ashtray_bliss
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mercoledì 31 ottobre 2012
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tra lacrime e gioie: un viaggio verso la morte.
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My Sister's Keeper, e' un film apertamente drammatico che pero' riesce lungo tutta la sua durata ad alleggerire in parte questa atsmosfera triste e asfissiante ed alleviare sia allo spettatore che alla protagonista malata il dolore di una malattia terminale (vedi le scene del ballo, della gita al mare etc.)
Ma il film e' anche stato pensato a tavolino per far commuovere e far piangere le masse. E' un pugno nello stomaco per ogni spettatore e il film, astutamente, e' pensato in modo tale da non lasciare nessuno indifferente. Lo spettatore e' avvisato: un film del genere penetrera' nei piu' profondi sentimenti, e una volta scossi le lacrime sono assicurate.
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My Sister's Keeper, e' un film apertamente drammatico che pero' riesce lungo tutta la sua durata ad alleggerire in parte questa atsmosfera triste e asfissiante ed alleviare sia allo spettatore che alla protagonista malata il dolore di una malattia terminale (vedi le scene del ballo, della gita al mare etc.)
Ma il film e' anche stato pensato a tavolino per far commuovere e far piangere le masse. E' un pugno nello stomaco per ogni spettatore e il film, astutamente, e' pensato in modo tale da non lasciare nessuno indifferente. Lo spettatore e' avvisato: un film del genere penetrera' nei piu' profondi sentimenti, e una volta scossi le lacrime sono assicurate.
Cosi e' stato anche per me. Perche' la pellicola, tratta da un libro, tocca argomenti delicati e sensibili in modo umano, cosa che lo fa risaltare e lo rende un prodotto, commerciale sicuramente, ma al contempo apprezzabilissimo. Ecco dunque come 'La custode di mia sorella" parla di una famiglia come tante, la quale pero' e' colpita da una disgrazia inaspettata. La figlia piu' piccola Kate, viene diagnosticata con una leucemia acuta e con poche chances di sopravvivere. E da allora ha inizio una diperata battaglia contro il tempo e contro la malattia, per tentare di tenere la figlia viva piu' a lungo possibile. Questo e' il frutto della determinazione e forza di volonta di una madre che per l'amore verso sua figlia sacrifichera' tutto: se stessa e il suo lavoro, suo marito ed infine la stessa famiglia trascurando il figlio maggiore. Ma la portera' anche a prendere una decisione estrema, a tratti egoista. Infatti, per il bene della figlia Kate, mettera al mondo un'altra bambina, Anne, geneticamente compatibile con la sorella, in modo che possa servire a Kate da donatrice: prima di sangue, poi di midollo osseo ed infine di un rene. Nel corso degli anni la piccola Anne viene usata come macchina produttrice di pezzi di ricambio per la sorella malata, Kate.
Ma tutto questo non dura ancora per molto. Arrivata alla soglia degli 11 anni Anne si rivolge ad un famoso avvocato per portare avanti la sua causa contro la famiglia e per riprendersi la liberta' di poter disporre del proprio corpo. Anne chiede l'indipendenza medica affinche' i genitori possano smetterla di imporsi sulla propria persona e sul proprio corpo senza avere il suo consenso.
Cosi tra molti flashback, lacrime di dolore e di gioia, momenti famigliari felici, visite ospedaliere, amori impossibili e destinati a spegnersi (letteralmente) Nick Cassavetes da vita a quello che e' un film che si muove su due lielli completamente diversi.
Il primo, piu' concreto, e' quello della battaglia legale di Anne, che vuole rivendicare a tutti i costi dei diritti sacrosanti e indiscutibili: quelli di poter liberamente disporre del proprio corpo. Assistiamo cosi alla lotta, giusta e legittima, di una pre-adolescente munita di una determinazione e coraggio da adulta. Una bambina che e' gia matura e sa far valere la sua causa senza lasciare nessuno indifferente, ne avvocato ne giudice.
Il secondo piano invece e' quello che ruota attorno a Kate e tutti i sentimenti e le emozioni che circondano lei e la sua situazione. Dapprima abbiamo dunque una ragazzina di 15 anni che non smette di lottare e anche di ribellarsi a modo suo, non tanto contro i genitori e specialmente la madre (amorevole ma oppressiva), quanto contro la malattia. Avra' l'occasione di incontrare un giovane ragazzo, anche lui malato, col quale vivra' la sua storia d'amore, ma poi realizzera' che non puo' far altro che accettare la sua condizione e accettare la morte. Conscia del fatto che sua sorella minore e' sempre stata sfruttata dai genitori a suo favore, costretta sin dalla piu' tenera eta' a sottoporsi a prelievi (piu' o meno dolorosi) decide di ribellarsi alla ferrea volonta della madre per un ultima volta. Impone alla sorella di non donarle il rene e di iniziare questa battaglia legale affinche' venga ascoltata la sua ultima volonta: lasciarla andare, definitivamente.
Il film, e' indubbiamente toccante, carico di emotivita' e punta dritto ai sentimenti degli spettatori. Obbiettivo che facilmente raggiunge, essendo appunto una di quelle pellicole "per-forza" strappalacrime. E con tutti i pregi che il film in questione vanta, questo risulta essere il suo piu' grande difetto: e' un prodotto forzato, altamente drammatico ma creato su misura per far commuovere la gente. Non e' una commozione spontanea e naturale. Cassavetes ci impone e ci costringe a commuoverci e intristirsi davanti alla sua opera. Cosi facendo pero' perde l'occasione di raccontare una storia davvero straordinaria e delicata: ovvero la battaglia, sia legale che sociale, portata avanti da Anne. Il film pone questioni lasciate meteore e irrisolte su argomenti sociali scottanti quali : l'accanimento terapeutico, la facolta' di poter disporre liberamente del proprio corpo, la guerra psicologica che i genitori (anche se in buona fede) fanno ai loro figli, le ovvie pressioni che un membro della famiglia gravemente malato comporta per gli altri membri.
Il film, cosi facendo, si concentra quasi esclusivamente sulle emozioni e sentimenti che coinvolgono protagonisti e spettatori. Sentimenti dove seppur ci sono i momenti di gioia, prevalgono i pressanti sentimenti di dolore e tristezza.
Bravissime le tre interpreti principali, che tengono in piedi questo potente family-dramma. Promossa la Diaz, molto convincente nei panni della madre disperata e pronta a tutto pur di salvare la sua adorata bambina malata. Strepitosa la ragazzina nel ruolo di Anne, sorella amorevole ma anche determinata e coraggiosa. Molto brava anche l'emergente Vassilieva nel difficile ruolo di adolescente affetta da una devastante malattia terminale.
Buona la regia e la fotografia, nonche' la colonna sonora.
In conclusione, direi che e' un prodotto abbastanza azzaccato e indiscutibilmente coinvolgente (seppur incompleto). Consigliato.
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7alieni
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lunedì 2 agosto 2010
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la custode di mia sorella
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Una bella coppia con tre figli, due di questi nati con un destino diverso da ciò che convenzionalmente si definisce normale: una malata di cancro il cui nome è Kate (Sofia Vassilieva), l'altra, la più piccola nata per permettere alla sorella di sopravvivere (da qui il titolo); il suo dovere quello di sottoporsi a costanti prelievi e operazioni per donare ciò che è suo alla vita di Kate, per i genitori (Cameron Diaz e Jason Patric) tutto va bene così fino a quando le due ragazze non decidono di prendere in mano le loro vite... La figlia più piccola, Anna (Abigail Breslin), decide quindi di far causa ai genitori per riavere i diritti sul proprio corpo, affidandosi ad un famoso avvocato (Alec Baldwin); la coppia di coniugi si ritrova improvvisamente a riflettere sulle decisioni passate.
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Una bella coppia con tre figli, due di questi nati con un destino diverso da ciò che convenzionalmente si definisce normale: una malata di cancro il cui nome è Kate (Sofia Vassilieva), l'altra, la più piccola nata per permettere alla sorella di sopravvivere (da qui il titolo); il suo dovere quello di sottoporsi a costanti prelievi e operazioni per donare ciò che è suo alla vita di Kate, per i genitori (Cameron Diaz e Jason Patric) tutto va bene così fino a quando le due ragazze non decidono di prendere in mano le loro vite... La figlia più piccola, Anna (Abigail Breslin), decide quindi di far causa ai genitori per riavere i diritti sul proprio corpo, affidandosi ad un famoso avvocato (Alec Baldwin); la coppia di coniugi si ritrova improvvisamente a riflettere sulle decisioni passate. incredibilmente riprovevole è il loro comportamento nei confronti di Anna, atteggiamento che appare giustamente egoista, immaturo, insensibile e crudele, mentre straordinario è il legame dei tre figli che riescono a trattenere un doloroso segreto... La forza di volontà e la grinta che Anna mette nel suo intento sono ammirevoli e questo ci dimostra che non è importante quale sia il compito da svolgere, fosse anche il più difficile, ciò che conta è l'amore che ci metti nel farlo. Nonostante il film viene visto dall'ottica di Anna, conosciamo a fondo il calvario di Kate, emozionante per quanto breve e fragile, il cui dolore sarà allietato da un amore inaspettato... Film maestralmente diretto da Nick Cassavetes che, nonostante tutto, al momento, non lascia tempo per riflettere ma soltanto per singhiozzare...
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paioco89
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lunedì 7 settembre 2009
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la malattia e la sofferenza per cassavetes
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Le problematiche della vita sono un tema caro a Cassevetes, già dal suo primo film "Mariti". Adesso il regista americano si concentra sulla malattia, la sofferenza e la morte. Il film è drammatico e molto biografico, trattando fondamentalmente l'evoluzione della malattia di Kate vista dai componenti familiari, dando poco spazio però alla condizione della ragazzina malata. Il film tocca un tema molto delicato dove è facile emozionarsi ed è facile provare sentimenti, risultando però anche troppo "pesante" e monotono. La vita di Kate manca, viene più osservata esternamente e meno vissuta internamente. Cassavetes si concentra sui problemi della vita familiare causati della figlia malata senza arrivare però ad una forte conclusione, ad un messaggio chiaro ed esplicito.
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Le problematiche della vita sono un tema caro a Cassevetes, già dal suo primo film "Mariti". Adesso il regista americano si concentra sulla malattia, la sofferenza e la morte. Il film è drammatico e molto biografico, trattando fondamentalmente l'evoluzione della malattia di Kate vista dai componenti familiari, dando poco spazio però alla condizione della ragazzina malata. Il film tocca un tema molto delicato dove è facile emozionarsi ed è facile provare sentimenti, risultando però anche troppo "pesante" e monotono. La vita di Kate manca, viene più osservata esternamente e meno vissuta internamente. Cassavetes si concentra sui problemi della vita familiare causati della figlia malata senza arrivare però ad una forte conclusione, ad un messaggio chiaro ed esplicito. La pellicola non insegna e non impegna lo spettatore in riflessioni sulla vita e sul dolore, fa vedere la malattia nuda e cruda, violenta e devastante con tutte le sue ripercussioni sui rapporti interpersonali. Forse ci si poteva aspettare una crescita nel film, un'approfondimento significativo su una questione così importante e toccante, invece il tutto rimane su un livello terreno, spoglio, dove c'è spazio solo per la disperazione e l'ossessione a salvare un qualcosa che è impossibile mantenere in vita, oltre però al fatto di riuscire a gustarsi anche le piccolezze che ogni giorno ci vengono donate. La recitazione non pecca in pateticismi o atteggiamenti teatrali, ma espone il dolore senza filtri o retoriche, arrivando diretto al cuore degli spettatori, emozionando facilmente il pubblico e portandolo fuori dalla sala con una voglia di vivere e vedere il mondo, forse, leggermente cambiata.
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ciccio capozzi
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venerdì 11 settembre 2009
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dietro le lacrime, un dibattito civile
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“LA CUSTODE DI MIA SORELLA” di NICK CASSAVETES; USA, 09. Kate è ammalata di leucemia. Per avere midollo spinale e ad un eventuale rene sicuramente compatibili, l’indomita madre programma un’altra figlia in provetta, Anne: che, però, va da un avvocato per negare ai genitori la possibilità di “usare” il suo corpo. Tratto da un romanzo, a sua volta modellato su una storia vera, il film è una perfetta, “inesorabile” macchina strappalacrime. Sicuramente con l’ausilio del testo di partenza, la sceneggiatura fa scattare con puntualità perfetta il pianto per la drammaticità delle situazioni di scena. Perciò ha fatto storcere il naso a molta critica. Tuttavia, il film, in quello che è il suo fine narrativo, è coerente e riuscito.
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“LA CUSTODE DI MIA SORELLA” di NICK CASSAVETES; USA, 09. Kate è ammalata di leucemia. Per avere midollo spinale e ad un eventuale rene sicuramente compatibili, l’indomita madre programma un’altra figlia in provetta, Anne: che, però, va da un avvocato per negare ai genitori la possibilità di “usare” il suo corpo. Tratto da un romanzo, a sua volta modellato su una storia vera, il film è una perfetta, “inesorabile” macchina strappalacrime. Sicuramente con l’ausilio del testo di partenza, la sceneggiatura fa scattare con puntualità perfetta il pianto per la drammaticità delle situazioni di scena. Perciò ha fatto storcere il naso a molta critica. Tuttavia, il film, in quello che è il suo fine narrativo, è coerente e riuscito. Inoltre, esso, all’interno di un drammone familiar-ospedaliero, agita il dibattito su alcuni temi di grande attualità civile: sull’”uso” del proprio corpo contro l’accanimento sia terapeutico che affettivo, cioè dettato dalla volontà ferrea della madre, sicuramente desiderosa di lottare fino allo spasimo per la salvezza. E lo fa con l’asciuttezza propositiva della migliore tradizione di Hollywood, ponendo tutte le implicazioni possibili. La complessità e le sfaccettature del film, tranne qualche lieve cedimento, sono molto egregiamente personificate nella ricchezza dell’interpretazione di Cameron Diaz.
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mystic
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mercoledì 27 marzo 2013
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triste e rassicurante, un film destinato a piacere
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Condannata a morte dalla leucemia che la ha costretta a passare gran parte della propria infanzia in un letto d'ospedale, Kate ha una sorella concepita in provetta con l'intento di farne sua personale donatrice di organi nel corso degli anni. Se a questo aggiungete complicazioni giudiziarie, relazioni perdute e frustrazioni familiari il quadro è quantomeno angosciante.
Si tratta di un film deliberatamente struggente, volutamente sentimentale e assolutamente romantico che gioca con gli equilibri degli stati d'animo. Parla di un'amore impossibile, quello per la vita, e di uno possibile ma non duraturo, quello che porta Kate a scoprire la propria sessualità.
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Condannata a morte dalla leucemia che la ha costretta a passare gran parte della propria infanzia in un letto d'ospedale, Kate ha una sorella concepita in provetta con l'intento di farne sua personale donatrice di organi nel corso degli anni. Se a questo aggiungete complicazioni giudiziarie, relazioni perdute e frustrazioni familiari il quadro è quantomeno angosciante.
Si tratta di un film deliberatamente struggente, volutamente sentimentale e assolutamente romantico che gioca con gli equilibri degli stati d'animo. Parla di un'amore impossibile, quello per la vita, e di uno possibile ma non duraturo, quello che porta Kate a scoprire la propria sessualità.
Il romanzo di Jodi Picoult dimostra di saper strappare lacrime anche portato sul grande schermo, senza potersi vantare di essere un film riuscito. La scelta di accompagnare le scene più commoventi con una colonna sonora destinata ad emozionare e l'uso eccessivo di flashback rischiano di tradursi in svenevolezza, eppure La custode di mia sorella piacerà a non poche madri. Ma dopotutto, Nick non è John. Triste e rassicurante al tempo stesso, ma il finale non è l'unico momento da dimenticare.
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vanessatalanta
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domenica 11 febbraio 2018
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un'occasione molto mancata
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Ho letto il libro e l’ho trovato piatto, ogni capitolo dovrebbe essere ”raccontato” da un diverso personaggio e invece non esiste alcuna caratterizzazione. Qui, per rendere il tutto ultrapatetico, in realtà l’attenzione va tutta alla sorella malata, la piccola resta quasi sullo sfondo, come motore della vicenda e del contrasto, ancor peggio capita al personaggio dell’avvocato. Dato che si è voluto cambiare il finale del libro, fatto apposta per farti odiare l’autrice e l’egocentrismo della malata, si sarebbe potuto approfittarne per domandarsi che vita avrà avuto la piccola Anna dopo la morte di Kate.
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Ho letto il libro e l’ho trovato piatto, ogni capitolo dovrebbe essere ”raccontato” da un diverso personaggio e invece non esiste alcuna caratterizzazione. Qui, per rendere il tutto ultrapatetico, in realtà l’attenzione va tutta alla sorella malata, la piccola resta quasi sullo sfondo, come motore della vicenda e del contrasto, ancor peggio capita al personaggio dell’avvocato. Dato che si è voluto cambiare il finale del libro, fatto apposta per farti odiare l’autrice e l’egocentrismo della malata, si sarebbe potuto approfittarne per domandarsi che vita avrà avuto la piccola Anna dopo la morte di Kate. Una vita distrutta dai sensi di colpa e dagli sguardi dei genitori, colmi di accusa, anche se forse inconsapevole? Ho vissuto qualcosa di simile, anche se meno drammatico, e non riesco ad immaginarmi nulla di più tremendo per lei, dopo essere nata come un magazzino di pezzi di ricambio, il tutto aggravato dall’autentico affetto per la sorella, non credo assolutamente allipotesi del regista. di una famiglia completamente malata che finalmente, come nulla fosse, diventa del tutto equilibrata. La madre, chiusa nel suo delirio uterino di onnipotenza, che si sente in diritto di decidere per una bimba inerme senza mai farsi domande scomode, scusandosi di tutto in nome dell’amore. Quante nefandezze sono state compiute in nome dell’amore? Forse più che in nome dell’odio. Ho tre figli, e una ha avuto problemi, ma mai, mai potrei concepire un tale sopruso, men che meno per amore. Il padre, come spesso capita, si chiama fuori e lascia tutto in mano alla moglie, e il figlio poveretto, è infelice e preso tra due fuochi e probabilmente si sente in colpa per non essere compatibile e tagliato fuori dalle dinamiche familiari, per quanto malate. Insomma un film costruito per le lacrime, superficiale , una colonna sonora “frignona” fatta ad arte per sottolineare le scene mute di flashback felici o di patetici momenti di serenità. Attori sufficienti, ( la Vassileva potranno proclamarla bellissima, ma ha una facciona volgarotta con un naso enorme) pellicola deludente, nulla di memorabile nemmeno nella fotografia.
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irontato
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giovedì 9 dicembre 2010
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cry,cry,cry
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Questo film è una macchina da lacrime e anche se l'approfondimento sulla tematica della malattia è interessante e coinvolgente la ricerca ostentata di situazioni emotive tristi per coinvolgere lo spettatore è troppo insistente e abusata.Flashback,madri combattive al limite della pazia e amori oncologici dalla fine tragica sommati insieme danno un risultato poco credibile.Un pò più di sobrietà avrebbe dato alla pellicola quel pathos che una storia di malattia e sofferenza dovrebbe trasmettere.
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