Dunkirk |
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Un film di Christopher Nolan.
Con Fionn Whitehead, Tom Glynn-Carney, Jack Lowden, Harry Styles.
continua»
Titolo originale Dunkirk.
Azione,
Ratings: Kids+13,
durata 106 min.
- USA, Gran Bretagna, Francia 2017.
- Warner Bros Italia
uscita lunedì 7 agosto 2023.
MYMONETRO
Dunkirk
valutazione media:
4,17
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Infernetto a Dunkerquedi AlfioSquillaciFeedback: 1269 | altri commenti e recensioni di AlfioSquillaci |
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mercoledì 13 settembre 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Mi ha annoiato non poco. Tre piani narrativi che si intersecano in modo labirintico e ad capocchiam (come smorzare una scena giunta all'acme per passare a un'altra? col coitus interruptus cinematographicus). Ecco i miei appunti critici e le mie insoddisfazioni. Economia di mezzi narrativi, certo. Ma non nel senso dell'"effetto cric" per produrre paura in platea, tipo minimo sforzo massimo rendimento come nei film di Hitchcock, dove bastava uno scricchiolio o un'ombra o una bella donna nuda che fa la doccia e non è presaga di quel che sta per succedere, mentre noi sì avvertiti dalla musica extranarrativa. No, non per questo, ma per evidente contenimento di costi. Capisco che le grandi scene di guerra costino un botto e che o ricorri alla computer grafica o fai appello a budget corposi, ma tre miserelli Spitfire inglesi che vanno di qua e di là a mitragliare per il cielo di Dunkerque (ma perché mai lasciare in inglese il toponimo francese?) qualche peregrino stuka tedesco sono davvero povera cosa per chi ha visto altri film di guerra a ridosso degli anni '60-70. Forse in quegli anni c'erano ancora presso i trovarobati più velivoli a disposizione dei set cinematografici? Ma qui è come consolarsi con l'aglietto direbbero i miei amici romani. La musica saturante di Hans Zimmer (lo stesso de "Il gladiatore", possibile?), in evidente stanca creativa, fa metà del suo lavoro e l'altra la assegna alla funzione sonora amplificante e spaccatimpani dell'IMAX. Il filo melodico, diciamo così, del soundtrack è una specie di sirena-trombone soffiata nelle orecchie degli spettatori, che chissà quale quintessenziale magnetismo acustico voleva suggerire alle storie che si intrecciano sullo schermo. A volte sembra addirittura che la musica soffochi le già minute immagini di giovanetti inglesi in scena, qui esili e preraffaelliti, e che nulla hanno delle tipiche facce irregolari e bitorzolute inglesi (knobby faces) che Orwell aveva segnalato nel suo saggio sul carattere british “Il leone e l’unicorno” (1941, l'anno dopo "Dunkirk"). Io non cercavo in questo film supplementi d'anima né ricercatezze stilistiche, queste le lascio ai cinéphiles che oggi sono in circolazione più dei sommelier e gli chef (con i quali condividono sprezzi , idiosincrasie e sublimi inattingibili), ma proprio il cinema-cinema popolare inaugurato alla fine degli anni ’70 da Spielberg, ossia buona gastronomia visiva con qualche elevazione d’eccezione, non so, una battuta memorabile, un dialogo shakespeariano perfetto, una panoramica immortale, un plot condotto con maestria e nulla più. Macché. Dicono, quelli che sanno, che il regista Nolan sia un genio, una specie di Wagner della pellicola che saprebbe mettere in linea magistralmente Wort, Ton, Drama (parola, musica e rappresentazione/narrazione), e, con lode addizionale, aggiungono, avrebbe i tempi delle serie televisive, che non so quale encomio supplementare possa costituire.
"Dunkirk" è un film che ribadisce alle platee anglosassoni la tenacia, l’orgoglio, la tigna britannici, che furono il vero motore che portò gli inglesi alla vittoria finale, è vero. Virtù civiche e militari che, quando vengono proiettati come in questo film sulle efelidi e la faccina shakespeariana di Kenneth Branagh - qui ancor più rimpicciolito in un cappotto master mariner e sacrificato su un molo in ottemperanza a un indefesso spirito di servizio fuori ordinanza -, sembrano raggiungere i toni grotteschi di un lirismo nella farsa.
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