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Film involontario.
Drammaticamente reduce da una gloriosa giovinezza alla corte di Andy Warhol negli anni sessanta e settanta, quando ancora si era sicuri della speranza e i giovani si sentivano autorizzati a sperperarla, Bertoglio torna ormai anziano a ritrovare gli antichi compagni.
I quali non se lo filano di pezza e anzi sono scocciatissimi di ritrovarsi fra i piedi questo irriducibile sognatore fuori tempo. Con questo film ci si fanno i soldi? Ci si guadagna in pubblicità? No? E allora che palle...da qui parte il film, da una amara spiazzante sorpresa che lo fa deragliare senza meta dandogli in cambio una profondità, verità e intensità che forse il regista non sarebbe stato in grado di darsi da solo.
Ci sono passaggi splendidi come quello molto poetico sul progressivo tragico addicting all'eroina rappresentato da una pioggia sempre più insistente che batte sul parabrezza della macchina che gira per New York fino al punto in cui nemmeno il frenetico agitarsi delle spazzole del tergicristallo al massimo della frequenza può impedire la perdita della visibilità.
Ma soprattutto la breve scena della ormai vecchiotta super model diventata da un giorno all'altro una delle indiscusse regine della scena newyorchese e adesso ridotta a vivere in una casupola di periferia. Ancora alta e slanciata ma con le occhiaie e una smorfia di amara disllusione stampata sull'ex bel viso innaffia di mala voglia l'erbaccia del suo giardinetto incolto per poi lasciare la pompa per terra di malagrazia come una aristocratica scocciata di queste servili incombenze domestiche. Di tutta la sua gloria resta lei sul letto da sola e le sue lacrime per un passato che non tornerà più per il quale si è bruciata la vita. Il regista la filma e insieme a noi la guarda in silenzio, senza moralismi, con affetto ma senza riuscire a trovare nulla da dire o da dare.
Non resta che l'ultimo compagno, l'unico disponibile alle memorie senza profitto che, ovviamente è il "pittore di buoni diavoli". Anche lui reduce ex tossicomane, profondamente segnato nel fisico, con la parlata un po' sbirola di chi ha attraversato una stagione all'inferno che però per lo meno ha conservato un barlume di antica umanità recuperando i rapporti familiari, accettando di perdere per sempre la mortifera e seduttrice aura di illusorio glamour concessa agli avventizi della classe dominante che ha portato alla perdizione un'intera gioventù se non proprio nel fisico, nella disfatta dei loro ideali.
Raccontato con una dolce remissività che non ricordo di aver trovato in altre opere.
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