, entra nello stesso e con un fucile tiene in ostaggio una scolaresca e la direttrice del Museo, rea a suo dire di averlo licenziato. Un cronista cinico e senza scrupoli pur di ottenere delle notizie esclusive, si trova sul posto per una semplice intervista e diventerà il conduttore del dramma; anzi, finirà per gestire il folle, comandando le sue mosse, tutto in nome dell'audience. Ma ad un certo punto la tv prenderà il sopravvento, anche sul cronista...
Classica "americanata" moralizzatrice e banale, questa volta occupatasi dei mass-media. Una critica giusta ma eccessivamente plateale, sebbene ponga giustamente l'attenzione su una vergogna della nostra società occidentale contemporanea: la spettacolarizzazione di tutto, anche del dramma.
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Un uomo licenziato dal suo lavoro di guardiano presso un Museo prossimo alla chiusura, entra nello stesso e con un fucile tiene in ostaggio una scolaresca e la direttrice del Museo, rea a suo dire di averlo licenziato. Un cronista cinico e senza scrupoli pur di ottenere delle notizie esclusive, si trova sul posto per una semplice intervista e diventerà il conduttore del dramma; anzi, finirà per gestire il folle, comandando le sue mosse, tutto in nome dell'audience. Ma ad un certo punto la tv prenderà il sopravvento, anche sul cronista...
Classica "americanata" moralizzatrice e banale, questa volta occupatasi dei mass-media. Una critica giusta ma eccessivamente plateale, sebbene ponga giustamente l'attenzione su una vergogna della nostra società occidentale contemporanea: la spettacolarizzazione di tutto, anche del dramma...
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luigi the kc
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martedì 9 dicembre 2008
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interessante e avvincente
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film basato sulle debolezze umane e lo sciacallaggio giornalistico con due bravi protagonisti.
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giobaba
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domenica 25 maggio 2008
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da vedere
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Bravi gli interpreti, ma la vera forza dl film è il tema dell'informazione manipolata.Educativo e altamente consigliabile
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matteo
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lunedì 30 aprile 2007
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una vita difficile!
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John Travolta torna alla carica con un ottino ruolo!!L'attimo di gloria del cittadino medio nei confronti dei potenti!!!!Riesce perfettamente il duo con il grande Dustin Hoffman!!!Il finale è sconcertante!!!!
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matteo313@
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venerdì 27 maggio 2005
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non male.
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Come film è ottimo, e analizza meglio di altri il problema uomo-pazzo-con-ostaggi-contro-giornalismo-e-polizia,che già era stato affrontato dal JOHN Q. con Denzel Washington. Bravi i due protagonisti.
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