Titolo originale | Chengdu, wo ai ni |
Anno | 2009 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Cina |
Durata | 78 minuti |
Regia di | Fruit Chan, Jian Cui |
Attori | Anya, Tao Guo, Xuan Huang, Weiei Tan . |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 2 settembre 2009
Una doppia storia d'amore tra passato e futuro, firmata a quattro mani.
CONSIGLIATO NÌ
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Chengdu, I Love You è il racconto di due storie d'amore legate indissolubilmente a due terremoti che hanno afflitto il Sichuan: uno nel 1976, anno della morte di Mao, e l'altro nel maggio 2008, rivissuto dai superstiti nel futuro del 2029. L'episodio ambientato nel passato, affidato a Fruit Chan, racconta di un bizzarro vagabondo che insegna una tecnica mirabolante nell'uso della teiera a una cameriera di cui si innamorerà, mentre impazza la Rivoluzione Culturale. Nell'episodio del rocker cinese Cui Jian, invece, il primo incontro tra i due amanti avviene in tenera età, tra le macerie lasciate da un terremoto. I due si ritroveranno una volta raggiunta l'età adulta, dopo che le loro vite hanno subito strani incroci, e molti misteri saranno svelati.
Permangono molti dubbi riguardo all'operazione Chengdu, I Love You nel suo insieme, ovvero all'idea di abbinare due episodi fortemente slegati tra loro a livello di stile e contenuti e affidarli a due registi così dissimili (doveva essercene un terzo coreano). In fondo è già avvenuto qualcosa di analogo con Three e Three... Extremes, per non citare che un caso, ma qui pare più un atto dovuto che un progetto realmente sentito, specie nel caso di Chan, e poi la differenza di statura cinematografica tra i due (accomunati solo dall'antipatia nei confronti del governo cinese e della sua censura in modo particolare), è tale da non giovare né alla coesione né alla riuscita generale del film. Se da un lato Cui Jian palesa limiti enormi nel linguaggio cinematografico che espone, come pure nella gestione degli attori - tutto sembra un "buona la prima" - dall'altro Fruit Chan fa chiaramente capire di aver scelto, per il suo debutto con una produzione della Cina continentale, qualcosa che non creasse problemi con la censura. Al di là della rappresentazione caricaturale del paesino di Chengdu e delle sue tradizioni, Chan è piuttosto timido e guardingo quando si tratta di affrontare il tema della morte di Mao e dell'impatto della Rivoluzione Culturale: fatto singolare considerata la potenza degli strali lanciati a suo tempo contro la Cina nelle opere che lo hanno reso celebre (Made in Hong Kong con il suicidio accompagnato dalle parole di un discorso di Mao o The Longest Summer dedicato all'handover di Hong Kong del 1997). Piccole e grandi difficoltà che in parte spiegano ciò che non va nel film scelto come chiusura della Mostra di Venezia del 2009.