devil_angel
|
venerdì 15 maggio 2009
|
un film davvero da premiare!
|
|
|
|
Un film originale e davvero molto bello... A dire la verità non ero molto convinto che mi sarebbe piaciuto poco prima di entrare in sala... Ma una volta visto vi assicuro ne rimarrete sbalorditi ed emozionati... Pronti a correre cissà dove per accaparrarsi una copia del film e vederlo altre cento, mille volte!!! Il successo del film a mio parere è dato soprattutto dalla bravissima e bellissima Meryl Streep... Favolosa come persona con una favolosa carriera... Insomma Il Diavolo Veste Prada è un film senza eguali da vedere da soli o meglio in compagnia della famiglia... Un film ironico ma nello stesso tempo anche molto veritiero sul mondo che oggi tutte le ragazze sognano... LA MODA!!!
|
|
[+] lascia un commento a devil_angel »
[ - ] lascia un commento a devil_angel »
|
|
d'accordo? |
|
fufa78
|
martedì 28 ottobre 2014
|
niente a che vedere con il romanzo
|
|
|
|
Un film che si guarda volentieri, ma se poi si legge il romanzo da cui è tratto certe cose non si può fare a meno di disprezzarle, parlo soprattutto del bonismo sul finale del film, quando Miranda fa apparire un volto umano che nel libro non si intravede nemmeno da lontano. Tutto ciò che rende estremamente sagace e affascinante il romanzo, qui viene quasi totalmente spazzato via. Per dirne una, il filo conduttore del libro, e anche la sua forza, è l'avversione di Andy per il mondo della moda e per la vita che le fa fare Miranda, da lei detestata fortemente per tutto il tempo; avversione che la ragazza cerca di tenere sotto controllo nel tentativo di stringere i denti, ma che va in un crescendo comico/ tragico fino al famoso "vaffanculo" tanto sospirato che le restituisce la sua vita.
[+]
Un film che si guarda volentieri, ma se poi si legge il romanzo da cui è tratto certe cose non si può fare a meno di disprezzarle, parlo soprattutto del bonismo sul finale del film, quando Miranda fa apparire un volto umano che nel libro non si intravede nemmeno da lontano. Tutto ciò che rende estremamente sagace e affascinante il romanzo, qui viene quasi totalmente spazzato via. Per dirne una, il filo conduttore del libro, e anche la sua forza, è l'avversione di Andy per il mondo della moda e per la vita che le fa fare Miranda, da lei detestata fortemente per tutto il tempo; avversione che la ragazza cerca di tenere sotto controllo nel tentativo di stringere i denti, ma che va in un crescendo comico/ tragico fino al famoso "vaffanculo" tanto sospirato che le restituisce la sua vita. Naturalmente non si vede traccia di alcuna raccomandazione dopodichè, ma solo un licenziamento alla velocità della luce.
Nel film, invece, di ciò non c'è ombra, anzi, vediamo fallire il rapporto fra Andy e il suo ragazzo proprio per l'influenza esercitata sulla donna dal mondo della moda al quale ormai si è convertita, divenendo una specie di bambola in balia della volubilità di Miranda, e tuttavia contenta di ciò; delineando così una superficialità del personaggio che nel libro non esiste e questo costituisce appunto il bello.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fufa78 »
[ - ] lascia un commento a fufa78 »
|
|
d'accordo? |
|
fabio57
|
giovedì 10 settembre 2015
|
buono
|
|
|
|
Buon film che ha come tema la vanità, con tutti i suoi annessi e connessi ,in primis la moda e il mondo che ruota attorno ad essa.L'interpretazione della Streep è eccezionale come sempre.Conferisce a questo personaggio la giusta antipatia,l'alterigia,l'ambizione, che lo rendono odioso ma affascinante .La comunità dell'immagine così efficacemente disegnata dal regista, è vacua,aleatoria, superficiale, spietata per definizione.
Da vedere
|
|
[+] lascia un commento a fabio57 »
[ - ] lascia un commento a fabio57 »
|
|
d'accordo? |
|
greatsteven
|
giovedì 10 agosto 2017
|
glamour griffatissimo condito in salsa di sfida.
|
|
|
|
IL DIAVOLO VESTE PRADA (USA, 2006) diretto da DAVID FRANKEL. Interpretato da MERYL STREEP, ANNE HATHAWAY, STANLEY TUCCI, EMILY BLUNT, SIMON BAKER, ADRIAN GREINER, GISELE BUNDCHEN, TRACIE THOMS
Andrea Sachs è una ventitreenne fresca di laurea che desidera lavorare come giornalista. Deve però farsi le ossa per avere una maggiore sicurezza di acquisire un posto sicuro, così sceglie, senza sapere a cosa sta andando incontro, di fare un apprendistato nel mondo della moda, e si trasferisce da Chicago a Manhattan, entrando nella sede centrale della rivista Runway, la cui direttrice, l’algida e superba Miranda Priestly, è considerata una leggenda vivente delle griffe e dei costumi internazionali.
[+]
IL DIAVOLO VESTE PRADA (USA, 2006) diretto da DAVID FRANKEL. Interpretato da MERYL STREEP, ANNE HATHAWAY, STANLEY TUCCI, EMILY BLUNT, SIMON BAKER, ADRIAN GREINER, GISELE BUNDCHEN, TRACIE THOMS
Andrea Sachs è una ventitreenne fresca di laurea che desidera lavorare come giornalista. Deve però farsi le ossa per avere una maggiore sicurezza di acquisire un posto sicuro, così sceglie, senza sapere a cosa sta andando incontro, di fare un apprendistato nel mondo della moda, e si trasferisce da Chicago a Manhattan, entrando nella sede centrale della rivista Runway, la cui direttrice, l’algida e superba Miranda Priestly, è considerata una leggenda vivente delle griffe e dei costumi internazionali. Andy, come la soprannominano gli amici intimi, conta di restare soltanto un anno alle sue dipendenze come seconda assistente, istruita dalla prima, Emily Bunch, sua coetanea decisa a dettare legge e a chiarire le rispettive posizioni fin dal primo giorno di lavoro, ma ben presto scopre che Miranda, dietro una maschera di inavvicinabile celebrità, nasconde un’anima velenosa, cinica e volubile, che trasforma il suo trantran quotidiano in un inferno sotto la firma di Valentino e Oscar De La Renta. Nonostante le difficoltà iniziali, però, Andrea si afferma e riesce a conquistarsi la stima della collega, della datrice di lavoro e di Nigel, il primo collaboratore fidato di Miranda e suo smaliziato braccio destro nelle manifestazioni importanti; e, rinnovando dietro l’insegna dello stile modaiolo il suo abbigliamento e il suo look, riesce ad ottenere numerosi successi degni di nota, finendo addirittura ad accompagnare Miranda nella trasferta a Parigi per la settimana della moda e capitando, tramite la spedizione di alcuni sperimentali articoli giornalistici, sotto l’ala protettrice e le grazie affettive di Christian Thompson, professionista freelance che le riserva tanto attenzioni lavorative quanto sentimentali, o di pretesa tale. Ma la responsabilità guadagnata le pesa e non la soddisfa più, il che la spinge a licenziarsi dal posto ormai rinsaldato alla Runway ed entrare presso la testata del New Yorker, con la liquidazione/benedizione di Miranda che credeva, a torto, di vedere in lei una parte consistente di sé stessa. Tratto dal romanzo di Lauren Weisberger, è una spietata narrazione del settore della moda mediante la raffigurazione della sua rappresentante meno docile e condiscendente, capace di ossessionare la sua dipendente con le pretese più assurde agli orari più scomodi e rendendole l’esistenza davvero ardua con la speranza di inculcarle un senso del dovere che fa tutt’uno col suo ruolo professionale che le consente di tiranneggiare individualmente chiunque interagisca sul lavoro che lei stessa si ritiene l’unica in grado di svolgere. A. Hathaway non è dal peso sbagliato o di aspetto non indicato per il ruolo, come alcuni critici scrissero, ma la sua non completa aderenza al ruolo della protagonista dinamica risiede nella sua incapacità di addentrarsi nella natura di una giovane rampante che rinuncia temporaneamente alla penna e alla creatività saggistica per rispondere ad un telefono e portare caffè e libri ad una superiore deposta che nasconde le sue fragilità di donna frustrata: il suo confronto recitativo con la Streep, con un personaggio costruito su misura che non le fa sbagliare un accenno di intensità né una tensione drammatica al punto giusto, dopo un po’ perde di credibilità e la fa sentire su un livello sfalsato che non regge appieno il paragone. Ottimi, invece, i personaggi di contorno, a partire da una E. Blunt sulla cresta dell’onda della popolarità che fa la compagna di lavoro saccente che impartisce lezioni di cinismo per poi vedersi surclassata a causa di un raffreddore e un incidente stradale inopportuni che la spodestano dal suo rango faticosamente conquistato, passando poi per S. Baker che recita con brio nelle vesti del libero professionista a caccia di avventure amorose, ma pur sempre attaccato alla qualità del dattiloscritto giornalistico, e per l’eccezionale S. Tucci, sempre più infallibile interpretazione dopo interpretazione, un "capitano in seconda" che alterna con sarcastica abilità l’edonismo all’autoironia, condendo il tutto con un gustoso pizzico di pathos che regala risate assicurate. Ma la colpa peggiore di questo discreto adattamento cinematografico, troppo in bilico fra la commedia spuria e il film romantico, è l’aver negato a sé stesso, contrariamente alle indicazioni della versione cartacea, una discesa profonda nella drammaticità dei sentimenti che animano i personaggi: in generale, si nota un’eliminazione del rischio di esaurimento nervoso cui va incontro Andy quando Miranda la assilla di giorno in giorno con richieste sempre più pressanti e inosservanti delle sue esigenze, ma il calcolo economico da business show si avverte anche nel raddolcimento delle circostanze inerenti all’incidente in cui viene coinvolta Emily, troppo zuccheroso e privo di quell’intensità che traspariva invece dalla pagina dell’autrice. Una leggerezza che paga il suo scotto con la sua medesima presenza, che fa perdere alla vicenda credibilità e la inserisce in un contesto di déjà-vu piuttosto imbarazzante. Molti personaggi reali dell’universo della moda compaiono nel ruolo di sé stessi. Buone le scenografie che ritraggono, con colori fortunatamente non troppo invadenti, la Grande Mela sotto l’egida delle celebratissime marche che distribuiscono abiti, capi vestiari, sciarpe, borse e calzature in tutto il globo, affrescando la storia e risollevandola dalle deficienze di sceneggiatura con contributi tecnici di stampo tutt’altro che modesto, fra cui è doveroso annoverare una colonna sonora con decenti canzoncine incalzanti, tutte rigorosamente eseguite da performers femminili, e un montaggio che si mantiene per la normalità tranquillo, salvo poi mettere la quarta marcia nel dipingere il quadro della frenetica velocità metropolitana in cui la novizia protagonista si ritrova obbligata a muoversi, rischiando di venire investita da automobili e non riuscendo spesso ad incastrare orari e coincidenze. I momenti meglio riusciti, da una prospettiva che concilia la commozione con l’umorismo senza farli per forza incontrare, sono: la ricerca del manoscritto non edito di Harry Potter; la sfilata delle modelle che indossano i costumi sgargianti sulla riva del fiume sotto al ponte; le feste notturne della Hathaway col fidanzato e gli amici d’una vita; lo sfogo di pianto di una Streep senza trucco e sotto le righe in una sera parigina in una suite royale; la rivincita finale con getto del cellulare in una fontana e la presa di coscienza della propria autonomia operativa e, in fin dei conti, anche artistica. Rimane comunque un esercizio di virtuosismo sul pianeta degli stilisti, uno dei campi dell’arte più ardui da esaminare col mezzo cinematografico, ma il risultato finale strappa appena la sufficienza, malgrado il rodaggio improbo del cast e la riconciliazione ossessiva e spasmodica delle consuete rivalità femminili che da troppo tempo, e sempre in film recenti, vediamo sul grande schermo. Lo status symbol di cui si investe Miranda Priestly è però interessante se guardato con occhio sociologico: è proprio la sua altolocata posizione, e non altro, a permetterle di spadroneggiare senza dover rendere conto a nessuno della propria fastidiosa insolenza, né garantire il rispetto di norme che, anche al cinema, costituiscono parte integrante di un patto fra capi benestanti e sottoposti in cerca di successo. In fondo l’accordo, come suggerisce il titolo medesimo, fra Andrea e Miranda appare sotto lo stendardo del diavolo: un patto, appunto, che non si sa a chi arrechi più beneficio e chi danneggi di più!
[-]
|
|
[+] lascia un commento a greatsteven »
[ - ] lascia un commento a greatsteven »
|
|
d'accordo? |
|
lollomoso
|
lunedì 11 giugno 2018
|
banale ma piacevole
|
|
|
|
Film a tratti banale, con una storia che sa di già visto e una regia scolastica e semplice, sebbene risulti un po' stucchevole il finale e la sceneggiaturaspesso è manchevole di energia a e i personaggi abbiano caratterizzazioni a volte tendenti alla caricatura, il film nel complesso regge bene, piacevole da vedere se si desidera un classico film hollywoodiano senza pretese.
Nonostante la retorica del "il bene vince sempre" e del "i valori non si scordano mai" che sbuca sul finale e che lo rende incolore, il film dà uno spaccato veritiero, puro, duro sulla difficoltà di unn ambiente quale quello della moda, sull'ipocrisia e sulla superficialità dell'epoca moderna.
[+]
Film a tratti banale, con una storia che sa di già visto e una regia scolastica e semplice, sebbene risulti un po' stucchevole il finale e la sceneggiaturaspesso è manchevole di energia a e i personaggi abbiano caratterizzazioni a volte tendenti alla caricatura, il film nel complesso regge bene, piacevole da vedere se si desidera un classico film hollywoodiano senza pretese.
Nonostante la retorica del "il bene vince sempre" e del "i valori non si scordano mai" che sbuca sul finale e che lo rende incolore, il film dà uno spaccato veritiero, puro, duro sulla difficoltà di unn ambiente quale quello della moda, sull'ipocrisia e sulla superficialità dell'epoca moderna.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a lollomoso »
[ - ] lascia un commento a lollomoso »
|
|
d'accordo? |
|
matilde perriera
|
lunedì 29 ottobre 2018
|
la “vera” andy risorgerà?
|
|
|
|
LA “VERA” ANDY RISORGERÀ? Un film del 2005 ma sempre attuale. David Frankel, per 109 min, grazie alla sua grande strategia comunicativa, intrattiene i telespettatori con IL DIAVOLO VESTE PRADA. Tratto dall'omonimo best seller chick lit di Lauren Weisberger, il film ha come protagonista Anne Jacqueline Hathaway nelle vesti di Andrea Sachs, una neo-laureata in cerca di lavoro che, appena arrivata a New York, vorrebbe fare la giornalista. La giovane si presenta a un colloquio per l'ambitissimo ruolo di seconda assistente del Runway, sollecitata dal trampolino di lancio che tale attività rappresenta per la sua futura carriera di giornalista e viene assunta, pur non avendo la minima inclinazione per il mondo della moda.
[+]
LA “VERA” ANDY RISORGERÀ? Un film del 2005 ma sempre attuale. David Frankel, per 109 min, grazie alla sua grande strategia comunicativa, intrattiene i telespettatori con IL DIAVOLO VESTE PRADA. Tratto dall'omonimo best seller chick lit di Lauren Weisberger, il film ha come protagonista Anne Jacqueline Hathaway nelle vesti di Andrea Sachs, una neo-laureata in cerca di lavoro che, appena arrivata a New York, vorrebbe fare la giornalista. La giovane si presenta a un colloquio per l'ambitissimo ruolo di seconda assistente del Runway, sollecitata dal trampolino di lancio che tale attività rappresenta per la sua futura carriera di giornalista e viene assunta, pur non avendo la minima inclinazione per il mondo della moda. Andy accetta il ruolo affidatole con l'obiettivo di resistere un anno alle angherie dell'inflessibile Miranda Priestly per poi passare alla redazione. Assorbita dal suo lavoro, Sachs trascura sempre di più Nate, gli amici e i genitori, convinta che quel lavoro potrebbe portarle anche molti vantaggi per sfondare nel mondo dell’editoria. Andy, intanto, con l'aiuto di Nigel, riesce a coniugare la sua intelligenza e le sue capacità con i segreti del mestiere e s’impone professionalmente. Spinta dalla convinzione che “il linguaggio degli stili vestimentari si codifichi nel rapporto semiotico classico di langue e parole attraverso la funzione attiva svolta dall’abito” (Marcella Sardo, La moda tra identità e comunicazione. L’abito e la costruzione dell’io sociale, Bonanno, 2007), si trasforma, cura il suo look, comprende l'importanza dei dettagli nella formazione di una personalità, si rende conto del fatto che “il mondo della comunicazione non verbale sia di sconfinata ampiezza e che esiste una scienza della moda intesa come articolata forma di comunicazione dotata di un linguaggio elaborato. La natura dell’essere umano, infatti, tende verso l’evoluzione comportamentale, orientata a crescere, maturare per coltivare nuovi interessi e, conseguentemente, abbandonare usi, e costumi divenuti anacronistici” (M. Sardo, Ibidem). Anne Jacqueline Hathaway, così, “ormai convinta della grande influenza della moda che, prima di tutto, è storia di una civiltà in continuo divenire” (Marcella Sardo, Ibidem), diventa sempre più efficiente nel suo lavoro, fino ad essere scelta come sostituta alla "prima assistente" della Priestly, rimasta vittima di un incidente, in occasione della prestigiosissima trasferta annuale a Parigi per la settimana della moda. Tenacia, costanza, perseverazione, intuito, disponibilità le assicureranno la prosecuzione della sua guida a capo della rivista, avendo abilmente dirottato altrove chi avrebbe dovuto succederle. La "nuova Andy" sarà inghiottita da questo mondo che non le appartiene? Soffocherà le innate aspirazioni? Saprà dare ascolto alla voce del cuore? Le ottime referenze che le garantisce Meryl Streep l’aiuteranno a ritrovarsi?
[-]
|
|
[+] lascia un commento a matilde perriera »
[ - ] lascia un commento a matilde perriera »
|
|
d'accordo? |
|
antonello villani
|
mercoledì 25 ottobre 2006
|
una streep cattiva più che mai
|
|
|
|
In un mondo dove la moda è sinonimo di successo, il look diventa un autentico must. Lo sanno bene i protagonisti di “Il diavolo veste Prada”, film fuori concorso all’ultimo Festival del Cinema di Venezia. David Frankel, cineasta semisconosciuto con qualche titolo alle spalle, dirige una commedia che non fa sconti a nessuno: riviste e stilisti escono con le ossa rotta, eppure la ragazza del midwest che arriva nella Grande Mela per lavorare come segretaria di una direttrice stile Crudelia De Mon ha divertito il pubblico americano. Tratto dall’omonimo libro di Lauren Weisberger -la scrittrice è stata assistente personale di Anna Wintour, l’ex numero uno di Vogue- “Il diavolo veste Prada” ha in poco tempo sbancato il botteghino con la storia dell’aspirante giornalista che vuole realizzare il sogno americano; solo che i sogni possono trasformarsi in incubi, il mito della donna in carriera vacilla quando si tratta di scegliere tra la promozione e un fidanzato innamorato.
[+]
In un mondo dove la moda è sinonimo di successo, il look diventa un autentico must. Lo sanno bene i protagonisti di “Il diavolo veste Prada”, film fuori concorso all’ultimo Festival del Cinema di Venezia. David Frankel, cineasta semisconosciuto con qualche titolo alle spalle, dirige una commedia che non fa sconti a nessuno: riviste e stilisti escono con le ossa rotta, eppure la ragazza del midwest che arriva nella Grande Mela per lavorare come segretaria di una direttrice stile Crudelia De Mon ha divertito il pubblico americano. Tratto dall’omonimo libro di Lauren Weisberger -la scrittrice è stata assistente personale di Anna Wintour, l’ex numero uno di Vogue- “Il diavolo veste Prada” ha in poco tempo sbancato il botteghino con la storia dell’aspirante giornalista che vuole realizzare il sogno americano; solo che i sogni possono trasformarsi in incubi, il mito della donna in carriera vacilla quando si tratta di scegliere tra la promozione e un fidanzato innamorato. Così il regista newyorkese scivola nel finale retorico e si rifugia nello stereotipo della donna di casa prendendo le distanze dalle frivolezze della moda: mobbing e competizione spinta all’eccesso, l’analisi di Frankel è ricca di spunti anche quando il ritratto che ne viene fuori non è proprio edificante. Tanto che importa, se la spietata protagonista ha il nome di Meryl Streep tutto sembra accettabile: calcolatrice e crudele sino al sadismo, Miranda Priestley è un’icona per milioni di “fashion victim”, temuta ed ammirata dalle ragazze taglia 38 che vogliono far carriera a qualunque costo. L’attrice americana impersona l’odiosa direttrice -gustose le ramanzine condite di spiegazioni filosofiche- che fa tremare i dipendenti vessandoli con orari da lavoro forzato; vicino un esercito di lacchè che ogni giorno deve evitare il licenziamento, uno stilista dalla battuta fulminante e una fanciulla che crede ancora alle fiabe. La bella addormentata sarà vittima di scarpe ed accessori da migliaia di dollari, poi capirà il suo posto nel mondo con una presa di coscienza da manuale: non si può rinunciare a se stessi senza essere condannati all’infelicità. Il messaggio buonista è da regista alle prime armi, ma Frankel sembra seguire i cliché della commedia brillante. Cinefili poco convinti, pubblico estasiato per gli abiti di Valentino in bella mostra.
Antonello Villani
(Salerno)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a antonello villani »
[ - ] lascia un commento a antonello villani »
|
|
d'accordo? |
|
from
|
domenica 22 aprile 2007
|
moda: don't give it without a fight.
|
|
|
|
Giovane ragazza di provincia diventa collaboratrice di uno dei più importanti magazine del mondo della moda, ma dovrà fare i conti con la dispotica direttrice. Azzeccata ironia/ridimensionamento delle dinamiche insite nel mondo della moda. Sei fuori dal mondo e repellente perchè "... tu mangi carboidrati...!". Aspetti negativi: si rischia di demonizzare un atteggiamento tutto sommato "neutro". Che male fa la giovane segretaria ad andare a Parigi al posto della più anziana collega che rimane a casa ammalata? Se l'avesse fatto apposta sarebbe concorrenza sleale e arrivismo, ma così... Inoltre se tutte le brave ragazze ne restassero fuori chi è che darebbe un tocco di umanità allo stressantissimo, fintissimo, anoressissimo mondo della moda? Certo ci vuole carattere per restarci in sella senza subirne le lusinghe.
[+]
Giovane ragazza di provincia diventa collaboratrice di uno dei più importanti magazine del mondo della moda, ma dovrà fare i conti con la dispotica direttrice. Azzeccata ironia/ridimensionamento delle dinamiche insite nel mondo della moda. Sei fuori dal mondo e repellente perchè "... tu mangi carboidrati...!". Aspetti negativi: si rischia di demonizzare un atteggiamento tutto sommato "neutro". Che male fa la giovane segretaria ad andare a Parigi al posto della più anziana collega che rimane a casa ammalata? Se l'avesse fatto apposta sarebbe concorrenza sleale e arrivismo, ma così... Inoltre se tutte le brave ragazze ne restassero fuori chi è che darebbe un tocco di umanità allo stressantissimo, fintissimo, anoressissimo mondo della moda? Certo ci vuole carattere per restarci in sella senza subirne le lusinghe...ma vale la pena: la posta in gioco (e non solo gli stipendi...la moda è cultura) è altissima. E allora, volete dirmi che non c'è nessuno che ce la può fare?
Valori positivi: l’autenticità e l’importanza dell’essere sé stessi come chiave della felicità.
P.S.: grande Maryl Streep.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a from »
[ - ] lascia un commento a from »
|
|
d'accordo? |
|
odissea 2001
|
lunedì 23 aprile 2007
|
il potere visto da chi ce l'ha
|
|
|
|
Potere e morale non stanno quasi mai dalla stessa parte della barricata. Basta fare un passo in più su un lato piuttosto che sull'altro e si perde di vista l'altra metà dell'orizzonte. Si potrebbe dire la stessa cosa se ci si trovasse a dover scegliere tra potere e famiglia, tra far soldi e coltivare il rapporto umano o la solidarietà (quella vera). Il Diavolo veste Prada rappresenta tutto questo in un modo che non si può certo definire originale: il potere è l'azienda, il capo è leader sul lavoro e nella vita, il lavoro occupa ogni spazio. Per famiglia e amicizie è il de profundis. Tutto questo si sa. Se non ci fosse Meryl Streep a dare concretezza alla protagonista, a trasformarla da carattere puro a essere dis/umano con tutte le sfumature del caso, sarebbe un film come tanti altri.
[+]
Potere e morale non stanno quasi mai dalla stessa parte della barricata. Basta fare un passo in più su un lato piuttosto che sull'altro e si perde di vista l'altra metà dell'orizzonte. Si potrebbe dire la stessa cosa se ci si trovasse a dover scegliere tra potere e famiglia, tra far soldi e coltivare il rapporto umano o la solidarietà (quella vera). Il Diavolo veste Prada rappresenta tutto questo in un modo che non si può certo definire originale: il potere è l'azienda, il capo è leader sul lavoro e nella vita, il lavoro occupa ogni spazio. Per famiglia e amicizie è il de profundis. Tutto questo si sa. Se non ci fosse Meryl Streep a dare concretezza alla protagonista, a trasformarla da carattere puro a essere dis/umano con tutte le sfumature del caso, sarebbe un film come tanti altri. Le persone che ruotano intorno a Miranda restano sterili involucri, ma il tono della narrazione è leggero quanto basta. Il finale è assolutamente velleitario, da sempliciotti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a odissea 2001 »
[ - ] lascia un commento a odissea 2001 »
|
|
d'accordo? |
|
sixy89
|
martedì 21 dicembre 2010
|
delicato e divertente
|
|
|
|
Una delle migliori commedie americane in assoluto.
La storia di una ragazza che vuole fare la giornalista e viene assunta in un'importante rivista di moda come segretaria della direttrice generale, una donna inflessibile, dura, acida e inarrivabile. Una commedia molto divertente che lascia spazio anche per la riflessione. Da non perdere, merita.
voto:9
|
|
[+] lascia un commento a sixy89 »
[ - ] lascia un commento a sixy89 »
|
|
d'accordo? |
|
|