Cinque giorni di proiezioni, incontri e convegni su cinema e cibo.
di Luisa Ceretto
Una manifestazione necessaria
Il maestro Ermanno Olmi sta portando a termine il documentario realizzato sulla seconda edizione di "Terra Madre", la manifestazione che sarà ospitata, come sempre, all'interno del Salone del Gusto a Torino in ottobre, ma intanto a Bologna, dal 7 all'11 maggio, si è svolto Slow Food On Film, promosso da Slow Food insieme alla Cineteca di Bologna.
Fondato da Carlo Petrini nel 1986 e divenuto nel 1989 movimento internazionale per la salvaguardia del mondo rurale e la tutela della biodiversità agroalimentare, Slow Food, con sede a Bra, in provincia di Cuneo, da anni ha creato una rete di sedi locali e presidi in Italia e nel mondo, le Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo e di Colorno e quella gigantesca manifestazione che è, appunto, "Terra Madre", alla quale hanno preso parte migliaia di comunità di contadini e pescatori delle varie parti dell'emisfero e hanno aderito personalità di spicco internazionale.
Slow Food On Film Festival, è una "cinque giorni" di proiezioni, incontri e convegni su cinema e cibo. Una manifestazione "necessaria", come è lo stesso direttore artistico, Stefano Sardo, a definirla, che pone l'attenzione sul cibo e più in generale sul tema dell'alimentazione in tutte le sue declinazioni e problematiche, prime fra tutte quelle ambientali. L'urgenza degli argomenti trattati, trova nell'immediatezza linguistica delle immagini, un veicolo privilegiato e diretto, grazie anche all'utilizzo delle nuove tecnologie digitali.
Inauguratosi con Storie di Terra e di Rezdore, uno straordinario documentario sulla cultura contadina in Emilia Romagna, in cui contadini, rezdore (reggitrici del desco familiare), cuoche, pescatori, artigiani, norcini raccontano il legame col proprio lavoro e l'ambiente, il festival propone quattro sezioni in concorso.
Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti è il titolo vincitore della chiocciola d'oro, Best Food Feature. Una lista internazionale di "amici del festival" - costituita da professionisti del cinema e della gastronomia, per l'Italia citiamo il direttore del Museo del Cinema di Torino, Alberto Barbera, il direttore della Mostra veneziana, Marco Müller, insieme a Roberto Burdese e a Carlo Petrini, rispettivamente presidente di Slow Food Italia e presidente e fondatore di Slow Food International -, è la giuria cui è stato richiesto di votare per il miglior food film dell'anno.
Per ciascuna sezione, un'apposita giuria ha assegnato un premio. Lo que trae la lluvia di Alejandro Fernàndez Almendras è il miglior cortometraggio presentato nella Shorts Competition. Per quanto riguarda la sezione dedicata ai documentari, Docs Competition, la sezione che racconta e documenta con maggiore efficacia le difficoltà di alcune popolazioni, le terribili conseguenze di una politica che antepone il profitto delle multinazionali a scapito di popolazioni e di colture che rischiano di estinguersi per sempre, i danni irreversibili del surriscaldamento del nostro pianeta, sono stati premiati, Silent Snow di Jan Van Den Berg e The Price of Sugar di Bill Haney.
Cooking in the Danger Zone, è la Best TV Series, la migliore serie televisiva a livello internazionale, riconosciuta per la scelta dei luoghi, per la conduzione, per il modo in cui gli autori sono stati capaci di relazionarsi con le persone e i contesti.
Alle sezioni competitive si sono accompagnate rassegne parallele, come Otra Comida, quattro pellicole di recente produzione in cui il cibo è un argomento trasversale, provocatorio (citiamo How to Cook Your Life di Doris Dörrie e Tachigui: The Amazing Lives of the Fast Food Grifters di Mamoru Oshii), come Ricette da ridere, estratti dalle teche Rai di alcuni tra i più famosi programmi culinari della televisione del passato, come Sequenze a tavola, un montaggio di famose sequenze a tavola della storia del cinema, e come, ancora, Eventi Speciali di grande attualità.
Mc Libel: The Postman and Gardener who Took on McDonald's and Won è un documentario realizzato da Franny Armstrong, che per dieci anni ha seguito la lotta giudiziaria di Helen Steel e David Morris, due attivisti inglesi di London Greenpeace, contro McDonald's. Ken Loach ha dato il proprio apporto alla battaglia, contribuendo alla "ricostruzione drammaturgica" delle scene giudiziarie.
La proiezione di Food Fight di Chris Taylor, documenta l'attività di un gruppo di politici anti-corporativi californiani, guidati da Alice Waters, vice presidente di Slow Food International, chef e proprietaria del ristorante Chez Panisse a Berkeley, la quale ha dato voce al proprio dissenso, sin dalla fine degli anni sessanta, inizi settanta, creando un movimento a favore del cibo locale e biologico.
Infine, le sezioni Focus d'autore, con incontri con Otar Iosseliani, Luciano Emmer e un omaggio al cinema di Elio Piccon e la retrospettiva, Il Mondo perduto, in cui sono stati presentati documentari d'archivio che mostrano la civiltà contadina, le comunità dei pescatori, quella dei pastori e degli allevatori di tutta Italia.
Il mondo perduto è anche il titolo della nuova versione curata da Vittorio De Seta, dei suoi dieci meravigliosi documentari girati tra il 1953 e il1959, sulla vita di pescatori, pastori e contadini del Sud Italia. Si tratta di una riedizione digitale prodotta dalla Cineteca di Bologna, presentata in anteprima al festival.
Sul lirismo delle immagini dell'universo raccontato da De Seta, le parole di monito di Carlo Petrini, il quale, durante l'inaugurazione del Festival, ha sottolineato come l'atto del documentare costituisca oggi una missione preliminare, un atto politico.
Qual è il ruolo di Slow Food On Film Festival?
Compito di un appuntamento come questo, è quello di descrivere, dal punto di vista visivo queste tematiche del cibo, della difesa dell'ambiente, della salvaguardia della biodiversità sulla terra, la questione dell'acqua, della fertilità dei suoli. Da alcuni anni il cinema è diventata una chiave per portare avanti queste denunce rispetto ad un pianeta che soffre. Sono convinto dell'importanza di occasioni come queste e dell'importanza sempre più straordinaria che assumerà "Terra Madre". Il lavoro che vedremo oggi (Storie di Terra e di Rezdore, ndr) è prezioso, straordinario, di raccolta delle testimonianze. Noi stiamo perdendo, consciamente o inconsciamente, un patrimonio immenso di saperi tradizionali. Nel giro di due, tre generazioni i testimoni viventi di una cultura e di una civiltà contadina, nel nostro paese non ci saranno più. E noi non avremo la documentazione né visiva, né documentale di quella straordinaria sapienzialità che queste persone hanno portato avanti, hanno saputo anche rispondere a momenti difficili, di sussistenza alimentare, di difficoltà storiche per il nostro paese. È importante documentare, stiamo perdendo la documentazione visiva, orale, e questa documentazione deve essere portata avanti in ogni angolo del pianeta. Perché quello che è stato realizzato negli ultimi cinquant'anni non ha paragoni nella storia. La distruzione sistematica della civiltà contadina è un vero e proprio genocidio culturale. Questo significa che si sta ancora perpetrando in diverse parti del mondo.
Slow Food è un movimento rivolto alla valorizzazione di saperi, tradizioni che rischiano di andare perduti, eppure nei media alle volte viene presentato come evento prevalentemente enogastronomico non accessibile a tutte le tasche...
Il lavoro che sta facendo Slow Food con "Terra Madre" è la prova di una progettualità politica che è molto, molto più ambiziosa di quello che si può pensare e quindi diamo per scontato la buona fede di chi interpreta anche il nostro movimento, più in generale coloro che lavorano per la qualità alimentare, come un gruppo elitistico, bisogna dire che non è ancora passato definitivamente il concetto che la qualità sia un diritto di tutti. Perseguirla e praticarla non significa essere elitari, significa lavorare perché questo piacere sia condiviso anche dalle persone più semplici, anche da quelli che non hanno possibilità finanziarie. Penso che la qualità alimentare debba essere condivisa e che i prodotti di qualità possano essere accessibili a tutti se si evitano certe intermediazioni parassitarie che oggi, in campo agricolo, sono quelle che guadagnano maggiormente.
Il Piemonte nella propria vocazione scientifica, da un lato, e nell'attenzione verso la memoria, dall'altra, ha da sempre coniugato passato e futuro. Un laboratorio permanente...
Torino ha dato i natali a tante cose, non solo a quella che viene sempre più intercettata come la madre di tutte le nostre fortune, l'automobile, ma a Torino è nato il cinema, è nata la televisione, è nata la stessa moda, è nata anche una classe operaia che ha saputo dare significato al valore del lavoro e quindi io penso che il Piemonte da questo punto di vista è un buon terreno, c'è un buon humus. Slow Food non ha fatto altro che rivendicare o rimettersi in sintonia con quel Piemonte contadino che è parte integrante della sua identità, ancorché la Torino operaia sia caratterizzata fortemente. Tutto il Piemonte da cui provengo io personalmente, dove è nato Slow Food, è caratterizzato da una grande civiltà contadina, che è cantata poi da Cesare Pavese, da Beppe Fenoglio, da Giovanni Arpino. Questa civiltà contadina è ancora nel nostro DNA ed è in fondo anche la volontà e l'ambizione con cui noi ci muoviamo, nel ricostruire questo movimento internazionale a difesa del mondo rurale.
Attraverso il cibo è possibile raccontare una popolazione. Che tipo di civiltà è la nostra, italiana, che stenta ad arrivare alla quarta settimana, eppure "spreca", e non può tuttavia privarsi di andare al ristorante. Come la definirebbe?
Il fatto che da molti anni il cibo abbia perso il suo valore anche sacrale, porta la nostra popolazione a vivere, nei confronti dell'alimentazione una situazione di evidente schizofrenia dove convivono elementi di esagerazione, direi quasi di pornografia alimentare determinate da una invasività dei mass media sulle tematiche delle ricette, della costruzione dei piatti e però, contestualmente, nelle nostre famiglie è in crescendo il mangiar male. Quindi l'industria alimentare sta imponendo modelli qualitativi bassi. Altro elemento di schizofrenia: il lamentarsi dei prezzi, che è giusto per certi aspetti, ma che al contempo si sprecano migliaia di tonnellate di cibo. Per non parlare del fatto che oggi il quintalaggio di spazzatura pro capite collegata al cibo che noi produciamo non è solo di cibo che buttiamo via, quindi un'offesa anche ai nostri fratelli del sud del mondo che soffrono la fame, ma del cosiddetto packaging che, norme iper igienistiche o ecologiche di distribuzione fasulle, hanno fatto aumentare in proporzioni spropositate. Uno si compra due fette di salame e pesa di più l'imballaggio delle due fette. Tutti questi brevi flash sono sintomatici di una schizofrenia che il nostro popolo vive e la vive come contraddizione, ciò nondimeno, né la politica, né la cultura, né l'economia lavora per iniziare una controtendenza che deve avere un grande afflato educativo, perché senza educazione noi saremmo destinati non solo ad aumentare questo elemento schizofrenico, ma a consegnare ai nostri figli, un'Italia più brutta, immiserita perché non avrà più questo straordinario patrimonio alimentare che ci hanno consegnato i nostri vecchi, in un ambiente degradato dove, non solo i pesticidi ma anche gli organismi geneticamente modificati e altri mille prodotti chimici diventano, questo sì, il nostro pane quotidiano.