Parlare di Dunkirk significa innanzitutto confrontarsi non con un film di guerra condito di sparatorie, offensive e qualsiasi altro elemento caratteristico di pellicole del genere, ma piuttosto descrivere ciò che è in realtà: un film che racconta la guerra. Nolan, soffermandosi su di un episodio rilevante ma tradizionalmente trascurato all’interno del secondo conflitto mondiale (si ricordi quanto spazio è stato dedicato alla Normandia o a Stalingrado), mette in scena la narrazione di un medesimo atto attraverso tre punti di vista: terrestre, marino e aereo; ognuno a propria volta aventi un orizzonte temporale difforme. Ovviamente lo spazio maggiore è dedicato ai soldati in attesa di essere ricondotti in quell’Inghilterra apparentemente vicina, ma che a causa dei bombardamenti aerei nemici diventa incredibilmente lontana. E qui, sulle spiagge francesi, si assiste ai comportamenti umani più diversi, andando dalla solidarietà estrema alla crudeltà verso colui il quale, seppur alleato, potrebbe divenire l’ostacolo ultimo verso la salvezza (il soldato francese). Ma probabilmente è nella visione “dal mare” e “dall’aria” che il regista da il meglio di sé, in special modo mostrando come nel momento della massima urgenza un intero popolo seppe reagire nonostante il pericolo (i marinai civili e le barche da diporto) o come nonostante il pericolo di non tornare alla base, i piloti decisero di scegliere la via più difficile pur di aiutare i proprio compagni. In ogni caso sono i quindici minuti finali a conferire a questo film la capacità di svettare sopra gli altri. E ciò può avvenire solamente grazie alla mirabile fotografia e all’interpretazione di Tom Hardy. La prima in particolare quando mostra il volo, anzi, la planata dello Spitfire della Raf che quasi miracolosamente abbatte il caccia nemico, prima di sorvolare le truppe inglesi e dirigersi verso le vuote spiagge francesi. Il secondo, invece, mette in scena un’interpretazione superba, superiore a qualsiasi altra da lui offerta, interpretando un pilota quasi senza volto e senza parole, e nonostante ciò in grado di dimostrare tutta la risolutezza, la fermezza e il coraggio necessari a sfidare il nemico e compiere una missione bigger than life (più grande della propria esistenza, come direbbero gli anglosassoni), andando verso un futuro incerto che potrebbe anche non ricondurlo più a casa. Da non dimenticare infine le commoventi scene finali dell’accoglienza dei sopravvissuti in Inghilterra, trattati come eroi proprio in virtù del loro ritorno, e le parole incitanti alla resistenza pronunciate da Winston Churchill. Sicuramente una pellicola da vedere e da conservare, anche solo per ricordare e comprendere ciò che riuscì a compiere l’Inghilterra, sola in quel momento, di fronte a quello che al tempo era un nemico soverchiante. Giustamente mai mostrato, proprio per aumentare psicologicamente il senso d’assedio.
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