film eater
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lunedì 18 novembre 2013
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siate affamati, si ma non troppo.
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Più volte nel corso del film un grande quadro ritraente Albert Einstein troneggia sopra il camino di casa Jobs, in un'immensa sala vuota. Sembra quasi un monito per Steve a dover fare sempre meglio, aspirare alla perfezione, creare qualcosa che lo faccia entrare nella storia. È il suo immenso ego a riempire quella casa che rappresenta la vita di un uomo tanto magnetico, quanto solo, in grado di attirare le folle e allontanare i suoi affetti. Nonostante Jobs scorra piacevolmente per tutti i 122 minuti (sembrano pochi), si percepisce la necessità del regista di sacrificare parti della vita un po' troppo importanti a mio avviso.
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Più volte nel corso del film un grande quadro ritraente Albert Einstein troneggia sopra il camino di casa Jobs, in un'immensa sala vuota. Sembra quasi un monito per Steve a dover fare sempre meglio, aspirare alla perfezione, creare qualcosa che lo faccia entrare nella storia. È il suo immenso ego a riempire quella casa che rappresenta la vita di un uomo tanto magnetico, quanto solo, in grado di attirare le folle e allontanare i suoi affetti. Nonostante Jobs scorra piacevolmente per tutti i 122 minuti (sembrano pochi), si percepisce la necessità del regista di sacrificare parti della vita un po' troppo importanti a mio avviso. Manca completamente il rapporto conflittuale con la famiglia d'origine, il sentimento dell'abbandono che lo seguirà per tutta la vita è appena accennato. Personalmente avrei scelto un regista di maggior caratura per un film del genere, ma evidentemente il budget non lo ha permesso. Il Jobs anticonformista, quello del "siate affamati, siate folli", ne esce mutilato, appena abbozzato, quando a mio avviso doveva essere la vera chiave di lettura del film. Il taglio scelto non mi è piaciuto, troppo tempo sprecato a parlare di fatti spesso trascurabili, che poteva essere impiegato per approfondire il personaggio, lasciando i fatti alla sua ottima biografia cartacea (consiglio "Steve Jobs" di Walter Isaacson). Salva il film Ashton Kutcher, un ottimo Steve Jobs, bravo abbastanza da riuscire a rendere credibile il lungometraggio. Consiglio comunque di vedere questo film, almeno finché non ne uscirà uno migliore.
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tiaulicchiu
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domenica 17 novembre 2013
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jobs a profilo unico
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il film, nel suo complesso,. credo che piaccia. la fotografia e' molto bella, cosi' come il ritmo e' ben strutturato. la storia, e' ovvio' e' la biografia di Steven Paul Jobs, detto Steve. Senza voler usare accezzioni negative il film piu' che sulla vita di Jobs, per toccando alcuni aspetti della sua 'stronzaggme', para eslcusivamente del suo rapporto con la Apple. Certo Jobs era la Apple, ma e' stato anche molto di piu' (si pensi alla rivoluzione nel ondo dei cartoon con la Pixar con il mondo dell'industria musciale). Non da ultimo quando e' morto ha dato una speranz a chi sarebbe stato colpito dalla stessa malattia grazie alla mappatura del gene investendo molti soldi.
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il film, nel suo complesso,. credo che piaccia. la fotografia e' molto bella, cosi' come il ritmo e' ben strutturato. la storia, e' ovvio' e' la biografia di Steven Paul Jobs, detto Steve. Senza voler usare accezzioni negative il film piu' che sulla vita di Jobs, per toccando alcuni aspetti della sua 'stronzaggme', para eslcusivamente del suo rapporto con la Apple. Certo Jobs era la Apple, ma e' stato anche molto di piu' (si pensi alla rivoluzione nel ondo dei cartoon con la Pixar con il mondo dell'industria musciale). Non da ultimo quando e' morto ha dato una speranz a chi sarebbe stato colpito dalla stessa malattia grazie alla mappatura del gene investendo molti soldi. aspetti che nel film non sono stati toccati. Ovviamente in due si e' preferito toccare un solo aspetto e esicuramente il preponderante. Film da vedere. PS: non ho potuto non notare i tanti I-fogn accesi in sala ;D
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[+] x fortuna in sala c'erano gl' iphone x distrarsi..
(di zorro77)
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ricco
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sabato 23 novembre 2013
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film scorrevole ma senza troppi contenuti
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Da giovane universitario brillante ma distaccato da tutto, il giovane Steve Jobs diventa rapidamente il leader di un team di elettrotecnici e, a stretto giro, il boss di una rampante azienda informatica (la Apple). La sua visione entusiasta e radicale è il motore del successo, ma lo porterà ad abbandonare i vecchi amici e in urto a un management legato a vecchi schemi industriali. Ma la riscossa è dietro l'angolo.
Con forse un attimo di ritardo rispetto all'onda agiografica montata dopo la morte del ricco co-fondatore della (altrettanto ricca) Apple, giunge nelle sale un'opera celebrativa prevedibile anche se non mielosa. L'impostazione del personaggio si rifà al modello del "super-eroe con super-problemi" che, per quanto sfumi (anche se solo in apparenza) l'impianto laudatorio, mostra presto la corda.
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Da giovane universitario brillante ma distaccato da tutto, il giovane Steve Jobs diventa rapidamente il leader di un team di elettrotecnici e, a stretto giro, il boss di una rampante azienda informatica (la Apple). La sua visione entusiasta e radicale è il motore del successo, ma lo porterà ad abbandonare i vecchi amici e in urto a un management legato a vecchi schemi industriali. Ma la riscossa è dietro l'angolo.
Con forse un attimo di ritardo rispetto all'onda agiografica montata dopo la morte del ricco co-fondatore della (altrettanto ricca) Apple, giunge nelle sale un'opera celebrativa prevedibile anche se non mielosa. L'impostazione del personaggio si rifà al modello del "super-eroe con super-problemi" che, per quanto sfumi (anche se solo in apparenza) l'impianto laudatorio, mostra presto la corda. Lo spessore del personaggio è infatti solo abbozzato, lasciato a una superficie che riduce le prime scene a vignette manieristiche (l'università, gli amori, il viaggio in India) e talvolta contraddittorie (il suo abbandono infantile e l'abbandono di sua figlia) senza che la sceneggiatura sembri preoccuparsene più di tanto. Gli stessi co-fondatori della Apple sono poco più che macchiette di cui ci si ricorderà difficilmente il nome quando Jobs volterà loro le spalle. Le scene in cui quest'ultimo viene mostrato spingere sul pedale dell'innovazione sono poi poco più di un esercizio di retorica motivazionale (come, del resto, la presentava al pubblico lo stesso Steve Jobs). Gli spunti riflessivi sono lasciati sviluppare allo spettatore.
Il giudizio finale è quello di un film con un buon ritmo che si lascia vedere per tutta la sua durata, e senza innervosire troppo lo spettatore. Non è però un film che resta troppo impresso, né che vale la pena di correre a vedere in prima visione.
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angelo bottiroli - giornalista
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domenica 24 novembre 2013
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intenso e piacevole, ottimo il protagonista
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I film biografici rappresentano sempre qualcosa di particolare nel panorama cinematografico e questo, dedicato alla vita (parziale) di Steve Jobs, fondatore della Apple ma soprattutto inventore dell’I-Pod e dell’i-Phone e dell’ i-Pad lo è in modo particolare perché stiamo parlando dell’uomo che ha rivoluzionato il mondo della comunicazione.
Quella che vediamo sugli schermi però è solo una parte della sua vita, quella ovviamente dedicata alla professione e a come, uno dei uomini più importanti del terzo millennio, abbia penato, prima di raggiungere l’apice.
Il film mette in risalto soprattutto gli aspetti più bui della vita professionale di Steve Jobs, racconta gli inizi, quando iniziò a realizzare la Apple nel garage dei genitori e apre grandi aspettative nei telespettatori e in tutti coloro che possono, o credono di avere, idee e progetti innovativi.
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I film biografici rappresentano sempre qualcosa di particolare nel panorama cinematografico e questo, dedicato alla vita (parziale) di Steve Jobs, fondatore della Apple ma soprattutto inventore dell’I-Pod e dell’i-Phone e dell’ i-Pad lo è in modo particolare perché stiamo parlando dell’uomo che ha rivoluzionato il mondo della comunicazione.
Quella che vediamo sugli schermi però è solo una parte della sua vita, quella ovviamente dedicata alla professione e a come, uno dei uomini più importanti del terzo millennio, abbia penato, prima di raggiungere l’apice.
Il film mette in risalto soprattutto gli aspetti più bui della vita professionale di Steve Jobs, racconta gli inizi, quando iniziò a realizzare la Apple nel garage dei genitori e apre grandi aspettative nei telespettatori e in tutti coloro che possono, o credono di avere, idee e progetti innovativi.
Il regista Joshua Michael Stern (Nevewars, la favole che non c’è e Swing Vote) non è sicuramente fra i più gettonati a Hollywood, ma riesce a creare un film piacevole che non stanca lo spettatore e per chi non conosce nei particolari la vita di Jobs anche a dare una certa suspence nella trama.
Gran parte del merito di tutto questo va ovviamente all’attore principale, l’americano 35enne Ashton Kutcher (Amici amanti e…, Capodanno a News York, Killers, Toy Boy e molti altri) che interpreta Steve Jobs con maniacale dovizia e precisione.
Il regista ha cercato attori molti simili fisicamente ai personaggi che erano chiamati a d interpretare e alla fine del film compaiono tutti i pionieri, amici di Jobs che negli anni settanta ed ottanta hanno cercato di creare qualcosa di nuovo.
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daniele grano
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domenica 2 febbraio 2014
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il passato dell'uomo del futuro
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La caratteristica principale che distingue, da sempre, un prodotto Apple da quelli della concorrenza è il suo appeal, la sua precisione nei dettagli, nell'estetica e nella fruibilità che fa sì che il consumatore dimentichi che il prezzo è decisamente sopra la media. Ebbene, "Jobs", biopic parziale della vita di uno dei più grandi innovatori del XX secolo, non è un Mac, non è un iPhone e non è un iPad: insomma, non è un capolavoro. Ma è un film discreto, che mette in luce aspetti del carattere di Steve Jobs, in particolar modo relativi alla vita privata, che mai ci saremo sognati di vedere.
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La caratteristica principale che distingue, da sempre, un prodotto Apple da quelli della concorrenza è il suo appeal, la sua precisione nei dettagli, nell'estetica e nella fruibilità che fa sì che il consumatore dimentichi che il prezzo è decisamente sopra la media. Ebbene, "Jobs", biopic parziale della vita di uno dei più grandi innovatori del XX secolo, non è un Mac, non è un iPhone e non è un iPad: insomma, non è un capolavoro. Ma è un film discreto, che mette in luce aspetti del carattere di Steve Jobs, in particolar modo relativi alla vita privata, che mai ci saremo sognati di vedere. Un genio degli affari più che dell'informatica, talento puro nel puntare sul cavallo vincente e vendere se stesso e, soprattutto, grande comunicatore. Tuttavia egoista ed egocentrico, al punto da mettere da parte gli amici della prima ora o non riconoscere, se non tanti anni più tardi, una figlia che riteneva illegittima. Il film, diretto da Joshua Michael Stern, affronta il periodo che va dai primi lavori nel garage di casa Jobs fino al ritorno alla Apple e ai primi anni '90. Ci vengono mostrati due Steve Jobs: uno hippie, dedito anche all'uso di droghe ed allucinogeni, ed uno squalo degli affari e perfezionista maniacale. Protagonista è Ashton Kutcher, sorprendentemente somigliante al giovane Jobs e convincente nell'interpretazione del personaggio (non lo vedevamo così da The Butterfly Effect); unico neo della sua interpretazione l'eccessiva ostentazione della camminata "ciondolante" tipica di Jobs. Riuscire a racchiudere in due ore la complessa carriera di Jobs e la sua vita professionale non era assolutamente semplice ed è per questo che in alcuni momenti la sceneggiatura accelera vertiginosamente e manca in particolare di mordente, critica maggiormente mossa al film sui social. Sulla pagina ufficiale su Facebook, infatti, si alternano apprezzamenti da parte di chi vede nel film un invito a rimettersi in gioco e lasciare spazio all'immaginazione ma anche critiche rivolte ai mancati riferimenti alla Pixar o ai prodotti di ultima generazione. Il problema principale del film è, però, la mancanza di un vero e proprio finale, di una scena madre che lo renda indimenticabile. Anche il richiamo alle frasi celebri di Jobs, quella sui "folli" ad esempio, è poco convincente ma resta il fatto che una maratona di cinque ore non sarebbe bastata a raccontare la vita professionale e privata di Steve Jobs, del suo modo di essere e della sua capacità di "toccare il cuore della gente".
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alexander 1986
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giovedì 8 maggio 2014
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il vangelo del nostro signore steve
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California, 2001. Steve Jobs (Ashton Kutcher) presenta con orgoglio allo staff della Apple la sua ultima creazione, un oggetto a quanto pare destinato a cambiare il mondo: l'iPod. Musica trionfale, standing ovation e sorrisi commossi. Comincia allora, come un gigantesco flashback, un biopic riassuntivo della vita del mitico inventore del PC, a partire dai turbolenti anni giovanili fino alle sanguinose battaglie aziendali.
Raccontare la vita di Jobs rendendo conto della complessità delle sue vicende sarebbe stato arduo per chiunque, farlo senza farsi assorbire dal carisma del personaggio avrebbe invece richiesto solo un po' di sforzo. Un impegno al quale il regista non si è dimostrato in grado di adempiere.
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California, 2001. Steve Jobs (Ashton Kutcher) presenta con orgoglio allo staff della Apple la sua ultima creazione, un oggetto a quanto pare destinato a cambiare il mondo: l'iPod. Musica trionfale, standing ovation e sorrisi commossi. Comincia allora, come un gigantesco flashback, un biopic riassuntivo della vita del mitico inventore del PC, a partire dai turbolenti anni giovanili fino alle sanguinose battaglie aziendali.
Raccontare la vita di Jobs rendendo conto della complessità delle sue vicende sarebbe stato arduo per chiunque, farlo senza farsi assorbire dal carisma del personaggio avrebbe invece richiesto solo un po' di sforzo. Un impegno al quale il regista non si è dimostrato in grado di adempiere. 'jOBS' (si dovrebbe scrivere così) non è un'agiografia, ma il vangelo dedicato a una figura cristologica. Jobs viene senza mezzi termini presentato nelle vesti di un messia contemporaneo, con tutto l'armamentario di qualità e di gesta che si richiedono a una tale figura: la natività misteriosa (Jobs fu adottato e pare averne risentito per tutta la vita); la chiamata degli apostoli, reclutati fra colleghi e vicini di casa senz'arte né parte; il carattere visionario di un profeta, teso ad annunciare la venuta del regno del computer; la passione, con l'estromissione dall'azienda causata anche dal tradimento di un Giuda; la resurrezione finale. Tale schema, pur adattandosi a un concetto molto diffuso sulla figura del padre di Apple, applicato così supinamente dà noia e appiattisce l'opera.
Kutcher dà una prova quasi commovente di sé; al di là della somiglianza incredibile con Jobs, egli tenta di scrollarsi di dosso la nomea di bamboccione. Resta tuttavia un attore di second'ordine.
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kondor17
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mercoledì 23 settembre 2015
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delusione
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Non so niente di mac/apple e non mi è mai interessata la sua filosofia "chiusa", dai primi Lisa agli iPhone. Io sono per gli open sourc , e il web per me equivale a condivisione e libertà. Sia nell'hardware che nel software, e nei sistemi operativi. Steve Jobs sarà un mito per la nicchia di clienti fedelissimi ma non è certo da prendere a modello come carattere e persona. Il film lo rappresenta infatti come un giovane disturbato e asociale, già dai tempi dell'università. Intrattabile e cinico, aveva un solo scopo nella vita: quello di realizzare un sogno. Non importa se si trattava di mollare la ragazza incinta e disconoscere la figlia.
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Non so niente di mac/apple e non mi è mai interessata la sua filosofia "chiusa", dai primi Lisa agli iPhone. Io sono per gli open sourc , e il web per me equivale a condivisione e libertà. Sia nell'hardware che nel software, e nei sistemi operativi. Steve Jobs sarà un mito per la nicchia di clienti fedelissimi ma non è certo da prendere a modello come carattere e persona. Il film lo rappresenta infatti come un giovane disturbato e asociale, già dai tempi dell'università. Intrattabile e cinico, aveva un solo scopo nella vita: quello di realizzare un sogno. Non importa se si trattava di mollare la ragazza incinta e disconoscere la figlia. Nessun valore anche alle amicizie, nessuna pietà nei licenziamenti. I have a dream! E questo è tutto.
Con una serie di flashback, il regista ci porta a ritroso dall'uscita del lettore digitale, per ripercorrere le gesta di un individuo caracollante e deciso, che fece del suo sogno una questione maniacale, al limite dell'autismo e della schizofrenia. Con uno sguardo sempre più vitreo e un declino umano impressionante. Non so se il film rispecchi la sua vera personalità, mi auguro di no - che vita grama sarebbe, ma questo è quanto trasmette. Cast molto sotto la sufficienza, regia anche, si salva qualche scena, la fotografia e le musiche degli anni 70/90, da Cat Stevens alla musica disco. Mediocre e lento, ma soprattutto banale.
Ho letto che Danny Boyle, un signor regista, ha annuciato che nel 2016 uscirà il suo, di film, sulla vita di Steve Paul. Sono certo saprà far meglio, ma non so se lo vedrò. Solo per Danny Boyle, magari.
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pensierocivile
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domenica 24 novembre 2013
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il riflesso di una vita
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Il biografico è un genere che non lascia molti margini di manovra, o lo si affronta con tutta la personalità, la specificità e l’inventiva possibile o si rischia una deriva inarrestabile e implosiva, fra gli speronamenti dell’anonimato e del documentario. Proprio il documentario, con l’immediatezza, l’asciuttezza, la capacità di mettere a fuoco il soggetto e scomporlo per analizzarlo, può erodere lo spazio della biografia di finzione, se non la si affronta con “arte e creatività”. Jobs purtroppo non è The Aviator di Martin Scorsese, con la sua voracità nel racconto, non è Man on the moon di Milos Forman, con la sua intelligenza narrativa, forse è più un The social network senza il marchio dell’autore, quasi un “istant”(con due anni di ritardo) movie, che vuole raccontare senza talento, senza “eccezionalità”, senza inventiva, la vita, il carattere, i trionfi, le cadute, le sconfitte e le rivincite del fondatore della Apple.
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Il biografico è un genere che non lascia molti margini di manovra, o lo si affronta con tutta la personalità, la specificità e l’inventiva possibile o si rischia una deriva inarrestabile e implosiva, fra gli speronamenti dell’anonimato e del documentario. Proprio il documentario, con l’immediatezza, l’asciuttezza, la capacità di mettere a fuoco il soggetto e scomporlo per analizzarlo, può erodere lo spazio della biografia di finzione, se non la si affronta con “arte e creatività”. Jobs purtroppo non è The Aviator di Martin Scorsese, con la sua voracità nel racconto, non è Man on the moon di Milos Forman, con la sua intelligenza narrativa, forse è più un The social network senza il marchio dell’autore, quasi un “istant”(con due anni di ritardo) movie, che vuole raccontare senza talento, senza “eccezionalità”, senza inventiva, la vita, il carattere, i trionfi, le cadute, le sconfitte e le rivincite del fondatore della Apple. Il film si segue, fortunatamente non annoia, racconta con una certa fluidità gli episodi principali di una vita e di un ego smisurato, ma non fa un passo in più, forse per timidezza o forse più per incapacità, perché la prima scena è abbastanza sconcertante con i difetti del trucco ben messi in evidenza, perché l’unica intuizione di regia, il riflesso sull’ iPod, viene buttata via in pochi secondi, perché l’insistenza nel parallelo fra Jobs e Einstein è inutile e ripetitiva. Ashton Kutcher finalmente dimostra di poter “diventare” un attore, purtroppo, diretto malamente, spesso devia verso l’imitazione, ad un passo dalla caricatura. Vedere Jobs non provoca fastidio, lascia semplicemente indifferenti.
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daniele grano
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sabato 1 febbraio 2014
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portachiavi navigare in acciaio nuovo, originale
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La caratteristica principale che distingue, da sempre, un prodotto Apple da quelli della concorrenza è il suo appeal, la sua precisione nei dettagli, nell'estetica e nella fruibilità che fa sì che il consumatore dimentichi che il prezzo è decisamente sopra la media.
Ebbene, "Jobs", biopic parziale della vita di uno dei più grandi innovatori del XX secolo, non è un Mac, non è un iPhone e non è un iPad: insomma, non è un capolavoro.
Ma è un film discreto, che mette in luce aspetti del carattere di Steve Jobs, in particolar modo relativi alla vita privata, che mai ci saremo sognati di vedere.
Un genio degli affari più che dell'informatica, talento puro nel puntare sul cavallo vincente e vendere se stesso e, soprattutto, grande comunicatore.
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La caratteristica principale che distingue, da sempre, un prodotto Apple da quelli della concorrenza è il suo appeal, la sua precisione nei dettagli, nell'estetica e nella fruibilità che fa sì che il consumatore dimentichi che il prezzo è decisamente sopra la media.
Ebbene, "Jobs", biopic parziale della vita di uno dei più grandi innovatori del XX secolo, non è un Mac, non è un iPhone e non è un iPad: insomma, non è un capolavoro.
Ma è un film discreto, che mette in luce aspetti del carattere di Steve Jobs, in particolar modo relativi alla vita privata, che mai ci saremo sognati di vedere.
Un genio degli affari più che dell'informatica, talento puro nel puntare sul cavallo vincente e vendere se stesso e, soprattutto, grande comunicatore.
Tuttavia egoista ed egocentrico, al punto da mettere da parte gli amici della prima ora o non riconoscere, se non tanti anni più tardi, una figlia che riteneva illegittima.
Il film, diretto da Joshua Michael Stern, affronta il periodo che va dai primi lavori nel garage di casa Jobs fino al ritorno alla Apple e ai primi anni '90.
Ci vengono mostrati due Steve Jobs: uno hippie, dedito anche all'uso di droghe ed allucinogeni, ed uno squalo degli affari e perfezionista maniacale.
Protagonista è Ashton Kutcher, sorprendentemente somigliante al giovane Jobs e convincente nell'interpretazione del personaggio (non lo vedevamo così da The Butterfly Effect); unico neo della sua interpretazione l'eccessiva ostentazione della camminata "ciondolante" tipica di Jobs.
Riuscire a racchiudere in due ore la complessa carriera di Jobs e la sua vita professionale non era assolutamente semplice ed è per questo che in alcuni momenti la sceneggiatura accelera vertiginosamente e manca in particolare di mordente, critica maggiormente mossa al film sui social.
Sulla pagina ufficiale su Facebook, infatti, si alternano apprezzamenti da parte di chi vede nel film un invito a rimettersi in gioco e lasciare spazio all'immaginazione ma anche critiche rivolte ai mancati riferimenti alla Pixar o ai prodotti di ultima generazione.
Il problema principale del film è, però, la mancanza di un vero e proprio finale, di una scena madre che lo renda indimenticabile.
Anche il richiamo alle frasi celebri di Jobs, quella sui "folli" ad esempio, è poco convincente ma resta il fatto che una maratona di cinque ore non sarebbe bastata a raccontare la vita professionale e privata di Steve Jobs, del suo modo di essere e della sua capacità di "toccare il cuore della gente".
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jackmalone
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mercoledì 26 febbraio 2014
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un uomo solo al comando
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La storia é piena di innovatori con caratteri spigolosi che andavano dritti alla meta; non erano capiti dai loro contemporanei e solo il tempo ha dato loro ragione. Nemo profeta in patria : apparentemente Steve è un incompreso , troppo geniale per i comuni mortali che sgobbano al posto suo,in realtà è un tantino stronzo( parcheggia sempre nel posto dei disabili) e anche leggermente disonesto, fortunato lo è sicuramente ad avere dei genitori tanto tolleranti che,negli anni '70, gli permettono di abbandonare gli studi per coltivare i suoi sogni e gli mettono anche a disposizione il garage di casa per un' impresa senza capo nè coda. Invece di ringraziare la buona sorte ed essere un pò carino o almeno generoso con chi ha creduto in lui e ha lavorato gratis ,si dimentica dei vecchi amici e del vecchio amore diventando sempre più egocentrico e paranoico .
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La storia é piena di innovatori con caratteri spigolosi che andavano dritti alla meta; non erano capiti dai loro contemporanei e solo il tempo ha dato loro ragione. Nemo profeta in patria : apparentemente Steve è un incompreso , troppo geniale per i comuni mortali che sgobbano al posto suo,in realtà è un tantino stronzo( parcheggia sempre nel posto dei disabili) e anche leggermente disonesto, fortunato lo è sicuramente ad avere dei genitori tanto tolleranti che,negli anni '70, gli permettono di abbandonare gli studi per coltivare i suoi sogni e gli mettono anche a disposizione il garage di casa per un' impresa senza capo nè coda. Invece di ringraziare la buona sorte ed essere un pò carino o almeno generoso con chi ha creduto in lui e ha lavorato gratis ,si dimentica dei vecchi amici e del vecchio amore diventando sempre più egocentrico e paranoico .Che per avere successo nella vita si debba passare su parecchi cadaveri è una cosa risaputa, ma a lui è perdonato tutto perchè egli è oltre, cammina scalzo anche d'inverno ed anche se non predica l'amore per il prossimo é il profeta di un nuovo egualitarismo e di una nuova democrazia che vedono accomunati la casalinga , la vecchietta e l'uomo d'affari nell'uso del computer. Steve non riesce a riscuotere molte simpatie , suscita però un pò di pietà perchè, anche se la comunicazione é il suo pane quotidiano, sembra spesso uno scarso comunicatore perchè non dà mai importanza al suo interlocutore. Per questo forse é diventato il guru di chi vuole pensare in modo differente , di chi vuole osare a tutti i costi , di chi è affamato di novità e non teme di passare per pazzo. Per fortuna di Steve però questi anticonformisti avventurosi sono veramente pochi perché la massa si accontenta di fare ore di fila per acquistare la sua ultima novità a prezzi esorbitanti.
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