vanessatalanta
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domenica 11 febbraio 2018
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un'occasione molto mancata
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Ho letto il libro e l’ho trovato piatto, ogni capitolo dovrebbe essere ”raccontato” da un diverso personaggio e invece non esiste alcuna caratterizzazione. Qui, per rendere il tutto ultrapatetico, in realtà l’attenzione va tutta alla sorella malata, la piccola resta quasi sullo sfondo, come motore della vicenda e del contrasto, ancor peggio capita al personaggio dell’avvocato. Dato che si è voluto cambiare il finale del libro, fatto apposta per farti odiare l’autrice e l’egocentrismo della malata, si sarebbe potuto approfittarne per domandarsi che vita avrà avuto la piccola Anna dopo la morte di Kate.
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Ho letto il libro e l’ho trovato piatto, ogni capitolo dovrebbe essere ”raccontato” da un diverso personaggio e invece non esiste alcuna caratterizzazione. Qui, per rendere il tutto ultrapatetico, in realtà l’attenzione va tutta alla sorella malata, la piccola resta quasi sullo sfondo, come motore della vicenda e del contrasto, ancor peggio capita al personaggio dell’avvocato. Dato che si è voluto cambiare il finale del libro, fatto apposta per farti odiare l’autrice e l’egocentrismo della malata, si sarebbe potuto approfittarne per domandarsi che vita avrà avuto la piccola Anna dopo la morte di Kate. Una vita distrutta dai sensi di colpa e dagli sguardi dei genitori, colmi di accusa, anche se forse inconsapevole? Ho vissuto qualcosa di simile, anche se meno drammatico, e non riesco ad immaginarmi nulla di più tremendo per lei, dopo essere nata come un magazzino di pezzi di ricambio, il tutto aggravato dall’autentico affetto per la sorella, non credo assolutamente allipotesi del regista. di una famiglia completamente malata che finalmente, come nulla fosse, diventa del tutto equilibrata. La madre, chiusa nel suo delirio uterino di onnipotenza, che si sente in diritto di decidere per una bimba inerme senza mai farsi domande scomode, scusandosi di tutto in nome dell’amore. Quante nefandezze sono state compiute in nome dell’amore? Forse più che in nome dell’odio. Ho tre figli, e una ha avuto problemi, ma mai, mai potrei concepire un tale sopruso, men che meno per amore. Il padre, come spesso capita, si chiama fuori e lascia tutto in mano alla moglie, e il figlio poveretto, è infelice e preso tra due fuochi e probabilmente si sente in colpa per non essere compatibile e tagliato fuori dalle dinamiche familiari, per quanto malate. Insomma un film costruito per le lacrime, superficiale , una colonna sonora “frignona” fatta ad arte per sottolineare le scene mute di flashback felici o di patetici momenti di serenità. Attori sufficienti, ( la Vassileva potranno proclamarla bellissima, ma ha una facciona volgarotta con un naso enorme) pellicola deludente, nulla di memorabile nemmeno nella fotografia.
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fexy96
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mercoledì 1 gennaio 2014
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toccante
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Davvero un bel film, magari non perfetto nei dettagli, ma davvero toccante, commovente e che fa riflettere su una tematica non facile. Consigliato.
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cassiopea
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domenica 18 agosto 2013
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un film davvero eccezionale, 11 e lode.
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Un film dalle tinte forti, anzi fortissime. Si parla di leucemia, di una ragazzina colpita sin da bambina e di una famiglia a pezzi. Ma non è il classico film strappalacrime, qui c'è un di più: solleva questioni bioetiche di particolare rilevanza.. è giusto o meno far nascere una bambina al fine di guarirne un'altra? Un interrogativo non da poco, che terrebbe impegnati a parlare per ore. Ogni personaggio di questa pellicola si fa amare, ciascuno col proprio carattere, con le proprie paure. Interessante, psicologicamente parlando, l'analisi delle diverse reazioni alla tragedia. Ciascuno affronta il dramma in modi più o meno differenti, ciascuno dimostra l'amore per la malata in maniera diversa.
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Un film dalle tinte forti, anzi fortissime. Si parla di leucemia, di una ragazzina colpita sin da bambina e di una famiglia a pezzi. Ma non è il classico film strappalacrime, qui c'è un di più: solleva questioni bioetiche di particolare rilevanza.. è giusto o meno far nascere una bambina al fine di guarirne un'altra? Un interrogativo non da poco, che terrebbe impegnati a parlare per ore. Ogni personaggio di questa pellicola si fa amare, ciascuno col proprio carattere, con le proprie paure. Interessante, psicologicamente parlando, l'analisi delle diverse reazioni alla tragedia. Ciascuno affronta il dramma in modi più o meno differenti, ciascuno dimostra l'amore per la malata in maniera diversa. Un film senza dubbio angosciante, ma come potrebbe essere altrimenti? E' possibile un film che abbia una tematica simile rimanendo freddo o risultando divertente? Sarebbe davvero una ciofeca.
Credo sia stato trattato l'argomento nel modo migliore, con la profondità e l'attenzione che merita. A smorzare le lacrime ci pensano delle parentesi di sottile ironia mista sarcasmo, che sicuramente rendono il tutto più "sopportabile" dal punto di vista emotivo.
L'ho visto una, due, tre volte, e lo rivedrò tante altre.
Complimenti al regista.
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paopon
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mercoledì 8 maggio 2013
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inutile pugno nello stomaco
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L'uomo si chiede da sempre perchè vive , quale ne è il senso. Cassavetes non sa rispondere, tratta semplicemente il tema in modo melenso. Inventa intermezzi giudiziari (la madre guardacaso è avvocato), parascientifici (la sorella in grado di donare) utili solo ai fini della sceneggiatura che deve riempire il tema di fondo: nessuna risposta per il senso della vita. Come afferma la 'sorella' : "Kate è morta. E basta."
Paradossale che la ragazzina leucemica abbia un atteggiamento molto più maturo della madre resa cieca dal dolore. Si esce dal cinema sicuramente arrabbiati, pensando anche al cast stellare che si è prestato a questa insignificante 'operazione'.
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L'uomo si chiede da sempre perchè vive , quale ne è il senso. Cassavetes non sa rispondere, tratta semplicemente il tema in modo melenso. Inventa intermezzi giudiziari (la madre guardacaso è avvocato), parascientifici (la sorella in grado di donare) utili solo ai fini della sceneggiatura che deve riempire il tema di fondo: nessuna risposta per il senso della vita. Come afferma la 'sorella' : "Kate è morta. E basta."
Paradossale che la ragazzina leucemica abbia un atteggiamento molto più maturo della madre resa cieca dal dolore. Si esce dal cinema sicuramente arrabbiati, pensando anche al cast stellare che si è prestato a questa insignificante 'operazione'.
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mystic
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mercoledì 27 marzo 2013
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triste e rassicurante, un film destinato a piacere
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Condannata a morte dalla leucemia che la ha costretta a passare gran parte della propria infanzia in un letto d'ospedale, Kate ha una sorella concepita in provetta con l'intento di farne sua personale donatrice di organi nel corso degli anni. Se a questo aggiungete complicazioni giudiziarie, relazioni perdute e frustrazioni familiari il quadro è quantomeno angosciante.
Si tratta di un film deliberatamente struggente, volutamente sentimentale e assolutamente romantico che gioca con gli equilibri degli stati d'animo. Parla di un'amore impossibile, quello per la vita, e di uno possibile ma non duraturo, quello che porta Kate a scoprire la propria sessualità.
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Condannata a morte dalla leucemia che la ha costretta a passare gran parte della propria infanzia in un letto d'ospedale, Kate ha una sorella concepita in provetta con l'intento di farne sua personale donatrice di organi nel corso degli anni. Se a questo aggiungete complicazioni giudiziarie, relazioni perdute e frustrazioni familiari il quadro è quantomeno angosciante.
Si tratta di un film deliberatamente struggente, volutamente sentimentale e assolutamente romantico che gioca con gli equilibri degli stati d'animo. Parla di un'amore impossibile, quello per la vita, e di uno possibile ma non duraturo, quello che porta Kate a scoprire la propria sessualità.
Il romanzo di Jodi Picoult dimostra di saper strappare lacrime anche portato sul grande schermo, senza potersi vantare di essere un film riuscito. La scelta di accompagnare le scene più commoventi con una colonna sonora destinata ad emozionare e l'uso eccessivo di flashback rischiano di tradursi in svenevolezza, eppure La custode di mia sorella piacerà a non poche madri. Ma dopotutto, Nick non è John. Triste e rassicurante al tempo stesso, ma il finale non è l'unico momento da dimenticare.
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rescart
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martedì 11 dicembre 2012
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obsolescenza pianificata
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A dieci anni dal film con cast holliwoodiano che tratta un tema analogo, il regista figlio d’arte torna ad occuparsi di sanità, ospedali e malattie più o meno guaribili. Ma nel frattempo i tempi sono cambiati: la spallata al sistema sanitario privatistico “made in U.S.A.” data da lui stesso e dall’ariete Michael Moore con Sicko cinque anni più tardi, hanno fatto breccia. Ormai grazie a ad Obama il più esclusivo e costoso club sanitario del mondo ha spalancato le sue dorate porte anche agli indigenti e squattrinati rappresentanti della classe operaia: a quei neri, gialli e latinos che non avrebbero mai potuto permettersi di pagare i costosi premi delle assicurazioni sanitarie private.
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A dieci anni dal film con cast holliwoodiano che tratta un tema analogo, il regista figlio d’arte torna ad occuparsi di sanità, ospedali e malattie più o meno guaribili. Ma nel frattempo i tempi sono cambiati: la spallata al sistema sanitario privatistico “made in U.S.A.” data da lui stesso e dall’ariete Michael Moore con Sicko cinque anni più tardi, hanno fatto breccia. Ormai grazie a ad Obama il più esclusivo e costoso club sanitario del mondo ha spalancato le sue dorate porte anche agli indigenti e squattrinati rappresentanti della classe operaia: a quei neri, gialli e latinos che non avrebbero mai potuto permettersi di pagare i costosi premi delle assicurazioni sanitarie private. Ma non è chi non veda che è stato proprio grazie a quei salati premi che gli ospedali americani sono in grado di curare e tenere in vita persone altrimenti condannate a morte precoce. L’eccellenza di reparti come quello oncologico, di cui si parla in questo film, è infatti stata pssibile proprio grazie a quei premi assicurativi che, di fronte al rischio di ammalarsi e morire, di rinunciare prematuramente alle ricchezze accumulate su questa terra, i più ricchi e benestanti hanno accettato ben volentieri di sborsare, piuttosto che dare soldi al pozzo senza fondo in cui invece rischiano di finire le tasse dei contribuenti europei. In Italia ad esempio - prendiamo un paese europeo a caso - per quanto tartassati, non riusciremo mai ad avere le cure avanzate e tempestive che vengono dipinte nel film e, presumibilmente, sono davvero messe a disposizione dei cittadini negli ospedali statunitensi. Non è che da noi non esistano gli ospedali all’avanguardia e i medici non siano preparati, ma poi quando capita di rivolgersi alla mutua nel 90% dei casi ci si accorge di fare la fine del figlio di John Q. E allora mettiamoci anche noi l’anima in pace come fa la protagonista malata, la cui vera sfortunata non sarebbe stata quella di avere la leucemia ma una madre testarda sostenuta da medici troppo zelanti. Morale: meglio un giorno al mare (magari sulle italiche coste) che mille da allettata in un ospedale modello. Evidentemente anche per i registi indipendenti contemporanei le attività intellettuali come il pensiero e la lettura sono ormai diventate obsolete. Quello che conta anche per loro è poter partecipare al ballo con un cavaliere al fianco. Per il resto eugenetica ed eutanasia sono problemi etici inesistenti, adatti solo a noiosi moralisti, pedanti intelletuali o topi di biblioteca.
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tatiana micaela truffa
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martedì 11 dicembre 2012
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struggente, per certi versi aberrante
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Una coppia giovane, bella ed innamorata - Sara e Brian - e due bei bambini, Jesse e Kate. Sembrano la famiglia perfetta.
Ma da piccolissima Kate viene colpita dalla leucemia, e la malattia comincia a segnare indelebilmente le loro vite. Sara abbandona una promettente carriera di avvocato per stare a casa ad occuparsi della figlia, mentre sua sorella lavora part-time per trovare il tempo di darle una mano. Tutto ruota attorno alla vita in bilico della povera Kate che, consapevole, ne soffre.
Anche il figlio più grande, Jesse, viene relegato in secondo piano, ma il dolore accecante si rovescia totalmente sulla piccola della famiglia: Anna, concepita in provetta unicamente con lo scopo di salvare la vita alla sorella - con la quale fra l'altro avranno un bellissimo rapporto.
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Una coppia giovane, bella ed innamorata - Sara e Brian - e due bei bambini, Jesse e Kate. Sembrano la famiglia perfetta.
Ma da piccolissima Kate viene colpita dalla leucemia, e la malattia comincia a segnare indelebilmente le loro vite. Sara abbandona una promettente carriera di avvocato per stare a casa ad occuparsi della figlia, mentre sua sorella lavora part-time per trovare il tempo di darle una mano. Tutto ruota attorno alla vita in bilico della povera Kate che, consapevole, ne soffre.
Anche il figlio più grande, Jesse, viene relegato in secondo piano, ma il dolore accecante si rovescia totalmente sulla piccola della famiglia: Anna, concepita in provetta unicamente con lo scopo di salvare la vita alla sorella - con la quale fra l'altro avranno un bellissimo rapporto.
A undici anni - dopo svariati, invasivi ed anche pericolosi interventi, analisi e donazioni, Anna decide di rivolgersi ad un celebre avvocato (91% di cause vinte è il suo slogan) per poter decidere liberamente cosa fare del suo corpo.
A quel punto la famiglia rischia di sgretolarsi, con la mamma ostinata in una battaglia ormai personale.
Struggente, strappalacrime e coinvolgente.
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lilly
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martedì 11 dicembre 2012
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non è quello che sembra
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Questo non è tanto un film sull'emancipazione medica o sul diritto di decidere del proprio corpo, quanto sull'amore materno, su quanto bene e quanto male possa fare, su quanto sia difficile essere madre, ascoltare i propri figli invece di dare retta sempre e solo al proprio cuore. Cameron Diaz, fantastica attrice comica, ha colto il punto e ha reso magnificamente e senza timore di apparire invecchiata e imbruttita, la disperata ostinazione di una madre - lei che nella vita non lo è - che non può nemmeno prendere in considerazione la possibilità di perdere la propria creatura. Ed è un film sui rapporti familiari - strepitose le due ragazzine - e sul mistero della vita e della morte.
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Questo non è tanto un film sull'emancipazione medica o sul diritto di decidere del proprio corpo, quanto sull'amore materno, su quanto bene e quanto male possa fare, su quanto sia difficile essere madre, ascoltare i propri figli invece di dare retta sempre e solo al proprio cuore. Cameron Diaz, fantastica attrice comica, ha colto il punto e ha reso magnificamente e senza timore di apparire invecchiata e imbruttita, la disperata ostinazione di una madre - lei che nella vita non lo è - che non può nemmeno prendere in considerazione la possibilità di perdere la propria creatura. Ed è un film sui rapporti familiari - strepitose le due ragazzine - e sul mistero della vita e della morte. Non è un film di rottura - usa gli stilemi classici del genere, flash-back, slow-motion, musica a tema - tarato com'è per un pubblico non troppo smaliziato, ma nemmeno troppo semplice, perché i piani interpretativi sono molteplici, come dimostrano le diverse recensioni.
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4ng3l
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sabato 1 dicembre 2012
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un dramma intenso e tragico
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Che recensione di ghiaccio che fà Marzia Gandolfi, scioccante, fà sembrare una tortura dovuta alla malattia una camminata per strada. Un film che viaggia nei meandri di una realtà satura di dolore ed effetti collaterali che spietati disintegrano tutto ciò da disintegrare. Una sprirale di incomprensioni e desideri estremi rendono la trama più che solida, quasi indistruttibile. La sceneggiatura non sbaglia un colpo e si rende sempre partecipe degli eventi, agoniosi o tranquilli che siano. Gli attori rendono l'idea e non ti fanno mai perdere attenzione nei loro confronti e quindi nei confronti della pellicola, la quale va oltre il dramma e mette in mostra delle complicazioni e delle situazioni a dir poco ottime.
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Che recensione di ghiaccio che fà Marzia Gandolfi, scioccante, fà sembrare una tortura dovuta alla malattia una camminata per strada. Un film che viaggia nei meandri di una realtà satura di dolore ed effetti collaterali che spietati disintegrano tutto ciò da disintegrare. Una sprirale di incomprensioni e desideri estremi rendono la trama più che solida, quasi indistruttibile. La sceneggiatura non sbaglia un colpo e si rende sempre partecipe degli eventi, agoniosi o tranquilli che siano. Gli attori rendono l'idea e non ti fanno mai perdere attenzione nei loro confronti e quindi nei confronti della pellicola, la quale va oltre il dramma e mette in mostra delle complicazioni e delle situazioni a dir poco ottime. Intrecci e colpi di scena regalano il tocco finale a questa trasposizone reale di una malattia devastante. Chi vuole commuoversi e guardare un gran bel film con La Custode Di Mia Sorella va sul sicuro.
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arluna63
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sabato 1 dicembre 2012
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sololamia
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Credo che la Sig.ra Gandolfi deva fare meno paragoni,il padre era il padre e il figlio si e' senza dubbio discostato, Ma perche' i critici devono sempre accostare padri e figli ,regie precedenti e attuali; attori che cambianoi a distanza di tempo;sottolineare, sempre, da dove sono venuti e quelo che hanno fatto.Le persone crescono e cambiano ,ed e'questo che i critici dovrebbero avere la capacita' di capire ed esaltare. Per quello che mi riguarda.... La custode di mia sorella...e' un film che pone la familia in primo piano, soprattutto per chi ama i suoi familliari e si trova a scontrarsi con loro per una malattia che,tutti sanno, non sara' mai risolta. Niente lacrime.
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Credo che la Sig.ra Gandolfi deva fare meno paragoni,il padre era il padre e il figlio si e' senza dubbio discostato, Ma perche' i critici devono sempre accostare padri e figli ,regie precedenti e attuali; attori che cambianoi a distanza di tempo;sottolineare, sempre, da dove sono venuti e quelo che hanno fatto.Le persone crescono e cambiano ,ed e'questo che i critici dovrebbero avere la capacita' di capire ed esaltare. Per quello che mi riguarda.... La custode di mia sorella...e' un film che pone la familia in primo piano, soprattutto per chi ama i suoi familliari e si trova a scontrarsi con loro per una malattia che,tutti sanno, non sara' mai risolta. Niente lacrime.
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