Posti in piedi in paradiso

Verdone questa volta ci riprova, raccontando le tre storie parallele di altrettanti divorziati, in rovina a causa dei cospicui assegni di mantenimento richiesti dalle loro ex dolci metà. Lo spunto non sarebbe così male, c'è anche la candida ammissione che due di loro, in fondo ma proprio in fondo, se la sono proprio cercata. Il terzo, Verdone, è invece vittima fino in fondo, povero innamorato che si rovina una strepitosa carriera per amore dell'immeritevole consorte, e che ora vive dei magrissimi redditi del suo negozio di musica troppo vintage per essere apprezzato. Senza quasi denaro per mangiare, riservandosi poi di possedere un cinturone apprtenuto a Jim Morrison del valore di svariate migliaia di euro. Il film si avvale di personaggi banalissimi, di caricature straviste: l'attricetta oca senza talento, la dottoressa svampita, l'ex marito appena uscito dalla clinica psichiatrica (questo probabilmente è l'unico che non passa gli alimenti...). Le gag sono da commediaccia che cerca di strappare la risata con situazioni assurde, come la rapina a casa di due più che ottuagenari e il pazzo che sfascia il negozio del povero Verdone (risparmiando però il suddetto cinturone). Il finale naturalmente non ve lo racconto, ma è anch'esso scontato, non importa in realtà che fine faranno i nostri eroi, quel che conta è lo smielato sentimentalismo che alla fine vince sempre. Peccato, e pensare che Marco Giallini e Pierfrancesco Favino sono ottimi attori, ma in questo caso sprecati.