Infinity Pool

Un film di Brandon Cronenberg. Con Mia Goth, Alexander Skarsgård, Cleopatra Coleman, Thomas Kretschmann.
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Horror, durata 117 min. - Canada 2023. MYMONETRO Infinity Pool * * - - - valutazione media: 2,25 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Anatomia di un incubo Valutazione 3 stelle su cinque

di Ashtray_Bliss


Feedback: 29534 | altri commenti e recensioni di Ashtray_Bliss
martedì 21 febbraio 2023

Infinity Pool rappresenta forse il film più ambizioso e stilisticamente ricercato di Cronenberg Jr. ma anche il suo film meno riuscito contenutisticamente parlando. Portando pur avanti l'ossessione comune, al padre come al figlio, per il corpo umano come veicolo e sede di trasformazioni, spesso grottesche, surreali, ripugnanti, Brandon Cronenberg punta in alto assoldando attori del calibro di Skarsgard e Mia Goth per un horror lisergico che non decolla e non convince.
Meno viscerale e complesso rispetto al suo disturbante, contorto e meraviglioso predecessore Possessor,
qui il regista preferisce adattare un tema già caro ad autori come Ballard, per raccontare la decadenza morale e umana della classe sociale più potente, e lo fa con un horror pungente, vitriolico, allucinogeno ma dalla potenza narrativa decisamente debole e assai poco convincente.

A partire dalla scelta di ambientare la storia su un'isola fittizia e in una società immaginaria (in realtà il film è stato girato quasi interamente in Croazia come le inconfondibili immagini del Mediterraneo suggeriscono) e dove la popolazione indigena, al di fuori del resort di lusso dove i protagonisti si rifugiano, viene descritta come corrotta, povera e violenta, alla stregua di selvaggi come pronuncerà ad un certo punto l'enigmatica Gabi (Mia Goth). 
Anche quì troviamo l'uso ritualistico delle maschere, sopratutto di maschere che deformano i tratti del viso, come già impiegato nel precedente e riuscitissimo Possessor. La maschera è uno dei pochi elementi veramente ben utilizzati all'interno della pellicola grazie alla sua carica simbolica e allegorica che rimanda costantemente all'idea di alterità.
E l'alterità è uno dei leit motif in Infinity Pool che rievoca in modo diretto ma senza la dovuta profondità che il tema del doppio, del doppelganger meriterebbe. La questione cruciale e fondamentale viene servita direttamente senza stimolare lo spettatore ad una riflessione e comprensione analitica delle immagini rievocate. Sono ancora io? Sono davvero io ad essere sopravvissuto o il mio doppio? Ma non inducono lo spettatore a reimpiegare emotivamente gli stimoli ricevuti. Anche se bisogna pur ammettere che forse la scena più inquietante del film è proprio quella dell'esecuzione alla quale assistono i protagonisti, e dove la realtà si scontra con l'illusione, e con l'incubo. 
Em, la moglie di James, indiscusso protagonista, ad un certo punto della pellicola gli chiederà, affrontandolo direttamente, se si tratta di un sogno perchè sarebbe sicuramente più facile da affrontare e quindi reagire. 
Non si tratta di un sogno ma di un incubo nel quale il protagonista si catapulta, anima e corpo, avviando un processo di trasformazione e iniziazione personale drammatico e violento. L'incubo è anche quello rappresentato dal gruppo di ricchi borghesi annoiati i quali sapendo le ridicole ripercussioni per i loro eccessi, inclusi gli omicidi, si dedicano e rincorrono situazioni orgiastiche ed estatiche (estasi, nel vero senso della parola come una condizione di separazione dal proprio corpo), maniacali e criminali alle quali il protagonista prenderà parte volente o meno. Sacedotessa e leader indiscussa di questo peculiare e decadente culto apotropaico si rende proprio l'affascinante Gabi, interpretata da una Mia Goth veramente incredibile, sempre in grado di rendere meravigliosamente bene personaggi ambigui, seducente e borderline, assetati di sangue e manipolatori.
Il film è quindi rigorosamente condito di scene psichedeliche e lisergiche, allucinogene e allucinanti che rispecchiano perfettamente i valori decadenti e carnali di questo gruppo di avvenenti borghesi. Le scene esplicite non mancano, seppur meno ispirate rispetto al precedente lavoro e più meccaniche, così come non mancano i passaggi gore e violenti, le ferite, il vomito, lo sperma, il sangue come potentissimo elemento di sublimazione, catarsi, liberazione. D'altronde la vera trasformazione di James deve passare attraverso il sangue come gli confiderà Gabi e quale modo migliore se non quello di affrontare se stesso, letteralmente, combatterlo e ucciderlo. Ecco riaffiorare il tema del doppio, del sosia, dove soltanto uno dei due può sopravvivere, e dove di norma il protagonista è l'unico in grado, ediritto, di annientare se stesso, il suo doppio, ucciderlo e uccidersi, metaforicamente. James dovrà afferrare il coltello come gli ordina Gabi oppure affrontare se stesso a mani nude e andare fino in fondo, fino all'osso. 
Ma se le premesse lasciano presagire una rapida discesa nell'inquietudine dell'Unheilmleich di freudiana memoria, in realtà la sceneggiatura appare poco convincente e ancor meno coinvolgente. Anzi, il tutto è permeato da un fastidioso senso di fastidiosa prevedibilità e non si è nemmeno incuriositi dal sapere se James è effettivamente egli stesso oppure un suo sosia. La copia della copia della copia che si ricrea e si riproduce in un vizioso circolo uroborico dove non ha più importanza distinguere l'originale.

Niente è dato sapere o capire di come una società così povera e a tratti primitiva (con pena capitale inclusa) possa essere in possesso di una tecnologia così all'avanguardia e costosa che permette ai ricchi e annoiati vacanzieri occidentali di creare copie perfette di loro stessi a cui assegnare le proprie colpe, come perfetti capri espiatori di bibliche rimembranze, in così poco tempo e con risultati a dir poco incredibili, nonostante i riferimenti ad accordi internazionali e ovviamente alla corruzione dilangante. Lo stesso tema della clonazione e del doppio, con tutte le implicazioni morali che ne derivano, avrebbe potuto essere approfondito in un'ottica completamente diversa e maggiormente coinvolgente dal momento che il binomio ricchezza (o potere) e impunità è stata ampiamente sfruttata sul grande schermo oltre che nella vasta letteratura, di cui Ballard è forse solo il più celebre e ovvio riferimento, complice anche il trascorso di Cronenberg padre. Quì l'aspra e pungente critica sociale sul potere e privilegio riesce a colpire e appagare soltanto a livello superficiale, visivo, grazie allo stordimento prodotto dalle immagini e delle sequenze psichedeliche, grazie alla violenza esplicita che non viene risparmiata e alle robuste interpretazioni degli attori protagonisti a fronte di una sceneggiatura piuttosto debole che non scava nel profondo e non evoca le dovute riflessioni morali che la storia impone. Mia Goth risulta subdola e ammiccante e Alexander Skarsgard con lo sguardo confuso e incredulo reggono l'intera pellicola e risultano entrambi convincenti e perfettamente calati nei rispettivi ruoli. 
Finale coerente col racconto precedentemente costruito e incentrato su un riscatto morale parziale, sul rifiuto di indossare nuovamente la maschera del perbenismo e tornare a omologarsi nella società che ha partorito certi mostri. James, ormai profondamente e irrimediabilmente trasformato, accetta passivamente la sua nuova identità e condizione dalla quale non può e non vuole scappare o nascondersi. Poichè quello che accadeva sull'isola non aveva nulla a che vedere con l'onirico ma con l'incubo, sinistro, crudele e implacabile. Inevitabile. 

Infinity Pool si colloca dunque tra i progetti decisamente più ambiziosi del regista al suo terzo lungometraggio ma sfortunatamente il risultato finale è a suo svantaggio, poichè risulta caotico, approssimativo, inconcludente, e in altre parole deludente. Nemmeno la Croazia in piena fioritura estiva funge da cornice fotografica affascinante, salvo le brevi sequenze iniziali che servono da preludio per l'incubo che seguirà. Se tra Antiviral e Possessor il regista ha impiegato quasi dieci anni, a prescindere da quali fossero le ragioni dietro questa scelta, aveva dimostrato come l'attesa sicuramente era valsa la pena dato lo straordinario e febbrile prodotto che il regista ci ha regalato, penso potessimo attendere qualche anno in più per ottenere magari lo stesso Infinity Pool più maturo, curato, coinvolgente (anche emotivamente e intellettualmente parlando) e memorabile. Pur essendo anch'io fan della casa Cronenberg e delle loro ossessioni e narrazioni bizzarre e poco ortodosse inerenti il corpo umano e le sue svariate sfaccettature narrative, qui devo limitarmi ad assegnare una risicata sufficienza. 
2,5/5.

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