tonyruggiero
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sabato 27 settembre 2014
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la nascita del cinema moderno.
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Appartengo a una generazione di cineasti che hanno deciso di fare film avendo visto Quarto potere.
Così diceva François Truffaut ed io non avrei potuto esordire altrimenti. L'approccio all'arte di Orson Welles è semplice: apprendere le regole per poi rivoluzionare tutto.
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Appartengo a una generazione di cineasti che hanno deciso di fare film avendo visto Quarto potere.
Così diceva François Truffaut ed io non avrei potuto esordire altrimenti. L'approccio all'arte di Orson Welles è semplice: apprendere le regole per poi rivoluzionare tutto. Quando gira il suo primo film, crea uno spartiacque tra classico e moderno, ridefinendo il concetto stesso di cinema. Nessuno aveva mai osato tanto fino a quel momento. Una delle regole del cinema classico, ad esempio, era quella dell'immediata leggibilità dell'immagine e del filo narrativo. Welles, stravolge tutto e lo fa con un uso della profondità di campo mai visto prima (celebre è la scena del pupazzo di neve, condita da un piano sequenza incredibile). La macchina da presa non è più un mero strumento di racconto ma un soggetto attivo nella storia, gli attori guardano spesso in camera e questo spiazza oggi quanto allora. Si, perchè la potenza massima di Citizen Kane (titolo originale dell'opera) sta nel fatto che non sembra girato ieri, come si usa dire, ma sembra girato oggi o forse addirittura domani. La sovrapposizione e l'uso delle dissolvenze incrociate è con ogni probabilità il migliore mai visto. La sequenza iniziale del famoso NO TREPASSING è tutto: 3 minuti netti in cui parlano soltanto le immagini perchè un grande regista fa parlare ciò che inquadra, senza troppi spiegoni narrativi. Voi ve la immaginate una inquadratura fish-eye in un film del '41? Bene, in questa sequenza c'è, perchè Welles decide di mettere la cinepresa dietro il vetro di una palla da neve rotta. Esticazzi.
Improvvisamente, una parola rompe quest'estasi espressionista, è la prima del film: Rosabella, il MacGuffin sui cui tutta la storia si sviluppa ma sempre innovando: attraverso una serie interminabile di flashback e fast forward ci verrà raccontata, infatti, la storia di un uomo, Charles Foster Kane, dall'infanzia sottratta alla morte in un castello, il suo castello. Kane è, infatti, un moderno imperatore, uno tra i più ricchi ed influenti al mondo. Un giornalista, Mr. Thompson, è chiamato ad indagare su Rosabela e questo è l'espediente narrativo con cui Welles ci farà piano piano conoscere il cittadino Kane, attraverso le parole di chi l'aveva conosciuto. In questo viaggio, scopriamo un uomo ambiguo, un uomo che da ragazzo era un vulcano (esattamente come Welles) che conquista tutto e tutti con il suo carisma ma che maturando cambia, s'incattivisce ed inizia una lotta contro i mulini a vento che lo porterà a morire.. da solo con i suoi fantasmi.
Ma chi è Rosabella? Lo scopriremo soltanto alla fine e, comunque, il mistero e le interpretazioni sono molteplici. Secondo me, Rosabella, è quella parte più pura di noi stessi, ciò che siamo da bambini. E' la nostra infanzia, il nostro io più profondo. Ciò che ci fa piangere e ridere di gioia. Rosabella, è il senso stesso della nostra vita. Straordinario.
Voglio ancora soffermarmi sul ruolo della macchina da presa e sulla scelta del punto macchina. Hitchcock diceva che esiste un solo punto macchina, quello perfetto. Bene, Welles sapeva sempre quale fosse. In Quarto potere, la MDP è fottutamente viva e riflette addirittura il mood del momento. Verso la metà del film, la vita di Kane raggiunge il punto più basso e indovinate dove mette la camera Welles? A terra, intere sequenze (come il litigio tra Kane e Leland) riprese praticamente dal pavimento. Il simbolismo è fondamentale e presente per tutta la durata del film. Penso a quando Mr. Bernstein ricorda della ragazza sul traghetto e la sua immagine è riflessa sulla scrivania come fosse fatta d'acqua. Penso a quando Susan viene letteralmente oscurata dall'ombra e la volontà del marito, ripreso sapientemente dal basso. Penso, soprattutto, ad una delle scene finali, quando finalmente Susan decide di non essere più una bambolina nelle mani del marito. Lo lascia, prende coscienza di sè e, Welles, compone l'immagine mettendo in primo piano, alle spalle dell'attrice, proprio una bambola inespressiva. Ciò che Susan non è più, ciò che s'è lasciata alle spalle, appunto. Simbolico è anche il sonoro. Tra le mura di Candalù, rimbomba una eco che suggerisce prima incomunicabilità, distanza e poi assenza, silenzio.. quell'abisalle silenzo che segue la morte.
Quarto potere un'opera semplicemente unica che è l'esatto riflesso del suo creatore. Nessuno riuscirà mai a farmi togliere dalla testa il parallelismo possibile tra Charlie Kane ed Orson Welles.
Voglio che sul mio giornale ci sia molto più che immagini e parole stampate
dirà ad un certo punto il giovane Kane. Se ci pensate, è un altro modo per dire di volere l'impossibile. Orson Welles fa esattamente la stessa cosa. Vuole l'impossibile, con la macchina da presa vuole sfondare porte (come quelle della biblioteca Tatcher) e attraversare finestre chiuse (come quella famosa sul tetto del night di Susan).
La scena clou è senz'altro la sequenza iniziale ma ce n'è un'altra che mi ha letteralmente scioccato. Ad un certo punto, Welles fa prendere vita ad una fotografia ma di questo non voglio dire altro. Se guarderete questo film dopo la recensione, scrivetemi e fatemi sapere che effetto vi ha fatto quella scena. Altro che CGI sulla gazzetta del profeta.
Comunque, in definitiva, non devo certo dirlo io, questo è un film che tutti dovrebbero aver visto almeno una volta nella vita e, per chi volesse operare nel settore, è un film da studiare, da conoscere a memoria: scena per scena, sequenza per sequenza.
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rongiu
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mercoledì 15 agosto 2018
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"rosebud"
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“Rosebud”
Profondo e comprensibile; paradossale e straordinario; così profondo da sollecitare partecipazione ed attenzione; da “sentire” ed “ancorare” nella propria mente. Insomma…“No perditempo! Solo per palati fini!” E’ un prodigio del cinema nato dalla mente di un regista ai suoi esordi; uno scrittore impassibile ma diligente; un cineasta originale, innovativo, ed una compagine di attori teatrali e radiofonici della New York inizio anni ’40 che, ricevute le chiavi di uno studio ne hanno preso il totale controllo. Ed ecco il capolavoro.
Ci sono le colline, le montagne e poi le Vette.
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“Rosebud”
Profondo e comprensibile; paradossale e straordinario; così profondo da sollecitare partecipazione ed attenzione; da “sentire” ed “ancorare” nella propria mente. Insomma…“No perditempo! Solo per palati fini!” E’ un prodigio del cinema nato dalla mente di un regista ai suoi esordi; uno scrittore impassibile ma diligente; un cineasta originale, innovativo, ed una compagine di attori teatrali e radiofonici della New York inizio anni ’40 che, ricevute le chiavi di uno studio ne hanno preso il totale controllo. Ed ecco il capolavoro.
Ci sono le colline, le montagne e poi le Vette.
Le origini di "Citizen Kane" sono ben note. Orson Welles, il ragazzo prodigio della radio e del palcoscenico, riceve dalla RKO Radio Pictures (i meno giovani ne ricorderanno il famoso logo) la possibilità di dare fondo a tutto il suo ipercinetismo intellettuale, per materializzare qualsiasi forma d’Arte desiderasse. Herman Mankiewicz, sceneggiatore esperto lo affianca, i due collaborano ad una sceneggiatura dall’iniziale titolo “The American”. (ispirata alla vita William Randolph Hearst), che aveva concentrato un impero di giornali, stazioni radio, riviste e servizi di informazione.
“Quarto potere” col passare del tempo diventa sempre più profondo ogni qual volta analizza pezzi di ricordi di Charles Foster Kane (interpretato dallo stesso Welles). Un necrologio apre il film, e ci informa sulla vita e sui tempi di Charles Foster Kane; questo filmato, con la sua incredibile narrazione, vede un mordace Welles orientarsi in direzione dei cinegiornali della "March of Time", prodotti da un altro pezzo grosso dei media, Henry Luce. Avremo quindi una “mappa concettuale” che fa da guida al personaggio Kane, mentre la sceneggiatura salta nel tempo, unendo in un unico concettuale puzzle i ricordi di coloro che lo conoscevano.
Con la storia personale si muove la Storia di un’epoca. "Quarto potere” include il modello Joseph Pulitzer (famosissimo giornalista ed editore); la nascita della radio, il potere di “macchine e meccanismi politici”, l'ascesa del fascismo, la nascita della cronaca rosa.
Insomma, “Quarto potere” merita il posto che occupa nella storia del cinema, per quanto mi riguarda Ex aequo inserisco una famosissima citazione di Joseph Pulitzer « Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri. » (Joseph Pulitzer)
Mettetevi comodi e buona visione.
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dario
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sabato 23 maggio 2015
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visionario
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Lodi a Welles, magnifico facitore d'immagini e grande conoscitore del linguaggio cinematografico, a soli venticinque anni. Ma il virtuosismo non basta. La storia è francamente banale e la narrazione ne risente: Welles, per renderla solida, ricorre ad un istrionismo intelligente, nel quale tuttavia prevale il mestiere, la forma, a scapito della sostanza. Ma alla genialità del Nostro non interessa la sostanza, la dà per scontata, o per secondaria rispetto alle invenzioni della sua intelligenza, del suo brio. certo, nelle mani di un dilettante presuntuoso, il film sarebbe miseramente naufragato, tanto modesta è la storia. Nelle mani di Welles tutto funziona esteriormente, condizionando, in buona parte, l'interiorità del messaggio, grazie ad una notevole fantasia e a una disinvoltura che merita sicuramente attenzione e simpatia.
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Lodi a Welles, magnifico facitore d'immagini e grande conoscitore del linguaggio cinematografico, a soli venticinque anni. Ma il virtuosismo non basta. La storia è francamente banale e la narrazione ne risente: Welles, per renderla solida, ricorre ad un istrionismo intelligente, nel quale tuttavia prevale il mestiere, la forma, a scapito della sostanza. Ma alla genialità del Nostro non interessa la sostanza, la dà per scontata, o per secondaria rispetto alle invenzioni della sua intelligenza, del suo brio. certo, nelle mani di un dilettante presuntuoso, il film sarebbe miseramente naufragato, tanto modesta è la storia. Nelle mani di Welles tutto funziona esteriormente, condizionando, in buona parte, l'interiorità del messaggio, grazie ad una notevole fantasia e a una disinvoltura che merita sicuramente attenzione e simpatia. Welles presenta qui tutte le sue doti e i suoi difetti, racchiudibili, questi ultimi, in una grande considerazione di sè, suffragata da un'intelligenza non certo dozzinale, brillante e proprio per questa brillantezza poco approfondita.
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nick castle
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venerdì 29 ottobre 2010
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il grande cittadino kane...
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Al suo esordio, Orson regala (per chi lo aprezza...) un cosiddetto capolavoro, che affascinò diverse generazioni di cineasti, tanto che Truffault afferma che senza questo film lui non sarebbe diventato regista. Bah, affermazione piuttosto forte. In sostanza il vecchio Orson ci propone la vita di Charles Kane (personaggio ispirato dalla personalità di William Randolph Hearst), magnate della stampa, cresciuto con un tutore cui i genitori lo affidarono per assicurargli gli studi e per gestirgli la sua eredità. Tra gli eccessi e gli sprechi, Kane perde la moglie e un figlio, la seconda moglie, fino a rimanere solo nel suo immenso castello di 20.
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Al suo esordio, Orson regala (per chi lo aprezza...) un cosiddetto capolavoro, che affascinò diverse generazioni di cineasti, tanto che Truffault afferma che senza questo film lui non sarebbe diventato regista. Bah, affermazione piuttosto forte. In sostanza il vecchio Orson ci propone la vita di Charles Kane (personaggio ispirato dalla personalità di William Randolph Hearst), magnate della stampa, cresciuto con un tutore cui i genitori lo affidarono per assicurargli gli studi e per gestirgli la sua eredità. Tra gli eccessi e gli sprechi, Kane perde la moglie e un figlio, la seconda moglie, fino a rimanere solo nel suo immenso castello di 20.000 metri, per poi morire pronunciando come ultima parola "Rosabella", che altro non è che il suo slittino posseduto da bambino, simbolo di un infanzia perduta. Allora il film divenne famoso per alcuni trucchetti di regia, che altro non sono che degli scopiazzamenti dallo stile del cinema europeo, infatti si denotano grandissimi debiti all'espressionismo di Fritz Lang. Tutta la sua avanguardia è però dilatata in poco meno di dieci minuti, le cosidette inquadrature sofisticate sono una briciola in tutta la pellicola, lenti deformanti, obbiettivi predecessori dei grandangolari attuali, composizione dell'immagine (unire più immagini in una) sono cose che oggi non si portano all'attenzione purtroppo, dato che buona parte della forza del film stta lì. Per il resto è un normale film degli anni quaranta. La storia forse non conta neanche così tanto, però per certi versi è interessante e quà e là appassionante, anche se 100 minuti di chiacchiere e atteggiamenti di potere assoluto sono troppi per il 1941.
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paride86
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sabato 21 febbraio 2009
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interessante, ma non un capolavoro
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"Quarto Potere" è sicuramente un film importante ed interessante sia per la storia che per il livello tecnico, molto curato e all'avanguardia per l'epoca. La traduzione italiana del titolo punta ad evidenziare tutta quella parte di film che si occupa di descrivere l'enorme potere della stampa (attualizzabile all'odierno complesso dei media), ma è riduttivo limitarlo così: "Quarto potere" è molto di più. Scava nel profondo della psicologia del protagonista mettendone alla luce "genio" e tare senza fare compromessi.Tuttavia non mi è piaciuto l'impianto narrativo (il giornalista che va a caccia delle persone che hano conosciuto Kane) perché lo fa assomigliare più ad un documentario che ad un vero film.
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"Quarto Potere" è sicuramente un film importante ed interessante sia per la storia che per il livello tecnico, molto curato e all'avanguardia per l'epoca. La traduzione italiana del titolo punta ad evidenziare tutta quella parte di film che si occupa di descrivere l'enorme potere della stampa (attualizzabile all'odierno complesso dei media), ma è riduttivo limitarlo così: "Quarto potere" è molto di più. Scava nel profondo della psicologia del protagonista mettendone alla luce "genio" e tare senza fare compromessi.Tuttavia non mi è piaciuto l'impianto narrativo (il giornalista che va a caccia delle persone che hano conosciuto Kane) perché lo fa assomigliare più ad un documentario che ad un vero film.
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