Pet Sematary

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Un film di Kevin Kölsch, Dennis Widmyer. Con Jason Clarke, Amy Seimetz, Jeté Laurence, Hugo Lavoie, Lucas Lavoie, John Lithgow, Obssa Ahmed, Naomi Frenette, Alyssa Brooke Levine Titolo originale Pet Sematary. Horror, Ratings: Kids+13, durata 101 min. - USA 2019. - 20th Century Fox Italia uscita giovedì 9 maggio 2019. - VM 14 - MYMONETRO Pet Sematary * * 1/2 - - valutazione media: 2,91 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

un buon inizio e un banale svolgimento Valutazione 2 stelle su cinque

di Tom Cine


Feedback: 4170 | altri commenti e recensioni di Tom Cine
giovedì 11 febbraio 2021

C’è una parte di questo film che fa ben sperare: l’inizio. I titoli di testa rendono chiara la diversa impostazione che questa trasposizione del romanzo di Stephen King vuole avere rispetto alla precedente (e splendida) versione cinematografica diretta da Mary Lambert nel 1989 e che da noi fu intitolata “Cimitero vivente”: se quel film cominciava direttamente con la visione delle tombe nel cimitero degli animali (calcando subito sulla paura della perdita e della morte), qui assistiamo ad una panoramica sul bosco che affianca la casa dei Creed e che sottolinea, probabilmente, l’intenzione di sottolineare maggiormente la presenza soprannaturale del Wendigo,  vera e propria incarnazione del Male secondo gli Indiani d’America. Questa figura viene spesso citata nel romanzo, dove ci viene chiaramente fatto capire che è lui a muovere, come burattini, i morti resuscitati nel cimitero indiano intorno a cui ruota la vicenda. Puntare di più sulla presenza del Wendigo avrebbe potuto rendere assai più interessante questa seconda versione cinematografica, ma il problema principale di questo film è che la sceneggiatura è realizzata molto male e, come se non bastasse, la regia manca di tensione e si affida troppo spesso a banali espedienti, rendendo assai perdente il film sia davanti al magnifico romanzo dello scrittore americano, sia davanti alla spaventosa e disturbante  (ma, proprio per questo, bellissima) versione cinematografica del 1989. 

  Questo è anche un film che fa il passo più lungo della gamba: anziché seguire fino in fondo la narrazione della storia originale (quella di un medico, Louis Creed, che si trasferisce, con tutta la famiglia, nei dintorni di un cimitero indiano che è confinante con un luogo di sepoltura per gli animali e che ha il potere di riportare, apparentemente, in vita i morti), ad un certo punto rimescola le carte della narrazione, volendo stupire a tutti i costi sia chi non conosce la storia originale sia chi ha già visto “Cimitero vivente” o ha letto il libro (o ha fatto entrambe le cose). Anche questo sarebbe stato un esperimento interessante, se solo avesse dato vita a qualcosa di altrettanto intenso, ma quella a cui si assiste è soltanto una banale storia horror che non approfondisce nessun aspetto: non si avverte la dolorosa sensazione della perdita di una persona cara, l’inquietudine trasmessa dal Male che si presenta con il volto di un defunto che è stato amato e nemmeno quel brivido che si prova davanti a qualcosa di apparentemente inspiegabile che è alla base di tutte le storie horror sul soprannaturale (anche quelle riuscite soltanto vagamente). Tutte cose che il romanzo, uno dei più inquietanti di King, sa trasmettere alla grande e che la precedente trasposizione, mettendo la fedeltà al testo scritto  e la sobrietà fra i suoi cavalli di battaglia, sa restituire. Qui si assiste soltanto ad una serie di sequenze banali che, spesso, scivolano nell’umorismo involontario e che, in qualche caso, fanno sembrare questa nuova versione una parodia e l’apice è proprio la sequenza dell’incidente, snodo centrale della storia: sembra uscita da un “Final Destination” qualsiasi. Jason Clarke, nel ruolo del dottor Creed, non sembra molto convinto ed è piuttosto inespressivo e non convince nemmeno il resto del cast, forse a causa di una sceneggiatura  confusionaria e superficiale e nella quale nessun personaggio e nessun elemento (nemmeno il Wendigo)  ha spessore: ciò contribuisce non poco a smarrire completamente qualsiasi briciolo di tensione e questo, per un horror, è un errore non da poco. Si salvano, in questo film, soltanto la buona fotografia e la colonna sonora di Christopher Young.

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