biscotto51
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venerdì 19 giugno 2020
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un schindler list in sedicesimo
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Se confrontiamo questo film con Schindler List, perché trattano argomenti molto simili, questo ne esce malamente. Dopo una prima parte piacevole si cade nell'eccesso di sentimentalismo, nelle scene sciroccose con l'infermiera che soffre la fame per solidarietà con i prigioneri ebrei, dimagrisce, piange, si commuove, corre in bicicletta dietro al treno che porta i prigionieri nel lager, mentre un imbolsito Jean Reno, con la solita espressione gonfia da alcolista depresso, crolla se lo confrontiamo con il Liam Neeson dell'altro film. E' il tipico confronto tra il cinema americano, sodo, duro come un pugno nello stomaco e il cinema francese, che scivola sempre nella melassa, nella svenevolezza e nei buoni sentimenti un po' dolciastri.
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Se confrontiamo questo film con Schindler List, perché trattano argomenti molto simili, questo ne esce malamente. Dopo una prima parte piacevole si cade nell'eccesso di sentimentalismo, nelle scene sciroccose con l'infermiera che soffre la fame per solidarietà con i prigioneri ebrei, dimagrisce, piange, si commuove, corre in bicicletta dietro al treno che porta i prigionieri nel lager, mentre un imbolsito Jean Reno, con la solita espressione gonfia da alcolista depresso, crolla se lo confrontiamo con il Liam Neeson dell'altro film. E' il tipico confronto tra il cinema americano, sodo, duro come un pugno nello stomaco e il cinema francese, che scivola sempre nella melassa, nella svenevolezza e nei buoni sentimenti un po' dolciastri. Fa la sua apparizione Adèle Exarchopoulos, che sarà la magnifica protagonista de La vita di Adele, anche questo un film francese ma girato da un regista tunisino, e si vede.
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angeloumana
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sabato 22 luglio 2017
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brutta cosa l'ignoranza
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"inappropriato che in italiano il film si chiami Vento di Primavera, una primavera di sentimenti non è presente in quasi alcun fotogramma": brutta cosa l'ignoranza! Leggo solo dopo tempo che Vent Printanier era il nome dato all'operazione di rastrellamento di ebrei. Il responsabile fu René Bousquet che aveva accolto le richieste dei nazisti e rimase deluso perché gli arresti furono la metà dei 28000 preventivati, 13152 (5802 donne e 4115 bambini). 15000 riuscirono a scappare, sebbene la retata fosse cominciata alle 4 del mattino del 17/7/1942 e durata 36 ore, condotta da 4660 poliziotti francesi (nessun tedesco). Ottomila dei 13152 furono confinati 5 giorni al Velodromo d'Hiver, non lontano dalla Torre Eiffel, senza acqua né servizi sanitari: una trentina morirono, molti erano bambini.
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"inappropriato che in italiano il film si chiami Vento di Primavera, una primavera di sentimenti non è presente in quasi alcun fotogramma": brutta cosa l'ignoranza! Leggo solo dopo tempo che Vent Printanier era il nome dato all'operazione di rastrellamento di ebrei. Il responsabile fu René Bousquet che aveva accolto le richieste dei nazisti e rimase deluso perché gli arresti furono la metà dei 28000 preventivati, 13152 (5802 donne e 4115 bambini). 15000 riuscirono a scappare, sebbene la retata fosse cominciata alle 4 del mattino del 17/7/1942 e durata 36 ore, condotta da 4660 poliziotti francesi (nessun tedesco). Ottomila dei 13152 furono confinati 5 giorni al Velodromo d'Hiver, non lontano dalla Torre Eiffel, senza acqua né servizi sanitari: una trentina morirono, molti erano bambini. Degli oltre 13 mila tornarono dai lager di Auschwitz o Mauthausen meno di cento.
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elgatoloco
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mercoledì 1 febbraio 2017
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film estremamente efficace
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"La Rafle"(2010)di Rose Bosch, quasi contemporaneo di"Je m'appelle Sarah"è un altro film francese che affronta in modo intelligente e filmicamente appropriato(qui siamo nel passato, però, non si ha l'alternanza tra due epoche come nell'altro film), il tema dei"collaborateurs", per così dire senza riserve, ossia mettendo direttamente in scena, meglio sullo schermo le responsabilità di nazisti e loro"manutengoli". Oltre a tutto, anche qui(e qui siamo sulla stessa lunghezza d'onda dell'altro film)anche qui l'ottica da cui si considera l'orrore è quello dei bambini/delle bambine, dunque il senso di stupore si mischia all'orrore, meglio si fonde con lo stesso, il che è reso filmicamente in maniera più che solamente"efficace", in modo appropriato all'entità della tragedia.
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"La Rafle"(2010)di Rose Bosch, quasi contemporaneo di"Je m'appelle Sarah"è un altro film francese che affronta in modo intelligente e filmicamente appropriato(qui siamo nel passato, però, non si ha l'alternanza tra due epoche come nell'altro film), il tema dei"collaborateurs", per così dire senza riserve, ossia mettendo direttamente in scena, meglio sullo schermo le responsabilità di nazisti e loro"manutengoli". Oltre a tutto, anche qui(e qui siamo sulla stessa lunghezza d'onda dell'altro film)anche qui l'ottica da cui si considera l'orrore è quello dei bambini/delle bambine, dunque il senso di stupore si mischia all'orrore, meglio si fonde con lo stesso, il che è reso filmicamente in maniera più che solamente"efficace", in modo appropriato all'entità della tragedia. Singificativo che, a parte qualche doverosa eccezione("Le train", ma non solo, in realtà)solo nei nostri anni si arrivi ad affrontare l'orrore, anche a scansare il rischio di impropri"revisionismi storici", per non dire del negazionismo, asoslutamente insostenibile, come sappiamo. Ricordiamo(e qui la riflessione vale per la letteratura e lo spettacolo in generale a livello europeo e"occidentale", non solo per il cinema, segnatamente francese)che fino a qualche decennio fa, fatta eccezione per"Il diario di Anna Frank"e poco altro, messo in scena teatralmente o letto, trasposto filmicamente etc., non c'era molto altro, forse per un infondato e assurdo timore, quelllo di"cadere nella retorica", chiaramente una sciocchezza, come se affrontare i grandi snodi anche etici della storia fosse"retorica", a parte comunque la neppure troppo sottile"ambiguità"(cfr.Perelman ma non solo)che il termine ha in sé...Film come questo dovrebbero essere proposti non solo in occasione della giornata o della settimana della memoria, ma, a intervalli regolari e anche a livello didattico-scolastico(ma anche universitario)dovrebbbero entrare in un curriculum regolare di studi, cosa che invece, sempre per paura di quanto detto sopra, si esita a fare, pensando che ...tanto...queste cose si sappiano vel similia. Jean Reno, tra gli /le altri/e interpreti, emerge in modo prepotente quanto convincente. El Gato
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stefano capasso
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venerdì 27 gennaio 2017
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la speranza nei bambini
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Nell’estate del ’42 Parigi è occupata dai nazisti e gli ebrei sono obbligati a portare la stella e rispettare il coprifuoco. Il governo francese accetta di collaborare con Hitler alla deportazione di massa pur di riavere una propria autonomia. Tredicimila ebrei vengono rastrellati e portati in un velodromo prima di essere destinati ai campi dell’est.
Il film di Rose Bosch su una tragedia molto raccontata nel cinema ha la particolarità di raccontare i bambini, e in particolare chi ha avuto la forza d’animo di fuggire e farcela. L’orrore viene solo accennato, il film preferisce raccontare la solidarietà tra i prigionieri, l’attenzione di chi ha fatto di tutto per aiutarli, e su chi ce l’ha fatta.
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Nell’estate del ’42 Parigi è occupata dai nazisti e gli ebrei sono obbligati a portare la stella e rispettare il coprifuoco. Il governo francese accetta di collaborare con Hitler alla deportazione di massa pur di riavere una propria autonomia. Tredicimila ebrei vengono rastrellati e portati in un velodromo prima di essere destinati ai campi dell’est.
Il film di Rose Bosch su una tragedia molto raccontata nel cinema ha la particolarità di raccontare i bambini, e in particolare chi ha avuto la forza d’animo di fuggire e farcela. L’orrore viene solo accennato, il film preferisce raccontare la solidarietà tra i prigionieri, l’attenzione di chi ha fatto di tutto per aiutarli, e su chi ce l’ha fatta.
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renato c.
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martedì 13 ottobre 2015
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a che punto arriva la cattiveria dell'uomo?
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Sono stati fatti tanti films sulla shoah, ma ognuno fa un'effetto terribile!! Qusto non è da meno, e fa rabbia vedere che oltre ai nazisti tedeschi, anche i collaborazionisti francesi si comportavano crudelmente con gli Ebrei senza farsi tanti scrupoli pur di salvare la pelle! Certo che il vedere la catena di come sono andate le cose è terribile! Da un semplice distintivo con la stella gialla allo sfratto dalle abitazioni, al concentrarli in uno stadio, poi nei campi di concentramento ed infine stipati come bestie su treni merci dividendo i bambini dai genitori, i mariti dalle mogli per portarli dove? Alla.....morte!! Quasi quasi erano più umani i comunisti cinesi, che quando volevano liberrsi di qualcuno, un colpo di pistola alla nuca e finiva lì! E
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Sono stati fatti tanti films sulla shoah, ma ognuno fa un'effetto terribile!! Qusto non è da meno, e fa rabbia vedere che oltre ai nazisti tedeschi, anche i collaborazionisti francesi si comportavano crudelmente con gli Ebrei senza farsi tanti scrupoli pur di salvare la pelle! Certo che il vedere la catena di come sono andate le cose è terribile! Da un semplice distintivo con la stella gialla allo sfratto dalle abitazioni, al concentrarli in uno stadio, poi nei campi di concentramento ed infine stipati come bestie su treni merci dividendo i bambini dai genitori, i mariti dalle mogli per portarli dove? Alla.....morte!! Quasi quasi erano più umani i comunisti cinesi, che quando volevano liberrsi di qualcuno, un colpo di pistola alla nuca e finiva lì! E' bene comunque che queste cose non vadano dimenticate e che non abbiano mai più a ripetersi!! Voler sterminare un popolo solo perchè appartiene ad una particolare razza è proprio una bestialità senza confini!! In ogni caso, come ha detto il grande Sandro Pertini:"E' ora di finirla di identificare i Tedeschi con i nazisti"! A furia di buttar loro in faccia questa orribile colpa si rischia che si sentano isolati e per reazione vogliano ancora sentirsi superiori con le conseguenze che già si sono viste dopo la prima guerra mondiale!! Ed hanno fatto bene a far vedere come si comportavano i collaborazionisti francesi! Come hanno fatto bene nella fiction su Perlasca a far vedere come si comportavano le "croci frecciate" ungheresi! Alla fine tutti a legare l'asino dove vuole il padrone! Comunque questo film è fatto molto bene! Grandissimi i tre protagonisti:il medico Sheinbann, che non fugge per non lasciare i malati senza un medico che si curi di loro; la brava infermiera Annette, che quasi ci lascia la vita nutrendosi poco e se la lasciano in vita è solo perchè non era ebrea! E poi il ragazzo Jo Weismann , che ha il coraggio di fuggire nonostante abbia il cuore spezzato per la separazione dai genitori, dei quali immagina già che fine faranno, ma che vuole obbedire al loro ultimo consiglio!! E' triste vedere questi films! Ma ci insegnano a meditare su quel che è accaduto, e specialmente con quello che sta accadendo ai giorni nostri è bene pensarci su!
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great steven
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martedì 7 luglio 2015
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ebrei rastrellati al vel d'hiver nell'estate 1942.
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VENTO DI PRIMAVERA (FR/GERM/UNG, 2010) diretto da ROSE BOSCH. Interpretato da JEAN RENO, MELANIE LAURENT, GAD ELMALEH, RAPHAELLE AGOGUE, HUGO LEVERDEZ, MATHIEU DI CONCERTO, OLIVIER CYWE, SYLVIE TESTUD, ANNE BROCHET, DENIS MENOCHET, ROLAND COPE, ADELE EXARCHOPOULOS, CATHERINE ALLEGRET
Ispirato a fatti drammatici che accaddero nella realtà, in quella maledetta (per i deportati francesi nei campi di concentramento) estate del 1942, è il racconto delle sfortunate vicende che videro protagoniste alcune numerose famiglie ebree, costrette dapprima a pesanti restrizioni sociali e amministrative nella periferia di Parigi (come l’interdizione dalle scuole e l’esclusione dai pubblici uffici), trasferite successive in un centro di raccolta dove i famigliari vennero brutalmente separati gli uni dagli altri e condannate infine a morte nei lager nazisti.
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VENTO DI PRIMAVERA (FR/GERM/UNG, 2010) diretto da ROSE BOSCH. Interpretato da JEAN RENO, MELANIE LAURENT, GAD ELMALEH, RAPHAELLE AGOGUE, HUGO LEVERDEZ, MATHIEU DI CONCERTO, OLIVIER CYWE, SYLVIE TESTUD, ANNE BROCHET, DENIS MENOCHET, ROLAND COPE, ADELE EXARCHOPOULOS, CATHERINE ALLEGRET
Ispirato a fatti drammatici che accaddero nella realtà, in quella maledetta (per i deportati francesi nei campi di concentramento) estate del 1942, è il racconto delle sfortunate vicende che videro protagoniste alcune numerose famiglie ebree, costrette dapprima a pesanti restrizioni sociali e amministrative nella periferia di Parigi (come l’interdizione dalle scuole e l’esclusione dai pubblici uffici), trasferite successive in un centro di raccolta dove i famigliari vennero brutalmente separati gli uni dagli altri e condannate infine a morte nei lager nazisti. A guidare la folta comunità ebraica in questo terrificante gioco al massacro ordito dai gerarchi tedeschi occupanti la Francia collaborazionista, ci sono il dottor David Sheinbaum e la suora crocerossina Annette Monod. Col difetto più evidente e lampante di un titolo italiano imbecille che tradisce ignominiosamente il significato profondo della denominazione originale ( La rafle, ossia appunto "il rastrellamento", quello che avviene al Velodromo d’Inverno, divenuto ormai simbolo delle persecuzioni antisemite), è un originale punto di vista che analizza come lo stato francese visse gli anni della più spietata e distruggente guerra che l’uomo abbia mai concepito e messo in campo, considerando ovviamente più d’una prospettiva ma parteggiando materialmente per la fazione giudea, obbligata alle prostrazioni più umilianti e ai sacrifici più disumani. La materia narrativa viene trattata abilmente dalla 49enne regista, che s’è occupata anche di redigere la sceneggiatura, affinché il discorso umanitario non cada in provocazioni retoriche o forzature ideologiche, e di ripetizioni nel dialogo sensibilizzante l’opinione degli spettatori se ne riscontrano poche, e del tutto trascurabili. Una compagine di attori affiatata, tutti reclutati per interpretare i lavoratori ebrei che vivevano nella capitale francese in quel periodo e si videro togliere in una sola notte di "pulizia etnica" ogni effetto personale e diritto di compartecipare al mantenimento di un’esistenza sobria e dignitosa. J. Reno non si contraddice mai con un personaggio pacato e flemmatico, costruito sulla misura della sua corrente espressione malinconica e scritto per essere interpretato da un uomo che da lungo calca le scene senza farsene logorare, mentre M. Laurent, in saio bianco e con lo sguardo costantemente alla ricerca della felicità, costruisce una donna che sa combattere per valori libertari aiutando chi si trova in difficoltà non tanto col suo lavoro ma con l’amore che sa infondere nello stesso. V’è tuttavia qualche aggiunta poco gradevole che trasforma parzialmente il film in un documento storico di stampo propagandistico, e tutto sommato Hitler e Himmler risultano superflui, sebbene vengano rappresentati con veridicità e puntiglio decoroso. Il punto di forza più decisivo, comunque, resta la galleria dei caratteri incaricati di impersonare i deportati, con tutte le loro sfaccettature e ciascuno col suo modo personalizzato e individuale di affrontare i problemi posti dalle questioni razziali e dalla volontà inattaccabile di cancellare una razza dalla faccia del pianeta. Le scene più azzeccate sono quelle ambientate nel Velodromo, adibito ad ospizio per malati di tutti i generi, in cui il saggio medico di Reno opera con estrema perseveranza, facendosi assistere dalle monache impiegate nella Croce Rossa. Poco importa se si riscontrano inesattezze storiche nella sorte dei prigionieri (i quali, come ribadisco, vissero veramente i tragici eventi che la pellicola espone con dovizia di dettagli e potenza ambiziosamente ausiliare): l’esito riguarda in particolar modo una testimonianza cinematografica drastica, ma al tempo stesso anche pericolosa e fulminante, di un crimine compiuto ai danni di migliaia di persone che mai troverà una giustificazione, né un rimedio, né una motivazione. Collegabile ad altri film francesi che trattano sempre il tema dell’Olocausto osservato dal largo buco della serratura nazionale. In Italia è uscito il 27 gennaio 2011, in concomitanza col Giorno della Memoria.
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sergio dal maso
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domenica 28 giugno 2015
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vento di primavera
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“Credi che un giorno diventeremo adulti ?” “Non lo so”
La notte tra il 15 e il 16 luglio 1942 il governo collaborazionista di Vichy guidato dal generale Pétain si piega alle pressanti richieste di Hitler di consegnare alla Germania i 24000 ebrei residenti a Parigi. La gendarmeria francese dà inizio ad uno spietato e crudele rastrellamento, una terribile retata ( “La rafle”, titolo originale del film) che porterà alla cattura e alla carcerazione nel Velodrome d’Hiver di 13000 ebrei francesi, rinchiusi per diversi giorni in condizioni igieniche tremende e disumane, senza acqua né cibo.
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“Credi che un giorno diventeremo adulti ?” “Non lo so”
La notte tra il 15 e il 16 luglio 1942 il governo collaborazionista di Vichy guidato dal generale Pétain si piega alle pressanti richieste di Hitler di consegnare alla Germania i 24000 ebrei residenti a Parigi. La gendarmeria francese dà inizio ad uno spietato e crudele rastrellamento, una terribile retata ( “La rafle”, titolo originale del film) che porterà alla cattura e alla carcerazione nel Velodrome d’Hiver di 13000 ebrei francesi, rinchiusi per diversi giorni in condizioni igieniche tremende e disumane, senza acqua né cibo. Come negli altri Stati dominati o sotto l’influenza nazista la deportazione degli ebrei francesi non fu improvvisa né inaspettata. Anche in Francia, come in Italia, la persecuzione della comunità ebraica fu lucidamente pianificata : prima gli ebrei furono costretti a portare la stella gialla per essere riconosciuti, poi progressivamente emarginati e privati dei più elementari diritti come l’istruzione per i bambini e il lavoro per gli adulti. Se con il rastrellamento del 16 luglio viene definitivamente sconvolta la serena vita quotidiana della comunità ebraica del quartiere di Montmartre i sintomi erano già chiaramente visibili, il delirio nazista dell’odio razziale era già stato seminato da tempo. Dall’incubo del velodromo gli ebrei furono trasferiti nel campo di transito a Beaune la Rolande nella provincia della Loira per poi partire per l’ultimo viaggio senza ritorno verso Auschwitz o gli altri campi di sterminio. Dei 13000 ebrei arrestati nel rastrellamento del 16 luglio, di cui 4051 bambini, tornarono vivi dalla Polonia solo in 25, nessun bambino. Di fronte alle atrocità narrate da Vento di primavera si resta smarriti, increduli e senza parole, anche perché all’inizio del film lo spettatore è avvertito che tutti i personaggi sono realmente esistiti e gli eventi sono accaduti esattamente come sono stati ricostruiti.
La regista Rose Bosch con uno straordinario lavoro di ricerca e di documentazione durato alcuni anni ha voluto riportare alla luce una vicenda terribile quanto dimenticata, della quale la Francia per moltissimi anni ha negato le proprie responsabilità cercando di rimuovere una delle pagine più deplorevoli della sua storia.
Il pregio maggiore del film è quello di riuscire a trasmettere la tragedia e l’orrore della “retata dimenticata” con estrema sensibilità, attraverso diversi punti di vista e con gli stati d’animo dei protagonisti che l’hanno vissuta.
Innanzitutto con lo sguardo ingenuo e innocente dell’undicenne Joseph Weismann (oggi ottantenne, vive a New York) e degli altri bambini che nel velodromo non si rendono conto della gravità di quello che sta succedendo, di fronte ad avvenimenti che non possono capire si rifugiano nel gioco e negli scherzi in un clima surreale. Non meno significativo del punto di vista dei bambini è quello dei due “eroi” della storia, la combattiva infermiera Annette (la solita straordinaria Melanie Laurent, già vista lo scorso anno nel Concerto) e il dottor David Sheinbaum (Jean Reno nell’inedita parte del “buono”).
Con la loro umanità e un altruismo commovente cercano di aiutare in tutti i modi le disperate famiglie ebree, e non solo con l’assistenza medica, senza rassegnarsi cercano anche di ribellarsi e di disobbedire a quella follia. Anche i pompieri non si piegano agli ordini dei militari e simulano un incendio per poter aprire gli idranti e dissetare le migliaia di persone rimaste senz’acqua.
A parte la bravura della regista, sono soprattutto la tensione emotiva e l’intensità degli avvenimenti a mettere al centro della scena lo sguardo dello spettatore, sguardo che si incrocia con gli occhi smarriti dei deportati.
Sono molti gli episodi e i particolari che emozionano e commuovono, basti ricordare il bambino con l’orsacchiotto che corre da solo verso il camion convinto che lo porterà dai genitori. La scelta di inserire nel film alcune scene sulla vita familiare di Hitler nel suo ritiro sulle Alpi o le riunioni del comando del generale Petain può non apparire del tutto convincente. Ritengo, però, che il contrasto tra il cinismo di Hitler che gioca con i bambini quando nello stesso tempo ne sta mandando a morire migliaia evidenzi ancora di più il delirio del suo disegno criminale.
Vento di primavera, inserito in rassegna nella settimana del Giorno della Memoria, si affianca ad altri film che hanno cercato di raccontare la Shoah e la persecuzione degli ebrei dal punto di vista dei bambini; tra i più significativi ricordiamo Arrivederci ragazzi di Louis Malle o Il bambino con il pigiama a righe di Mark Hermann. Sono film importanti perché, probabilmente, non potendo del tutto comprendere e spiegare l’orrore dell’Olocausto ma dovendo necessariamente ricordarlo, possiamo solo affidarci alla purezza e l’innocenza del loro sguardo per non dimenticare fino a dove può arrivare l’essere umano guidato da ideologie fanatiche e razziste, continuando a porci le stesse domande pur sapendo che la risposta è dispersa nel vento.
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ashtray_bliss
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venerdì 1 marzo 2013
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pagina nera nella storia della francia democratica
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La Rafle, titolo orginale che si riferisce appunto alla retata degli ebrei, e' un film veramente potente, umano e drammatico che apre una porta cinematografica sugli avvenimenti i quali sono stati quasi dimenticati dal popolo e governo francese. Riapre le ferite di quella che rappresenta una delle pagine piu' nere dello stato democratico per eccellenza, la Francia, paese che viene immediatamente collegato al classico motto Libertè, Egalitè, Fraternitè e che nonostante cio' si rese complice nell'arresto, deportazione e sterminio di 13,000 ebrei di cui 4,013 solo bambini.
Il film, dunque, racconta il dramma di queste persone che prima vengono obbligate a indossare lo stemma di Davide, il segno della loro diversita' rispetto agli altri connazionali francesi, e quindi il simbolo col quale vengono immediatamente riconosciuti e talvolta emarginati.
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La Rafle, titolo orginale che si riferisce appunto alla retata degli ebrei, e' un film veramente potente, umano e drammatico che apre una porta cinematografica sugli avvenimenti i quali sono stati quasi dimenticati dal popolo e governo francese. Riapre le ferite di quella che rappresenta una delle pagine piu' nere dello stato democratico per eccellenza, la Francia, paese che viene immediatamente collegato al classico motto Libertè, Egalitè, Fraternitè e che nonostante cio' si rese complice nell'arresto, deportazione e sterminio di 13,000 ebrei di cui 4,013 solo bambini.
Il film, dunque, racconta il dramma di queste persone che prima vengono obbligate a indossare lo stemma di Davide, il segno della loro diversita' rispetto agli altri connazionali francesi, e quindi il simbolo col quale vengono immediatamente riconosciuti e talvolta emarginati. E se all'inizio tutto sembra comunque filare liscio, pian piano gli ebrei vengono emarginati da qualsiasi attivita' sociale. Gli e' vietato partecipare a eventi pubblici come concerti, teatri, cinema; pian piano vengono anche licenziati dai propri lavori e il coprifuoco per loro, nonostante siamo in estate, inizia alle sette. Tutto fa presagire il peggio, che non tarda ad arrivare.
Il governo collaborazionista di Vichy firma un accordo secondo il quale il governo francese deve 'rastrellare' 23,000 concittadini ebrei. Di questi riusciranno ad arrestare ''solo'' 13,000.
Nel pieno dell'estate, gli ebrei vengono deportati dalle loro case nel quartiere di Montmartre e raccolti nel velodromo d'hiver. Con loro possono portare cibo sufficiente per due giorni e pochissimi oggetti personali.
Li sotto precarie condizioni igenico-sanitarie vengono lasciati assetati ed affamati mentre le malattie cominciano progressivamente ad espandersi. I decessi sono all'ordine del giorno, il medico (Jean Reno) e le infermiere assegnate li non sono sufficienti per coprire i bisogni della gente. Tra le infermiere, una in particolare rimane colpita dal modo in cui gli ebrei vengono trattati (M. Laurent) e a modo suo cerchera' di opporsi e denunciare la follia nazista.
Ma ben presto gli ebrei del velodromo verranno deportati in campi di concentramento francesi nell'attesa che vengano messi sui treni diretti a Est, diretti nei campi di sterminio. Nessuna eccezzione: uomini, donne e bambini vengono trattati nello stesso modo. Assistenza sanitaria carente, ipo-nutrimento. Testimone di queste incomprensibili atrocita', l'infermiera' provera' a fare la sua protesta, portando se stessa come martire della situazione negli uffici governativi, tutto invano. Da li' a poco gli ebrei saranno nuovamente separati, donne e bambini da una parte, uomini dall'altra e portati all'Est, verso la loro ultima stazione.
Coraggiosa la Bosch nel tentare di raccontare ma soprattuto esprimere una critica aspra, una denuncia morale verso il proprio Paese e il proprio popolo che permise, in nome dell'alleanza con Hitler, che accadesse una tale depurazione razziale ai danni dei connazionali ebrei. La rafle ci vuole ricordare che la shoah degli ebrei non e' un crimine contro un popolo o una determinata categoria di persone; ma e' un crimine contro l'umanita'; contro esseri umani che venivano emarginati e successivamente derisi, lasciati in balia della fame, della sete, del dolore (fisico e psicologico) solo per via di una parte della loro identita' (l'essere francesi veniva oscurato dall'essere ebrei). L'orrore della shoa francese e' indubbiamente una delle pagine piu' nere e lugubri che pertanto va ricordato e non insabbiato dalle pagine della storia.
Film come questo sono sempre attuali nel tenere viva la memoria e l'attenzione della gente. Perche' non accada mai piu' una seconda shoah, perche' la gente non resti mai piu' passiva, disinteressata e disumana nei confronti dei propri simili.
Il film della Bosh risulta pertanto molto preciso e dettagliato nel descrivere la successione degli eventi (tutto cio' rappresentato nel film e' accaduto nella realta'). Un film del genere non e' facile da seguire senza lasciarsi prendere emotivamente, senza commuoversi di fronte allo strazio, al dolore che persone innocenti hanno dovuto subire in nome della follia-virus nazista.
Ottima e precisa la regia e la sceneggiatura, cupa la fotografia. Un film imperdibile, da vedere, per ricordare e riflettere.
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anto15ts
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martedì 29 gennaio 2013
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un chiarimento sul titolo
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Mi scuso per l’off topic, la mia non e’ una recensione del film, ma un chiarimento sul significato del titolo, che evidentemente e’ sfuggito ad alcuni “critici cinematografici”…
“Sorvoliamo sull'assurdo titolo italiano” - Fabio Ferzetti
“Il titolo originale, La rafle, significa «retata»,«rastrellamento». È un titolo più concreto e pregnante del banale Vento di primavera, che fa pensare a una brutta fiction” - Alberto Crespi
Non sono una storica, ma mi e’ stato incredibilmente facile trovare notizie sul Rastrellamento del Velodromo d'inverno (Rafle du Vélodrome d'Hiver), battezzata dal prefetto di polizia Rene' Bousquet con il nome in codice Opération Vent printanier ("Operazione Vento di Primavera").
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Mi scuso per l’off topic, la mia non e’ una recensione del film, ma un chiarimento sul significato del titolo, che evidentemente e’ sfuggito ad alcuni “critici cinematografici”…
“Sorvoliamo sull'assurdo titolo italiano” - Fabio Ferzetti
“Il titolo originale, La rafle, significa «retata»,«rastrellamento». È un titolo più concreto e pregnante del banale Vento di primavera, che fa pensare a una brutta fiction” - Alberto Crespi
Non sono una storica, ma mi e’ stato incredibilmente facile trovare notizie sul Rastrellamento del Velodromo d'inverno (Rafle du Vélodrome d'Hiver), battezzata dal prefetto di polizia Rene' Bousquet con il nome in codice Opération Vent printanier ("Operazione Vento di Primavera").
E’ quindi probabilmente l’unica volta in 50 anni che in Italia un film esce con un titolo tradotto che ha senso!!
Cari “critici”, informatevi prima di scrivere…
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minnie
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martedì 29 gennaio 2013
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come la chiave di sarah, stesso spunto
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Rettifico, la Chiave di Sarah è del regsita francese Gilles Paquet Brenner ma è tratto da un best seller di Tatiana de Rosnay. Invece qui Rose Bosch ha fatto tutto da sola, regia e sceneggiatura. Ma sono entrambi film molto toccanti e necessari!
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