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il cerchio in cui è radicata la Legge morale Valutazione 4 stelle su cinque

di no_data


Feedback: 811 | altri commenti e recensioni di no_data
giovedì 7 dicembre 2017

 IL QUADRATO di Ruben Ostlund è il cerchio entro il quale è radicata  la nostra  Legge morale  

Audace complicato intenso il film di Ruben Ostlund.

Il quadrato è un’istallazione che viene montata nello spazio antistante il museo di arte moderna di Stoccolma il cui direttore è  Christian il protagonista del film, esso rappresenta “un santuario di fiducia e altruismo" uno spazio all’interno del quale le persone  godono di uguali diritti, sono al riparo da violenze soprusi ed aiutati da tutti .

Il film inizia con la costruzione del perimetro luminoso che servirà a delimitare tale spazio le immagini appaiono nitide essenziali la fotografia è impeccabile così come è l’aspetto del direttore del museo elegante distaccato carismatico. Ma subito accade qualcosa : Christian  mentre si sta recando al museo viene derubato da uno sconosciuto del portafoglio e del telefonino. Da qui il film assume un’andamento incomprensibile e spiazzante. Il protagonista nel tentativo di recuperare il suoi beni scrive una lettera nella quale accusa il ricevente della stessa  di essere un ladro invitandolo  a  restituire il maltolto. 

Ne stampa decine di copie dopodiché si reca egli stesso nel palazzo di periferia ad imbucare la lettera nella cassetta della posta attaccata ad ogni porta dell’edificio. Fin qui il nostro protagonista è ancora all’interno del suo quadrato di quello spazio personale di civiltà e tolleranza. La risposta che ne riceve lo costringe ad uscire dal suo luogo di accettazione e perbenismo  ed a poco a poco lo spettatore viene trascinato in  un crescendo di angoscia e timore. Destabilizzante  la scena in cui il protagonista si trova sotto casa il bambino che ostinatamente  gli chiede di discolparsi con lui per l’offesa ricevuta e lui negandogli ogni gesto di scusa lo  abbandonerà al buio sul pianerottolo da cui  giungerà un sempre più flebile  lamento ed una inevasa richiesta di aiuto.

Christian a questo punto è  uscito dal quadrato del “politycal correct.”  

Ora l’osservazione si fa più attenta, nulla nel film è casuale : non lo è la scelta del luogo dove il film si muove nella civilissima Svezia e ciò  non solo perché il regista è svedese ma perché la Svezia rappresenta il prototipo dei paesi più socialmente progrediti  in virtù della sua storia e della politica di tolleranza  adottata. Non  è un caso  il fatto che l’azione  si svolge all’interno di un museo di arte contemporanea guidata da un direttore artistico che stabilisce supportando  il giudizio dei critici   cosa sia arte e cosa non lo sia. Illuminante la scena dell’intervista concessa dal direttore ad una giornalista che gli chiede il significato dell’arte moderna .Chistian risponde alla domanda  prendendo la borsetta della donna e ponendola all’interno di uno spazio spiegando come un qualsiasi oggetto diventi  opera artistica  in virtù della sua collocazione

 E’ qui che il regista  Ruben Ostlund ci impone  una pausa di riflessione. La mia reazione al film è stata immediata e di pancia : mi è apparsa nella mente un’immagine pubblicitaria di molti anni fa che reclamizzava una nota marca di pneumatici  nella quale si coglieva il mitico velocista statunitense  Carl Lewis inginocchiato al blocco di partenza nell’attimo in cui stava per iniziare la gara  che indossava un paio di scarpe rosse con taccpotenza non è nulla senza l’aderenza “ Era un’immagine diretta  che attraversava i nostri sensi  risultando immediatamente intellegibile.

 Nel  film  la trasposizione  metaforica dello spot è l’identificazione della potenza muscolare dell’atleta con la potenza della giustizia, degli uguali diritti, dell’accoglienza, della fratellanza, della compassione di tutti quei valori che a nulla servirebbero senza l’aderenza ad un progetto  più profondo. 

Forse è questa  la provocazione/riflessione : il perimetro del quadrato potrà essere frantumato soltanto in una società laddove  il comportamento   dell’uomo avverrà come 

scelta consapevole di non commettere ingiustizia,  di non compiere il male non perché vietato e punito da una legge civile ma perché impedito dalla legge morale che come affermava Immanuel Kant è radicata dentro di noi.

 

 

 

 

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 IL QUADRATO di Ruben Ostlund è il cerchio entro il quale è radicata  la nostra  Legge morale  

Audace complicato intenso il film di Ruben Ostlund.

Il quadrato è un’istallazione che viene montata nello spazio antistante il museo di arte moderna di Stoccolma il cui direttore è  Christian il protagonista del film, esso rappresenta “un santuario di fiducia e altruismo" uno spazio all’interno del quale le persone  godono di uguali diritti, sono al riparo da violenze soprusi ed aiutati da tutti .

Il film inizia con la costruzione del perimetro luminoso che servirà a delimitare tale spazio le immagini appaiono nitide essenziali la fotografia è impeccabile così come è l’aspetto del direttore del museo elegante distaccato carismatico. Ma subito accade qualcosa : Christian  mentre si sta recando al museo viene derubato da uno sconosciuto del portafoglio e del telefonino. Da qui il film assume un’andamento incomprensibile e spiazzante. Il protagonista nel tentativo di recuperare il suoi beni scrive una lettera nella quale accusa il ricevente della stessa  di essere un ladro invitandolo  a  restituire il maltolto. 

Ne stampa decine di copie dopodiché si reca egli stesso nel palazzo di periferia ad imbucare la lettera nella cassetta della posta attaccata ad ogni porta dell’edificio. Fin qui il nostro protagonista è ancora all’interno del suo quadrato di quello spazio personale di civiltà e tolleranza. La risposta che ne riceve lo costringe ad uscire dal suo luogo di accettazione e perbenismo  ed a poco a poco lo spettatore viene trascinato in  un crescendo di angoscia e timore. Destabilizzante  la scena in cui il protagonista si trova sotto casa il bambino che ostinatamente  gli chiede di discolparsi con lui per l’offesa ricevuta e lui negandogli ogni gesto di scusa lo  abbandonerà al buio sul pianerottolo da cui  giungerà un sempre più flebile  lamento ed una inevasa richiesta di aiuto.

Christian a questo punto è  uscito dal quadrato del “politycal correct.”  

Ora l’osservazione si fa più attenta, nulla nel film è casuale : non lo è la scelta del luogo dove il film si muove nella civilissima Svezia e ciò  non solo perché il regista è svedese ma perché la Svezia rappresenta il prototipo dei paesi più socialmente progrediti  in virtù della sua storia e della politica di tolleranza  adottata. Non  è un caso  il fatto che l’azione  si svolge all’interno di un museo di arte contemporanea guidata da un direttore artistico che stabilisce supportando  il giudizio dei critici   cosa sia arte e cosa non lo sia. Illuminante la scena dell’intervista concessa dal direttore ad una giornalista che gli chiede il significato dell’arte moderna .Chistian risponde alla domanda  prendendo la borsetta della donna e ponendola all’interno di uno spazio spiegando come un qualsiasi oggetto diventi  opera artistica  in virtù della sua collocazione

 E’ qui che il regista  Ruben Ostlund ci impone  una pausa di riflessione. La mia reazione al film è stata immediata e di pancia : mi è apparsa nella mente un’immagine pubblicitaria di molti anni fa che reclamizzava una nota marca di pneumatici  nella quale si coglieva il mitico velocista statunitense  Carl Lewis inginocchiato al blocco di partenza nell’attimo in cui stava per iniziare la gara  che indossava un paio di scarpe rosse con taccpotenza non è nulla senza l’aderenza “ Era un’immagine diretta  che attraversava i nostri sensi  risultando immediatamente intellegibile.

 Nel  film  la trasposizione  metaforica dello spot è l’identificazione della potenza muscolare dell’atleta con la potenza della giustizia, degli uguali diritti, dell’accoglienza, della fratellanza, della compassione di tutti quei valori che a nulla servirebbero senza l’aderenza ad un progetto  più profondo. 

Forse è questa  la provocazione/riflessione : il perimetro del quadrato potrà essere frantumato soltanto in una società laddove  il comportamento   dell’uomo avverrà come 

scelta consapevole di non commettere ingiustizia,  di non compiere il male non perché vietato e punito da una legge civile ma perché impedito dalla legge morale che come affermava Immanuel Kant è radicata dentro di noi.
Elena

 

 

 

 

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